La stanza dei libri (in revis...

Por morgandelleombre

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-Tu non sei normale- -Disse quella che giocava con la sistola alle tre di notte- Aria, una ragazza chiusa, ma... Mais

Anna
Non ti capisco

Di nascosto

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Por morgandelleombre

Quella sera guardammo degli stupidi programmi in tv, commentandoli come se ne capissimo qualcosa, mentre la metà non li avevamo mai visti e l'altra metà li avevamo sempre snobbati. Però lo trovammo stupidamente divertente, commentando anche sui personaggi che dopo pochi minuti avevamo deciso di aver perfettamente inquadrato.

La casa si riempì presto di risate, che man mano che si faceva notte non diminuirono, ma semplicemente divennero soffocate.

Ad un certo punto sentimmo bussare alla porta finestra del giardino. Dei colpi leggeri, ma decisi. Io guardai Giulio indecisa sul da farsi, lui alzò le spalle e andò verso la porta finestra. Lo sentii ridacchiare, aprire ed entrare in salotto con un sorriso divertito, mentre si spostava leggermente verso il divano.

Davanti a me stava Anna, in pigiama e con un bellissimo coniglietto di pezza stretto al petto. Aveva gli occhi lucidi ed il nasino rosso. Era tenerissima.

"Ciao Aria, posso entrare?", chiese timida.

"Beh, tecnicamente sei già entrata", rispose sorridendole Giulio. Lei gli restituì un sorriso tirato, sembrava molto nervosa.

Mi alzai e mi avvicinai a lei, accosciandomi per poterla guardare negli occhi.

"Amore, tuo fratello sa che sei qui?", lei sgranò gli occhi spaventata.

"NO!", gridò "lui...non dirglielo, lui si arrabbierà". Le tremolò il labbro e capii che era sull'orlo del pianto.

"No, no Anna prometto, non gli diremo nulla", poi alzai gli occhi su un Giulio molto perplesso.

"Ora Giulio ti farà del latte caldo, ti piace il latte caldo?", sorrisi rassicurante.

"Non sono mica una bambina", piagnucolò guardandosi i piedini che, mi accorsi, erano scalzi.

"Allora...", tentò Giulio, ma lei lo guardò allarmata.

"Ma se vuoi lo prendo, se...se ti fa piacere", Giulio sorrise.

"Mi piacerebbe, così lo prendo anche io".

"Anna", le chiesi dolcemente "perché sei qui?".

"Mattia mi ha sgridato ed io sono scappata sull'albero. Però avevo freddo e...e...ho pensato che tu eri stata gentile e allora sono venuta da te", abbassò ancora una volta lo sguardo "mi spiace" sussurrò.

"Non ti dispiacere Anna, hai fatto benissimo. L'albero è bello, ma fa davvero freddo".

Guardai mio fratello "Giulio andate a fare il latte, che io preparo il letto per Anna?", poi guardai la bambina "ti va di dormire qui Anna?".

Lei annuì scuotendo la testa contenta. Poi si intristì.

"Ma Mattia si arrabbierà".

"No, vedrai, Anna, ci penserò io a Mattia". Mi guardò sorridendo.

"Facciamo così, io intanto bevo il latte, poi mi dici che ha detto Mattia" e corse dietro a Giulio.

"Questa bambina è un terremoto", mormorai alla stanza.

Sospirai affranta. Avrei dovuto affrontare Mattia, spiegargli che sua sorella era scappata di notte, si era arrampicata sull'albero ed era venuta da noi.

E neppure ci piacevamo. Sarebbe stata dura.

Presi coraggio, uscii dal mio giardino, entrai nel loro e suonai nella speranza di non svegliare la nonna dei due ragazzi. Mi venne ad aprire un Mattia trafelato, gli occhi sbarrati dalla preoccupazione.

"ANN-", ma si bloccò davanti a me.

"COSA VUOI?", mi urlò cattivo. Chiusi gli occhi, cercando di ignorare il fastidio di essere aggredita così.

"Se abbassi la voce e ti calmi te lo dico".

"Non ho tempo per le tue sicuramente stupide cose, io devo-", lo interruppi con un dito minaccioso.

"Primo, delle mie cose non sai niente, perciò chiudi il becco, secondo se stai cercando Anna è venuta da me".

Rimase un attimo attonito poi sbarrò gli occhi.

"COOSA?!", urlò ancora. Alzai gli occhi al cielo.

"La smetti di urlare, cometichiami?", feci finta di non sapere il suo nome. Assottigliò gli occhi.

"Mattia, mi chiamo Mattia e sono sicuro che mia sorella te lo abbia detto". Lo guardai con aria di indifferenza.

"Se così è, non me lo sono ricordata, scusa". Mi guardò non credendo ad una parola di quello che avevo detto.

"Senti, tua sorella si è presentata a casa mia, perché era sull'albero...", iniziai a spiegargli.

"COS-", poi si rese conto di star urlando ancora una volta, si premette indice e pollice alla base del setto nasale, cercando di calmarsi "scusa, scusa. Continua, ti prego. Ma sta bene?", mi guardò supplicando un sì.

"Sì, certo che sta bene, ora beve latte caldo con mio fratello", cercai di fare un sorriso rassicurante, ma non mi stava simpatico quel ragazzo e sperai non lo avesse notato.

"Cosa ha detto?", chiese ora duro.

"Perché?".

Lui guardò da un'altra parte serrando la mascella.

"Niente, non importa". Sospirai, questo ragazzo era impossibile.

"Mi ha detto che avete litigato e lei è scappata sull'albero, ma che aveva freddo ed è venuta da noi", lo fissai e vidi che ancora aveva la mascella serrata e non so per quale motivo gli toccai lievemente il braccio.

Lui trasalii e mi guardò, per poi spostare lo sguardo sulla mia mano, che feci sparire velocemente.

"Ha detto di non dirtelo, che ti saresti arrabbiato di nuovo". 

Ecco, magari la potevo dire meglio.

"Senti, sono sicura che non è niente, io litigavo sempre con i miei fratelli. Beh, tecnicamente ci litigo ancora, ma non è questo il punto. Il punto è che se te lo stai chiedendo, non sto pensando niente di male sul tuo conto".

Mi guardò e fece un sorriso cinico.

"Non me lo stavo chiedendo perché, francamente, non me ne importa niente di quello che pensi o meno. Voglio solo sapere se mia sorella sta bene".

Sgranai gli occhi.

"Ma allora sei proprio stronzo", dissi semplicemente senza alzare la voce.

Lui indietreggiò come se gli avessi tirato uno schiaffo, lo guardai sorridendo freddamente.

"Vuole rimanere a dormire da noi. Cosa faccio? Te la riporto? Perché sappi che a noi fa solo piacere, ma so che non ti piace che parli con noi, quindi...".

Mi guardò con un'espressione indecifrabile, come l'altra volta.

"Va bene. Se non vi reca disturbo".

"Lei non mi disturba affatto", dissi allusiva "te la riporto domani mattina, dimmi a che ora deve essere a scuola".

"Lei non va a scuola", lo fissai, nascondendo la mia curiosità, in fondo chi ero per dire qualcosa? Feci invece cenno di aver capito.

"A che ora allora?".

"Io torno da lavoro alle due", ora sembrava imbarazzato. Lo guardai cercando di pensare a prati verdi e ciliegi fioriti. In questo modo riuscii a non offenderlo, né a prenderlo a schiaffi.

"Va bene. Per me non ci sono problemi, Anna è una bambina adorabile". Sorrisi, ma il mio sorriso era diretto al pensiero di Anna, eppure lo vidi sgranare impercettibilmente gli occhi.

"Bene, grazie", disse tornando al suo solito tono antipatico "allora grazie ancora, passerò a prenderla io e se combinasse qualcosa...", ma lo interruppi.

"Andrà tutto bene. Buonanotte e non dirle niente ti prego, le ho promesso che non ti avrei detto della litigata e dell'albero".

Lui mi fissò per un attimo, indeciso. Alla fine fece un breve cenno della testa, per poi chiudermi la porta in faccia.

Rimasi davanti alla porta incredula.

"Ma questo è tutto scemo", mormorai alla porta. Scossi la testa, ancora un po' perplessa da tutta la conversazione. No dico io, dal non poterci parlare al 'tienimela tutta la mattina' nel giro di poche ore.

Quel ragazzo era l'instabilità fatta persona. Avrei puntato sulla schizofrenia, se ad un certo punto non avessi colto il riflesso di Anna in quegli occhi. Per quanto antipatico, per un attimo, uno solo, avevo intravisto un'altra persona.

Non la persona così incattivita con cui avevo parlato poco fa. Per la prima volta mi chiesi se quel ragazzo fosse poi così antipatico come si era dimostrato. Alzai le spalle, decidendo che non mi riguardava, a me importava solo di Anna.

Entrai in casa e un folletto con il viso sporco di latte mi corse incontro, fermandosi a qualche passo da me.

"Mattia era arrabbiato? Ha detto che sono cattiva? Perché non sono cattiva, davvero!".

La guardai e sorrisi. "So che non sei cattiva e no, Mattia non era arrabbiato, era solo preoccupato. Promettimi che non scapperai più, lui ti vuole tanto bene e così lo hai spaventato, va bene?". Lei mi si avvicinò e mi toccò i capelli con la mano.

"Hai dei capelli soffici come le fate. Sei una fata?", ridacchiai.

"Non cambiare discorso peste", le dissi.

"Prometti o no?", lei mi guardò arrossendo.

"Prometto. Posso restare, che ha detto?", chiese nervosa.

Sorrisi intenerita da quella sua urgenza.

"Ha detto che puoi dormire qui e che ti passa a prendere quando torna da lavoro".

Mi guardò un attimo a bocca aperta, come fossi un'aliena. Poi mi saltò al collo, stringendomi forte. La abbracciai per non perdere l'equilibrio.

"È così bello, sai io non vado mai da nessuna parte, Mattia non vuole che parli con gli estranei".

La guardai corrucciata, ma non volli indagare oltre, aveva nuovamente quello sguardo timoroso.

"Però qui puoi stare, non sei contenta?", si illuminò di nuovo, per la mia felicità, non volevo vederla triste.

"E possiamo guardare un cartone?". La guardai sorridendo, guardai l'orologio, erano le nove e mezzo. Era un po' tardi, ma lei non andava a scuola perciò...

"Va bene pulcino, ma se ti addormenti non ti sveglio, ti porto a letto". Lei sorrise.

"Posso dormire con te? Non disturbo giuro, Mattia dice che sono piccola e le cose piccole non disturbano, anzi rendono felici", mi si strinse il cuore. Le voleva davvero bene, forse come fratello lo avevo giudicato male.

"Ha ragione tuo fratello, le cose piccole rendono felici, quindi potrai dormire con me".

Lei esultò e si buttò sul divano.

"Ce l'hai la Bella e la Bestia?".

"Direi! È il mio preferito!".

Misi il dvd, poi mi sedetti sul divano e, inaspettatamente, Anna si mise in collo distendendo le sue gambe sulle mie. Rimasi un attimo immobile, senza sapere cosa fare, poi mi rilassai e le carezzai i capelli. Iniziammo a cantare insieme la Bella e la Bestia.

Giulio ci raggiunse, guardò Anna e poi guardò me, che gli feci l'occhiolino.

Sorrise scuotendo la testa, si avvicinò, mi posò un bacio sulla tempia e salì in camera.

Dall'altra parte della staccionata, un paio di occhi verdi osservavano la scena con le lacrime agli occhi ed un sorriso felice dipinto sul volto.



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