Avenging Angels

By -Happy23-

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Era da quattro anni che allo scattare della mezzanotte del 21 Dicembre tutti le reti, tutti i canali televisi... More

Δ
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47

Capitolo 27

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By -Happy23-

C'era un ragazzo nel luogo della posizione inoltrata da mio fratello. Se ne stava contro una vecchia macchina che non vedeva una pulizia da molto tempo e con vari graffi e colpi sulla carrozzeria. La confraternita era molto vicina ma il muro di un altro edificio, appena girato l'angolo del marciapiede, poteva coprirmi da occhi indiscreti.

«Finalmente sei arrivata, zuccherino.»

Trattenni una smorfia. Quel ragazzo sembrava un criminale. Non mi piaceva giudicare dall'apparenza ma non potevo non arrivare a quella conclusione guardando il sopracciglio destro diviso da una cicatrice, tatuaggi anche sul collo e volto, una barba incolta e un ghigno schifosamente malizioso che fissava le mie gambe.

«Chi sei?» Chiesi senza osare avvicinarmi.

Fu lui ad avvicinarsi e io indietreggiai.

«Un amico di Ian.» I suoi occhi mi avrebbero divorato se solo avessi aperto la giacca di pelle. «Difficile pensare che un bel bocconcino come te sia una puttanella al guinzaglio di mamma e papà. Che famigliola adorabile che siete.»

Non avevo idea di cosa gli avesse detto Ian, di come si fossero conosciuti e cosa volessero fare con i miei soldi -che non erano nemmeno tutti- ma sapevo che mi odiava tanto quanto Ian odiava noi. E in parte, potevo anche comprendere. Tuttavia non volevo stare qui a perdere altro tempo con lui, lontano dagli occhi di chi avrebbe potuto aiutarmi nel caso le cose fossero andate male.

Tirai fuori i soldi arrotolati e lui si guardò intorno prima di afferrarli.

«Cinquemila?» Chiese, tirando via l'elastico.

«Quasi.» Deglutii. «Tremila e cinquecento--»

«Ian aveva detto cinque.» La sua voce si inasprì.

Non pensavo che la situazione sarebbe peggiorata cosi velocemente.

«Lo so m-ma non posso prenderli in una sola giornata.» Mi affrettai a spiegare. Lui si spazientì e si pizzicò il naso. «Domani posso--»

«Domani un cazzo! Mi servivano questa sera.»

Iniziai a tremare sotto la giacca maschile più grande di me. Volevo scappare. Volevo tornare alla festa e nascondermi.

I suoi occhi si iniettarono di un luccichio perverso e malvagio, poi avanzò in fretta. Sgranai gli occhi e sobbalzai finché non mi scontrai alla parete alle mie spalle. Le parole si ghiacciarono in gola appena mi sfiorò una guancia con le dita. Era più alto di me ma non quanto Seth. Sicuramente abbastanza grosso da essere più forte di me.

«Forse potrei chiudere un occhio se tu aprissi altro per me.» Mi alitò in faccia, quasi vomitai all'odore di birra e fumo.

«Domani--»

«Domani ce ne andiamo.» Disse mentre osservava le sue dita scendere e accarezzare il mio collo. «Ah, vedo che ci siamo già divertite questa sera.»

Mi irrigidii, probabilmente parlava dei segni che Seth aveva lasciato e sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi. Non avevo con me nemmeno il coltellino, perché non l'avevo portato? Questa era decisamente una situazione da coltellino, cazzo.

«Vediamo cosa nascondiamo sotto qui...»

Un brivido di paura mi attraversò la schiena. Seth. Era proprio in quella casa, a pochi metri di distanza da tutto questo. Sarebbe impazzito se avesse scoperto cosa stesse succedendo qui ma forse potevo provare quelle mosse che mi aveva insegnato, scappare e chiedere aiuto a lui, se solo fossi riuscita a muovere un muscolo.

Eppure non riuscivo. La paura era troppo forte. Mi incatenava e mi faceva solo tremare. Sentivo la bile in gola e lo guardavo con le lacrime agli occhi, il respiro mozzato. Lui sorrise cinico mentre stringeva il tiretto della cerniera e iniziava ad abbassarla. Non di nuovo. Fai qualcosa, gridai mentalmente a me stessa. Non di nuovo. Seth non sarebbe venuto a salvarmi come l'altra volta. Non dovevo aspettare nessuno. Dovevo agire da sola. Difendermi da sola. E più lui mi scopriva e rivelava ciò che nascondevo sotto la giacca, più io tremavo ma avvertii un senso di rabbia misto alla paura crescere nelle mie vene.

Strinsi le mani in pugni e, senza pensarci troppo, sollevai la gamba destra per colpirlo col ginocchio in mezzo alle gambe. Riuscii a farlo e quasi piansi dalla gioia quando si piegò su se stesso e lasciò stare il mio corpo.

«Stronza.» Sibilò nel dolore. «Ora ti faccio vedere io.»

Feci per scappare ma lui chiuse un braccio attorno alla vita, bloccandomi anche le braccia lungo i fianchi, e iniziò a trascinarmi indietro. Non feci in tempo ad urlare perché mi piazzò una mano sulla bocca e a quel punto capii di non poter fare nulla. Scalciavo e mi dimenavo ma lui riuscì a tirarmi verso la macchina. No. No. No. Le lacrime mi bagnarono il volto e iniziai a pregare contro il suo palmo. Mi piantò contro la portiera e incastrò il mio corpo col suo. Mi bloccò le mani dietro alla schiena mentre con l'altra iniziò ad accarezzarmi una coscia. E a quel punto la paura incatenò i miei arti. Sentivo il suo corpo premere contro il mio e flash di vecchie memorie affiorarono facendomi perdere la cognizione del tempo. Provai a divincolarmi lo stesso ma lui stritolò i miei polsi facendomi male.

«T-ti prego...ti d-darò i soldi.»

«Ho cambiato idea.» Sibilò sopra alla mia spalla. Strinsi gli occhi e singhiozzai, girando la testa dall'altra parte. «Preferisco sentirti gridare attorno al mio--»

Un lamento soffocato e la caduta delle sue mani dal mio corpo mi fecero tornare a respirare. Mi voltai di scatto e sgranai gli occhi imbevuti di lacrime salate.

«Io e te dobbiamo parlare, Principessa.»

Cazzo. Oh, cazzo.

Seth aveva scaraventato a terra il tizio di cui non sapevo nemmeno il nome che stava imprecando mentre tornava ad alzarsi. Individuai anche Chen farsi avanti e mi passai velocemente mani sulle guance bagnate quando incrociai il suo sguardo severo.

«E tu chi cazzo sei?» Sbottò il ragazzo, aveva il volto rosso, furioso.

«Quello che ti strapperà le palle.»

Aprii la bocca ma non uscì nulla. Be', non pensavo dicesse sul serio.

Non vidi nemmeno il braccio di Seth che si alzava ma sentii il suo pugno spaccargli il naso. Risucchiai un urlo e strabuzzai gli occhi vedendo il ragazzo cadere a terra e coprirsi il naso sanguinante con la mano. Seth si abbassò sopra di lui per continuare a sfogare la rabbia.

«Seth...» La mia voce uscì sottile.

«Cazzo, Seth.» Intervenne Chen, avvicinandosi svelto. «Lascialo.»

Il ragazzo non provò nemmeno a reagire era troppo impegnato a difendersi per farlo. Il suo volto era coperto di sangue e vedevo già parte del viso gonfie. Seth si alzò, sollevato da Chen. Guardai il viso ferito del ragazzo che aveva provato ad abusare e ripensai all'uomo alla fermata dell'autobus.

Il ragazzo rise rimanendo a terra, mostrando la bocca sporca di sangue. Guardava Seth che sembrava avere gli occhi iniettati di veleno.

«La tua puttanella mi deve dare ancora mille e cinquecento dollari.»

Seth mi lanciò un'occhiata sfuggente e perplessa ma poi strinse i denti e Chen dovette spingerlo via.

«Vorrei provare a sentirti chiamarla ancora cosi una volta che ti avrò tagliato la lingua.»

«Seth!» Intervenni scioccata dalla minaccia. Ero ancora scossa da quanto successo prima ma piano piano mi stavo riprendendo.

Il ragazzo si alzò lentamente. Il sangue gli sporcava anche i vestiti. Continuava a tenersi una mano sotto al naso e mi lanciò un'occhiata sprezzante.

«Potevamo risolvere tutto con una scopata e invece hai dovuto frignare.»

Provò ad avvicinarsi ancora e io quasi inciampai nei miei stessi passi mentre mi allontanavo da lui. Qualcuno mi afferrò un braccio e venni messa dietro ad una schiena ampia che conoscevo piuttosto bene anche con tutti quei vestiti.

«Te li do domani--» disse, sbucando fuori alla sua destra.

«Nyxlie.» Mi fulminò con lo sguardo e poi strinse il mio polso, lanciando un'occhiata a Chen alle mie spalle. «Controllalo.»

«Cosa--»

Mi tappai la bocca quando prese a camminare trascinandomi con sé. Faticavo a stargli dietro anche se aveva agganciato il mio polso. Non dissi nulla mentre tornavamo verso la casa. Potevo sentire l'ira sprigionare dal suo corpo. Entrammo in casa, qualcuno ci osservò incuriosito ma nessuno ci fermò. Tenni il volto basso per non far vedere a nessuno la mia faccia sconvolta e pregai di non incrociare le ragazze.

Seth mi riportò nella sua stanza, il letto era ancora senza lenzuola. Mi lasciò andare e io chiusi lentamente la porta, appoggiandomi alla parete. Sentivo il sangue pompare nelle orecchie, la paura ancora mi divorava da dentro e il nervosismo aumentava alla vista di Seth che non mi rivolgeva nemmeno uno sguardo. I suoi movimenti erano a scattanti e decisi. Lo osservai aprire l'armadio e iniziò a cercare qualcosa. Quando realizzai che avesse nascosto in tasca dei soldi mi affrettai a parlare.

«No, Seth. Asp--»

Sbattè le ante, chiudendole, e mi inchiodò con lo sguardo. «Dimmi che una volta dati i soldi non ti cercherà più.»

Questo non potevo saperlo ma lo speravo. Non sapevo quali fossero i progetti di mio fratello.

Me lo ritrovai di fronte e, a differenza di prima, essere schiacciata tra una parete e il suo corpo non mi metteva nessuna paura. Mi rendeva nervosa ma nessun brivido, se non quelli che ti facevano anche bruciare il petto. I suoi occhi neri mi inglobarono in un mondo freddo e buio.

«Nyxlie.» Premette le labbra in una stretta linea.

«Non mi cercherà più.» Soffiai, tenendo gli occhi nei suoi.

Dopo quello iniziò a ispezionare il mio viso, il mio collo e più in basso.

«Non...non dicevi sul serio prima, vero?» Sbattei le ciglia.

Non sembrò essere necessario specificare cosa. Le ombre sul suo volto non sparirono, anzi, aumentarono forse. Si accigliò e si bagnò le labbra.

«Te lo ripeto: non sono una brava persona.» La serietà nella voce e nei suoi occhi serpeggiò sotto la mia pelle. «E a lui conviene non dire più un'altra parola su di te.»

L'occhiata che mi riservò prima di uscire sembrò ordinarmi di non muovermi da qui. E quello, mi lasciò sola.

Quando la porta si riaprì una decina di minuti dopo Seth entrò accompagnato da Chen e anche tutti gli altri. La festa al piano di sotto continuava a non voler cessare, ormai era passata la mezzanotte. Cercai di non mostrarmi infastidita alla presenza dei tre che sapevano non avessero una grande passione nei miei confronti e mi infilai le mani nelle tasche della giacca. Ero appoggiata contro alla scrivania e lanciai un'occhiata a tutti e cinque. Penelope mi squadrò e si soffermò qualche secondo sulla giacca.

«Non potevi portarti una giacca?» Sbuffò seccata, incrociando le braccia.

Mi accigliai. «Questa è la mia giacca.» Stronza, avrei voluto aggiungere.

Cioè, non proprio ma era mia, ma era mia. Era una storia lunga.

«Cristo è solo simile alla mia, Pen.» Intervenne Seth, lanciandole un'occhiataccia.

Pensava che Seth mi avesse dato la sua giacca? E anche se fosse, dove sarebbe stato il problema?

«Ed è anche da un po' che non la indossi.» Commentò Zack, seguendo l'amico con gli occhi mentre questo andava verso il letto e si sedeva sul bordo.

Lo osservai mentre si passava una mano sul volto e poi si tirava indietro i ricci disordinati. Le nocche della mano destra erano ancora arrossate, più di prima.

«Possiamo evitare di discutere sul loro armadio e concentrarci sul perchè ti abbiamo visto quasi ammazzare uno sconosciuto?»

Questo mi fece sospettare che il ragazzo non avesse tenuto la bocca chiusa. Evitai di chiedermi cos'altro avesse detto per farlo incazzare e riflettei sulle parole di Derek.

«E perchè il letto non ha le lenzuola?» Aggiunse Penelope, strizzando gli occhi sul mio collo. Per fortuna avevo nascosto i segni con i capelli ma sembrava avere una vista infrarossi.

«Questo non è importante.» Rispose Seth annoiato e poi, dopo quella che sembrò essere un'eternità, mi guardò. «Chi era quello che ho quasi ammazzato?»

Raccolsi un bel po' di ossigeno e guardai tutti loro prima di focalizzarmi su Seth. «Non capisco come tu mi abbia trovata ma ti ringrazio per essere arrivato e per quello che hai fatto. Però...non ho intenzione di parlare con voi di questo.»

Oltre ad esserci tre persone che non potevano vedermi, due in modo particolare, non avrei di certo raccontato di Ian a loro. Ringraziavo Seth per essere venuto in mio aiuto, gli aveva dato anche i soldi per togliermelo dai piedi e lo ringraziavo anche per questo, ma non avrei detto nulla.

«Uno ti salva il culo e il minimo che potresti fare è dare spiegazioni.» Disse Zack piatto.

Boccheggiai e aggrottai la fronte. «Non gli ho chiesto io di aiutarmi. Ho tutto il diritto di non dare spiegazioni, specialmente a gente che non conosco.»

«Oh, ma a me sembra che tu e Seth vi conosciate molto bene, ormai.» Schioccò acida Penelope.

Non si era dimenticata di come ci aveva trovati sulle scale della biblioteca.

Incrociai le braccia, irritata. «Be', in questo caso le spiegazioni dovrei darle a lui non a voi.»

Seth sospirò a fondo. «Uscite tutti.»

Drizzai la schiena con l'intenzione di seguirli perché pensavo che con tutti intendesse tutti noi e che volesse stare da solo, ma l'occhiata ammonitoria che mi lanciò mi fece intendere che io dovessi stare al mio posto.

«Come se non gli dicessi nulla dopo.» Borbottai appena si chiuse la porta.

«Più che pensare a loro, dovresti pensare al casino in cui ti sei cacciata.»

«Non mi sono cacciata in niente.»

Si fermò a pochi passi da me e incrociò le braccia. «Cinquemila dollari sono niente?»

Sospirai. «Non è come sembra.»

«E allora com'è?» Il tono si indurì. «Chi era e come lo conosci?»

«Non lo conosco.»

«Quindi hai dato soldi ad un tizio a caso?»

Distolsi lo sguardo e lo puntai a terra, sulla punta dei miei stivali. Cosa potevo dirgli? Che in fondo si, avevo dato soldi ad un tizio che non conoscevo ma che conosceva mio fratello, lo stesso fratello che il mondo credeva morto?

Diminuì le distanze e strinse la mia mandibola senza farmi male ma abbastanza da avere il controllo per costringermi a guardarlo in faccia. I suoi occhi erano severi come non mai.

«Non voglio pensare a cosa sarebbe successo se non fossi stato li.»

Nemmeno io. «Come facevi a sapere dov'ero?»

«Ha importanza?» Aggrottò la fronte. «Quel pezzo di merda ti stava per fare del male.»

Deglutii e lui lasciò cadere le mani ma solo per appoggiarle alla scrivania e bloccarmi definitivamente fra lui e quella. Mi ci appoggiai sopra e tenni il mento sollevato, alternando lo sguardo nei suoi occhi.

«È difficile da spiegare.»

Serrò i denti e inspirò a fondo. «So ascoltare.»

«Se te lo dico finirò nei guai.»

C'era già una persona a conoscenza della verità, averne un'altra non era quello che i miei genitori volevano.

«Con chi?»

Non risposi.

Abbozzò un sorriso amaro. «Sai, forse sei più brava di me con i segreti.»

Quella frase mi colpì. Non mi piaceva avere quel genere di segreti, non mi piaceva nemmeno mentire, ma non era una discussione che potevo avere con chiunque. Mi fidavo di Seth su certe cose, ma su altre, io non lo conoscevo così bene per potermi aprire in quel modo. Nemmeno a Jace lo avevo detto, lo aveva scoperto lui e me l'aveva tenuto segreto per cosi tanto tempo.

«Domani ti ridarò i soldi.» Mormorai, ingoiando un groppo.

Lui scosse la testa e staccò le mani dal bordo della scrivania. «Non mi interessano.»

«Non rimarrò in debito di mille e cinquecento dollari.»

Lui mi lanciò un'occhiata sbieca. «È stato lui a farti quei segni al collo?»

Mi morsi il labbro e negai.

«Allora, dimmi chi è stato? In che cosa ti sei cacciata?»

Scossi la testa, sentendo gli occhi inumidirsi. «N-non capiresti e penseresti che sono una persona orrenda, che è vero.»

Rilassò i muscoli e tornò ad avvicinarsi. «Non lo penserei mai, Blake. So bene chi sono le brutte persone, e tu non rientri tra quelle.»

«E tu? Rientri tra quelle?» Dato che continuavi a dirlo.

Incastrò una mano dietro al mio collo, avvolgendo parte della mia mandibola, strofinò il pollice sulla mia pelle.

«Io sono molto peggio.» Mormorò, osservando le mie labbra e poi tornò ai miei occhi lucidi. «Ma spero che tu non scoprirai mai quanto.»

Perché parlava così di se stesso? Cosa faceva per definirsi peggiore? Avrei davvero potuto scoprirlo? Davvero avrei pensato male di lui?

«Lo dirai anche a loro e--»

«Non lo farò.» I suoi occhi non tradirono le sue parole. «Te lo giuro.»

In tutti quegli anni non mi ero aperta con nessuno volontariamente e lo stavo per fare con Seth? Cosa mi aveva fatto? Come era riuscito ad entrarmi così sottopelle senza che nemmeno me ne accorgessi? Erano bastati davvero dei baci e pochi orgasmi per farmi aprire così tanto?

Il cuore si fermò in gola e fu difficile farlo tornare al suo posto. «Ian.»

Un barlume illuminò il suo volto per pochi secondi e poi si perse nelle ombre che lo avvolsero appena aggrottò la fronte. «Ian? Tuo fratello dici?»

Deglutii e annuii. Sentivo l'ansia assalire la mia voce, la stritolava e io tremavo. «Lui--um...l-lui è vivo.»

«Cosa?»

Mi bagnai le labbra e le sentii salate. Non mi ero nemmeno accorta delle lacrime che avevano preso a rigare le guance. Scansai la mano di Seth e mi allontanai da lui. Avevo bisogno di aria e non potevo parlare con lui così vicino. Mi torturai le mani mentre camminavo piano solo per sentire il mio corpo debole e invaso da aghi paralizzanti.

«È vivo.» Soffiai e mi abbracciai da sola, trovando il coraggio di voltarmi e guardare la sua espressione confusa ma non scioccata. Questo un po' mi sorprese. «I miei genitori hanno voluto far credere che fosse morto nell'incendio. A-a loro creava troppi problemi e speravano che lo fosse in realtà, morto intendo. Ma quando hanno s-scoperto che non lo era, hanno pagato un bel po' di soldi l'ospedale per fare una finta dichiarazione e lo hanno spedito in un centro psichiatrico. Non sarebbe mai dovuto uscire da lì. È un centro particolare, s-sembra quasi una prigione.»

Elaborò in silenzio le mie parole.

«All'inizio non l'ho saputo n-nemmeno io.» Inspirai a fondo per regolarizzare il mio respiro. «L'ho scoperto dopo un mese perchè h-ho risposto ad una chiamata dal telefono di mia madre ed era lui. M-mi hanno obbligata a non dire nulla. Avevo sedici anni e cosa potevo fare? Hanno fatto sparire loro figlio, n-non volevo sapere cosa avrebbero fatto a me.»

E forse la parte più egoistica di me era sollevata di non dover avere più a che fare con Ian, ma non l'avrei mai ammesso.

Seth inspirò a fondo con il cipiglio che non voleva sparire dalla fronte e si appoggiò alla scrivania.

«È proprio vero che i ricchi sono sempre i più bastardi.» Mormorò.

Non replicai. Non potevo dargli torto.

«Vedi...» Tirai su col naso, abbozzando un sorriso triste. «Dovresti anche smetterla di chiamarmi principessa.»

Distolse lo sguardo e scosse la testa. «Non è colpa tua. Non sei responsabile per le azioni dei tuoi genitori. È da folli fare una cosa del genere? Si. L'hai fatto tu? No.»

«Ma sono loro complice.»

«Avresti potuto fare qualcosa? Una denuncia anonima forse, ma i tuoi genitori avrebbero potuto incolpare te anche senza prove.»

Cosa che avrebbero fatto ad occhi chiusi. Ci avevo pensato infatti, alla denuncia anonima, ma ero troppo terrorizzata del dopo e così avevo sepolto la verità. Il senso di colpa non me lo avrebbe tolto nessuno.

Mi passai le dita sotto agli occhi per asciugarmi le lacrime e poi mi sedetti sul bordo del materasso. Lui mi raggiunse, si inginocchiò e cercò i miei occhi.

«Non hai finito la storia, Principessa.»

Ignorai il battito accelerato per il nomignolo, nonostante tutto e mi guardai le dita, in parte nascoste dalle maniche di quella grande giacca.

«È scappato.» Confessai. «E non so come ma è riuscito a trovarmi. Mi ha obbligato a dargli quei soldi, n-non so nemmeno per cosa gli servono ma non potevo non farlo, è a-anche il minimo che posso fare, no?»

«È stato lui a farti male.»

Annuii anche se la sua era già un'affermazione. «Ma non era lui, penso si droghi ancora. Ce l'ha con me perchè ho mantenuto il segreto, e lo capisco.»

«Non difenderlo.» Mi ammonì severo. «Non avrebbe dovuto toccarti comunque.»

Scrollai le spalle. «Ormai è andato. Non penso tornerà da me.»

«Sai dov'è andato?»

«No, ma sicuramente si farà vivo con i miei genitori.»

«Letteralmente.»

Abbozzai un sorriso che ricambiò e sospirai. «Se prima li odiava, ora probabilmente li vuole morti.»

«Comprensibile.» Premette le labbra. «È stato rinchiuso per quanto? Quattro anni?»

Annuii e feci una smorfia per la stretta cuore che mi ricordava che non avevo fatto niente per aiutarlo.

«E non è mai riuscito a scappare prima? Che tu sappia.»

«Una volta ma non è davvero scappato. Ricordo che l'istituto ha avvisato mia madre in merito ma oltre a questo...non so altro.»

Annuì.

Lasciai andare una grande quantità di ossigeno. Non potevo crederci di aver appena confessato il terribile segreto di famiglia a Seth, una persona che conoscevo da pochi mesi e che la maggior parte del tempo si divertiva a farmi arrivare ad un esaurimento nervoso. Era strano. Perché da una parte ero sollevata che Seth non mi stesse facendo sentire troppo in colpa ma dall'altra non pensavo dovesse trattarmi in quel modo. Avevo sbagliato, lo sapevo. Andavo a dormire con quel pensiero. Doveva dirmi quanto fossi una persona orribile. Che fosse anche colpa mia. Che non era accettabile una cosa del genere. Eppure lui non lo faceva. Mi ascoltava e mi diceva che forse, più che complice, ero in parte vittima anche io dei miei genitori. Quasi risi al pensiero di essere vittima e--mi baciò.

I miei pensieri smisero di vorticare nella mente appena lui li zittì baciandomi di sorpresa. Le sue labbra riuscirono davvero a farmi dimenticare di quello che era appena successo. Avevano uno strano potere su di me. Sapevano eccitarmi e anche tranquillizzarmi. Continuando a baciarmi, mi fece distendere e lui affondò un ginocchio nel materasso mentre io provavo a riprendere il controllo di me stessa. Passarono diversi secondi prima di riuscire a ritrovarlo.

«P-perchè?» Soffiai appena fui in grado di rompere il bacio ma solo per pochi secondi.

«Ne avevi bisogno.»

Arrossii. Aveva ragione. Mi morse il labbro dolcemente e il mio cuore si ribellò nella sua gabbia.

«Non dovresti baciarmi dopo quello che ti ho raccontato.» Mormorai ma non riuscivo a togliere le mani dai suoi capelli.

«Sei tu quella che non dovrebbe toccare me.»

Non mi diede il tempo di ribattere che fece scivolare la lingua tra le mie labbra e approfondì il bacio facendomi perdere completamente il senso della ragione. Forse non era normale da parte mia essere così facilmente modellabile, non farmi scrupoli solo perchè i suoi baci avevano un effetto calmante su di me, Non era decisamente normale e per questo iniziai a preoccuparmi su cosa significasse davvero Seth per me, perchè gli stavo dando così tanto potere.

«Sei ancora distratta.» Mormorò sulla mia bocca.

«Pensavo ad altro.»

Inarcò un sopracciglio. «Allora non sto facendo un gran lavoro.»

Mi leccai le labbra e feci pressione sulla sua nuca per portare nuovamente le labbra sulle mie ma lui fece resistenza e mi obbligai a dire a cosa ci fosse davvero nella mia testa in quel momento.

«Pensavo a te.»

Ghignò e tornò a baciarmi.

Δ

Mio fratello aveva contattato i miei genitori e ora io stavo per partire per Boston perché volevano assolutamente parlare con me faccia a faccia.

Non avevo idea se avessero scoperto dei soldi che gli avevo prestato ma lo avrei scoperto presto. Quelli che aveva dato Seth glieli avevo restituiti anche se lui aveva insistito più volte che non li voleva.

Stavo osservando i passeggeri lungo il corridoio dell'economy che si sistemavano nei propri posti quando i miei occhi si fermarono qualche riccio scuro che sbucava dal cappuccio di una felpa e un paio di occhi neri che non pensavo di trovarmi su questo volo. Il mio cuore accelerò e mi mossi nervosamente sul sedile. Che diavolo di faceva qui?

«Che diavolo ci fai qui?» Chiesi appena entrò nella mia fila, sedendosi nel posto centrale.

Girò la testa a sinistra e i suoi occhi luccicarono nel vedere la mia espressione scioccata.

«Devo controllare alcune cose a casa.»

Aprii e chiusi la bocca un paio di volte. «Questo volo va a Boston, Seth. Tu vivi a New York.»

«Uno: lo so bene. Due: mi costava meno. E tre: qualcuno mi verrà a prendere.»

«Mh.» Strinsi lo sguardo, incrociando le braccia. «E come hai fatto a scoprire il mio posto?»

Sollevò un angolo della bocca. «Coincidenza, Peach.»

Ruotai gli occhi. Coincidenza, certo.

Osservandolo constatai che non aveva niente con sè, nessun borsone o altro. Però nemmeno io avevo portato molto, solo uno zaino che stava in cappelliera. Il cappuccio che indossava non rendeva giustizia ai suoi ricci nascosti però gli conferiva quell'aria da ragazzaccio che non doveva essere infastidito. Scrisse qualcosa a qualcuno sul telefono e io mi feci forza per non spiare la chat e guardare fuori dal finestrino. Eravamo tutti seduti, gli addetti alle valigie se ne stavano andando e i motori vibravano sotto di noi.

Quando l'aereo decollò, e potei abbassare la tendina per bloccare il sole di mezzogiorno, mi girai verso di lui pronta a liberare la mia curiosità.

«C'entra il locale?»

Non si era ancora abbassato il cappuccio e non credevo avesse intenzione di farlo. Mi guardò con un mezzo sorriso nascosto con gli occhi che bucavano i miei.

«Tu perché torni a casa?»

Sapeva che sarei tornata. Non avevo idea del perché lo avessi avvisato in fondo si trattava solo di un weekend, ma l'avevo fatto. Senza dirgli il motivo però.

Sospirai. «I miei devono parlarmi.»

Probabilmente dal mio sguardo capì anche di cosa. Non disse nulla però, invece, allungò una mano e afferrò una mia ciocca bionda, rigirandola tra le dita.

«Si, devo controllare alcune cose al locale.»

«E devi fare anche...altro?» Tipo trasformarti in Bulldog.

«Quante domande.»

«Tu fai sempre domande a me.» Ritorsi.

Sogghignò consapevole che avessi ragione.

«Pensi di passare tutto il volo a farmi domande?» Inarcò un sopracciglio.

«Forse.»

Borbottò qualcosa e poi afferrò le mie gambe e le sistemò sopra alle sue. Arrossii e mi sistemai su un lato per essere più comoda e poterlo guardare dritta in faccia. Le sue mani erano ferme sulle mie cosce e sentivo il calore dei palmi anche attraverso la tuta. Sembravano una di quelle coppie che non riusciava a tenere le mani a posto, ma proprio per non sembrare davvero una di quelle coppie, tenni le mani a posto.

«Ti sei messo comodo per essere a mia completa disposizione?» Cantilenai.

Una sua mano si incastrò tra le mie cosce, una sopra all'altra, e strabuzzai gli occhi.

«Seth.» Sibilai, guardando gli altri passeggeri.

«Ho solo freddo alla mano.» Disse con nonchalance e poi abbassò la voce. «E tra i due, sei tu quella a mia completa disposizione.»

Ruotai gli occhi anche se il calore mi stava facendo pentire della felpa che avevo addosso.

«Allora.» Tossii. «Mi rispondi?»

«Anche se avessi altro da fare avrebbe importanza?» Mormorò.

«Potrei...preoccuparmi.» Confessai piano e abbassai lo sguardo. «Se fai quello che penso.»

«Non devi preoccuparti per me.»

Lo disse quasi con serietà. Sollevai nuovamente lo sguardo su di lui.

«L'ultima volta ho dovuto ricucirti un taglio.»

I suoi occhi si incupirono. «Non capita spesso, quindi non perdere tempo a preoccuparti per me.»

Mi spinsi un po' più avanti e la sua mano strinse la mia coscia. I suoi occhi non lasciarono i miei.

«Perchè vuoi fare quello che non ha bisogno di nessuno?» Parlai a bassa voce.

Dubitavo che qualcuno ci stesse ascoltando però era una conversazione che volevo tenere tra me e lui.

«Non ho bisogno di nessuno.» Disse.

«Perchè non vuoi una ragazza?»

Era un cambio di argomento molto diretto ma volevo capire perché volesse stare da solo, perché credeva di non aver bisogno di nessuno.

«Ti stai offrendo?»

Abbozzai un sorriso e scossi la testa. «Ricordo che mi hai detto di non aver mai avuto una ragazza perché non te lo meriti. Ma c'è mai stata nessuna che ti abbia fatto pensare il contrario?»

«Non sono mai andato a fondo nelle conoscenze. Non mi interessa e non potrei.»

«Perchè no?» Insistetti.

«Non posso dirtelo.»

Mi imbronciai e incrociai le braccia. «Penso saresti un bravo fidanzato.»

Inarcò un sopracciglio con fare divertito. «Lasciati dire che non sei brava a riconoscere quelli da cui dovresti stare lontana, Peach.»

Schiusi la bocca offesa. Seth non era perfetto, lo sapevo. Aveva sicuramente dei problemi di gestione della rabbia ma non mi aveva mai fatta sentire in pericolo con lui. Ci avrei messo la mano sul fuoco che non avrebbe mai fatto del male ad una donna ma forse ad un uomo che toccava una donna, sì.

«Io vorrei stare lontana da te.»

«Lo so.» Prese ad accarezzarmi le cosce sulle sue. «Ma sono io il bastardo che non te lo permette.»

Già. Ma era davvero tutta colpa sua? E inoltre a volte volevo capire cosa ci fosse in me che lo attirava ma che allo stesso in certe situazioni mi respingeva come se fossi qualcosa di velenoso.

Sospirai e spostai gli occhi sulla sua mano ferma e allungai le dita verso i tatuaggi sul dorso e il polso leggermente scoperto.

«Jace mi verrà a prendere in aeroporto.» Mormorai, sfiorando la D in corsivo.

Avrei voluto chiedergli per chi fosse. Inspirò a fondo al mio tocco e spostai le dita altrove.

«Ricordo quello che mi hai chiesto.» Sul fatto di non dire niente a lui di qualsiasi cosa ci fosse tra noi. «Ma ancora non mi è chiaro perché. Come non so cosa vi siete detti quando l'hai accompagnato in aeroporto.»

Lo stavo già guardando quando lui tolse lo sguardo dalle mie dita per puntarlo sul mio volto.

«Abbiamo parlato di te.» Disse senza che insistessi più di tanto.

Aggrottai la fronte. «Di me? Riguardo cosa?»

«Che dovrei starti lontano.»

Mi morsi il labbro. «A volte Jace si preoccupa troppo.»

«Ma in questo caso ha ragione. Lo sai anche tu.»

Una fitta pungente mi fece sbattere gli occhi e deglutii. Che Seth portasse guai lo sapevo, ce l'aveva scritto in faccia ma non era così cattivo come voleva far credere.

«Non dirò niente.» Dissi piano, muovendo le dita sulla sua mano. «Ma tu devi promettermi una cosa.»

«Cosa?»

«Che un giorno mi dirai cosa nascondi, perché pensi di non meritare qualcuno al tuo fianco...voglio sapere perché ogni volta che ti guardo vedo solo un muro insormontabile o buio.»

«Mi stai chiedendo l'impossibile, Peach.» Scosse la testa con voce rauca.

«Ti sto chiedendo di fidarti.»

«Tu ti fidi di me?» Sussurrò.

Mi leccai le labbra e mi persi ancora in quel vortice nero che sapeva strapparti la terra sotto ai piedi senza darti delle vere emozioni.

«Secondo te?»

«Penso stia iniziando e non sempre sai perché lo stai facendo.»

Aveva ragione. Stavo iniziando a fidarmi di lui come nessuno prima d'ora, in cosi poco tempo. E non capivo perché stessi riponendo quel tipo di fiducia in lui. Quel genere che una volta rotto, ti uccideva dentro.

Smisi di respirare quando sentii le sue dita intrecciarsi nelle mie e strofinare il pollice sul mio dorso. Dovetti respirare a fondo per rallentare il battito e abbassare la temperatura del mio corpo ma era impossibile quando mi guardava come se ci fossi solo io di importante.

«Riesci a venire a New York domani?»

Avrei fatto in modo di esserci.

«Perchè?»

«Ti mostro una cosa.»






S/A.

Ehilà 🍑🖤

Come state?

Questi capitoli saranno incentrati molto su Nyxlie e Seth🌃🌉

➡️ Nyxlie si è fidata e ha raccontato uno dei segreti che nasconde, cosa farà ora Seth?👀

➡️ Cosa vorrà mostrarle Seth? Si lascerà andare oppure le farà capire che non deve fidarsi di lui?

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Lasciate un voto e un commento, se vi è piaciuto!

A presto, Xx

Profili Social🍒

IG e TT: anonwriter23

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