Percabeth•{Amnesia}• ITA

By _Figlia_Del_Sole

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¤COMPLETATA {out of character} Nascondere le proprie insicurezze nell'immaturità dell'adolescenza? Lui l'avev... More

Percy// Di male in peggio.
3. Percy// Una mini-Annabeth.
•Percy// Soprannomi.. Annabethiani.
•Percy // L'inizio della fine.
•Percy// Addio, occhio sinistro.
•Percy// Divento uno psicopatico.
•Percy// Segreti tra gli Agrifogli.
•Percy// Il suo sorriso.
•Percy// Cambiamenti meravigliosi.
•Percy// Si chiude il sipario.
•Annabeth// Anni nell'oscurità.
•Percy// Ma quella l'ho già vista!
•Annabeth // Pupazzi di neve incazzati
•Annabeth// Ferite riaperte
•Percy // Quello non sono io.
•Annabeth // Ballo magico.
•Percy // Lanci di fiori
•Annabeth // We keep this love in a photograph
•Annabeth // Mi leggi un libro?
•Percy// I wish there was another way out
•Percy// Caffè amaro
•Percy // Fiori di Ciliegio.
•Annabeth // Salti temporali
•Annabeth// Punti di non ritorno
•Annabeth //Diario di guarigione
•Annabeth {Epilogo}

Percy// Riccioli d'oro mi mette KO.

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By _Figlia_Del_Sole

-Revisione del 16/4/17

<<Quest'estate è volata. Ricordo il primo giorno di vacanza come se fosse ieri.>>                     <<Luke, ti prego, stai zitto e goditi il tramonto.>>

Era l'ultimo giorno di vacanze estive. Io e mio cugino Luke, come tutti gli anni ormai, c'eravamo ritrovati a vedere il nostro ultimo tramonto dell'estate, in riva al mare. Provavo da sempre una strana attrazione per il mare: forse ad attirarmi era il rilassante rumore delle onde che si schiantano sugli scogli, o forse, semplicemente, amavo immergermi nell'acqua e perdermi nei miei pensieri. Quell'estate era ufficialmente stata una delle più noiose della mia vita da diciottenne, ma sentirsi felice per l'inizio della scuola era fin troppo strano, per uno come me. Ero stato con qualche ragazza, ma nulla che stravolgesse la mia routine. Ogni sabato sera era trascorso nella discoteca principale di New York, e la domenica successiva era, invece, passata nel letto, per digerire la sbornia del giorno prima. I restanti giorni della settimana sembravano quasi fatti con lo stampino: stesse azioni, stesso luogo, stesso orario. Al pensiero che il giorno dopo avrei iniziato il mio ultimo anno da liceale, mi sentii come una matricola nel suo primo giorno di scuola superiore. Non ero di certo felice di rivedere quei bastardi dei professori, nemmeno di rincontrare tutti i giorni quei tizi con i quali fingevo di essere amico. Non li sopportavo. Eppure sembravano così simili a me.. Superficiali, menefreghisti, senza prendere mai nulla seriamente e che di responsabilità non vogliono proprio saperne. Eravamo uguali, eppure li odiavo. Probabilmente odiavo anche me stesso, per come stavo maturando. Nonostante fossi maggiorenne da qualche tempo, ed avessi la mia patente di guida da quasi due anni, mi comportavo come un tredicenne in piena fase di ribellione. Più che per gli altri, mi dispiaceva un sacco per mia madre, Sally. Lei mi aveva cresciuto con tanto amore, venendo ripagata vedendo suo figlio tornare ubriaco ogni sabato, che sta con una ragazza diversa ogni giorno, che non vuole lavorare. In quel momento, davanti al tramonto, provai vergogna; ripensai ad ogni occhiata furtiva di mia madre, ad ogni rimprovero mai urlato, perché non sarebbe servito, e pensai a tutte quelle volte in cui mi era mancato il coraggio di guardarla in quei suoi bei occhi chiari, pieni di affetto e delusione. Anche se non incrociavo da molto il suo sguardo, di notte riuscivo a sentirla singhiozzare, ed era colpa mia.

<<Hei, ma mi stai ascoltando, cugino?>>
La voce squillante di Luke mi riportò alla realtà.
<<Uff, scusa, non ti stavo dando attenzione.>>
Mio cugino mi lanció un'occhiata curiosa con i suoi occhioni azzurri, come se stesse aspettando che io gli confessassi quel che stavo pensando. <<Sono agitato per domani.>> Stagliai corto, ed in effetti non stavo mentendo, ma forse quelle parole suonavano male uscite dalla sua bocca, perché Luke rise.
<<Ci credo, sei uscito con tutte le ragazze carine del nostro istituto, domani ci saranno anche quelle dell'altro liceo, ed a quanto mi dicono.. Hai l'imbarazzo della scelta, un mio amico ha detto che ci sono un sacco di fighe in quella scuola.>>
Mi fece l'occhiolino. Gli feci un sorriso ed alzai un sopracciglio, invece dentro di me ero abbastanza disgustato. Ma la maschera che avevo creato imponeva che in pubblico dovessi comportarmi in modo molto.. Ehm.. Estroverso? No, il termine giusto è 'puttaniere'. Mi comportavo proprio come un 'puttaniere'.
<<Lasciane qualcuna a me, però.>> aggiunse Luke Castellan. Risi, inclinando la bocca. Il sole era ormai tramontato, senza dire niente mi incamminai verso il mio motorino. Lanciando un ultimo sguardo al cielo, che andava gradualmente a scurirsi, indossa il mio casco blu, lasciando comunque aperta la cinturina che avrebbe dovuto tenerlo stretto al mio mento.
<<Verrai alla festa stasera?>> Urlò Luke da lontano. Io, senza farmi vedere, sbuffai.
<<Non ho voglia, domani poi dobbiamo alzarci presto.>>
Probabilmente Luke non si aspettava tale risposta, in quanto Percy Jackson non rifiutava mai una festa, ma avevo la strana, stranissima, voglia di iniziare l'anno scolastico al meglio. Andare a dormire ubriaco alle cinque della notte e svegliarsi due ore dopo, non mi sembrava molto allettante. Erano solo le diciannove quando arrivai a casa. Mia madre era a lavoro, nel negozio di dolci, quindi tentai di farmi un panino, vista la fame tremenda che avevo. Quel che ne uscì non si poteva neanche definire un sandwich: pezzi di insalta cadevano a penzoloni da ogni lato, e gocce di olio ungevano ogni centimentro del panino. Me ne infischiai e lo divorai comunque.

Al ritorno di mia madre, la salutai con un cenno del capo ed andai a dormire. Lei, per un solo secondo, sembrò sorridermi come mi sorrideva quand'ero bambino. Guardai la sveglia digitale sul mio comodino: segnava le 22:15. Non andavo a dormire così presto da quando avevo dieci anni. Ma, con mia sorpresa, mi addormentai subito. 

Mi vidi sdraiato a terra; la mia maglietta chiara era sporca di sangue, ancora rosso come il più puro dei rubini. Che fosse mio, o di qualcun altro, non ne avevo idea. Luke, pochi mentri più in là, giaceva a pancia in giù, con gli occhi chiusi e la pelle cadavrica. Guardai a sinistra: un uomo muscoloso il doppio di me, aveva una grave ferita sulla fronte, dalla quale sgorgava sangue. Sbraitava e si divincolava con energia, cercando di colpire quelle che successivamente riconobbi essere due ragazze. Le due volteggiavano intorno all'omone, schiando i suoi colpi maldestri ed attaccando con mosse ben pensati. Quella più vicina al mio corpo, ancora inerme, aveva i capelli lunghi ed argentei, la pelle chiara, che alla luce della luna sembrava quasi scintillare. Si muoveva con scatti energici ma aggrazziati, come se stesse danzando. La seconda aveva una carnagione dorata, riccioli color miele ed un andamento molto meno delicato. Atterrava con forza dai salti, e rispondeva con molta più violenza agli attacchi. Il mio amore per le sfide, fece sì che la mia attenzione fosse incentrata sulla seconda, più che sulla prima.

Del sogno non ricordai nulla.

<<Percy, sveglia.>> Sbarrai gli occhi, vidi mia madre vicino al mio letto, e capii che fosse mattina.  Ci misi qualche secondo per ricordare che quel giorno sarebbe stato il mio ultimo primo giorno di scuola. Solo allora saltai giù dal letto, sotto gli occhi increduli di Sally Jackson, e corsi verso il bagno, con un sorriso alquanto ebete sul viso. Esso si spense quando vidi di novo la faccia sconcertata di mia madre, segnata dalle rughe portate dall'immenso carico di responsabilità che quella donna portava da ben diciotto anni. Mi infilai sotto la doccia ghiacciata, per scacciare il sonno definitivamente. Cercai di non pensare a mia madre, scuotendo la testa e strizzando gli occhi. Ma ogni qual volta chiudessi gli occhi, il suo sguardo deluso si ripresentava a me.

Dopo quarantacinque minuti uscii di casa, e modestamente, mi sentii un gran figo andando in giro con i miei occhiali da sole. Il nuovo edificio scolastico era a centro metri da casa mia, così me la presi con calma. Era un palazzo grandissimo, e mi sembrò giusto, dato che doveva occupare la maggior parte degli adolescenti di New York. Le pareti erano verdi acqua e bianche (colori che non avrei mai scelto, ma che rendevano il tutto più moderno), nel giardino c'erano due grandi alberi con un sacco di aiuole piene di fiori. Vari gruppetti di ragazzi erano sparsi fuori e dentro la scuola. Subito, con lo sguardo, iniziai a selezionare le nuove ragazze da corteggiare. Mantenere la mia nominata di latin lover era la mia priorità, in quel momento. Quando capii che nei giardini non avrei trovato nessuno di davvero interessante, mi avviai verso l'entrata principale, dove le enormi porte bianche erano spalancate. Presi un corridoio a caso, sperando mi conducesse da qualche bella ragazza. Dei riccioli biondi attirano la mia attenzione; erano lunghi fino alle spalle, ed erano del colore del grano maturo. La ragazza mi dava inconsapevolmente le spalle, appoggiandosi al suo armadietto. Indossava dei leggins neri, che lasciavano vedere le gambe muscolose e dei glutei tonici che mi catturarono completamente. Stava parlando tranquillamente con altre due ragazze, che le danno tutta la loro attenzione. Sembrava la preda perfetta. Poi, qualcuno attirò per un secondo la mia flebile attenzione: Luke, mio cugino, stava affacciato dalla porta del bagno dei maschi, agitando le mani in aria e scuotendo la testa più volte. Cercai di decifrare il suo labiale: sembrava dire ''Non farlo! Non finirà bene!", ma non ebbe importanza, perché lo ignorai. Probabilmente, lui c'aveva già provato con la bionda, ed aveva fallito miseramente. Ciò non mi sconfortava, anzi... Sapevo di avere un fascino diverso dal suo, e nessuna fino ad allora mi aveva mai rifiutato. Mi avvicinai alla ragazza, indeciso sul da farsi. Avrei potuto esordire con una frase da figo, oppure testare una posa alla John Travolta. Improvvisamente, decisi si non parlare affatto. Le diedi una forte pacca sul sedere. Tanto forte che quella sobbalzò. Quella tattica aveva sempre funzionato, visto che alle ragazze che avevo frequentato piaceva che toccassi loro il sedere. Poi vidi la biondina stringere i pugni, le sue compagne spalancarono gli occhi. Solo in quel momento mi resi conto che forse la posa alla John Travolta sarebbe stata una scelta migliore. Prima che potessi scappare, una delle sue amiche, quella mora, mi guarda in cagnesco. Ha gli occhi elettrici, che mi fulminano all'istante. Per un attimo, quella ragazza mi incute paura.

Rimasi immobile, quando la bionda rispose alla mia avance. In meno di un secondo mi ritrovai a terra, la guancia mi bruciava. Dopo un po' capii che la bionda mi aveva dato un pugno, un pugno molto forte. Scossi la testa per riprendermi ed incrociai i suoi occhi per la prima volta. Grigi. Ma non un grigio polvere, un grigio spento ed uniforme; un grigio profondo e tempestoso, meraviglioso da guardare... Se non fosse così pieno di odio verso di me in quel momento.

<<Grande Annabeth!>> Gridò qualcuno. Era l'altra sua amica, dai capelli color cioccolata e gli occhi di un colore indefinito.
Solo in quel momento mi ricordai di essere davanti a tutta la scuola. E tutta la scuola rise di Percy Jackson.

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