Changes.

By Chloette_

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|Completa| A ventinove anni, Amanda stava riuscendo a costruirsi una vita lontana dal passato solitario della... More

Una giornata insolita
L'Inizio
Mercoledì
Pace
Dubbi
Segreti Svelati
Di Male in Peggio
Il crollo
Conforto
Luke
Ritorno a casa
Il Confronto
Sorprese Inaspettate
"Cosa è successo?"
Tensioni
Il Ballo
Segni Indelebili
Nuove Esperienze
Una Serata Diversa
Qui per Te
Amicizia
Decisioni Fatali
Il Viaggio
Inghilterra
Scontro con il Passato
Dialoghi Inaspettati
Imbarazzo e Rivelazioni
Casa
Anniversario
Dicembre
Vigilia
Natale
Confessioni
Capodanno
Ospedale
Nuova Vita
Incomprensioni
Dettagli Importanti
Erba Cattiva
Impulsi
Famiglia
Sentimenti
Conferma
Appuntamento
Incertezze
Amore
La Proposta
Bisogno
Argomenti Delicati
Limite
Pasqua
Nuvole
(Non Più) Sola
Verdetto
Foto
Weekend
Visita
Piccole Verità
Arrivederci
Ringraziamenti e...
•SEQUEL•

Caos

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By Chloette_

Ormai era passata una settimana da quella serata ed era di nuovo lunedì sera.
Avevo provato ad aiutare Luke meglio che potevo, dandogli indicazioni su come corteggiare la ragazza – che avevo scoperto chiamarsi Rachel.
Gli avevo consigliato di comprarle piccoli regalini, così da farle capire che a lui piaceva, anche se ogni volta che parlavamo di lei avevo una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se ci fosse un vuoto.



Presi il cappotto, uscendo dall'ufficio e mi diressi in macchina, esausta da quella giornata faticosa. Nel tragitto accesi la radio, rilassandomi un po' sulle note delle canzoni che trasmettevano; non riuscivo più a farne a meno: mi faceva compagnia, evitandomi di pensare, cosa che nell'ultimo periodo facevo fin troppo spesso.
Pensavo in che strana direzione stesse andando la mia vita, a Luke, alla relazione che stava avviando con quella Rachel; e tutto si riduceva sempre ad uno sbuffo sommesso.
Arrivata a casa mi sdraiai subito sul divano, noncurante di aver appoggiato le gambe su quelle di James, intento a vedere un film.
«Hey! Queste confidenze?» Fece il finto offeso, ridacchiando e volgendo il viso verso di me, ma ero troppo esausta per fare qualunque cosa, quindi mi limitai a sorridere per poi chiudere gli occhi, ascoltando distrattamente i dialoghi dei personaggi in televisione.
«Amanda, stai bene?» Con un gesto pacato mi accarezzò le gambe, facendomi sorridere con più sincerità e aprire un occhio.
«Giornata stressante» risposi, alzandomi a fatica con il busto.
«Posso fare qualcosa per te, mia dolce principessa?» Sorrise, facendomi cenno di raggiungerlo tra le sue braccia e così feci.
«No, va bene così.» Mi accoccolai sul suo petto, sentendo le sue braccia stringermi. Non lo avevo ancora perdonato, ma era sulla buona strada per riconquistarmi; stava cercando seriamente un altro lavoro e lo vedevo davvero sicuro di sé.
«Oh, piccola Anda, ti trattano male al lavoro, eh?» Mi accarezzò la schiena facendomi mugolare in risposta al fastidioso nomignolo che mi aveva dato, ma non riuscii a replicare nulla di sensato che piombai in un sonno profondo.


Un soffio caldo mi sfiorava la guancia con un ritmo calmo e ritmato, mugolai muovendo il viso per togliermi quel getto di dosso, ma ero come bloccata da qualcosa. Aprii gli occhi lentamente, trovandomi James ad un palmo di naso che dormiva profondamente; il suo corpo mi aveva completamente schiacciata sotto di lui e mi era molto difficile fare qualunque movimento.
«James, svegliati, ti prego, mi stai soffocando» dissi in un soffio, cercando di spingerlo più forte che potevo; ma era tutto inutile, non riuscivo a smuoverlo di un centimetro.
«Sì, sì piccola Sarah, arrivo amore...» La sua voce era un mugolo e lo vidi anche sorridere.
«Brutto pezzo di...» Non riuscii a finire il mio insulto che mi tappò la bocca, scoppiando a ridere.
«Buongiorno anche a te, amore.» Continuò a ridere, togliendo la mano per lasciarmi un bacio sulle labbra, ma io non avevo la minima intenzione di stare al suo stupido giochetto.
Il fatto che mi avesse tradita bruciava ancora molto e se voleva davvero essere perdonato, non era quello il modo.
«Vaffanculo!» Me lo staccai di dosso alzandomi e constatando che avevo indosso il pigiama, ma ricordavo di essermi addormentata con lui sul divano.
«Grazie James per avermi messo il pigiama e avermi portato nel letto comodo!» Mi fece il verso, «Oh, Amanda, non c'è di che!» Sbuffò, togliendosi le coperte con rabbia mentre io rimasi a fissarlo, interdetta.
«Sì... grazie...» Sospirai sconfitta e subito mi sentii in colpa per averlo aggredito con tanta rabbia. Forse avevo esagerato un po'. «Scusami.» Cercai di rimediare, mentre lo vedevo allontanarsi verso il bagno; mi fece un gesto con la mano, seguito da un verso di disapprovazione.
La giornata era già iniziata male.


Al lavoro la situazione non migliorò.
«Amanda, vieni un secondo.» Victor aveva un vocione fin troppo basso per i miei gusti, ciò non presagiva nulla di buono.
«Mi dica.» Sorrisi, cercando di trasmettergli un po' di serenità, ma non mi degnava di uno sguardo; sparpagliava fogli sulla scrivania, forse in cerca di qualcosa di importante.
«Sai il viaggio in Inghilterra che ti avevo chiesto qualche settimana fa?» Me lo ricordavo benissimo, quello che avevo cercato in hotel quando stavo fuggendo dal resto del mondo, ossia il mio ragazzo e Luke.
«Sì, certo.»
«Perfetto, parti tra due giorni. Alle sette in punto ti voglio in aeroporto, ci siamo intesi?» Alzò per un secondo lo sguardo su di me, cercando probabilmente la mia approvazione, ma trovandoci solo il mio più totale sconcerto.
«Come tra due giorni? Come faccio?»
«Amanda, fai una valigia con dentro due abitucci e porti le tue chiappe all'aeroporto alle sette in punto per partire insieme a mio figlio.» Un attimo, cosa aveva appena detto? Con suo figlio? Lo stesso ragazzo che solo la settimana prima mi aveva lasciato una macchia sul collo con le sue labbra umidicce?
«Con suo figlio?» Osai chiedere, leggermente preoccupata; smise di trafficare con i fogli per guardarmi.
«Sì, con mio figlio, deve fare un viaggio di scuola e ne ho approfittato, poi ho visto che avete legato, non credo ti dispiaccia.» Marcò la voce sul "credo", facendomi capire che non avrei comunque avuto altra possibilità.
«No, certo che no, allora sarò in aeroporto alle sette in punto.» Sorrisi e lui tornò a fare il suo lavoro, senza rispondermi.
Mi ritirai alla mia postazione, riprendendo il mio lavoro, anche se era inevitabile pensare che avrei dovuto passare dei giorni da sola con quel ragazzino arrapato.


Il pomeriggio passò lento e avevo un sacco di lavoro da fare, talmente tanto che fui costretta a rimanere anche oltre l'orario d'uscita.

- Sto al lavoro a finire delle pratiche, tornerò dopo cena, va bene? -

Dopo aver scritto a James mi arrivò un messaggio di Luke; ormai lo sentivo e lo vedevo molto meno poiché era impegnato con Rachel, ma per fortuna avevo il lavoro che poteva distrarmi, anche se ancora non mi era chiaro il motivo del perché dovessi distrarmi.

- Amanda, sto facendo grandi passi avanti :) stasera usciamo insieme, ma non so dove portarla!! -

Sbuffai, passandomi una mano sul viso e pensando a qualche bel posto in cui sarebbero potuti andare.

- Magari in un ristorante e poi al lago? O una passeggiata romantica? -

- Lago!! Certamente, grazie, grazie sei la mia salvezza. Un bacio -

Sorrisi.
Ero la sua salvezza, anche se, forse, il vero motivo del mio sorriso era causato dall'immaginarmi come sarebbe stato ricevere un suo bacio.
Un altro.



Ero riuscita a finire prima del previsto e mi diressi in fretta a casa, non vedendo l'ora di accoccolarmi sul divano insieme al mio ragazzo.
Non riuscivo ancora a definirlo completamente tale, ma tutto sembrava filare liscio e la via verso il perdono era sempre più spianata.
Aperta la porta di casa, però, rimasi quasi impietrita alla vista dei due che si stavano baciando con molto trasporto sul divano.
Pensai addirittura di aver sbagliato casa, ma quando riconobbi Candice e James mi sembrò quasi di aver sbagliato tutto, nella mia vita però.
Rimasi immobile per qualche secondo, di fronte a quell'immagine orribile; mi sembrò che il pavimento potesse sgretolarsi sotto i miei piedi da un secondo all'altro e poi il mio corpo reagì, talmente istintivamente che quasi non me ne resi conto.
Corsi più velocemente che riuscii, nonostante i tacchi mi stessero massacrando i piedi e le lacrime che scendevano abbondantemente mi impedivano di vedere bene. Non accennavo a diminuire il mio passo, correvo sul marciapiede verso una meta sconosciuta, mentre le macchine mi passavano accanto veloci.
Nella mia testa una sola immagine sovrastava su tutto: loro due, insieme, in casa mia, sul mio divano.
Bugie, mi aveva raccontato solo bugie. Il fatto di amarmi era una bugia, il fatto di voler stare con me era una bugia, chissà cos'altro era una bugia.
Mi ritrovai nel caos di New York, dove il traffico e la gente aumentavano sempre di più; non avevo idea del mio stato in quel momento, ma l'unica cosa che mi interessava era allontanarmi il più possibile da quella casa.
Non capivo perché mi capitasse tutto quello, sembrava andare tutto bene qualche mese prima: il mio ragazzo mi amava, adoravo il mio lavoro e il marito di mia sorella non si era mai permesso di toccarmi, ma, soprattutto, non conoscevo Luke.




La panchina su cui mi sedetti era gelida, ma era sicuramente il minore dei mali.
Candice. Quella grandissima stronza riusciva a tormentarmi ancora, riusciva a farmi sentire una nullità. Le lacrime non cessavano di scendere e non sapevo neanche dove poter andare; recuperai il telefono, vedendo le trenta chiamate perse di James, ma quella volta era troppo, ero stufa di vivere nella costante paura che potesse tradirmi e dopo quella sera ero davvero al limite della sopportazione; non mi sarei fatta prendere in giro ancora.
L'orologio del telefono segnava le nove e ventidue minuti, rimasi a fissarlo finchè non scattò il ventitré, poi la schermata scomparve mostrando la chiamata in arrivo di Luke. Era strano che mi chiamasse se era uscito con quella ragazza.
Non risposi, non avevo voglia di parlare con nessuno, soprattutto con lui, sapevo che sarei crollata e non volevo rovinargli la serata.
Subito dopo comparve una chiamata da James, che ovviamente rifiutai; mi guardai intorno, scrutando le persone che passeggiavano nel parco. Ero stanca e avrei solo voluto dormire per sempre, dimenticandomi di tutti i problemi.
Il fatto che entro qualche giorno sarei partita con Gregg mi sembrava una buona notizia, in confronto a tutto il resto.
Luke mi stava chiamando ancora, ma rifiutai, cercando di fermare le lacrime che ancora scorrevano imperterrite. Poi un messaggio, sempre di Luke.

- Amanda perché non rispondi? Mi serve il tuo aiuto! -

Voleva il mio aiuto, solo quello; ma non ce la facevo, non ne avevo la forza.

- Dimmi -

Mi stavo sforzando. Solo per fargli un favore, solo per immaginare il suo bellissimo sorriso che mi metteva allegria.

- Siamo rientrati prima perché Rachel non stava bene, vieni qui -

- No, Luke, non è il momento -

- Cosa succede? -

- Niente, ho solo bisogno di stare sola -

- Amanda, vengo a casa tua se non mi dici che succede -

- Non sono a casa mia e credo che non ci tornerò mai più -

Le lacrime che si erano attenuate ripresero a scorrere copiosamente, seguite da singhiozzi incontrollabili; vidi sullo schermo una chiamata di Luke e decisi di rispondergli, per dirgli a voce di lasciarmi in pace.
«Basta, Luke, lasciami stare!» Alzai il tono, continuando a singhiozzare.
«Amanda, dimmi subito dove sei, arrivo.»



~
Bordello. 😂

Io non lo so, insomma. Spero vi sia piaciuto.

Spero di aver descritto bene le scene e le emozioni, perché è stato un capitolo abbastanza pesante.

Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti.

Un bacio :*
~

*revisionato*

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