Il Cavaliere Alato (Disponibi...

By chiarafabb

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DISPONIBILE IN VERSIONE EBOOK SU AMAZON Kether e Tiferet sono gemelle, ma in comune non hanno nulla se non un... More

2. Figlie di re
3. Intrighi a corte
4. L'anello
5. In fuga
6. Guarigione
7. Rabbia
8. Mostro
9. Sogni di Cavalieri Alati
10. Il demone nello specchio
11. Attrazione e sentimento
12. Il principe e l'alchimista
13. Un vaso di porcellana
14. La Sagane
15. Il processo
16. Ricordi di una madre
17. Il Cavaliere Alato
18. Separazione
19. La partenza
20. Il medaglione
21. Una nuova minaccia
22. Nella tana del lupo
23. Lo Spettro
24. Un litigio da fidanzati
25. Il cubo
26. L'indovina
27. Il capo dei mercenari
28. Prigionieri
29. L'assalto
30. Fuori dal Valico
Il Cavaliere Alato: il sito
31. Eris

1. Il terremoto

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By chiarafabb


La ragazza era immersa in un sonno profondo. Sognava di trovarsi sospesa in un mare di nulla. Tutto intorno a lei era oscurità e il silenzio la terrorizzava. Cercò di fuggire da quella situazione, aggrappandosi alla prima cosa che riuscì ad afferrare: l'immagine di una donna. Rimase a fissarla incantata. Anche se non riusciva a distinguere con precisione i suoi lineamenti, si trattava senza dubbio della donna più bella che avesse mai visto. Somigliava vagamente a Kether, ma i suoi capelli erano di un biondo così chiaro da sembrare quasi bianchi. Si mosse verso di lei, voleva accarezzare quella pelle che sembrava fatta d'avorio e quei capelli soffici e fini, ma le pareva che per quanto camminasse non sarebbe mai riuscita a raggiungerla. Avrebbe voluto chiamarla, ma la voce non voleva saperne di venir fuori. Proprio quando credeva di poter finalmente pronunciare il suo nome, qualcuno la chiamò, scuotendo la sua coscienza. L'immagine si dissolse, mentre il dolore per una perdita del passato si confondeva con quello di una imminente. Per un istante tutto fu chiaro, e le sembrò di scorgere, attraverso l'infinito, la verità.

La ragazza riaprì gli occhi sul mondo reale e il sogno scomparve di colpo, così com'era venuto, lasciandole solo una vaga sensazione di rimpianto. Un raggio di luce filtrava appena dietro le tende tirate.

Qualcuno stava bussando con insistenza alla porta della sua stanza.

«Lady Tiferet! Lady Tiferet venite presto! Vostra sorella...!» Le grida delle serve del palazzo non facevano presagire niente di buono, soprattutto se c'entrava sua sorella Kether. In un istante fu completamente sveglia, e infilandosi una leggera vestaglia sopra la camicia da notte, si precipitò fuori, attorniata da uno stuolo di cameriere.

Quando raggiunse il portico, si rese conto del motivo di tanta agitazione. Kether ne stava per combinare un'altra delle sue. Ignorando gli ordini del loro padre, che le aveva proibito di cavalcare in sua assenza, era in sella a uno dei puledri, un grigio pomellato di appena tre anni di nome Rago, e si accingeva a saltare un argine lungo quasi tre metri, sormontato da una piccola siepe. Sapeva che era una follia, quel cavallo non era pronto ad affrontare un salto del genere, ma l'espressione sul volto di sua sorella dava a intendere che non se ne curava minimamente, concentrata com'era sull'impresa che stava per compiere. E che avrebbe potuto essere la sua rovina.

«Kether!» Tiferet cercò di fermarla, attirando la sua attenzione, ma fu inutile. Al momento della battuta il puledro si rifiutò, scartando di lato e impennandosi, e Kether fu sbalzata di sella. Andò a finire dritta nel canale che serviva per l'irrigazione, sollevando una pioggia di spruzzi.

Tiferet non perse tempo e corse verso di lei, angosciata come lo era stata poche volte in vita sua e sempre per colpa di quella sorella.

«Kether stai bene?!» In quel momento la ragazza si stava rialzando, fradicia ma illesa, e una serva corse ad appoggiarle con sollecitudine un mantello asciutto sulle spalle.

Kether scosse la testa, facendo ondeggiare la massa di capelli ramati. «Ohiohi...» mormorò, portandosi una mano alle reni. «La prossima volta ce la farò!» affermò con decisione, battendo il pugno della mano destra nel palmo aperto della sinistra. Il volto di Tiferet si imporporò per la rabbia e la frustrazione. Quando avrebbe imparato? Lanciò uno sguardo inceneritore ai giardinieri e agli uomini di scuderia che applaudivano l'avventatezza di Kether, lodandola per il suo coraggio. Avrebbe fatto loro un discorsetto più tardi. Si domandò se le avessero dato una mano nel mettere in atto la sua follia. Poi si concentrò sulla sorella. Sebbene fossero gemelle, non si somigliavano affatto, nell'aspetto come nel carattere. Tiferet aveva un fisico minuto, gli occhi azzurri e i capelli biondi e lisci. Il viso tondo e i lineamenti dolci e infantili contrastavano con l'atteggiamento maturo e responsabile che derivava solo in parte dall'essere cresciuta senza una madre. Kether invece era l'opposto: irrequieta e ribelle per natura, un tocco di malizia albergava perennemente nei suoi occhi marroni screziati di verde. Amava cavalcare tra le colline e la vita all'aria aperta e non era in grado di restare ferma in un posto per più di un paio di minuti senza mettersi a scalpitare. Crescendo, era diventata più alta della sorella di un paio di centimetri e non mancava di farglielo notare ogni qualvolta se ne presentava l'occasione. Il suo viso era incorniciato da folti capelli ondulati, del colore delle foglie in autunno, che nella luce del crepuscolo parevano incendiarsi.

Solo su una cosa erano d'accordo quelli che avevano il privilegio di ammirarle una di fianco all'altra: quelle ragazze erano due autentiche bellezze, e lo sarebbero diventate ancor di più una volta che fossero sbocciate, divenendo delle vere donne.

«Quando la smetterai di farmi prendere questi spaventi?» domandò Tiferet, esasperata. «Mi farai morire se continui con simili assurdità!»

Kether sbuffò «Calmati Tify, smettila di farmi la predica! E poi non è successo niente di grave...» disse con noncuranza, ma uno sguardo al volto di Tiferet la costrinse a interrompersi.

«C...cosa c'è ora? Su Tify, non piangere...»

Ma l'altra non la lasciò finire. «Come sei crudele! Io mi preoccupo per te, come puoi essere così insensibile?!» esplose.

«Pe...perdonami, non volevo!»

«Lo dici tutte le volte!»

Ad interrompere la sfuriata che si preannunciava, giunse una serva trafelata.

«Lady Kether! Lady Tiferet! Lord Daniel è tornato!» Le due ragazze si guardarono con un misto di gioia e incredulità, accantonando la lite in un baleno.

«Padre!» Le loro grida festose scossero la grande villa fin nelle fondamenta. L'uomo le aspettava nello studio al pian terreno, con lo sguardo perso a fissare un punto indefinito fuori dalla finestra. Udendo i passi nel corridoio si volse ad accoglierle.

«Bambine!» esclamò, il vecchio volto solcato dalle rughe ma ancora attraente malgrado l'età si allargò in un sorriso che parve riscaldare la stanza. Tutti nella Tenuta sapevano quanto Lord Daniel Axelrod amasse le sue figlie. L'abbraccio in cui si strinsero lo travolse, facendogli perdere l'equilibrio, e caddero tutti e tre rovinosamente sul pavimento, ridendo come matti, sotto gli sguardi benevoli dei servitori. A Villa Axelrod amavano considerarsi una grande famiglia, e Lord Daniel era noto come un padrone giusto, e per questo rispettato.

«Padre non chiamarci più così, ormai abbiamo sedici anni!» lo rimproverò Tiferet sorridendo.

«Domani è il nostro compleanno, che regali ci hai portato?» si intromise Kether.

«Calma, calma». Fece Daniel cercando di ristabilire l'ordine. «Per il vostro sedicesimo compleanno ho preparato una sorpresa particolare: andremo in gita nella capitale. È giunto il momento che siate presentate a corte».

«Andremo a Gevurah? Fantastico!» esclamò Kether incredula. In sedici anni, lei e Tiferet non erano mai uscite dai confini della tenuta, e anche se a lungo questo non le era stato di peso, negli ultimi tempi la curiosità di vedere coi propri occhi cosa c'era al di fuori non le dava tregua. Tutto quello che sapeva sul mondo esterno era dovuto alle lezioni dei precettori, la maggior parte delle quali saltava regolarmente. Elettrizzata, guardò la sorella. L'espressione di Tiferet si era fatta pensosa, come quando era preoccupata per qualcosa, ma non osava rivelarlo. «Cosa c'è Tif?» le chiese premurosa. Anche Daniel si fece improvvisamente serio, cercando di capire quale fosse la causa della sua angoscia. Dopo una lunga pausa, la ragazza si decise a parlare.

«Ecco, io... non so proprio cosa indossare!»

Kether corrugò le sopracciglia e la fissò come se fosse uscita di senno. Un pensiero del genere non l'avrebbe sfiorata neanche tra un milione di anni. Suo padre invece scoppiò in una fragorosa risata, assicurandole che non doveva preoccuparsi. Aveva pensato anche a quello.

La mattina seguente splendeva un bel sole. Gli abitanti della Tenuta si erano destati di buon ora per ultimare i preparativi per la tradizionale Festa della Fioritura, che si sarebbe svolta quel giorno e come ogni anno segnava l'ingresso della primavera. Soprattutto in campagna era una tradizione diffusa e consisteva nello scambiarsi piccoli doni e ghirlande di fiori, come rito propiziatorio per celebrare il ritorno della bella stagione. Per la prima volta le gemelle non l'avrebbero festeggiata alla villa.

Tiferet, con i capelli intrecciati in un'acconciatura elaborata e tenuti alti sopra la testa, non riusciva a smettere di fissare la propria immagine riflessa dentro lo specchio, ripetendosi per l'ennesima volta che quella era proprio lei. L'abito - di fine seta rosa con le maniche ricamate con motivi di rose - metteva in risalto la sua figura snella, e anche se non era scollato, evidenziava i contorni del suo corpo come se fossero disegnati con una matita. Le cameriere che l'avevano aiutata a vestirsi sorridevano compiaciute, riempiendola di complimenti, molti dei quali la facevano arrossire, perché riguardavano i commenti dei giovanotti di corte quando si fossero trovati ad ammirarla.

Dalla stanza di Kether giungevano strilli acuti, alternati a lamenti soffocati «Lady Kether state un po' ferma!» esclamò una cameriera giunta al culmine dell'esasperazione.

«Non stringere così forte, mi manca il respiro! Questo vestito è scomodo, perché non posso indossare dei pantaloni?!» Tiferet sospirò. Kether non sarebbe mai cambiata. Sentì le serve ridacchiare.

«Basta! Non ne posso più di questa roba!» La porta si spalancò con un gran fracasso e Kether uscì, trafelata, stringendo tra le mani il pizzo delle sottovesti. Nonostante i riccioli scomposti, la pelle arrossata e l'espressione imbronciata, nessuno poté fare a meno di notare che era di una bellezza da mozzare il fiato.

«Aspettate Lady Kether! Dobbiamo ancora finire di prepararvi!» esclamò una serva correndole dietro. Il corridoio che aveva imboccato terminava con un pesante arazzo appeso alla parete. Era in un vicolo cieco. Kether si voltò con uno sguardo da fiera braccata. «Lasciatemi in pace!»

A quel punto accadde. L'intera villa cominciò a tremare, scossa dalle fondamenta. I lampadari di cristallo appesi al soffitto oscillarono pericolosamente, i soprammobili si capovolsero finendo per terra, mentre i vetri delle finestre dell'ultimo piano - quello in cui si trovavano le stanze padronali - si infransero tutti contemporaneamente, come colpiti da mazze invisibili. Si levarono urla di terrore, ma pochi istanti dopo era già tutto finito.

Tiferet si guardò attorno e sentì il sangue pulsarle nelle tempie con forza. Sembrava che fosse passato un ciclone, ma quel giorno non soffiava neanche la brezza. Il sangue le si gelò nelle vene. Kether si trovava proprio sotto la vetrata! Scoppiò il caos, con le cameriere che strillavano e svenivano.

Comparve Daniel, che si fece largo tra la calca di servitori, fino a raggiungere Kether, rannicchiata sul pavimento, che si nascondeva il viso con le mani, e la scosse leggermente. Era illesa. Tutt'intorno a lei erano sparsi frammenti e schegge di vetro, che miracolosamente non l'avevano sfiorata.

«Kether, stai bene?»

«Non lo so... credo. Padre, cos'è accaduto?» balbettò con voce rotta, in preda allo shock. Daniel l'abbracciò, cullandola dolcemente tra le braccia. «Un terremoto. La terra trema per un po', poi si calma, come un cane che si scrolli di dosso la pioggia». Sorrise rassicurante.

«Ma non era mai accaduto prima!»

In quel momento sopraggiunse Tiferet. Kether si sciolse dall'abbraccio del padre per tuffarsi in quello della sorella. «Oh sorellina! Ho avuto tanta paura!»

«Eravamo in due stavolta. È durato poco, ma sono stati i secondi più lunghi della mia vita».

Daniel le lasciò confortarsi a vicenda, per andare ad appurare i danni che il terremoto aveva provocato alla villa. C'erano i vetri delle finestre dell'ultimo piano da sostituire, le cristallerie si erano rovesciate, l'intonaco in alcuni punti presentava delle nuove crepe. Alcuni domestici erano rimasti feriti, ma per fortuna solo in modo lieve. Un'unica serva, che si trovava vicino alle finestre al momento dello scoppio, si era ferita seriamente alle braccia nel tentativo di proteggersi dalle schegge.

Quando tornò dalle figlie, Kether gli rivolse uno sguardo preoccupato.«Come sta Leslie? Era proprio dietro di me quando è successo».

«Il nostro medico le sta mettendo dei punti proprio adesso. Ne avrà per qualche settimana, ma le ferite guariranno completamente» la rassicurò.

«Com'è potuto accadere?» Kether scosse la testa fissando il vuoto. «Era vicinissima a me... com'è possibile che io non abbia riportato neanche un graffio?»

Daniel si avvicinò, prendendola per le spalle e scuotendola leggermente. «Non devi sentirti in colpa per questo, bambina. Sei stata molto fortunata oggi, e io ringrazio il cielo che nemmeno uno di quei frammenti ti abbia sfiorata, perché non so davvero cosa avrei fatto se ti fosse successo qualcosa. Se fosse successo qualcosa a entrambe» aggiunse, includendo nel suo sguardo anche Tiferet, che era rimasta in silenzio, stringendo la mano della sorella.

«Rimandiamola gita?» domandò infine la ragazza.

Daniel scosse la testa. «Non ne vedo il motivo. Oggi andremo a Gevurah come stabilito».

«Ma il palazzo è sottosopra... e i mezzadri? Dobbiamo fare il giro delle fattorie per scoprire se hanno subito danni! Qualcuno potrebbe essere ferito...!» ribatté Kether, ma suo padre alzò una mano per metterla a tacere. «Mi sono già assicurato di questo. Nelle campagne nessuno si è accorto di nulla. A quanto pare il fenomeno ha riguardato soltanto la villa e le sue immediate vicinanze».

Le due sorelle si scambiarono uno sguardo perplesso e poi tornarono a fissare Daniel, che sorrise. «Ve l'ho detto, non c'è più nulla di cui preoccuparsi. Ora andate a sistemarvi, vi aspetto tra un'ora alla carrozza. Vedrete, sarà una giornata indimenticabile».

La carrozza, trainata da una quadriglia di cavalli candidi come la neve, sobbalzava sfrecciando alla massima velocità consentita dalla stretta via di campagna che collegava la tenuta degli Axelrod alla strada principale. Seguendola sarebbero giunti alla capitale.

I pensieri di Daniel viaggiavano a ritroso, volti a un passato lontano.

La regina era incinta. Tutti aspettavano la nascita di un erede. Che fosse maschio o femmina non aveva importanza, secondo la legge di Malkhut avrebbe ereditato il trono alla morte del sovrano. Ma il fato aveva stupito tutti.

Due gemelle.

Ricordava ancora il volto del suo re, il suo più caro amico, stravolto dalla preoccupazione e dal dolore, che gli metteva tra le braccia quei due fagotti che strillavano. "Te le affido, Daniel. Crescile, educale come fossero tue, ma non rivelare mai loro la verità, almeno finché non avranno compiuto sedici anni."

Lui aveva tenuto fede al suo impegno e ora le stava portando al castello affinché qualcun altro lo portasse a termine. Aveva sperato fino all'ultimo che i timori che aveva nutrito fossero infondati, ma quella mattina aveva avuto la prova che non era cosi. Come l'avrebbe presa lui? Quegli esseri gli avevano già fatto del male in passato, e adesso scoprire che le sue stesse figlie appartenevano a quella razza maledetta... come avrebbe reagito? I suoi occhi si posarono sulle ragazze, sedute difronte a lui nello stretto abitacolo della carrozza, e gli si strinse il cuore. Lo sapeva: quel giorno le avrebbe perdute per sempre.

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Ciao a tutti e grazie per aver dedicato del tempo alla lettura del primo capitolo de Il Cavaliere Alato. Se vi è piaciuto spero che vorrete lasciare un commento (ma se non vi è piaciuto lasciatelo lo stesso!), mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni.

Seguirà a breve la pubblicazione del secondo capitolo... vi aspetto!

Chiara

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