Cinquanta sfumature di un'amn...

By Andromaca27

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I primi capitoli di questo racconto sono la traduzione, abbastanza fedele ma non letterale, di una ff in ingl... More

Capitolo primo
Capitolo secondo
Capitolo terzo
Capitolo quarto
Capitolo quinto
Capitolo sesto
Capitolo settimo
Capitolo ottavo
Capitolo nono
Capitolo decimo
Capitolo undicesimo
Capitolo dodicesimo
Capitolo tredicesimo
Capitolo quattordicesimo
Capitolo quindicesimo
Capitolo sedicesimo
Capitolo diciassettesimo
Capitolo diciottesimo
Capitolo diciannovesimo
Capitolo ventesimo
Capitolo ventunesimo
Capitolo ventiduesimo
Capitolo ventitreesimo
Capitolo ventiquattresimo
Capitolo venticinquesimo
Capitolo ventiseiesimo
Capitolo ventisettesimo
Capitolo ventottesimo
Capitolo ventinovesimo
Capitolo trentesimo
Capitolo trentunesimo
Capitolo trentaduesimo
Capitolo trentatreesimo
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50

Capitolo 41

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By Andromaca27


Le giornate scorrono monotone e tutte uguali: casa-ufficio, ufficio-casa. Dal giorno dell'ecografia non ho più visto né sentito Christian, così sono ormai sei giorni che non ho sue notizie e... mi manca... mi manca da morire. I soli fatti degni di nota in questi giorni sono la visita neurologica a cui mi ha accompagnata Grace e una delle conversazioni telefoniche con mia madre. Il dottor Barret, il neurologo, dopo qualche esame non nocivo per il feto e dopo avermi sottoposto ad una specie interrogatorio molto scrupoloso, mi ha detto che apparentemente non ci sono aspetti clinici che impediscano il pieno recupero della memoria. Lui pensa che potrebbe avvenire da un momento all'altro quando meno me lo aspetto. Grace, come di consueto, si è comportata in modo molto dolce e protettivo, ma questa volta non ha fatto parola del rapporto tra me e suo figlio e io le sono stata tacitamente grata. Mia madre, invece, è stata tutt'altro che diplomatica: mi ha letteralmente torturata con uno dei suoi attacchi di logorrea su quanto Christian mi ami e su quanto io lo ami e sul fatto che, se me lo lasciassi scappare, me ne pentirei per tutta la vita. Quando ha avvertito il mio disagio e la mia frustrazione (troppo tardi, ahimè) si è data una regolata, si è scusata e ha cercato di consolarmi. Nel salutarmi mi ha fatto le sue raccomandazioni: «Ana, non rovinare a causa di paure irrazionali una cosa così bella come l'amore che vi lega, solo perché temi che in futuro potreste non essere felici. Chiamalo o vai a trovarlo e parlate... oh, tesoro, sono sicura che andrà tutto bene.»

Anche mia madre è una accanita sostenitrice di Mr. Grey.

Adesso mi sto preparando per la cena di lavoro di stasera. Ci saranno il presidente della Sip Jerry Roach e il vicepresidente Kay Bestie, alcuni scrittori emergenti tra cui Matthew Foster e John Russel e i direttori editoriali che li hanno seguiti. Per questo ci sono anch'io, dato che ho scoperto il nuovo talento di Matthew. Ho deciso di indossare un abito molto sobrio, nero, con l'attaccatura sotto il seno. Ho scelto questo perché camuffa perfettamente la mia pancia e visto che Christian mi ha chiesto di non divulgare ancora la notizia ci tenevo particolarmente a nasconderla. Ho raccolto i capelli in uno chignon sobrio ed elegante e ho indossato un paio di orecchini di brillanti, piccoli, ma molto adatti a me. Sono l'immagine della donna seria e professionale, ma con un tocco di classe a cui contribuisce un trucco poco appariscente.

L'invito era esteso anche a mogli e mariti, ma io andrò da sola e so che dovrò inventarmi qualche scusa per l'assenza di Mr. Grey. Quando sono pronta scendo in garage dove mi aspetta Sawyer sul suv bianco, mi chiedo che fine abbia fatto quello nero.

Durante il tragitto verso il ristorante penso che questa è la mia prima cena di lavoro e sento un po' d'ansia che immediatamente ricaccio in fondo alla mia mente. Arrivati, Sawyer posteggia, mi apre la portiera e mi accompagna fino all'ingresso del ristorante. Proprio mentre sto per posare piede dentro il locale mi sento chiamare. Matthew Foster mi sta rivolgendo un sorriso smagliante, dimostrandosi molto felice di vedermi. Intanto la mia guardia del corpo si congeda discretamente e io e Matt, andando in cerca del nostro tavolo, veniamo invitati ad aspettare gli altri al bancone del bar. Evidentemente siamo i primi ad essere arrivati. La cosa non mi rende particolarmente felice, mentre sembra dare molta soddisfazione a Matt.

«Che coincidenza, siamo arrivati nello stesso istante e siamo i primi...» Dico per rompere il ghiaccio.

«Ti dispiace?»

«No... Io... Era solo così per dire.»

«A me non dispiace affatto, direi anzi che sono felice di poter stare solo con te per un po'.»

Cosa vorrà dire? Avverto qualcosa nel suo sguardo che mi inquieta lievemente.

«Sei molto elegante stasera, Ana... Sofisticata e sexy. Sei splendida, direi raggiante.» Il suo complimento mi imbarazza, lo trovo un po' troppo intimo tra due persone che si conoscono appena. E poi io non mi sento per niente raggiante, ma forse è la gravidanza che mi rende diversa, più... accogliente, all'apparenza. Ma a Matt non posso dire quello che sto pensando, perciò rispondo con un semplice grazie. Mi guarda con una certa insistenza e la cosa mi mette a disagio.

«Come mai sei venuta da sola? Mr. Grey aveva qualche affare da qualche decina di milioni di dollari per le mani?»

Il suo tono è ironico, ma il suo sorriso è affabile, quasi comprensivo, come se comprendesse davvero cosa significa essere trascurati da qualcuno troppo occupato a fare soldi. Mi riesce difficile rispondergli a tono. Per fortuna gli altri arrivano prima che io abbia il tempo di rispondere. Pochi minuti dopo siamo tutti al nostro tavolo, tutti sono accompagnati dai rispettivi coniugi o fidanzati o compagni, solo io e Matt siamo soli, così finiamo seduti l'uno accanto all'altra. La cena scorre tranquilla, tra una portata e l'altra, i presenti sono persone simpatiche, per niente arroganti e la conversazione è piacevole: si parla di cibo, di viaggi, di letture, di nuove tendenze editoriali e ad un certo punto qualcuno chiede a Matt se ha già cominciato a scrivere un nuovo libro.

«Ho iniziato un progetto, però non mi soddisfa del tutto. Sono rimasto bloccato perché non so se e come continuare.»

«Non è troppo presto per avere il blocco dello scrittore?» Chiede Roach, divertito.

«Non è un vero blocco... Forse avrei bisogno che qualcuno lo leggesse, qualcuno in grado di darmi un consiglio, se continuare o lasciar perdere e mettermi l'animo in pace...»

«Oppure dare un'impronta diversa, una cifra che possa dare nuova linfa alla tua ispirazione.» Intervengo io. Vedo che il viso di Matt si illumina a quelle parole.

«Ana, tu saresti disposta a leggerlo? Il parere di un esperto come te sarebbe più di quanto abbia mai osato sperare per la mia nuova creatura.»

«Non avevo pensato a me stessa come ad un esperto.»

«La nostra Ana è tanto modesta quanto talentuosa, è stata una bella scoperta per noi. In pochi mesi ha saputo dimostrare di che stoffa è fatta.» Dice Roach, facendomi arrossire.

«È solo che mi è sempre piaciuto leggere.»

«No. Non sminuirti: si vede anche che metti molta passione nel tuo lavoro. E questo è una marcia in più in ogni campo lavorativo.»

Adesso tutti stanno guardando me, alcuni esprimono sincero apprezzamento, altri, soprattutto delle donne, fanno un sorrisetto di circostanza, staranno pensando che il mio vero talento è stato quello di aver accalappiato il miliardario proprietario della casa editrice, o forse sono solo io che mi sento la coda di paglia. Roach, però è sincero e le sue parole non hanno neanche un briciolo di adulazione. Mi sento molto in imbarazzo a stare al centro dell'attenzione. Mi sento avvampare, perciò cerco di dirottare gli occhi e gli orecchi di tutti su Matt.

«È un romanzo?»

«Sì.»

«Di che genere?» Interviene Katie.

«L'ho immaginato come un romanzo introspettivo in cui il protagonista in prima persona racconta la sua vita passata dopo che è successo un fatto che lo ha cambiato e... Adesso non voglio dire altro anche perché non sono più convinto di niente.» Risponde Matt gentilmente.

«Hai scritto molto o sei solo all'inizio?» Mi informo.

«Ho finito due capitoli e iniziato il terzo. Inoltre, ho già elaborato un paio di scene e altrettanti dialoghi da inserire nei capitoli successivi. Ho delineato la storia e la personalità dei personaggi principali.»

«Ma che cosa di preciso ti ha impedito di proseguire?»

«Non so di preciso, la storia è arrivata al punto dell'evento che scatena l'azione per cui avevo una precisa idea, ma ho come l'impressione che non regga più come avevo previsto. Allora, Ana, ci posso contare?»

«Su cosa?»

«Sul fatto che tu lo leggerai e che mi darai un consiglio.»

«Si chiama consulenza» interviene Roach «e deve essere ben retribuita. O per lo meno deve essere concessa solo dopo un impegno scritto a darci la preferenza per la pubblicazione. I consigli di Ana potrebbero instradarti tanto bene da farti scrivere un potenziale best-seller e noi vogliamo il diritto di prima scelta.»

«Qualunque cosa... Non ho nessuna remora, basta che io riesca a riprendere da dove mi sono interrotto.» Assicura Matt. «Allora, Ana, posso sperare nel tuo aiuto?»

«Ok.» Rispondi, poco convinta.

«Mi piacerebbe che tu cominciassi a leggerlo subito, potrei passarti il file stasera stesso. Che ne dici?»

«Quanta fretta?»

«Il fatto è che in facoltà questo è un periodo abbastanza poco impegnativo, mentre tra poche settimane con gli esami e i laureandi da seguire sarò più impegnato, perciò vorrei sfruttare il tempo libero adesso.»

Così Matt che mi ha tenuto lo sguardo addosso durante tutta la cena, pur mantenendo un certo distacco, ora mi sta costringendo praticamente a parlare solo con lui monopolizzando la mia attenzione. Non riesco a spiegare se stia approfittando della scusa del manoscritto per farmi il filo o se mi stia facendo il filo per avere il mio aiuto con il manoscritto. Forse però tra le due ipotesi è la prima quella che dovrei considerare, sembra abbastanza interessato. D'altronde anche Christian lo aveva notato. Come lo aveva definito? Ah, sì. "Giovane arrapato che vuole entrare nelle mutandine di mia moglie". Sarà geloso e possessivo, ma forse ha anche una buona vista. Be', Matt è un bel ragazzo, colto, intelligente, benestante, e dai modi molto educati e da qualche altro indizio ho la netta impressione che sia di buona famiglia. È molto attraente e divertente, abbiamo molto in comune, tra noi la conversazione scorre senza intoppi. È una persona spontanea e senza complicazioni, però... però non sento neanche una minima attrazione per lui, c'è un'intesa intellettuale, non posso negarlo, ma niente di paragonabile all'intensità dei sentimenti che provo per Christian, all'altalena di emozioni che mi suscita anche solo un suo sguardo, alla travolgente passione che c'è tra di noi. Insomma il problema è che io amo Christian. Io. Amo. Christian. E soprattutto Christian ama me. Se lui non mi amasse, forse potrei provare a mettere a tacere i miei sentimenti per lui, ma come posso ignorare che lui si strugge per me? Come potrei scegliere una vita meno complicata con un altro uomo, per esempio con uno come Matt, sapendo che potrei avere una vita avventurosa ed emozionante, piena d'amore e di passione con Christian? Se da vigliacca scegliessi la via più semplice, senza perversioni sessuali, senza Dom e senza Sub, senza bondage, senza manie di controllo, senza assillanti scenate di gelosia né guardie del corpo che mi seguono come un'ombra, sarebbe tutto più semplice. Migliaia di donne farebbero carte false per un uomo come Matt. Forse anche io sarei stata ben felice di intrecciare una relazione con lui, se solo non avessi mai conosciuto Christian. Se non avessi mai provato le vette di piacere che solo lui può darmi, se non avessi mai sentito quella stretta al petto o allo stomaco ogni volta che mi guarda, se non avessi mai sentito il mio cuore impazzire per lui, se non avessi mai perso il fiato di fronte ad un suo sorriso o di fronte ai suoi bellissimi occhi, se non avessi pianto vedendolo terrorizzato all'idea di perdermi, se non avessi mai perso la testa al solo pensiero della sua bocca sulla mia o su qualunque altra parte del mio corpo, se non aspettassi un figlio da lui... Se non ne fossi perdutamente, irrimediabilmente, follemente innamorata.

«Ana?» Matt sta cercando di riportarmi alla realtà. «Ana, cosa ne pensi tu?»

E di che cosa? Che figura! E adesso come mi riprendo? Christian Grey mi tiene in pugno anche quando è a chilometri di distanza.

«Io... scusa, mi sono distratta un attimo, devo essermi persa qualcosa del tuo ragionamento.»

«Ho notato che eri sovrappensiero. Tutta la sera sei stata un po' distante. È evidente che c'è qualcosa che ti preoccupa. Posso esserti di aiuto in qualche modo?»

Ecco, appunto! Potresti essere d'aiuto, se io non avessi mai incrociato Mr. Grey. Adesso, per come sono andate le cose, non sei che una ulteriore complicazione.

«No, no, non è niente di grave, grazie, Matt.»

Intanto la cena è finita e gli altri si sono alzati e cominciano a salutare, mentre ci avviamo fuori mi accorgo che Matt non ha intenzione di lasciarmi in pace.

«Se non ci fosse il tuo gorilla, ti chiederei se posso accompagnarti a casa...»

«In realtà, io ho piena libertà di movimento. Dovrei solo informare Sawyer che ci seguirebbe a distanza.»

«Allora, posso avere l'onore di accompagnarla, Mrs. Grey?»

«Scusa, Matt, tu sei molto carino, ma io...»

Io, cosa? Sono sposata? Amo mio marito? Solo che non voglio più stare con lui perché sono convinta che soffriremmo entrambi?

«Ana, era solo una proposta per poterti esporre meglio il mio problema con il manoscritto. Anzi potrei passare da casa mia per prendere il file così potrai cominciare a leggerlo subito.»

Oh, forse mi sono immaginata tutto: Matt non ha alcun interesse per me, a parte quello professionale.

«Ok.»

«Bene. La mia macchina è da quella parte.»

Dopo aver avvisato Sawyer il quale ha a stento trattenuto il suo disappunto, dicendomi che Mr. Grey non avrebbe approvato, con un'alzata di spalle mi sono girata e ho raggiunto Matt. Molto gentilmente mi ha aperto la portiera e poi mi ha rivolto un sorriso soddisfatto, quando ha preso posto accanto a me.

«Allora posso approfittare della tua disponibilità e darti il file?»

«Va bene, sono curiosa di sapere cosa ha partorito la tua mente.»

«Quindi non ti dispiace se facciamo una deviazione e passiamo da casa mia?»

«No. Va bene.»

Per un istante penso a Sawyer che sarà dietro di noi. Appena arrivati, mi rendo conto che non siamo molto distanti dall'Escala, non mi sono sbagliata sull'agiatezza di Matt. Ne ho la conferma quando mi indica il palazzo in cui abita: il bell'edificio elegante e ben tenuto, diverso dall'Escala ma non meno lussuoso.

«Vuoi salire? Ne approfittiamo per bere qualcosa.»

Sì, un superalcolico con cui potrò stordirmi. Peccato che sono incinta.

«Non saprei...»

«È solo una cosa di lavoro, Ana. Ah, forse il tuo gorilla... » Fa un colpo di tosse quando vede il mio sguardo torvo. «Forse Sawyer non approva?»

«Beviamo un caffè mentre ti faccio vedere le parti più "incriminate" del mio manoscritto e poi ti accompagno a casa.»

«Ok. Solo che devo dirglielo.»

Sawyer ha posteggiato dietro di noi, appena Matt mi apre la portiera, lui è già davanti a me e mi fa scudo con

il suo corpo mentre scendo dalla macchina.

«Mrs. Grey, se posso permettermi, come mai questa deviazione?»

«Dovrei salire nell'appartamento di Mr. Foster per alcuni minuti, può aspettarmi qui oppure andare a casa. Mi accompagnerà lui.»

«No. Signora, io devo scortarla almeno fino alla porta dell'appartamento di Mr. Foster."

«Ma non è necessario. Cosa potrebbe mai succedermi?»

«Sono gli ordini di Mr. Grey, ordini che non ammettono eccezioni.»

«Sawyer, ma mi sembra eccessivo questo rigore.»

«Mrs. Grey, in tutta franchezza, Mr. Grey mi licenzierebbe, se contravvenissi alle sue disposizioni.»

Già, Mr. Grey sa come farsi rispettare. Fin troppo facile minacciare il licenziamento.

Quanto è prepotente!

«No, non voglio certo che lei sia licenziato. Però dovrò fare una chiacchierata con Mr. Grey. Mi sentirà gliel'assicuro.»

«Non ne dubito affatto, signora.» Nasconde a stento un sorriso divertito.

Per fortuna Matt si è tenuto a distanza, durante la mia conversazione con la mia guardia del corpo, spero che non abbia sentito perché mi imbarazza che gli altri sappiano quanto è possessivo mio marito.

Come stabilito, Sawyer mi scorta fino alla porta dell'appartamento e mi avvisa che mi avrebbe aspettata nell'ampio androne dove ci sono anche divani e poltrone da dove può facilmente tener d'occhio la porta.

L'appartamento è molto ampio e ben arredato, molto ordinato e pulito segno che c'è una governante o qualcosa del genere.

«È molto bello questo appartamento, molto elegante... Non pensavo che uno stipendio da ricercatore universitario potesse consentire un tenore di vita così alto.»

Matt fa una leggera risatina. «In effetti con il mio stipendio non potrei pagarci neanche le bollette per questo posto. È mio padre che paga, è la condizione che ho dovuto accettare...»

«In cambio di cosa?»

«In cambio della mia libertà.»

«Libertà?»

«Non vuoi accomodarti intanto? Cosa ti prendo da bere? Un caffè o qualcosa di più forte?»

«Un the, se ne hai.»

«Certo, arrivo subito con il tuo the.»

«Mi dicevi... La libertà.» Riprendo io, dopo che Matt è tornato dalla cucina portando un vassoio con tutto l'occorrente per il mio the e con un bicchiere di scotch, penso, per lui.

«Sai i miei avrebbero voluto che io lavorassi nell'impresa di famiglia, con mio padre, così da prenderne il comando quando lui avesse deciso di ritirarsi.»

«Ma tu hai preferito la fisica quantistica.» Dico sorridendo comprensiva.

«Non solo. Più che altro penso che non avrei sopportato di sottostare agli ordini inflessibili di mio padre, né tanto meno ai frenetici ritmi di lavoro e agli orari impossibili.»

«Così i tuoi hanno dovuto farsene una ragione.» Dico sorseggiando il mio the.

«È stata dura. Ho dovuto lottare per farmi valere.»

«Però ce l'hai fatta.»

«Ti dico solo che si sono rassegnati soltanto quando hanno avuto la dimostrazione che facevo sul serio e che ero abbastanza bravo nel lavoro che avevo scelto, ma non l'hanno ancora accettato in via definitiva. Continuano a dare per scontato che io un giorno mi stancherò di questo, parole testuali, "atteggiamento di ribellione adolescenziale" e che capirò che quello che voglio veramente è fare ciò che ha fatto per tutta la vita mio padre e suo padre prima di lui.»

«È stata così dura? Far capitolare i tuoi genitori, intendo.»

«In verità è stata più dura riuscire a trovare il coraggio di contraddirli, di demolire tutti i progetti che aveva fatto su di me senza tener conto dei miei sogni.»

«Molti genitori hanno manie di controllo su tutta la vita dei figli.»

«Io in realtà non ho avuto seri problemi nella relazione con loro, solo in questo, nel fatto di aver programmato il mio futuro. Non fraintendermi, sono stati e sono genitori invidiabili, attenti senza essere oppressivi, amorevoli senza essere morbosi. Ho avuto un'infanzia e un'adolescenza felici.»

«Ne sono certa. E dimmi, sanno che stiamo per pubblicare il tuo romanzo?»

«Sì, e sai cosa mi ha detto mio padre? Ha detto che è un altro diversivo che ho trovato per tenermi occupato e non pensare a quanto sono stato incosciente a rinunciare alle soddisfazioni che mi avrebbe dato lavorare con lui.»

«Non molla, eh?»

«No, mai. Non sarebbe più Joseph Carlton Foster terzo se si arrendesse.»

«Ah, è quel Carlton Foster? Quello dei pozzi petroliferi?»

«Sì, e di tanto altro.»

«Allora non sei cresciuto da queste parti?»

«No, la nostra residenza principale è a Chicago, mia madre non ha voluto saperne di vivere in Texas. Cosa che ha costretto mio padre a viaggiare molto per gestire i suoi affari laggiù. »

«È stato poco presente?»

«Mancava spesso, questo sì, però quando era a casa era tutto per noi. Non ha assistito a tutte le mie partite di baseball, ma c'è sempre stato nei momenti importanti: il mio primo giro in bicicletta, la mia prima caduta, le partite decisive, gli esami finali, il diploma, la laurea, il dottorato. Sono sicuro che non mancherà alla presentazione del libro. Ma come siamo arrivati a questo? Ti sto praticamente raccontando tutta la mia vita.»

«Questo appartamento... stavi spiegando che è stato il prezzo che hai dovuto pagare per la tua libertà.»

«Vedo che sei un'ottima ascoltatrice. Bene... In questo è stata mia madre quella più irremovibile. Ha avuto il coraggio di dire che non avrebbe potuto prendere sonno la notte sapendomi in qualche appartamento in condivisione con altri o in qualche quartiere poco raccomandabile. Ero andato ad abitare in un palazzo poco lontano da qui, in un appartamento che condividevo con altri due colleghi e non puoi immaginare... mi ha reso la vita impossibile. Mi telefonava a qualunque ora del giorno e della notte, mi faceva delle improvvisate piombandomi in casa. Figurati che una volta, è arrivata senza avvisare quando io non ero in casa, uno dei miei coinquilini le ha aperto la porta e lei come una furia perché non le rispondevo al telefono, ha fatto irruzione nella stanza dell'altro coinquilino credendo che fosse la mia e lo ha sorpreso a letto con la sua ragazza.»

Ride, mentre ripensa a quell'episodio, ma si può scorgere l'affetto che prova per sua madre. Sorrido anch'io.

«Non puoi immaginare la scenata che mi ha fatto. A suo dire era colpa mia perché non le rispondevo al telefono. Era diventata tanto assillante e ansiosa che per poter lavorare, leggere, scrivere o anche solo dormire in pace ero stato costretto a spegnere il telefono.»

«Così per la sua salute mentale hai dovuto accettare l'offerta di stare qui.»

«Sì.» Adesso mi sta guardando con un sorriso dolce e si sta avvicinando a me.

Si sta facendo tardi e dovrei tornare a casa, ma è così piacevole la compagnia di Matt, è così rilassante stare a parlare con lui. Perché non è così anche con Christian? Perché non posso conversare in maniera leggera anche con lui? Perché molte delle nostre conversazioni finiscono in discussioni estenuanti? A parte quando facciamo sesso e mi lascia senza forze dopo orgasmi esplosivi, persino quando mangiamo riesce a darmi sui nervi. Sia che parliamo di cose leggere sia che parliamo di questioni serie mi ritrovo esausta. Stare con Christian mi sfinisce. Christian mi sfinisce. Sempre. Ma mi fa sentire viva come nessun altro mai è riuscito.

«E tu?»

«Io, cosa?»

«Dimmi qualcosa di te. Non so praticamente nulla.» Mi irrigidisco un po', come sempre quando devo parlare di me, mi innervosisce ogni volta. Non so che dire perché non c'è niente di interessante da dire.

«Non c'è molto da dire.»

«Non ci credo. Dove sei cresciuta?»

Gli racconto in breve dei quattro matrimoni di mia madre, di quando ho vissuto in Texas, a Las Vegas, della decisione di restare a Montesano con Ray, dell'università.

«Ed è tutto. Niente di veramente interessante.»

«Non direi proprio, io trovo che sia stata una vita piena di una ragazza seria e responsabile, insomma una con la testa sulle spalle... non hai mai fatto niente di avventato?»

«No. L'hai detto sono una con la testa sulle spalle.»

«E il matrimonio? Mi sembra di aver letto che è avvenuto poco dopo che vi siete conosciuti.»

«Sì, ci siamo innamorati e sposati in meno tre mesi.»

O almeno, così mi hanno raccontato.

«E adesso sei convinta che sia stato un errore.»

No!

«Perché lo pensi?»

«Ho visto che ti sei incupita prima al ristorante quando ti ho chiesto di tuo marito, e adesso sembri sulle spine.»

«No, è che...»

«Ana, non devi sentirti obbligata a rispondermi. Anzi ti chiedo scusa, sono stato invadente. Ti assicuro che non è da me.»

Detto ciò, si avvicina e solleva una mano, la posa sulla mia spalla, poi sembra che voglia accarezzarmi, ma io mi irrigidisco. Lui non se ne accorge avvicina il viso al mio. Ha le palpebre pesanti, vuole baciarmi.

No. Non voglio.

Mi irrigidisco ancora di più e mi ritraggo leggermente sul divano.

«No...» Dico allontanandomi e facendo per alzarmi. «Forse è meglio che io torni a casa.»

Accorgendosi di aver osato troppo, Matt lascia cadere il braccio lungo il suo fianco e imbarazzato si alza per posare il suo bicchiere.

«No, non te ne andare per colpa mia. Scusami, Ana, sono stato superficiale, ho scambiato la tua gentilezza per qualcos'altro. Tu mi piaci, penso che si sia capito ormai. Sto bene con te. Riusciamo a parlare con naturalezza di qualunque argomento. Sento che abbiamo molto in comune, sei intelligente, ami la letteratura, sei dolce, bella e sei... disinteressata.»

«Disinteressata?»

«Non sai quante donne ho visto cambiare volto con me appena vedono il mio appartamento. O se scoprono chi è mio padre. Tu non sei così.»

«Grazie, è davvero importante per me che tu lo abbia intuito. Sono stufa dei sorrisini e degli ammiccamenti di certa gente che pensa che io non sia altro che una volgare arrampicatrice sociale.»

«Sono solo dei superficiali e, se sono donne, sono anche invidiose marce.»

«Invidiose...»

«Invidiose perché hai qualcosa che loro non potranno mai avere.»

«Un marito affascinante e ricco.» Preciso io.

«Io direi piuttosto le doti che lo hanno fatto innamorare di te.»

Per un lungo momento restiamo in silenzio e in imbarazzo, credo proprio che sia arrivato il momento di andarmene, mi alzo e mi volto in cerca del mio cappotto.

«Ana, non aver fretta di andare. Ti chiedo scusa di nuovo per prima, evidentemente il mio intuito non funziona così bene. Mi era sembrato che tu e tuo marito foste separati e che...»

«Perché lo hai pensato?»

«Alla casa editrice, voci di corridoio, dicono che non lo hanno più visto venire a lasciarti o a prenderti, che tu sei un po' triste ultimamente.»

«La gente non sa mai farsi i fatti suoi.»

«Quanto hai ragione.»

Sull'ultima parola di Matt il mio cellulare inizia a squillare, mi scuso con lui e controllo il display. È Christian. Adesso mi farà una scenata. Per avere un po' di privacy, mi allontano dal mio ospite andando verso la grande finestra che mi offre una bella vista sulla città. Inspiro profondamente e rispondo.

«Ciao.»

«Ana, non mi vuoi più?»

«Cosa stai dicendo?»

«Tu non mi vuoi più, non è così? È finita per sempre?»

«Perché lo pensi?»

«Sei salita nell'appartamento di quello scrittore, sei lì da più di un'ora... vuoi lui adesso? vuoi lui? Eh, Ana? È lui che vuoi? È per lui che mi hai lasciato? »

«No!»

«Vi siete già baciati?»

«Christian! No.»

«Avete fatto di più.»

«No! Hai una così scarsa opinione di me?»

«Non mi ami più? O ... non ... mi hai mai amato? Non te ne faccio una colpa. Chi potrebbe volere un uomo come me? Sicuramente lui potrebbe darti una vita semplice, senza tormenti, senza la merda che io mi porto dietro.»

«Per favore, Christian! Ragiona.»

«Non posso biasimarti per aver preferito lui: è attraente, uno stimato ricercatore universitario, un bravo scrittore, ha anche una famiglia molto ricca alle spalle, che non guasta. Ma la cosa più importante è che è una brava persona. La sua vita è fulgida e luminosa, nessuna zona d'ombra, altro che cinquanta sfumature di tenebra.»

Ha fatto fare delle indagini su Matt. Finirò mai di stupirmi per quanto sia maniaco del controllo?

«Christian, ti prego, non voglio che tu stia così male.»

«Sai, Ana, ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di doverti lasciare andare, di non tenerti legata a me, di darti la possibilità di trovare un uomo degno di te. Ho anche passato in rassegna tutti i miei conoscenti per cercarne qualcuno che fosse adatto a te, ma Foster è meglio di quanto avrei mai potuto anche solo immaginare.»

«Christian, no.»

«Forse è un segno del destino. Quest'uomo perfetto è stato messo sulla tua strada, a me non rimane che lasciarti andare e augurarti di essere felice come meriti.»

«Christian, hai fatto il tuo bel ragionamento, adesso vuoi ascoltarmi?»

«Ti prego non dire niente, Ana. È la cosa migliore per... tutti.»

«No! Ascoltami.»

«Addio, Ana.»

«No! Christian? Christian?»

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