La stanza dei libri (in revis...

By morgandelleombre

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-Tu non sei normale- -Disse quella che giocava con la sistola alle tre di notte- Aria, una ragazza chiusa, ma... More

Di nascosto
Non ti capisco

Anna

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By morgandelleombre

Ero seduta sotto quell'albero da almeno tre ore. Lo sapevo perché ero arrivata circa alle quattro e mio fratello mi aveva già chiamato due volte per la cena. Ci eravamo trasferiti lì da soli due giorni ed io mi ero già innamorata di quel bellissimo albero che troneggiava sul nostro piccolo giardino, offrendomi riparo dal sole e permettendomi di leggere all'aria aperta, a contatto con il terreno soffice e profumato del prato. Quell'odore di terra e umidità che ti entra nel naso fino al cuore e ti fa sentire quanto sia forte il tuo legame con il pianeta su cui vivi. Quell'odore che ti fa capire quanto vivo sia tutto quello che hai intorno, che parli o meno.

Stavo considerando che in fondo non è la terra che non comunica con noi, ma noi che abbiamo dimenticato il linguaggio della terra, quando una voce interruppe i miei pensieri.

"Sei per terra", disse una vocina saccente. Mi girai ma non vidi nessuno.

"Devi affacciarti alla staccionata, altrimenti non mi vedi. Io sono un nano da giardino, lo dice sempre mio fratello".

Mi affacciai e vidi una bellissima bambina con gli occhi verdi come smeraldi e dei lunghissimi capelli castano chiaro, che le ricadevano sulle spalle. Mi sorrise felice, illuminandosi.

"Tu ora vivi qui?", sorrisi a mia volta.

"Credo proprio di sì", dissi appoggiando i gomiti sulla staccionata, per poi mettermi comoda, appoggiata con il mento alle mani.

"Sai, prima c'era una ragazza antipatica, non parlava mai con me. Tu come sei?!". Ci pensai sopra un attimo.

"Se ti piacciono le persone chiacchierone mi sa che sono antipatica, ma se ti piacciono le persone che ogni tanto parlano, che amano i biscotti e la cioccolata potrei essere simpatica. Tu cosa ne pensi?!". La bambina mi guardò attentamente, come valutando quello che le avevo detto.

"Sono Anna", disse semplicemente.

"Sono Aria".

"Che nome buffo", disse lei coprendosi subito la bocca imbarazzata "scusa scusa, sono stata maleducata, non volevo offenderti". Io sorrisi divertita.

"No, anche io penso sia buffo e lo è anche il mio secondo nome".

"E quale è?", mi guardò curiosa. Non feci in tempo a rispondere, una voce dolce e profonda la chiamò.

"Annaaa, siamo a cena, sbrigati che nonna poi si arrabbia!". Lei sorrise.

"Devo andare, la cena è pronta, mio fratello mi ha chiamato, tu hai fratelli?". Assentii.

"Due, uno vive qui con me".

"Come si chiama?"

"Giulio".

"Il mio si chiama Mattia, è simpatico, ma non gli piacciono tanto le persone". La guardai attonita.

"Anna, dove sei!", chiamò nuovamente il fratello.

"Arrivo, arrivo!", rispose urlando Anna.

"Ci sei dopo?".

"Sì, ma non è tardi per una bambina?".

Si strinse nelle spalle serena "Finché c'è la luce no, ora in estate posso uscire dopo cena, basta che rimanga in giardino", sorrise soddisfatta.

"Allora ci vediamo dopo, Anna".

"A dopo Aria", corse verso casa. Vidi una sagoma che si affacciò aspettandola. Girò la testa verso di me. Gli occhi erano quelli di Anna, ma non avevano la loro vitalità. Mi osservò freddamente e portò Anna in casa. Alzai le spalle, lasciando sovrappensiero il libro sotto l'albero mentre andavo in casa. Giulio aveva già apparecchiato.

"Ricordami perché ho deciso di venire a vivere con te", chiese mio fratello.

"Vediamo...perché non vivi senza di me?".

"Forse perché la mia Università è dietro casa tua?".

Sorrisi alzando gli occhi al cielo.

"Va bene, non voglio che tu ti senta costretto, domani sentirò la mia amica Angela se è rimasto un posto al dormitorio". Lui fece un broncio triste.

"No, sorellina io voglio stare con te, non mandarmi in dormitorio, sarò bravo", lo guardai un attimo e scoppiai a ridere.

"Sei una faccia tosta! Certo che non ti mando in dormitorio, ti butterebbero fuori in due giorni, russi come un trattore e parli nel sonno".

"Non è assolutamente vero!", lo fissai con gli occhi a mezz'asta.

"Devo chiamare Lore?", mi guardò stizzito. Lorenzo era nostro fratello maggiore ed aveva diviso la camera con Giulio per anni.

"No", bofonchiò lui, ottenendo un mio sorriso soddisfatto.

"Dai, ora mangiamo fratellone, io ti ho voluto qui solo perché cucini da dio!" e lo abbracciai stretto. Lui ridacchiò, perché io raramente avevo slanci di affetto, non ero una persona particolarmente espansiva. Dimostravo il mio affetto in altro modo, ma avere Giulio a casa con me mi rendeva felicissima, quindi non ero riuscita a trattenermi.

"Ehi, questa la segniamo sul calendario! Mi hai abbracciato senza che ti costringessi", scherzò lui. Gli tirai un leggero pugno sulla spalla.

"Ecco, allora non ti abbraccerò mai più" e feci il viso imbronciato. Lui allora mi abbracciò più stretto e mi sollevò da terra.

"Lasciami Gi', lasciami dai!", piagnucolai, anche se ero molto contenta di essere nuovamente con lui, che mi abbracciava come quando eravamo piccoli.

"Vertigini, nana?".

"Ehi, guarda che sei tu che sei altissimo".

"Aria, sono un metro e ottanta, sei tu che sei bassa!".

"Io sono ben un metro e settanta", dissi fiera.

"Sì set-tanta voglia di crescere! È grassa se arrivi a uno e sessantotto!", disse lui ridendo. Io sbuffai offesa, incrociando le braccia.

"Va bene", borbottai "però non sono nana".

"Va bene", rispose alzando gli occhi al cielo "non sei nana, solo diversamente alta".

"La pagherai mostro".

"Come sempre, folletto" e ridacchiammo. Sembravamo tornati bambini, mi erano mancati tanto i miei fratelli.

Quando i miei genitori erano mancati a causa di un incidente aereo, noi avevamo ereditato tutto, compresa la ditta di mio padre, che adesso dirigeva nostro fratello Lorenzo. Giulio aveva deciso di frequentare l'Università di Psicologia, io invece mi ero laureata in Arte e adesso ero un'illustratrice di libri fantasy. Non ne avrei avuto bisogno, diciamo che ero decisamente benestante, ma mi piaceva e amavo l'idea di poter fare quello che avevo sempre voluto fare fin da piccola: disegnare.

Quindi quando una mia amica dell'Università mi aveva detto di voler fondare una piccola casa editrice che avrebbe prodotto libri fantasy e che avrebbe voluto me come illustratrice dissi subito sì. Si rivelò la scelta giusta, non solo perché la casa editrice divenne molto famosa, ma perché andavo molto d'accordo con Sara e lei adorava i miei lavori, quindi era una collaborazione piacevole. Inoltre ero molto richiesta come illustratrice, cosa che mi stupiva alquanto, ma della quale ero molto lusingata.

Così dopo qualche anno avevo deciso di comprare questa casa al mare, dove avevo sempre voluto abitare, anche se nell'interno e discretamente isolata. Era un complesso di poche villette, non troppo lontane dal mare, ma abbastanza fuori dal centro abitato e, soprattutto, con un giardino ed una terrazza spaziosi e silenziosi dove poter leggere i miei amati libri, fra un lavoro ed un altro.

Giulio aveva deciso di seguirmi, perché l'Università che aveva scelto era vicino a casa mia e perché, diciamo la verità, eravamo abituati a stare tutti insieme, soprattutto noi due, dato che con Lorenzo c'era un grande distacco e ci mancavamo moltissimo.

Incredibilmente, mio fratello era il mio confidente più intimo. Avevo condiviso tutto con lui e lui aveva sempre fatto altrettanto. Lui mi copriva quando dovevo uscire ed io facevo lo stesso con lui. Quando uno dei due tornava ubriaco, l'altro se ne prendeva cura e lo copriva con i nostri genitori prima, con Lorenzo dopo.

Eravamo molto uniti ed una volta Lorenzo mi aveva confidato di esserne un po' geloso. Io mi ero messa sulle sue ginocchia e gli avevo detto che lui per me era speciale e che anzi io avrei voluto stare di più con lui. Lui aveva sorriso e io gli avevo detto che sapevo che lui si era fatto carico dell'azienda di famiglia e che non era colpa sua se ci vedevamo poco. Lui mi aveva abbracciato stretta, promettendo che sarebbe venuto almeno due settimane al mare da solo, senza fidanzate o amici vari. Solo noi tre. Ero felicissima.

Ma per ora mi godevo casa nostra, arredandola con Giulio, come fossimo due adolescenti che vivevano fuori casa per la prima volta. In realtà io avevo 24 anni e Giulio 27 ed eravamo usciti di casa già da un po', ma quella era la prima volta che "andavamo a vivere" insieme. Eravamo emozionatissimi.

"Che aspetti, metti in tavola la pasta, io devo finire di preparare il secondo". Alzai gli occhi al cielo.

"Gi, io mangio solo il primo o solo il secondo!".

"Cos'è, vuoi fare la modella?", gli feci una linguaccia.

"No, solo che non sono una persona di appetito, a meno che non si parli di bistecche, s'intende".

"Sei la peggiore. Scommetti che se faccio la brace sbavi come un pitbull?". Guardai il tavolo imbronciata.

"Oh no, non vale, non puoi fare quell'espressione da cucciolo! Va bene, non lo dirò più d'accordo? Aria!", sorrisi furba.

"Se mi fai la brace". Mi guardò sgranando gli occhi.

"Dio, ma non hai un briciolo di vergogna?".

"Assolutamente no".

"Va bene, domani sera carne alla brace".

"Ma quanto ti amo?".

"Dio, quanto sei ruffiana", ridacchiò lui.

"Ti amo quanto una bistecca".

Scoppiammo a ridere come due scemi, continuando a farlo per tutta la cena, ricordando stupidi episodi di quando eravamo piccoli e di tutti i danni fatti da ragazzi. Parlammo di mamma e papà e di quanto ci sgridava Lorenzo quando scopriva che uscivamo la notte di nascosto, approfittando del balcone di camera mia.

"Ehi?", sentimmo una vocina venire dal giardino. Giulio mi guardò.

"Ho sentito una vocina o sono pazzo?!". Risi di gusto.

"Non sei pazzo, deve essere Anna", lui si affacciò ma non vide nessuno.

"Un'amica immaginaria che riesco a sentire anche io?".

"No", disse la vocina "sono la vicina, ma sono piccola, devi affacciarti".

Giulio mi guardò divertito e si avvicinò alla staccionata. Si affacciò ed ecco lì Anna, tutta sorridente.

"Ciao sei il fratello di Aria?", lui annuì.

"Hai un nome normale, perché tua sorella no?", Giulio rise sonoramente.

"Perché lei non è normale!".

"Gi", esclamai offesa.

"Gì?", chiese curiosa la bambina.

"Sì", risposi io "lo chiamo Gì, così è strano anche lui".

"Mi sembra giusto. Posso chiamarti Gì anche io?".

Io guardai Giulio, che si strinse nelle spalle.

"Va bene, Anna, chiamami pure Gì", lei sorrise e batté le mani.

"Allora siamo amici?". Io e Giulio ci guardammo un po' attoniti.

"C-certo", dissi incerta "ma tu non hai amici della tua età?". Improvvisamente si intristì e guardò da un'altra parte. Io guardai Giulio perplessa. Poi ci accorgemmo di una presenza alle spalle della piccola.

Un ragazzo alto con gli occhi verdi ed i capelli castani ci stava fissando.

"Cosa fai Anna?", chiese sempre fissando noi.

"Io...io facevo amicizia..", disse incerta la bambina.

"Non dovresti disturbare i nuovi vicini, sono grandi, probabilmente non hanno voglia di parlare con una bambina", mi sentii ribollire il sangue. Lo fissai dritto negli occhi, sfoderando il mio sorriso più cordiale.

"A me ha fatto piacere parlare con tua sorella. Naturalmente se preferisci che non lo faccia non lo farò. Non volevo assolutamente contravvenire a delle regole". 

Lui mi guardò assottigliando gli occhi.

"Non è una questione di regole", lo fissai impassibile.

"Come vuoi, se non posso parlare con Anna non lo farò". In tutto questo Giulio ci guardava in silenzio. Mi mise una mano sulla spalla.

"Andiamo Aria, è evidente che non è il caso di restare qui. Torniamo dentro".

"Il tuo ragazzo ha ragione". 

Lo fissai dura.

"Mio fratello. Lui è mio fratello maggiore. Un fantastico fratello maggiore", aggiunsi maligna per poi rivolgergli un sorriso che sembrava più una smorfia "scusa ancora e arrivederci".

Poi mi girai e guardai Anna. "Ciao piccolina, scusa non volevo crearti problemi" e le sorrisi dolcemente. Vidi con la coda dell'occhio il ragazzo irrigidirsi.

"Scusa Aria", disse lei. Sbarrai gli occhi.

"E di cosa? Sei una bambina meravigliosa, sono io che mi scuso. Fai la brava piccola". Poi alzai un'ultima volta lo sguardo sul ragazzo, che adesso aveva un'espressione indecifrabile, ma sempre dura. Gli feci un sorriso antipatico e lo salutai con la mano, già di spalle per entrare in casa. Mi dimenticai il libro sotto l'albero, quel ragazzo mi aveva dato davvero ai nervi.



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