Lasciate ogni speranza voi ch...

Por Itsmeloca94

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Francesco è un ragazzo normale, che frequenta le superiori, passa ore e ore incollato allo smartphone e sbava... Más

Primo capitolo
Terzo capitolo
Quarto capitolo

Secondo capitolo

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Por Itsmeloca94


"Ma io perché venirvi? o chi 'l concede?
Io non Enea, io non Dante sono;
me degno a ciò, né io né altri 'l crede"


Più ombra che sostanza, la figura davanti a me sembrava uno di quei personaggi ancora non sbloccati dei videogiochi, uno di quelli che il sistema può farti usare solo ad un livello successivo. Scusate la metafora, ma insomma, io di videogiochi me ne intendo! Sono stati per lungo tempo uno dei miei unici passatempi in assenza di altro da fare.

"Benvenuto Francesco, ti stavo aspettando".
Quel suono interruppe il silenzio.
"T-tu come lo sai?".
"Io so tutto".
Era una voce maschile, chiara, trasmetteva una certa sicurezza di sé.
Il mio cuore continuava a battere sempre più forte, era l'unico rumore che mi circondava insieme al mio respiro, il loro intrecciarsi componeva una strana sinfonia caratterizzata da ansia e terrore, ogni secondo più incalzante, un climax ascendente, sempre più veloce, sempre più assordante.
I miei muscoli si pietrificarono, un brivido mi percorse tutta la schiena, persi ogni capacità di muovermi. Soltanto due parole riuscirono a fuoriuscire dalla mia bocca: "Chi sei?". L'ombra fece un passo avanti uscendo da quell'alone di mistero che la circondava fino a pochi attimi prima, ora riuscivo a distinguere chiaramente le sue fattezze, il suo volto. Era un uomo alto poco più di 1 metro e 70, capelli molto mossi tendenti all'arricciarsi, di un biondo ramato. Gli occhi erano verde acqua, brillavano di scaltrezza e intelligenza. Indossava una tunica color porpora che gli arrivava fin sotto il ginocchio, dei calzari marroni, molto simili a quelli utilizzati in epoca medioevale, e un copricapo bianco. " Ma come s'è conciato questo", pensai, sembrava uscito dalla parata medioevale del Festival delle Caciotte affumicate.

"Sono Mark Zuckerberg" mi disse. "MARK ZUCKERBERG?!" urlai.
"Non urlare, così mi distruggi i timpani!" protestò lui.
"Ma quello Zuckerberg? Lo Zuckerberg che ha creato Facebook?".
"Ne conosci altri?"
Ero incredulo.
"Momento, momento, momento, sono svenuto per la paura in mezzo a quella strada piena di nebbia e ora sto sognando vero?".
"No Francesco, è tutto vero".
"Ma com'è possibile? Due ore fa ero a scuola, mi sono incamminato a piedi verso casa, mi sono perso e nel bel mezzo del nulla chi incontro? Mark Zuckerberg, non ha senso"

"Sono impazzito all'improvviso" pensai tra me e me, "Oppure sto sognando, per forza, non c'è altra spiegazione, sono circondato dalla nebbia e ho di fonte a me Mark Zuckerberg, ora torno in me, ora mi sveglio"
"Ma che fai, non prenderti a schiaffi!" esclamò sorpreso Mark.
"Andiamo dai, non può essere tutto vero".
Un selfie , dovevo fare una foto, se avessi avuto una foto con lui da postare sul mio profilo avrebbe voluto dire che non ero impazzito e che era tutto vero. Questa fu la prima cosa che mi venne in mente. La seconda fu quanti mi piace avrebbe preso una foto del genere.

E poi, parliamoci chiaro, mettiamo il caso che esista una remota possibilità che stessi vivendo tutto ciò, non ci credevo nemmeno io, figuriamoci mia madre quando sarei tornato a casa, "Ciao tesoro, sei in ritardo, dove sei stato fino ad adesso? Iniziavo a preoccuparmi" "Ciao mà, stavo tornando a casa quando ho preso la strada sbagliata e ho incontrato Mark Zuckerberg, è simpatico sai? Sapessi che paura però che mi sono preso quando l'ho intravisto in mezzo alla nebbia". Sarebbe stata la volta buona che mi avrebbe portato da uno psicologo, ma forse ne ho davvero bisogno e forse farebbe anche bene a portarmici, oppure mi avrebbe fatto sottoporre ad un test tossicologico per verificare che non avessi assunto sostanze stupefacenti nell'ultimo periodo.
Già, non c'era alcun dubbio, dovevo fare un selfie con lui. Dovevo avere una prova, avevo bisogno di certezze come mai prima d'allora.
Presi il telefono dalla tasca e premetti il tasto centrale, nulla.
Lo ripremetti di nuovo, niente di niente, il telefono non ne voleva sapere di funzionare, sembrava morto.
"E' la terza fiera" esclamò Zuckerberg interrompendo i miei pensieri.
"La terza fiera?" risposi con stupore.
"Sì, il terzo impedimento"
"Non ti seguo, cosa significa?" gli chiesi abbastanza perplesso.
La sua voce si fece ancora più ferma, il suo sguardo più serio.
"Le tre fiere, i 3 impedimenti che hai dovuto affrontare e superare per giungere qui.
Prima fiera - disse alzando l'indice - la totale mancanza di wi-fi o di una connessione internet. Rende impossibile l'uso di qualsiasi social network o di messaggini vari su WhatsApp.
Seconda fiera - continuò alzando anche il medio, andando così a formare una sorta di V con le due dita - la mancanza di campo: zero chiamate e sms.
Terza fiera - aggiunse infine, alzando l'anulare - la batteria scarica: il telefono è ormai praticamente inutilizzabile".
"Aspetta un attimo, quindi mi stai dicendo che tutto ciò era voluto? Che non è un caso che io sia giunto qui?".
Inclinò leggermente la testa e con un sorriso abbozzato sulle labbra mi disse
"Forse".
Fiere, impedimenti, ma di cosa stava parlando?
Mi sembrava di essere stato catapultato in uno di quei film senza trama di serie C che trasmettono in tarda serata sui canali regionali, tra una televendita in cui illustrano una nuova padella con il fondo antiaderente e un metodo studiato da un'università americana per perdere peso già dopo 10 giorni dall'inizio del trattamento. Nulla aveva senso.
E perché tra tutte le persone proprio io dovevo essere scelto, perché mai dovrei essere "l'eletto"? Sono solo uno "sfigato" come tanti ,uno che ha appena ricevuto un due di picche dalla ragazza di cui è segretamente innamorato da anni, con una vita noiosa e ripetitiva scandita da un rimprovero dietro l'altro! I prof che pensano che io possa dare di più, mia madre con le sue aspettative, mio padre con le sue imposizioni.

"Forse? Cosa intendi?" lo interrogai.
"Non c'è una risposta, o meglio, ce ne sono ben due, è tutta una questione di punti di vista, di bivalenza.
Per alcuni l'essere umano vaga costantemente nella causalità. Possiamo anche affermare che percorra ogni singolo giorno un viaggio nell'incertezza, tutto ciò che gli accadrà in questo viaggio sarà solamente il risultato di una serie azioni e reazioni che sfuggono al suo diretto controllo. Per altri invece nulla avviene per caso, tutto segue un filo logico, una catena di cause ed effetti che determina e caratterizza le nostre vite. Il fatto che tu sia qui quindi da un punto di vista A potrebbe essere un caso mentre da un punto di vista B no, cioè, sempre secondo il punto di vista B, esiste una causa prima che ti ha portato a questo momento, o più precisamente, a questo incontro.
Se consideriamo il tutto da un punto di vista A tu sei giunto qui per una serie di coincidenze e casualità, proprio ciò che hai detto tu prima quindi: sei uscito da scuola, ti sei perso ed ora sei giunto qua.
Se invece consideriamo tutto da un punto di vista B tu sei arrivato qui perché dovevi giungere qui, perché questo era il tuo destino e perché sei stato scelto per essere qui in questo momento. Il fatto che tu abbia perso il pullman e poi ti sia smarrito tra la nebbia non è un caso, c'è un disegno ben più grande di te attorno a tutto ciò. Disegno che non sei in grado di cambiare né mutare". Rimasi in silenzio per qualche secondo pensando a ciò che mi aveva detto.
"Temo di non aver capito" mormorai.
"Cosa di preciso?"
"Tutto. Bivalenza, A, B, non ho capito nulla"
Mark scosse leggermente la testa.
"Cercherò di essere più chiaro.
Possiamo interpretare il motivo per cui tu sia qui in 2 modi.
Da un punto di vista A, sei un coglione che si è perso nella nebbia, lo sfigato di turno a cui tutto sembra andare storto e che tanto serviva per iniziare questo viaggio.
Da un punto di vista B invece sei qui per un motivo: perché tu hai delle qualità che tutti gli altri non hanno.
Sei riuscito a non perdere il controllo davanti all'effetto disturbante delle fiere, non ti sei perso d'animo e hai continuato il tuo cammino.

"Quindi in pratica sono un eroe?"
"Se vedi il tutto da un punto di vista B, sì"
"E se lo vedo da un punto di vista A?"
"Se lo vedi da un punto di vista A come ti ho già detto per 2 volte sei solo un coglione che si è perso nella nebbia" disse con lieve irritazione, ma senza scomporsi minimamente.
"Quindi o sono un predestinato o sono un coglione che si è smarrito".
"Esattamente".
"E come faccio a capire quale dei due sono?".
"A giudicare da quel poco che ti conosco posso affermare quasi con certezza che nel tuo caso parliamo di una tipologia A".
"Un eroe quindi?".
"No, un coglione che non è riuscito a memorizzare dopo 3 volte che gli è stata detta la differenza tra caso A e caso B e che ancora li confonde tra loro".
"Grazie per questa botta di autostima".
"Di nulla figurati" aggiunse con una smorfia molto simile ad una risata.
Le sue parole comunque mi avevano tranquillizzato, il battito cardiaco era tornato normale, il respiro anche, il peggio che tanto avevo temuto era passato.

"Bene, ora mettiamoci in viaggio" disse Mark interrompendo il silenzio che durava da circa 20 secondi.

"Come mettiamoci in viaggio?" gli domandai perplesso.

"Si. Giusto perché mi piace pensare che ogni incontro nella vita, causale o casuale che sia, porti ad un arricchimento, ho qualcosa da farti vedere."

"Ovvero?" domandai aggrottando le sopracciglia
"Te lo mostrerò a tempo debito, non essere troppo curioso. E poi, mio piccolo "eroe", per divenire tale non basta perdersi, quello è solo l'inizio."
Disse girandosi e iniziando a camminare attraverso la nebbia.
"Quello è solo l'inizio", questa frase rimbombò nella mia testa più volte.
Nonostante fossi ovviamente ancora incredulo e a stento riuscissi a darmi una spiegazione che avesse almeno una parvenza di razionalità, la curiosità iniziò ad ardere in me.
Da piccolo mia mamma mi ripeteva spesso "Non accettare mai le caramelle dagli sconosciuti", tramutatosi poi negli anni in "Non accettare da bere dagli sconosciuti" e in "Stai attento che nei Cocktail ti mettono la droga, controlla sempre il bicchiere", inutili i miei tentativi di spiegarle che nemmeno l'alcool mettono nei cocktail ormai, figuriamoci la tanto temuta "droga".
Ora invece avrei dovuto seguire uno sconosciuto che proprio uno sconosciuto non è verso una meta ignota, attraverso l'ignoto.

"Mark, fermati. Potrestialmeno anticiparmi qualcosa?"
Si fermò e si girò verso di me.
"Non abbiamo molto tempo, tra poco inizierà a calare la notte, che cosa tipreoccupa? Cosa vuoi sapere di preciso?".
"Almeno dimmi qual è la destinazione di questo fantomatico viaggio, nonpretendo molto, solo sapere dove siamo diretti"
Mi guardò ancora una volta con quel sorriso stampato in faccia, mi procurava undisagio enorme, mi sentivo in soggezione, uno stolto. "Ti porterò in un posto che nessun uomo ha maivisto prima, un luogo dove il dolore si mescola alle grida, dove la luce delsole è solo un tiepido ricordo ancorato alla tua mente, dove l'aria è rarefattae malsana e respirare diventa un'impresa degna dei più grandi eroi omerici.Dove nessun uomo vorrebbe mai trovarsi in vita sua e sarebbe disposto a tuttopur di poter evitare di passare anche solo un istante in questo antro delladisperazione".
"In un autobus nell'ora di punta quindi?".
"No, in un luogo ben peggiore. L'inferno dei Social Network".


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