Capitolo 33

704 64 101
                                    

VALERIO

 < Ho un cancro al cervello>, aveva detto, e in quel momento, capii tutto, collegai tutti i fili: la "lotta" di Abel nel non comprare cose potenzialmente cancerogene, i suoi continui malesseri e quella strana cicatrice sulla nuca. Avevo unito tutti i pezzi del puzzle.
Forse avrei potuto anche capirlo da solo, ma non mi sarei mai immaginato che una cosa così brutta potesse capitare proprio a lei. Ancora non riuscivo a metabolizzare l'idea che avesse una malattia tanto grave; non riuscivo veramente a capacitarmene, ero assolutamente scosso.
Stavo andando a scuola sua per parlarci, visto che mi stava ignorando, e fortunatamente l'avevo trovata, anche se si era già allontanata dalla scuola.
Eppure, in quel momento, volevo non averla trovata. Sarebbe stato sicuramente meglio.
Conoscevo il segreto di cui Abel non voleva parlare, ed era più brutto di quanto potessi mai immaginarmi. Mi sentivo quasi un verme a dire di stare male, vista la situazione che stava vivendo. In confronto io me la passavo una favola. Ciò non era assolutamente vero, ma lì per lì lo pensavo veramente.  
<Lasciami stare, Valerio>, aveva detto con tono calmo. Non riuscivo a crederci, mi stava veramente allontanando, dopo che le avevo appena chiesto di essere la mia fidanzata.
< È veramente ciò che vuoi?>, domandai, sentendo come un peso nello stomaco. Speravo che mi dicesse che ci aveva ripensato, ma non fu così.
< Sì>, disse, ed io sentii il mondo crollarmi addosso. Rimasi fermo, a guardarla. Cercai di imprimere nella mente quel momento, credendo che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui l' avrei vista. " Se ami una persona devi lasciarla andare", diceva un vecchio detto ed era ciò che avrei dovuto fare anche io. Avrei dovuto rispettare la sua scelta, l'avrei dovuta lasciarla andare. Ciò significava che non solo Abel mi piaceva, ma che addirittura l'amavo? No, la conoscevo da poco, come potevo amarla? Potevo, eccome se potevo. Era strano, ma io l'amavo, anche se ritenevo fosse assurdo. Avevo solo 17 anni e a quell' età quasi tutti i miei coetanei dicevano di essere innamorati, quando invece era una semplice infatuazione, ma io ero più che sicuro che non lo fosse. Era qualcosa di più, un sentimento più profondo rispetto ad una normale cotta per una ragazza. Io per lei ero pronto a soffrire, pur di starle accanto, e quello non poteva che essere amore. La più grande prova d'amore nei confronti di Abel che feci, però, fu la decisione di lasciarla andare. Lei non mi voleva vicino e dovevo rispettare la sua volontà, nonostante la mia fosse una scelta sofferta.

< Sappi che per te avrei anche potuto soffrire>, sussurrai, prima di incamminarmi nuovamente per la mia strada. Mentre camminavo mi voltai un paio di volte per vedere quale fosse stata la sua reazione, ma lei era rimasta tutto il tempo ferma, immobile. Non aveva mosso nemmeno un muscolo.
Sconvolto, confuso, amareggiato, arrabbiato, triste, preoccupato, erano tutti aggettivi che mi si adattavano perfettamente.
M

entre guidavo a bordo del mio scooter le sue parole tormentavano i miei pensieri, facendomi quasi impazzire.
Perché le cose erano sempre così complicate per me?

ABEL

" Sappi che per te avrei anche potuto soffrire", mi aveva detto, e sapevo per certo che stava dicendo la verità.
Quando non riuscii più a sentire il rumore del suo scooter, scoppiai nuovamente a piangere. Mi sistemai meglio lo zaino in spalla e mi avviai verso casa. Proseguii su quella strada, anche se ciò significava allungare il percorso, perché  era poco frequentata, e non volevo che qualcuno mi vedesse in quello stato. Ero assolutamente distrutta, sia fisicamente, sia emotivamente, ma avevo fatto la scelta giusta, anche se mi faceva soffrire come un cane. D'un tratto mi sentii quasi svenire, ma ormai avevo imparato che quella era la sensazione che precedeva il vomito, così mi avviai il più velocemente possibile verso un angolo di strada abbastanza isolato, dove cominciai a rimettere. Una volta terminato, però, il capo giro e la vista offuscata non erano passati, così presi dalla mia tasca il telefono e chiamai mio fratello.

Unhappy ~ SerchoWhere stories live. Discover now