Unhappy ~ Sercho

By Nicolenonesiste

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, chiesi sorridendo a mia volta. Era strana quella ragazza, la conoscevo da circa un'ora e non aveva fatto al... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Honiro label Party
Buon "compleanno", Unhappy!

Capitolo 33

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By Nicolenonesiste

VALERIO

 < Ho un cancro al cervello>, aveva detto, e in quel momento, capii tutto, collegai tutti i fili: la "lotta" di Abel nel non comprare cose potenzialmente cancerogene, i suoi continui malesseri e quella strana cicatrice sulla nuca. Avevo unito tutti i pezzi del puzzle.
Forse avrei potuto anche capirlo da solo, ma non mi sarei mai immaginato che una cosa così brutta potesse capitare proprio a lei. Ancora non riuscivo a metabolizzare l'idea che avesse una malattia tanto grave; non riuscivo veramente a capacitarmene, ero assolutamente scosso.
Stavo andando a scuola sua per parlarci, visto che mi stava ignorando, e fortunatamente l'avevo trovata, anche se si era già allontanata dalla scuola.
Eppure, in quel momento, volevo non averla trovata. Sarebbe stato sicuramente meglio.
Conoscevo il segreto di cui Abel non voleva parlare, ed era più brutto di quanto potessi mai immaginarmi. Mi sentivo quasi un verme a dire di stare male, vista la situazione che stava vivendo. In confronto io me la passavo una favola. Ciò non era assolutamente vero, ma lì per lì lo pensavo veramente.  
<Lasciami stare, Valerio>, aveva detto con tono calmo. Non riuscivo a crederci, mi stava veramente allontanando, dopo che le avevo appena chiesto di essere la mia fidanzata.
< È veramente ciò che vuoi?>, domandai, sentendo come un peso nello stomaco. Speravo che mi dicesse che ci aveva ripensato, ma non fu così.
< Sì>, disse, ed io sentii il mondo crollarmi addosso. Rimasi fermo, a guardarla. Cercai di imprimere nella mente quel momento, credendo che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui l' avrei vista. " Se ami una persona devi lasciarla andare", diceva un vecchio detto ed era ciò che avrei dovuto fare anche io. Avrei dovuto rispettare la sua scelta, l'avrei dovuta lasciarla andare. Ciò significava che non solo Abel mi piaceva, ma che addirittura l'amavo? No, la conoscevo da poco, come potevo amarla? Potevo, eccome se potevo. Era strano, ma io l'amavo, anche se ritenevo fosse assurdo. Avevo solo 17 anni e a quell' età quasi tutti i miei coetanei dicevano di essere innamorati, quando invece era una semplice infatuazione, ma io ero più che sicuro che non lo fosse. Era qualcosa di più, un sentimento più profondo rispetto ad una normale cotta per una ragazza. Io per lei ero pronto a soffrire, pur di starle accanto, e quello non poteva che essere amore. La più grande prova d'amore nei confronti di Abel che feci, però, fu la decisione di lasciarla andare. Lei non mi voleva vicino e dovevo rispettare la sua volontà, nonostante la mia fosse una scelta sofferta.

< Sappi che per te avrei anche potuto soffrire>, sussurrai, prima di incamminarmi nuovamente per la mia strada. Mentre camminavo mi voltai un paio di volte per vedere quale fosse stata la sua reazione, ma lei era rimasta tutto il tempo ferma, immobile. Non aveva mosso nemmeno un muscolo.
Sconvolto, confuso, amareggiato, arrabbiato, triste, preoccupato, erano tutti aggettivi che mi si adattavano perfettamente.
M

entre guidavo a bordo del mio scooter le sue parole tormentavano i miei pensieri, facendomi quasi impazzire.
Perché le cose erano sempre così complicate per me?

ABEL

" Sappi che per te avrei anche potuto soffrire", mi aveva detto, e sapevo per certo che stava dicendo la verità.
Quando non riuscii più a sentire il rumore del suo scooter, scoppiai nuovamente a piangere. Mi sistemai meglio lo zaino in spalla e mi avviai verso casa. Proseguii su quella strada, anche se ciò significava allungare il percorso, perché  era poco frequentata, e non volevo che qualcuno mi vedesse in quello stato. Ero assolutamente distrutta, sia fisicamente, sia emotivamente, ma avevo fatto la scelta giusta, anche se mi faceva soffrire come un cane. D'un tratto mi sentii quasi svenire, ma ormai avevo imparato che quella era la sensazione che precedeva il vomito, così mi avviai il più velocemente possibile verso un angolo di strada abbastanza isolato, dove cominciai a rimettere. Una volta terminato, però, il capo giro e la vista offuscata non erano passati, così presi dalla mia tasca il telefono e chiamai mio fratello.

< Abel, perché non sei ancora arrivata?>.

< Mi sono sentita male>, spiegai brevemente, e lui mi chiese subito dove mi trovassi per venirmi a prendere. Glielo comunicai, e fortunatamente arrivò dopo pochi minuti. Era un fratello fantastico, Derek, ma purtroppo non potevo dire di esserlo anche io, visto quanto preoccupazioni gli davo. Non avevo ancora smesso di piangere, e mi meravigliai di quante lacrime potesse versare un essere umano in una sola volta. Non era la prima volta che succedeva, ma ero comunque stupita.

Durante il tragitto raccontai a mio fratello ciò che era successo con Valerio- escludendo naturalmente la parte in cui ci eravamo rivelati di piacerci a vicenda e quella in cui lui mi aveva chiesto di metterci insieme, visto la sua gelosia-.
Ancora dovevo metabolizzare a pieno il fatto che Valerio ricambiasse i miei sentimenti.
Non credevo sarebbe mai potuto accadere, ma Derek mi disse che avevo fatto una cazzata ad allontanare Valerio.

< Ma come, non ti stava sul cazzo?>, domandai, stupita dalla sua reazione.

< No, non mi è mai stato sul cazzo, ce l'avevo con lui per quella storia di quando vi avevo trovato addormentati insieme, ma non mi è antipatico. Se devo essere sincero, quasi ero felice che lui fosse con te, perché so che ci tiene veramente a te e che non avrebbe mai permesso che qualcuno ti facesse del male>, spiegò, continuando a guardare la strada. Le sue parole, però, mi fecero sentire ancora peggio. Perfino Derek mi aveva detto che avevo fatto una cazzata, lui che voleva evitare che qualsiasi ragazzo mi si avvicinasse.

< Mi piace, Derek, e ciò avrebbe complicato solo le cose>, confessai, aspettandomi che dopo questa mia rivelazione avrebbe cambiato idea, ma ancora una volta mi stupì.

< Lo so, e so anche del vostro bacio al tuo compleanno>, affermò. Strabuzzai gli occhi e arrosii di colpo, per la vergogna.

< Chi te l'ha detto?>.

< Nessuno, ho sentito Giorgio e Valerio che ne parlavano, per altro Valerio aveva minacciato Giorgio dicendogli di non dirmelo>.

< E perché sei così tranquillo? Ho capito, tu non sei Derek, sei un alieno che ha preso le sue sembianze>, scherzai. Avevo finalmente smesso completamente di piangere. Sorrise e scosse lievemente la testa.

< Io sarò sempre geloso della mia sorellina, ma non posso prendermela con qualcuno che ti fa stare bene. Se tu stai bene io sono felice, se qualcuno ti fa stare male io lo scasso di botte>.

< E perché te la sei presa con Nicola? Non mi interessa più niente di lui, è solo per sapere>.

< Perché lui era un coglione, non ci teneva veramente a te>, spiegò.

< S'è visto>, confermai, ricordando con quale facilità fosse uscito dalla mia vita.

< Posso assicurarti che Valerio non è come Nicola, e se te lo dico io devi crederci. Okay, anche lui non è un santo come lo sei te, ma nessuno è come te, quindi...>.

Quasi mi stavo pentendo di aver fatto allontanare Valerio dalla mia vita, ma poi mi ricordai perché lo avessi fatto. Io ci tenevo a lui, e dovevo salvarlo dalla mia autodistruzione.

< Possiamo smetterla di parlare di Valerio? Non voglio che soffra e allontanarlo è l'unico modo>. Incrociai le braccia al petto, mentre guardavo fuori dal finestrino. Passammo  davanti all' ospedale e sorrisi pensando a quando avevo conosciuto Valerio, ma scossi la testa e portai nuovamente l' attenzione su mio fratello.

< Pensi che adesso lui non soffra? Anche tu gli piaci>.

< Derek, per favore, basta>, lo supplicai.

< Va bene, ma sappi che per me hai fatto una cazzata, e qui chiudo il discorso>.

Tornammo a casa e dopo aver pranzato andai a farmi una doccia, visto che avevo i capelli un po' sporchi di vomito. Perdere capelli era una cosa normale, vista la mia grande chioma, ma stavo iniziando a perderli sempre di più, e non era colpa del cambio di stagione, bensì della chemioterapia che stava facendo il suo corso, dopo quasi due settimane dalla prima sessione. Mentre li stavo lavando, mi rimase in mano un'intera ciocca di capelli. Il dottore mi aveva consigliato di tagliarmi i capelli per abituarmi gradualmente al cambiamento, ma io non gli avevo dato retta, e mi ritrovavo con una ciocca di capelli in mano lunga circa un metro. Era a dir poco traumatizzante. Cominciai nuovamente a piangere, ed era più che normale.
Una volta asciugata e vestita corsi da mia madre, che stava guardando un programma di cucina in soggiorno, e le mostrai la ciocca di capelli. 

< Mamma, ti prego, domani portami dalla parrucchiera, li raso a zero; non posso sopportare di vedere i miei capelli cadere>, la pregai, mentre lei mi abbracciava. Anche Derek era arrivato nella stanza e si era unito all'abbraccio, avendo sentito forse ciò di cui stavamo parlando.

< Sei sicura? Ho paura che sarà uno shock>.

< Sempre meglio che ritrovarsi intere ciocche in mano>.

Mia mamma chiamò subito la sua parrucchiera di fiducia, la quale le disse che aveva un posto libero la mattina seguente alle 9. Non sarei andata lo stesso a scuola, quindi mia mamma confermò la prenotazione. Odiavo andare dalla parrucchiera, preferivo trattare da sola i miei capelli. Ogni qual volta andavo le dicevo di tagliare solo le doppie punte e lei finiva sempre per tagliare dieci centimetri abbondanti. Quella volta, però, avrebbe potuto tagliare quanto voleva, visto che avrei salutato per sempre i miei adorati capelli.

Cercando di non destare sospetti, mandai un messaggio alle mie amiche, così che pensassero che quello fosse solo un nuovo taglio di capelli, non una maledettissima parrucca.

"Ragazze, domani non vengo a scuola, ho deciso di fare una pazzia", scrissi. Era una bugia, ed io le odiavo, ma quando si trattava della mia malattia tutto era permesso.

Nasty: " Sarebbe? Fai venire ansia".

Noemi: " Dicce".

" Ho un appuntamento con la parrucchiera: mi taglierò e tingerò i capelli". A quel messaggio ne susseguirono molti altri, in cui loro mi dissero che non ci credevano e mi chiesero se fossi impazzita.
Se solo avessero saputo la verità...

Il giorno dopo arrivai davanti al negozio della parrucchiera con 10 minuti di anticipo. Ero accompagnata da mia mamma che quella mattina aveva disdetto tutti i suoi appuntamenti per stare con me e supportarmi in un momento tanto delicato; anche Derek aveva insistito per accompagnarmi, ma io avevo insistito a mia volta dicendogli di andare a scuola, e alla fine ero riuscita a convincerlo. Stessa cosa, all'incirca, era successa con mio padre. Una persona a farmi compagnia bastava e avanzava.

< Come mai vuoi rasarli a zero? Sei per caso impazzita?>, domandò scherzando la parrucchiera, che mi conosceva da quando avevo circa 6 anni. Lei non era a conoscenza del mio problema, e probabilmente non se lo immaginava nemmeno, vista la battuta.

< No, non sono impazzita. Ho il cancro e sono costretta a farlo>, risposi acida, facendo sbiancare tutte le persone presenti, ossia lei, la sua collega, la sua cliente e mia madre. Era l seconda volta che lo ammettevo a voce alta.

< Oddio, mi dispiace Abel, non lo sapevo>. Iniziò a scusarsi, mostrandomi il suo dispiacere.

< Ti dispiace girarmi dall'altra parte rispetto allo specchio? Non voglio vedere>, le chiesi, e lei acconsentí.
Questo e altro per una povera ragazza con il cancro.

Quella fu l'esperienza più brutta della mia vita. Già sentire i miei capelli farsi sempre più corti fu straziante, ma quando cominciò a rasarli mi sentii quasi morire. Era anche una sensazione strana non sentire più la testa coperta da quella montitudine di capelli. Mia mamma era andata al bagno ed era rimasta lì per dieci minuti abbondanti, sicuramente stava piangendo e non voleva farsi vedere da me.

Quando la parrucchiera finì con la macchinetta mi chiese se volessi vedermi allo specchio. Le dissi che mi sarei vista una volta che avesse sistemato al meglio la parrucca. 

Mi mise la parrucca e la pettinò affinchè non sembrasse un ammasso di capelli finti. Una volta finito girò la sedia, mostrandomi il mio riflesso allo specchio. Vedermi non fu traumatico, perché i capelli non erano corti ed erano di un colore che avevo sempre desiderato, la cosa brutta era sapere che quella era solo una parrucca e che i miei capelli stavano venendo spazzati dal pavimento.
Veramente traumatico sarebbe stato vedermi senza parrucca, e difatti lo fu.

Era notte e stavo per andare a dormire, ma mi ricordai che prima di farlo mi sarei dovuta togliere la parrucca.
Feci appello a tutto il mio coraggio e mi alzai, posizionandomi davanti al lungo specchio che si trovava nella mia camera. Poggiai una mano sulla parrucca, sentendo quanto i capelli risultassero diversi dai miei e lentamente la sfilai. Quando mi vidi, i miei occhi si inumidirino all'istante. Era una visione orrenda e non riuscii a guardarmi un secondo di più.
Ero affranta, sconsolata, amareggiata e arrabbiata con il fato che era stato tanto crudele con me. Iniziai a piangere, ma avevo bisogno di sfogarmi ulteriormente e le lacrime non bastavano più, così iniziai a sbattere tutti i cassetti e le ante degli armadi che erano nella stanza, lasciandomi trasportare dall'istitinto. Avevo l'adrenalina alle stelle e quasi non ero più padrona di me stessa. Urlavo e piangevo, sembrando quasi pazza, ma quella situazione era troppo grande da sopportare.
< Voglio morire!>, urlai tirando un calcio alla porta.
Stavo rovesciando la sedia, quando sentii qualcuno bloccarmi le braccia. Era Derek e senza pensarci due volte mi gettai tra le sue braccia. Mi ero anche scordata di non avere addosso la parrucca.
< Tranquilla, Abel>, sussurrò mio fratello cercando di tranquillizzarmi mentre mi stringeva tra le sue possenti braccia.
< Che cosa è successo?>, domandò mio padre, avendo sicuramente sentito le urla.
< Sì è sfogata, ne aveva bisogno>, spiegò mia madre.
Derek mi lasciò un bacio sulla fronte e mi asciugò le lacrime con i pollici, passandoli sulle mie guance.
< Ti voglio bene, Deddy>, sussurrai, come se fosse una forma di ringraziamento per tutto quello che stava facendo per me. Lui c'era sempre per me.
< Anche io>.

SPAZIO AUTRICE
Okay, spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se è più che altro di passaggio.
Io penso che se dovessi tagliarmi a zero i capelli reagirei anche peggio di Abel. Forse non ce la farei a sopportarla come cosa.
Qualche anno fa mi feci i capelli a scaschetto con la frangia( e ce li avevo lunghi, senza frangia) e giuro che fu traumatico. Stetti male per mesi, visto che non mi piaceva, non voglio immaginare cosa succederebbe se dovessi rasarli.
Voi come avreste reagito? Per coi i capelli sono importanti o siete del partito" sono capelli, ricresceranno"?
Fatemi sapere e ditemi cosa ne pensate del capitolo, un bacio.

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