Cinquanta sfumature di un'amn...

By Andromaca27

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I primi capitoli di questo racconto sono la traduzione, abbastanza fedele ma non letterale, di una ff in ingl... More

Capitolo primo
Capitolo secondo
Capitolo terzo
Capitolo quarto
Capitolo quinto
Capitolo sesto
Capitolo settimo
Capitolo ottavo
Capitolo nono
Capitolo decimo
Capitolo undicesimo
Capitolo dodicesimo
Capitolo tredicesimo
Capitolo quattordicesimo
Capitolo quindicesimo
Capitolo sedicesimo
Capitolo diciassettesimo
Capitolo diciottesimo
Capitolo diciannovesimo
Capitolo ventesimo
Capitolo ventunesimo
Capitolo ventiduesimo
Capitolo ventitreesimo
Capitolo ventiquattresimo
Capitolo venticinquesimo
Capitolo ventiseiesimo
Capitolo ventisettesimo
Capitolo ventottesimo
Capitolo ventinovesimo
Capitolo trentesimo
Capitolo trentunesimo
Capitolo trentaduesimo
Capitolo trentatreesimo
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 50

Capitolo 49

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By Andromaca27

Siamo stati in ospedale dove mia madre ci ha assistiti durante la visita neurologica. Il dottor Barret ha sottoposto Ana ad un controllo molto scrupoloso e attento, le ha posto delle domande sul suo stato di salute e in conclusione ha sentenziato che è sana come un pesce. Ad una mia domanda ha risposto che il recupero della memoria è di solito definitivo e che non dobbiamo temere che ritorni l'amnesia. Quando siamo usciti dall'ambulatorio, ci siamo intrattenuti per qualche minuto con mia madre che non la smetteva di abbracciare Ana, per tutto il tempo le ha tenuto la mano mentre continuava a ripetere quanto fosse felice. L'abbiamo informata della nostra intenzione di partire per l'Italia ed è evidente che la notizia le ha fatto molto piacere soprattutto perché pensa che per me sia un bene staccarmi dal lavoro e divertirmi, anche se le mancheremo. Però prima di lasciarci andare ci ha fatto promettere che sabato sera saremmo andati a cena a Bellevue per festeggiare sia la guarigione di Anastasia sia la nostra partenza. Poi siamo andati a lavoro e ora che sono le 18,13 stiamo facendo ritorno a casa. Siamo seduti sul sedile posteriore, un po' distanti per via delle cinture rigorosamente allacciate; in effetti Ana avrebbe voluto venirsi a sedere sulle mie ginocchia e Dio solo sa quanto mi sarebbe piaciuto stringerla tra le braccia, ma non gliel'ho potuto permettere. Non può mettere a repentaglio l'incolumità sua e di mio figlio. In questo momento mi sta guardando di traverso facendo il broncio, le sorrido divertito e le stringo la mano, col solo movimento delle labbra le dico "Ti amo" e lei si addolcisce, ma ho la netta sensazione che stia escogitando qualcosa. Per il resto del tempo restiamo in silenzio fino all'arrivo nel parcheggio all'Escala. Entrati nell'ascensore, si adagia sul mio petto e io la circondo con le braccia, mentre insinuo il viso tra i suoi capelli inspirando a fondo.

«Hai cominciato a preparare la valigia?»

«La valigia? Mancano ancora quattro giorni alla partenza, c'è tutto il tempo.»

«Possiamo chiedere a Gail di farlo per te e per me.»

«No. Sono perfettamente capace di farlo da sola.»

«Ok.»

«Ok?»

«Sì, ok!»

«Non ci posso credere che tu me la abbia data vinta così facilmente!»

«Ci devi credere e ti conviene cominciare a farci l'abitudine perché d'ora in avanti sarò un uomo nuovo.»

«Ma io non voglio un uomo nuovo. Io voglio il mio Christian.» Mi rivolge un sorriso malizioso.

«A che cosa dobbiamo quel sorrisetto, Mrs. Grey?»

«Sorrisetto? Che sorrisetto?»

«Non fingere di non capire, furbetta.»

«Ma io non sto fingendo.»

Arrivati nel nostro appartamento, Gail ci informa che la cena sarà pronta appena vogliamo, ma insieme ad Ana decidiamo di rimandare di un'ora circa e per richiesta di mia moglie ci spostiamo nella stanza della televisione e, mentre prendiamo posto sul divano, mi torna in mente qualcosa che intendo farle sapere. Mi scuso con lei, vado nel salone e torno rapidamente da lei. Mi siedo al suo fianco e le porgo una copia del Seattle Times.

«Forse ti interesserà leggere un certo articolo che si trova a pagina otto.»

«Di cosa si tratta?»

«Guarda.»

Appena si rende conto di cosa sto parlando cambia espressione: non saprei se sia più infastidita o divertita mentre comincia a leggere un articolo su di noi, sulla nostra pubblica manifestazione d'affetto di ieri pomeriggio. Si stringe a me e comincia a leggere ad alta voce.

«Chi si è trovato a passare ieri per le vie del quartiere finanziario ha avuto il piacere di assistere ad un vero e proprio evento: il noto miliardario Christian Grey, giovane genio della finanza, affascinante e serioso (almeno lo è stato finora) è stato riconosciuto da alcuni passanti mentre scambiava tenere effusioni con una giovane donna sotto gli sguardi imbarazzati delle sue guardie del corpo. La cosa ha suscitato l'interesse di un gruppetto di persone che si sono fermate e hanno scattato delle foto, chiedendosi chi fosse la bella fortunata. Qualcuno pensava di trovarsi di fronte ad un vero e proprio scoop, pensando ad una relazione clandestina che stava venendo a galla, perciò è rimasto particolarmente deluso quando si è saputo che la ragazza altri non era che Anastasia Grey, ovvero la sua legittima moglie. Sembra che Mr. Grey, scapolo dalla misteriosa e blindatissima vita privata fino al luglio scorso, abbia letteralmente perso la testa per la sua Ana chiedendole di sposarlo poche settimane dopo averla conosciuta. I due si sono sposati con una cerimonia molto discreta tra pochi amici e parenti, ed evidentemente sono talmente innamorati da non poter fare a meno di essere reciprocamente tanto affettuosi, anche se si trovano in pubblico. A detta di uno dei curiosi, Mr. Grey, prima di andare via, con un sorriso smagliante, tenendo la moglie ben stretta al suo fianco, avrebbe ringraziato i presenti per aver apprezzato lo spettacolo, cosa che è stata accolta con fischi, applausi e con grida di incoraggiamento. Non potevamo non informarvi di un fatto così eccezionale, come non possiamo esimerci dal fare i nostri auguri alla splendida coppia.»

«Pensi che abbiamo dato spettacolo, Mrs. Grey?» Le chiedo, ironico.

«Solo un po', Mr. Grey.» Risponde lei con uguale ironia.

«Sotto gli sguardi imbarazzati delle guardie del corpo.» Ripeto la frase e rido ripensando a quel momento.

«L'imbarazzo... io l'ho provato dopo e adesso a leggere questo articolo e a vedere quanta risonanza sia stata data ad un fatto così privato. Sul momento non mi sono neanche accorta che eravamo circondati da passanti.»

«Neanche io.»

«Ma se ci ripenso: intorno a noi si era formato un piccolo capannello di curiosi. "Ma quello non è Christian Grey?"; "E lei?"; "A me sembra la moglie"; "Che carini!"».

«Io ho sentito distintamente qualcuno dire: "È una bellissima ragazza!"»

«Davvero?» Annuisco e le do un bacio a fior di labbra. «Io, invece, ho sentito una voce femminile esclamare "Che gran figo!" E non posso che essere d'accordo con lei, anche se per qualche istante ho dovuto lottare contro l'impulso di andare da lei ad urlarle di toglierti gli occhi di dosso.»

Io le sorrido e lei scoppia a ridere.

«Non dimenticherò tanto facilmente la voce seria e impostata di Taylor che ci richiamava all'ordine: "Mr. Grey, sarebbe meglio rientrare."» Nel ripetere quelle parole fa una buffa imitazione di Taylor, facendomi sorridere. «Penso che in fondo anche Taylor fosse contento di vederci tanto presi. Ti è molto affezionato e non può non gioire a vederti felice.»

«Lo pensi davvero?»

«Certo.»

Le stampo un bacio sulle labbra e le do una leggera pacca sul sedere. «Su, andiamo a mangiare.»

I suoi occhi si offuscano dopo quel contatto e per un lungo momento ci fissiamo in un silenzio denso di tensione sessuale. Scuoto la testa e volgo lo sguardo intorno a me per liberarmi di quel pensiero. Mi alzo e le porgo la mano. Non appena finiamo di cenare, squilla il mio telefono. Ros mi dice che uno dei nostri principali collaboratori in Taiwan chiede di parlare con me urgentemente in videoconferenza. Mi scuso con Ana dell'imprevisto, le prometto che mi libererò prima possibile per trascorrere la serata con lei. Mi risponde che ne approfitterà per fare la doccia e per iniziare a leggere un nuovo manoscritto.

Dopo un'ora e mezza circa finalmente esco dal mio studio, dopo aver concluso la videoconferenza. In salone e in cucina Ana non c'è, perciò vado a cercarla in camera o in bagno, ma la mia attesa è delusa; controllo nella cabina armadio, ma niente.

Dove può essere andata? Un'angoscia strisciante comincia a insinuarsi nei miei pensieri. C'è di sicuro una spiegazione razionale.

Non può essersene andata!

Vado a dare un'occhiata in biblioteca, dopotutto è la stanza che usa come studio, lì tiene le sue cose di lavoro, ma non c'è nessuno. O forse ha deciso di guardare un po' di televisione, ma anche la sala TV è vuota. Che stia giocando a nascondino? Oppure...? Un sospetto si fa strada nella mia mente... Se ci penso bene, in camera da letto c'era qualcosa fuori posto. Faccio ritorno ed ecco. I miei jeans slavati e strappati sono ripiegati e posati su un angolo del comò e io non ce li ho messi. Ora capisco. D'altronde me lo ha chiesto tante di quelle volte prima di recuperare la memoria. Dovrei indossarli e raggiungerla, ma ho bisogno di qualche secondo per prepararmi psicologicamente. Faccio un paio di respiri profondi per cercare di rilassarmi e in men che non si dica sono pronto: indosso i miei jeans e nient'altro. A passi lunghi e decisi percorro il corridoio e le scale e davanti alla porta socchiusa mi fermo un istante.

Possiamo farlo. Possiamo giocare nella nostra stanza rossa. So che possiamo farlo, possiamo trarne piacere ma dovrò mettere al primo posto il benessere di Ana e quello del nostro bambino. Ok, si entra in scena.

Spingo l'anta della porta e sento un fremito all'inguine alla vista di mia moglie con i soli slip addosso, inginocchiata nell'angolo che le avevo insegnato, la testa china come si addice ad una brava Sottomessa, non muove un muscolo. Entro e chiudo la porta a chiave. L'odore della cera d'api mi fa intuire che sono state fatte le pulizie di recente qui dentro e, dal momento che io non ho dato nessuna disposizione a Gail, presumo che lo abbia fatto Ana. Mi avvicino a lei da dietro, le raccolgo i capelli nel pugno, le strattono leggermente la testa all'indietro e le parlo all'orecchio.

«Hai deciso di prendere l'iniziativa, eh, Mrs. Grey?» Tace.

«Rispondimi.»

«Sì.»

«Sì, e poi?»

«Sì, Signore.»

«Brava la mia Ana. Vedo che la tua memoria funziona alla perfezione.»

Un sorrisino trattenuto increspa le sue labbra.

«Guardami.» Lei obbedisce prontamente e mi segue con lo sguardo, mentre io faccio un giro per ritrovarmi davanti a lei. Non riesco a resisterle. La bacio con molta delicatezza ma in modo molto passionale, la mia lingua si fa strada nella sua bocca e approfondisce il contatto con lei.

«Prendi le mie mani. Alzati.» La aiuto a sollevarsi, la attiro a me, i suoi seni contro il mio petto mi eccitano, i capezzoli appuntiti. Tenendo sempre le mie mani nelle sue, la bacio ancora con estrema dolcezza.

«Vuoi giocare, Mrs. Grey?» Mi guarda dritto negli occhi.

«Sì... Sì, Signore.»

«Sei sicura?»

«Sì, Signore.»

«Adesso girati, dobbiamo pensare ai tuoi capelli.» Così comincio ad intrecciarli come d'abitudine. Accosto le labbra al suo orecchio. «Ho sempre adorato i tuoi capelli, sin dalla prima volta che ti ho vista. Sono così folti, lucenti, setosi... e di un castano così caldo...» Sento che sussulta impercettibilmente ogni volta che la punta delle mie dita sfiora la sua pelle e rabbrividisce pregustando il piacere che le darò.

«Se diventa troppo intenso o se pensi che possa fare male a te o al bambino, mi dirai di fermarmi. Hai capito?» Il mio tono è imperioso.

«Sì.» Un lampo di sfida illumina per un istante il suo sguardo: vorrebbe rispondermi per le rime, ma la sua solita adorabile lingua biforcuta qui dentro rimane muta. Solo la stanza rossa può riuscire in una tale impresa.

«Dillo.»

«Ho capito, Signore.» Sospira.

«Adesso sdraiati al centro del letto, distendi braccia e gambe e divaricale.» Lei si muove con estrema grazia e si mette nella posizione indicata. Vado a collegare l'i-pod allo stereo e avvio Your blue room degli U2. Il titolo allude ad una stanza blu non rossa come la nostra, ma le parole si adattano alla nostra storia.

«Sei bellissima. Vedo che hai indossato gli slip che ti ho regalato l'altro giorno. Molto appropriati, piccola. Molto appropriati.»

Affondo con un ginocchio sopra il materasso e mi piego in avanti per allacciarle ai polsi le manette di cuoio, ma inaspettatamente Ana, dopo avermi accarezzato l'addome e il petto, infila le dita tra i miei capelli per attirarmi a sé, comincia a baciarmi il mento, la mandibola, mi mordicchia il lobo dell'orecchio, mi posa un bacio su uno zigomo, sull'angolo della bocca, morde il mio labbro inferiore e mi infila la lingua in bocca. Dapprima, non aspettandomi questo assalto da parte sua, mi blocco e la lascio fare, poi, vittima della sua dolcezza, del fascino che mai smetterà di esercitare su di me, ricambio il suo bacio con molto trasporto, non riuscendo più a mantenere il controllo della situazione, mi lascio condurre ovunque lei voglia portarmi. Ora mi tiene avvinghiato a sé stringendomi con una mano sulla nuca e un'altra sulla schiena, le sue gambe si stringono intorno ai miei fianchi, le nostre parti intime si toccano. I miei pensieri razionali mi abbandonano, sono dominato dalle emozioni e dalle sensazioni, avvinto nei lacci del sentimento travolgente che mi unisce ad Anastasia. Mi dimentico del controllo, delle manette di cuoio, della mascherina, di tutto ciò che mi circonda nella stanza dei giochi: solo i nostri corpi che si cercano, che tendono a fondersi l'uno nell'altro. I nostri respiri concitati e i nostri gemiti riempiono la stanza. La mia erezione è sempre più prepotente, quasi dolorosa.

La voglio! Voglio essere dentro di lei, sentire la sua carne stringere il mio pene...

«Mmh... Ana...»

«Christian... ti voglio.» Le sue parole sussurrate oltrepassano la cortina di desiderio che mi offusca la mente e vanno a segno. Vogliamo la stessa cosa, ma non siamo venuti qui dentro per...?

«Mi vuoi davvero?» Mi riscuoto, ricordandomi dove ci troviamo e perché.

«Sì.»

«E mi avrai, ma non adesso.» Provo a sollevarmi, ma lei intensifica la sua stretta attorno a me.

«Adesso.» Sibila.

Le lancio un'occhiata di rimprovero.

«Lasciami andare. Lo sai, l'attesa aumenta il piacere. Ho in mente qualcosa che ti piacerà.»

«Noo.» Fa i capricci.

«Lasciami andare o ti sculaccerò. Hai bisogno forse di una sculacciata?»

I suoi occhi si allargano stupiti ed eccitati all'idea.

«Forse.»

«Piccola pervertita. Ti farò vedere io.»

«Non aspetto altro... Signore.» Mi osserva maliziosa, provocandomi.

«Vieni qui, alzati.» Cambio di programma. Le porgo la mano per aiutarla, lei la afferra e in posizione eretta è di fronte a me. Occhi negli occhi.

«Mi hai voluto provocare e io non lascio mai cadere le provocazioni nel vuoto. Alza le braccia.»

Obbedisce e io le cingo i polsi con le manette che pendono dal soffitto. Prendo un po' le distanze per osservarla dalla testa ai piedi. Indossa ancora gli slip.

«Questi non ci servono più.»

Sospira profondamente, io porto le mie mani sui suoi fianchi e accompagno le mutandine verso il basso approfittandone per toccarle le cosce, le game, le caviglie sottili. Le ordino di alzare un piede, poi un altro e la libero dell'unico indumento che aveva addosso. Lo ripiego e lo metto nella tasca dei miei jeans. Alzandomi mi fermo ad annusare tra le sue gambe il suo eccitante profumo di donna. Poi faccio due giri attorno a lei, con passo calcolatamente lento, la osservo, la annuso come un felino che pregusta l'assalto finale alla sua preda. Poi mi allontano per andare a prendere ciò che mi serve dalla cassettiera, la mascherina e il flagellatore che nascondo dietro la schiena nella cintura dei jeans.

«Hai già visto abbastanza, non credi, Anastasia?»

«No... no, Signore.»

«Ah, no? Be', non sei tu a decidere. Potrai liberarti di questa quando lo deciderò io.» Le infilo la mascherina posandogliela sugli occhi e continuo a muovermi intorno a lei, intanto con la punta di un dito traccio una linea dalla natica sinistra in diagonale fino alla spalla destra; poi, sul davanti, dalla spalla destra, passando in mezzo ai seni fino all'ombelico, disegnando dei cerchi concentrici sulla sua pancia prominente. Accosto la bocca al suo orecchio.

«Sei così bella. La gravidanza ti rende ancora più bella... e sei mia. Tutta mia.» La mia voce è bassa volutamente sensuale e ad ogni parola ottengo quello che voglio: la sua pelle è attraversata da brividi di piacere e ansima cercando di controllare il desiderio. Poi di colpo, quando ancora non se lo aspetta, faccio vibrare il flagellatore sul suo fantastico fondoschiena, lei sussulta quando le strisce di morbido cuoio la toccano appena facendole arrossare lievemente la pelle eburnea. Ad ogni giro faccio schioccare un colpetto con il flagellatore su un braccio, su una coscia, sulla pancia, sulla schiena, su un fianco, sui seni, sul monte di Venere. E in breve Ana è in preda al piacere, in attesa di un orgasmo liberatorio. La sua tensione aumenta quando le infliggo un altro colpo sul suo sesso bagnato.

«Christian...»

Altro colpo, un po' più forte. Devo ricordarle come deve chiamarmi quando siamo qui dentro.

«Signore... ti prego.» Vedo che non c'è bisogno di parole, il mio gesto è stato abbastanza eloquente. Vuole che la faccia godere, ma non è il momento, non ancora. Continuo a girarle attorno e, dato che non può vedermi, le do modo di avvertire i miei spostamenti, ora sfiorandola con la punta delle dita sulla pelle deliziosamente arrossata, ora sussurrandole frasi oscene, ora alitandole sul collo, su una spalla, dietro un orecchio. Voglio che abbia una nitida consapevolezza di quanto io sia eccitato. La tensione cresce in lei: il suo respiro si fa più pesante, il suo sesso è visibilmente bagnato. È al limite.

«Signore... ti prego.»

«Cosa vuoi, Anastasia? Vuoi che ti faccia venire?»

«Sì... sì, Signore.»

«Ti accontenterò se me lo chiederai con le dovute maniere.»

«Ti prego, Signore... fammi venire, Signore.» E visto che mi ha compiaciuto così tanto mi adopero per darle quello che vuole. La penetro con l'indice, suscitando in lei un gemito di sorpresa. Poi continuo con indice e medio e incomincio a stimolare il clitoride con il pollice. Vado sempre più a fondo finché non le sfioro un punto particolarmente sensibile e l'orgasmo arriva, scuotendola in tutto il corpo. La stringo a me con un braccio per sostenerla quando le sue gambe cedono e la guardo mentre il piacere a ondate successive la attraversa. È una visione. Mi fa impazzire vederla in preda all'orgasmo e mi eccita fino all'inverosimile.

«Christian!»

Urla il mio nome come una supplica. Con una mano le slego i polsi che cadono inermi, la prendo in braccio e la depongo sul letto. Le sfilo la mascherina e i suoi occhi rimangono chiusi. Sono accanto a lei, incombo su di lei guardandola dall'alto. Le faccio dei delicati massaggi sui polsi, sulle braccia, sulle spalle e aspetto che si riprenda per continuare il mio assalto.

Apre gli occhi e ha uno sguardo soddisfatto.

«Non ti illudere che io abbia finito con te. Sei voluta venire qui dentro e adesso farai quello che dico io.»

«Sì, Signore.»

Riprendo la mascherina, ma non mi fa avvicinare.

«Non la voglio quella, Signore.»

«Cosa?»

«Non voglio essere bendata, Signore... voglio vederti, Signore.»

«Ah, sì? Adesso sei tu che decidi?»

«Non sei stato tu a dirmi che in questo tipo di relazione il vero potere ce l'ha la Sottomessa?»

«Sono davvero felice di sapere che ti ricordi tutto, anche ogni mia frase. Sei sicura di non volerla? Lo sai che non vedere acuisce gli altri sensi. E aumenta il piacere.»

«Anche guardare te, nudo, mi eccita... acuisce tutti i miei sensi, compresa la vista.»

«Ok... sai, ho deciso che per questa volta ti accontenterò, ma solo per questa volta.»

«Grazie. Sei molto magnanimo, Signore.» Ha un lieve sorriso, si sta prendendo gioco di me.

«Ti burli di me? Eh, Anastasia?»

«No, Signore. Non mi permetterei mai, Signore.» Ritrova un'espressione seria, ma sono sicuro che si sta divertendo e la cosa mi rende felice. È questa la mia Anastasia. Si sottomette per gioco, ma non perde la sua ironia e la sua gioia di vivere.

«Bene. Mettiti al centro del letto, con la testa e il torace sul materasso. Alza il bacino... brava bambina. Oh, sei bellissima.»

Ha le ginocchia piegate, il sedere in aria, completamente esposto... completamente mio. Mi sono documentato molto scrupolosamente su come poter continuare a fare sesso in gravidanza. E adesso che la pancia comincia ad essere più ingombrante, dobbiamo provare delle posizioni adatte. Ce ne sono a decine che fanno al caso nostro e questa è una delle mie preferite perché mette la donna in una condizione di sottomissione, ma le garantisce il confort necessario. Le sue braccia e il busto sono a riposo; la pancia è sollevata e protetta e non c'è rischio di schiacciarla.

«Vorrei poterti guardare anch'io, ma così non posso!... Anche se non indosso la mascherina.» Si lamenta.

«Vuoi che ti bendi?»

«No! No, Signore!»

«Ecco, allora non lamentarti! Altrimenti ti imbavaglio. Vuoi che ti imbavagli, Anastasia?»

«No... Signore.»

Stringe la mandibola nello sforzo di non rispondermi e la cosa mi strappa un sorriso. Però, mi sento generoso, perciò mi sposto per rientrare nel suo campo visivo e, facendo finta di non accorgermi che lei può vedermi, mi spoglio dei jeans rimanendo completamente nudo. Con molta lentezza li ripiego, li vado a posare sulla panca, girando le spalle ad Ana, mi avvicino al letto e noto che i suoi occhi sono fissi sulla mia erezione. Gliela lascio ammirare per qualche secondo ancora. Poi penso che con un cuscino sotto la sua testa potrebbe stare più comoda, così ne prendo uno di quelli che sono sul letto.

«Alza la testa, con questo starai meglio.» Lo posiziono e con una carezza gentile le scosto i capelli che le sono caduti sul viso, sfiorandone i contorni con la punta di due dita. Sono ben consapevole che le sto offrendo una visione privilegiata del mio membro che si protende verso di lei. Si morde il labbro inferiore e allunga una mano verso di me che mi scosto appena in tempo.

«Ana!» Non dico altro ma il tono è duro, di rimprovero. Lei ritira il braccio delusa.

«Scusa, Signore... Grazie per il cuscino, sei molto premuroso... Signore.»

«Non c'è di che, Anastasia. Adesso, ferma e zitta.» Le ordino perentorio.

Mi concedo ancora qualche attimo per osservarla: la dolce curva della schiena, le curve del suo fantastico culo.

Non resisto: faccio scorrere le dita dalla base della sua schiena, poi sulle natiche e ancora più sotto, fermandomi un istante sul suo sesso caldo, pulsante e umido. Le mie dita tornano a muoversi su e giù. Lei ansima forte e si protende verso la mia mano, mentre i suoi muscoli si contraggono nell'attesa del piacere. E un momento dopo sono dentro di lei. Sono dietro di lei, sopra di lei. La domino completamente e la sola idea mi eccita ancora di più. Potrei andare subito a fondo perché la posizione lo consente, ma devo accertarmi di non farle male. Le scivolo lentamente dentro, ma non fino in fondo.

«Ana, stai bene?»

«Sì.» Mi ritiro e poi torno a spingermi, lei geme forte.

«Ana? Come ti senti?»

«Bene... benissimo, non ti fermare!» Incoraggiato dalle sue parole, inizio con un ritmo costante, ma lento e controllato. Osservo il mio pene scomparire del tutto dentro di lei, ad ogni affondo la riempio e comincio a sentire il piacere montare in me. Le accarezzo la schiena, i seni, le avvicino la bocca ad un orecchio. «Non mi stancherò mai di te. Mai. Mi fai impazzire di lussuria... e di amore.» Ana ansima sempre di più e io con lei.

«Più forte, Christian. Più forte!... Signore.» Io esito di fronte a quella supplica concitata. «Non mi fai male... ti giuro, sto benissimo!»

Emetto un gemito che assomiglia ad un ruggito e comincio a muovermi e a muovermi sul serio, in modo implacabile. Adoro questa donna, la amo più di me stesso e so che anche lei ama me. Perché non solo mi permette di perdermi in lei in questo modo o in qualunque altro modo io voglia, ma prova gioia nel rendersi vulnerabile ed esposta a me, nel cedere ai miei bisogni. Ed entrambi ci lasciamo trasportare dall'onda d'urto dell'orgasmo. Lei urla mio nome, io mi fermo e riverso in lei tutto me stesso. Crollo accanto a mia moglie e la attiro tra le mie braccia. È esausta e con il sorriso sulle labbra crolla in un sonno rilassato.

Mentre riprendo fiato osservo ogni particolare di lei, come faccio sempre, e ogni volta scopro qualcosa di nuovo, di meraviglioso e bellissimo e ogni volta mi sorprendo a venerarla e ad amarla di più. Non credevo fosse possibile, ma il mio amore per lei cresce senza arrestarsi mai e lo sento far palpitare il mio cuore. Quando riapre gli occhi, non ho idea di che ore siano, se siano passati minuti o ore, mentre io sono rimasto a guardarla... e non mi importa. Una nuova luce si diffonde da lei: sono l'azzurro dei suoi occhi e lo splendore del suo sorriso che riflette il mio. La bacio sulla fronte e lei, continuando a sorridere, si strofina languidamente contro di me. La avvolgo tra le braccia, le do un altro bacio su una tempia, mentre vengo assalito da una profonda emozione.

«Anastasia... non potrei mai vivere senza di te. Se mi lasciassi ora che hai riacquistato la memoria, ora che sei la mia Anastasia di prima, potrei morirne.»

«Non ti lascerò mai, Christian. Neanch'io potrei vivere senza di te. Lo so come ci si sente a stare lontano da te. Lo so perché l'ho provato per ben due volte.»

«Mentre eri ancora... mentre c'era ancora l'amnesia, io non riuscivo a credere che, nonostante tutto, tu avessi deciso di stare con me. Avevo una paura fottuta di fare qualcosa di sbagliato e di indurti a scappare via. Poi mi hai lasciato e sono ripiombato nella disperazione, ma in fondo avevo un po' di speranza... la speranza che saresti tornata quando... se avessi ritrovato i tuoi... i nostri ricordi.»

«Mi dispiace tanto.» Parla con un filo di voce, ha gli occhi lucidi, sento che sta per piangere, anche se fa di tutto per trattenere le lacrime. Deglutisco, non voglio farla sentire in colpa.

«No, no. Devi essere felice per quello che sto per dirti... è la cosa migliore che tu potessi fare per me. Davvero.» Le poso un bacio leggero sulle labbra increspate e poi un altro. Lei fa un respiro profondo e sembra rasserenarsi.

«Quando credevo di averti persa per sempre a causa di quello scrittore, poco prima che tu mi venissi incontro in aeroporto, stavo progettando una scusa per incontrarti: mi sarei prostrato ai tuoi piedi, ti avrei supplicato di perdonarmi, di avere fiducia in me... di riprendermi con te. Ma ancora una volta tu mi hai colto di sorpresa e sei stata tu a chiedermi di riprenderti... come se avessi potuto rifiutare. Hai pronunciato le promesse nuziali, convinta di non averle rispettate. Mi hai reso l'uomo più felice del mondo dimostrandomi che mi volevi, anche se non ti ricordavi di me. Avevi intravisto il mio passato scabroso... eppure mi hai voluto lo stesso.» La mia voce si è fatta flebile per l'emozione

«Ti amo così tanto...» La mia voce adesso è a malapena udibile.

«Ti amo anch'io, Christian. Ti ho amato da subito. Ti ho amato anche quando non mi ricordavo di te. Ti amerò sempre.»

Un istante dopo ci stiamo baciando con tanta dolcezza, come non avrei mai immaginato di saper fare. Fino a qualche mese fa non ne ero capace, non prima di incontrare la mia Anastasia. E ci baciamo ancora. E ancora. E ancora. Non ho idea di quanto tempo restiamo così e neanche me ne importa perché insieme alla mia Anastasia qui, o in qualunque altro posto, abbracciati a baciarci teneramente, ci resterei tutta la vita.


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