Under the same night sky

By WiseGirl_03

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«Mi serve un favore» dice all'improvviso e io inarco un sopracciglio «Mi hai detto che se avessi avuto bisogn... More

Prologo
1. Mi mancherai
2. Felice e spensierata
3. Brutta giornata
4. Rose, sei tu?
5. Questa me la paghi
6. È complicato
7. Rimanere incastrata
8. Svuotare la mente
9. Forse mi sbaglio
10. Sei al sicuro
11. Lividi
12. Non funzionerà
13. Sono fidanzata
14. Regole
15. Sei importante
16. Sospetto
17. Consiglio da amica
18. Verità
19. Ci provo
20. Categorie
21. Dietro le sbarre
22. Comincio da domani
23. Una condizione
24. Hai ragione
25. Peggio di un fantasma
26. Caldo e freddo
27. Pagine ingiallite
28. Pensare è estenuante
29. Malfunzionamento
30. Nulla di sentimentale
31. Annie
32. Devi dire di sì!
33. Ci vediamo a Parigi
34. Chiudi gli occhi
35. A cuore aperto
36. Il Cavaliere della notte
37. Colpo basso
38. Presentimento
39. Cambio di rotta
40. Pezzi di puzzle
41. Sotto lo stesso cielo stellato
42. Il codice dei serpenti
44. Mossa sbagliata
45. Te lo prometto
Epilogo
Extra

43. L'amore fa schifo

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By WiseGirl_03

So I'm gonna love you like I'm gonna lose you
I'm gonna hold you like I'm saying goodbye
💫

Oliver Stuann, chiunque egli sia, è conscio di quale sia l'identità di Nate Knight.
Conosce il suo viso, il suo vero nome e presumibilmente ogni singolo dettaglio della sua vita.
I miei occhi scorrono su quella parete e io, incapace di ragionare lucidamente, non posso che limitarmi ad osservare quesiti a cui nessuno potrà dare una risposta.
Com'è successo?
Perché?
Cosa succederà adesso?

Ci penso così ossessivamente che a malapena mi accorgo della presenza di Simon che affianca la mia figura e quella di Nicholas.
Passa in rassegna la situazione e, dall'espressione che sorge sul suo viso, non posso fare a meno di dedurre che abbia ben capito quale sia il punto focale della situazione.

Si volta e nei suoi occhi riesco a intravedere la stessa paura, la stessa sensazione di soffocamento e impotenza che avverto impadronirsi di me.
Anche io come lui, cerco lo sguardo dell'unica persona che sembra possedere la capacità di tranquillizzare ogni mia paura.

Nicholas è ancora immobile.
Potrei scommettere che invece nella sua testa sta ragionando su ciò che sia meglio fare. Quando ha terminato, prende a guardarsi attorno.
Il suo è tutto tranne che uno sguardo impaurito e spaesato. Passa in rassegna ogni angolo della stanza, soffermandosi su ogni singola persona presente, gli occhi tinti di ira sembrano adesso un abisso privo di ogni luce.

Un guizzo della mascella è tutto ciò che riesco a registrare prima che i nostri occhi si incrocino e i muscoli contratti del suo viso si rilassino lievemente.
Dura solo un attimo, però.
Sembra sul punto di dire qualcosa, poi non lo fa e va via.
E questo come devo interpretarlo?

Scatto come una molla, attratta da lui come una calamita.
<<Nicholas!>> Urlo, facendomi spazio tra le persone, faticando tuttavia a reggere il suo passo. <<Nicholas, aspetta!>>
Una mano intercetta il mio braccio, bloccandomi dal polso e impedendomi di proseguire il mio tentativo di raggiungerlo.
<<Catherine>> mi chiama Simon, avvicinandomi a lui. <<Ha bisogno di stare solo, lasciamogli un po' di tempo, okay?>>

Tempo?
E chi ci assicura che ce ne sia ancora, di tempo?
<<Dobbiamo fare qualcosa, Simon, dobbiamo farlo scendere di qui, portarlo via. Ti prego, aiutami, ci sarà qualcosa che possiamo fare, non dobbiamo lasciarlo->> e non riesco a completare la frase perché scoppio immediatamente in un pianto che mi sconvolge il petto e mi attanaglia lo stomaco.

<<Vieni qui>> sussurra lui, spalancando le braccia per permettermi di rifugiarmi in un suo abbraccio.
<<Ho paura>> singhiozzo con un peso sul petto che non accenna a muoversi di lì. Simon mi accarezza la schiena ma dalla sua mano tremante deduco che si sta solo sforzando di apparire tranquillo.

<<È un rischio che Nicholas aveva messo in conto>> mi sussurra per rassicurarmi ma sortisce l'effetto contrario.
Dovrebbe rendermi più tranquilla sapere che è un irresponsabile che, pur sapendo a quali possibilità andasse incontro, ha deciso senza esitazione di imbarcarsi in questo tentativo di vendetta?
<<E allora perché ha reagito così?>>
<<Perché vederlo accadere è sicuramente un'altra cosa e...>> Tentenna, prolungando il suono di quell'ultima lettera.
<<E?>>

<<E perché erano altre le cose che non aveva messo in conto>> esala e gli occhi si riempiono nuovamente di lacrime nel capire l'antifona.

<<Pensi>> un singhiozzo mi interrompe <<Pensi che riuscirà a cavarsela?>>
<<Non lo so>> sospira, e apprezzo la sua sincerità. Non mi ha assicurato che sarà così solo per consolarmi, non ha riempito la mia testa di mille chiacchiere <<Però se c'è qualcuno che può farcela, non è altri che lui>>
E io spero che sia così.

***

Trascorro l'intera giornata con Cole, Simon e Taissa.
I miei pensieri sono da tutt'altra parte. Taissa e Cole sono all'oscuro di tutto. Lo staff della nave si è occupato di sistemare il disastro prima che la notizia divampasse tra i passeggeri.
Passeggeri che, tralaltro, sono occupati a parlare di ben altro.

La notizia della distruzione della cupola di vetro sembra essere più succulenta.
Fortunatamente nessuno si è fatto male in maniera grave.
Ci sono solo pochi feriti superficiali, o almeno questo è quello che mi è sembrato di capire.
Non mi importa in realtà.
Non mi importa di nulla.

Sono distratta. Continuo a pensare a Nicholas, mi chiedo dove sia.
Sposto lo sguardo sulla città di Bergen ed è semplicemente meravigliosa: sembra di essere stati catapultati all'interno di un film di Natale.
Deduco dalla semplice vista che mi si presenta agli occhi che visitarla sarebbe piacevole, però non ne ho la forza.
Ho l'umore a terra.

Simon cerca sempre il mio sguardo e si sforza di infondermi coraggio mediante veloci incroci dei nostri occhi.
Gliene sono grata però...
Però non basta.

Torno in camera quando è ormai pomeriggio inoltrato, di Nicholas ancora nessuna traccia e l'umore è sotto i piedi.
Sono ormai rassegnata all'idea di indossare il pigiama e dormire solo per ignorare tutti i miei problemi, quando un piccolo trillo proviene dal mio telefono e mi catapulto sulla scrivania per vedere di chi si tratti.
Una scia di felicità mi inonda quando leggo il suo nome sul mio display.

Raggiungimi in camera, dobbiamo parlare.

Senza indugiare un secondo, mi dirigo verso la sua cabina a passo svelto.
Busso e, dopo essersi assicurato che si tratti di me, viene ad aprirmi.
<<Ehi>> sussurro, vedendo il suo viso, testimone di tutto lo stress a cui è sottoposto <<Sono stata in pensiero tutto il giorno, non sapevo dove fossi e->>
Mi sollevo sulle punte per abbracciarlo ma Nicholas si irrigidisce e si scosta con un movimento quasi impercettibile.
Si scosta.

Resto paralizzata dal suo gesto, le braccia a mezz'aria e il battito del mio cuore accelera, scorgendo nel suo silenzio e nel suo atteggiamento distaccato un accenno di pericolo.
<<Che succede?>> Mi trovo a domandare, indietreggiando per porre distanza e non lasciarmi destabilizzare.
Nicholas afferra una busta bianca, prima poggiata sul letto, e me la porge.

<<Cos'è?>> Il sospetto muove le mie labbra ancora prima che ai muscoli ci pensi la curiosità.
Apro la busta e non riesco a credere a ciò che stringo tra le mani.
Il rettangolo di carta che sto fissando è la cosa più bella che i miei occhi abbiano visto oggi.
Tiro un sospiro di sollievo ancora prima di leggere i dettagli del volo, sorridendo a Nicholas.
<<È la cosa giusta, non preoccuparti, lo capisco>> abbasso lo sguardo sul biglietto del volo aereo e quasi mi viene da piangere per la felicità <<È giusto che ti allontani di qui, è per il tuo->>

<<Quello non è per me>> mi interrompe, sovrastandomi con la voce ferma e apparentemente tranquilla. <<È per te>>
Torno a concentrarmi sul pezzo di carta tra le mie mani e immediatamente acquisisce un senso il luogo di arrivo, New York.
E poi lo leggo, nell'angolo in alto a sinistra, il mio nome.

Mi sento invasa da un milione di emozioni contrastanti ma tento di mantenere la calma. Forse sto fraintendendo.
<<Domattina verrà a prenderti un taxi, ti porterà all'aeroporto>>
<<E tu?>> Ignoro quello che mi ha detto.
<<Io cosa?>>
<<Tu che farai?>>
<<Io resto>> due semplici parole sono in grado di incendiarmi da capo a piedi.

<<Non se ne parla>> Strappo il biglietto fino a quando non ne rimangono soltanto infiniti minuscoli pezzi.
<<Ti manderò il file>> aggiunge lui, come se il mio gesto non avesse alcun significato.

<<Non salirò su quell'aereo>>
<<Devi andartene>>
<<No! Tu devi andartene!>> Stringo tra le mani quei piccoli fogli di carta fino a quando le mie nocche non si schiariscono. <<Cosa vuoi fare? Restare qui e aspettare che uno stronzo ti punti una pistola alla testa?>> Resta in silenzio adesso, non accenna a rispondermi.

<<Preferisci morire? E perché? Per cosa? Restare qui a farti uccidere non porterà indietro i tuoi genitori, mettitelo in testa! Pensi che loro sarebbero felici di quello che stai facendo? Ho letto due pagine di quel diario: loro ti amavano, Nicholas, volevano che tu avessi una vita normale, non volevano che le loro scelte pesassero su di te! E tu stai votando la tua intera vita a fare l'esatto opposto! E tua nonna? Lei vive per te e se dovesse succederti qualcosa, ciò la ucciderà! Te lo ha detto anche lei che non è pronta a rivivere quella situazione, quella volta, al telefono e->>
<<Smettila>> E no che non la smetto, ormai parlo senza davvero esercitare un controllo sulla mia lingua.

<<Potrebbero ucciderti ancor prima che tu capisca di chi si tratti, lo sai vero? Potresti uscire da questa stanza e avvertire una fitta lancinante ancor prima di registrare la situazione. E una volta successo questo ti sentirai realizzato? Rispondimi, ne sarà valsa la pena?>>
I suoi occhi sono gli stessi di stamattina, scuri, bui, in pieno contrasto con la compostezza con cui mi risponde.

<<Te l'ho detto sin dal primo giorno che non ero sulla nave per divertirmi. Sai cosa ho fatto negli ultimi cinque anni della mia vita? Ho trascorso interi mesi alla ricerca di persone che dovevano finire dietro le sbarre. Ho iniziato dai pesci più piccoli, fino a trovarli, uno ad uno. Non sono mai stato così vicino a Stuann in tutta la mia vita e non credere che un paio di parole bastino a fermarmi dal cercare il fottuto assassino dei miei genitori!>>
Tremo da capo a piedi a causa del nervoso. Non ci sono più lacrime in questo momento, solo rabbia.

<<Quindi resterai qui>> deduco dalle sue parole taglienti.
<<Non me ne vado>> risponde, dandomi conferma della sua posizione.
Annuisco.
<<Va bene>> fisso gli occhi nei suoi <<Non mi sembra io possa fare qualcosa per farti cambiare idea...Sappi che neanche io me ne andrò, a meno che tu non cambi idea>>

Mi volto, determinata ad uscire da questo posto che mi sta soffocando.
Porto la mano sulla maniglia ma quando provo ad aprirla una mano si posa sulla sua superficie, spingendo per chiuderla.
<<Devi andartene>> sussurra dietro di me, il suo petto aderisce alla mia schiena.
<<Sto cercando di farlo, sei tu che mi stai ostacolando>>
<<Parlo sul serio>> avverto la necessità nel suo tono, eppure non posso fare a meno di pensare che si stia comportando come uno stronzo.

<<Vieni con me>> a malapena riesco a sentire la mia voce quando lo prego con le poche forze che mi sono rimaste <<Andiamo via insieme>>
<<Non posso>>
<<Non vuoi>>

<<Ascoltami, Catherine>> le sue mani sui miei fianchi mi voltano con lentezza. Dio, non credo che riuscirei a farne a meno. Come potrò vivere senza il suo tocco sulla mia pelle?
<<Se hanno trovato me, vuol dire che hanno anche capito il mio gioco. Ciò significa che anche tu sei in pericolo>> sentirlo confermare i miei pensieri sembra renderli ancora più reali e io non posso fare altro che cedere alla paura.
Probabilmente si accorge di come la mia sicurezza vacilli e continua il suo discorso.

<<Mi dispiace così tanto>> fa fatica a guardarmi negli occhi ed evita il mio sguardo mentre parla. Stringe le sue mani intorno alla mia vita <<Non dovevo coinvolgerti, sono stato un idiota, ma tu eri lì, ed eri la sconosciuta più bella che avessi mai visto...E poi non lo eri più, eri solo Catherine, la mia Rose...>> La voce gli si spezza all'improvviso e sgrano gli occhi quando mi balena in testa una possibile spiegazione a questo segno di cedimento.
Cerco di intercettare il suo sguardo per capire se ci ho preso ma lui si volta all'improvviso. <<Prendi quell'aereo, Catherine, ti scongiuro>>
Vedo solo le sue spalle e sullo sfondo la porta che conduce al bancone, testimone dei nostri momenti e dei nostri baci.

<<Ti ricordi la sera del matrimonio? Eravamo su quel balcone, mi hai chiesto quale fosse la mia più grande paura e ti ho risposto che era quella di non essere all'altezza delle situazioni, perché per tutta la vita ho aspirato al massimo e mi sono sempre fermata un gradino prima>> e quanto pagherei per poter tornare a quella sera, dove tutto sembrava più semplice e c'eravamo solo noi nella nostra bolla.

<<Lasciandoti qui, a fare questa stronzata colossale, io sentirò di aver fallito ancora una volta. Perché tu sei il massimo, e sono stanca di essere costretta a lasciarlo andare. Quindi, scusami, ma l'unica cosa che è in mio potere è ricattarti: non voglio che tu mi odi, ma non voglio neanche odiare me stessa per non essere stata in grado di aiutarti>>
Lo guardo, lo imploro senza dire nulla negli attimi in cui i nostri occhi si incrociano.
Dimmi che verrai con me.
Dimmi che sei disposto ad arrenderti.

Prende un respiro profondo, allontanandosi da me, e in cuor mio non ho bisogno di sentire quale sia la sua scelta.
Mi sembra di avere il cuore trafitto da milioni di lame. Gli occhi mi si appannano immediatamente e distolgo lo sguardo anche io.
Adesso siamo solo due persone in una stanza, della complicità delle ultime settimane non sembra essere rimasto nulla. Solo un ricordo macchiato dal suo dannato orgoglio.

Non sono mai stata brava a nascondere le mie emozioni o a celarle dietro una maschera, mi si legge tutto quello che penso sul viso.
E l'ho sempre odiato.
Ho sempre odiato essere così esposta.
E anche oggi, in questa stanza che è in ogni angolo pregna del suo profumo, odio questo lato del mio carattere quando un singhiozzo mi sfugge dalle labbra.
Vorrei fuggire via da qui ma non ne ho più la forza.

Le lacrime mi scorrono bollenti sul mio viso, sembrano bruciare sulla mia pelle, e resto qui, appoggiata alla porta che presto ci dividerà per sempre, a piangere come una bambina.
Non so se lui mi stia guardando e stia combattendo con l'impulso di consolarmi, o se si sia voltato per non assistere a questa scena.

Il mio respiro è irregolare, il petto scosso da piccoli spasmi. Non ce la faccio più.
Perché deve essere tutto così complicato quando di mezzo ci siamo noi due?
Asciugo le mie lacrime con le mani che mi tremano come dubito abbiano mai fatto prima.
<<Non ho più niente da fare qui>> farfuglio, lo sguardo rivolto verso il basso.
Cedo solo un attimo alla debolezza di spiare quello che stia facendo e, quando ciò accade, mi odio ancora di più per non essere andata via direttamente.
Perché lui non ha distolto da me neanche per un attimo.
E le lacrime che bagnavano il mio viso non erano le uniche presenti nella stanza.

Nicholas sta piangendo, esattamente come me. Lo sguardo è fermo ma la goccia che scende lenta sulla sua guancia e gli occhi lucidi lo tradiscono di gran lunga.
<<Eri perfetta>> dice, guardandomi negli occhi, e il fatto che parli al passato mi distrugge <<Vorrei averti incontrato in circostanze normali ma sei arrivata al momento sbagliato>>
<<Non è mai il tempo ad essere sbagliato, sono le nostre scelte a renderlo tale>>
<<Io non sono pronto a lasciarmi tutto alle spalle, spero che un giorno mi perdonerai>> deglutisce, voltando lo sguardo verso la finestra, sancendo così la fine della discussione.

Poggio la mano sulla maniglia, aprendo leggermente la porta.
<<Catherine?>> Mi chiama e un raggio di di speranza si disperde in me.
Mi volto, sperando di ottenere non so cosa, e attendo che torni a guardarmi.
<<Dovrai starmi lontano per le prossime due settimane, fingi che io non sia mai esistito, fingi di non avermi mai conosciuto>>
Se pensavo che la situazione non potesse peggiorare, allora mi sbagliavo.

Deglutisco, tirando su con il naso, un sorriso amaro sulle labbra, poi annuisco.
<<Ciao Rose>> il suo sussurro richiama per l'ultima volta la mia attenzione sui suoi occhi.
Un'altra lacrima solca la mia guancia.
<<Ciao Nicholas>>

***

Come richiesto, per le due settimane successive fingo che Nicholas Clarke non sia mai entrato nella mia vita, scombussolando ogni mia certezza.
O meglio, fingo di fingere che sia così.

La verità è che penso a lui con ancora più frequenza di quanto non facessi prima.
E mi manca.
Mi manca come se nella mia vita non abbia mai dovuto fare a meno di lui, come se in realtà ci fosse stato sempre.

Siamo fermi ad Helsingør e domani a mezzogiorno ripartiremo per Copenaghen, l'ultima tappa di questo viaggio. Ci arriveremo già domani e potremo tornare a casa quando vorremo.
Questa mattina Cole, Taissa e Sandy mi hanno trascinato giù dal letto e costretto a visitare la città con loro, adesso sono sola, sulla panchina dove io e Nicholas ci siamo incontrati per la prima volta.
Lo so, frequentare questi luoghi così significativi non mi è d'aiuto, ma ogni angolo di questa nave mi ricorda lui, quindi il problema si ripropone ovunque.

Guardo il mare davanti a me, questa volta neanche lui è in grado di ridimensionare i miei problemi.
<<Ciao Catherine>> una voce calda e pacata mi distrae e mi raddrizzo immediatamente.
<<Edgar!>> Esclamo, stropicciando gli occhi per eliminare le tracce di pianto <<Ciao>>
Prende posto accanto a me e ruoto il busto per poter parlare con lui più tranquillamente.

Mi regala un sorriso dolce e mi porge un fazzoletto di carta. Lo accetto, schiundendolo per asciugare le lacrime.
<<Perché noi due ci incontriamo sempre quando tu sei in preda ai tuoi tormenti?>> Chiede e non posso fare a meno di dargli torto.
<<Non lo so, probabilmente penserai che sono una piagnucolona>> tento di scherzare e riesco a strappargli una risata.
<<Forse>> conferma <<Ma pur sempre una bellissima piagnucolona>> aggiunge poi e questa volta è lui a far sorridere me.

<<Dubito che le mie condizioni riflettano le tue parole ma apprezzo il tentativo>> borbotto, scettica, stringendomi nella mia giacca. È un po' freschetto questa sera.
<<Perché piangi?>>
Per un attimo ho sperato che questa domanda non venisse a galla.
Ahimè, evidentemente non ci ho creduto abbastanza!

<<Niente in particolare>>
<<Nessuno piange per niente in particolare>> mi rimbecca lui.
<<Niente di particolarmente grave>> mento <<Le delusioni d'amore passano. Spero>>
In fin dei conti ero su una panchina a piangere per il mio ex poco meno di tre mesi fa e adesso il suo pensiero non sfiora neanche lontanamente il mio cervello.

Lui sospira, spostando lo sguardo sul mare <<L'amore fa schifo>>
E ha ragione, cazzo. Perché mi sta distruggendo come niente è stato capace di fare mai.
<<Però i problemi a lui connessi si possono risolvere molto semplicemente>>
<<Ma davvero?>>
<<Certo, ci sono solo due possibilità: li si supera o li si sistema>>
<<E io come faccio a capire quale sia quella giusta per me?>>
<<Lo sai già, non devi capirlo>>

Uno sbuffo fuoriesce dalle mie labbra pensando che ciò che io desidero non è compatibile con quello che vuole Nicholas.
<<E quando non dipende solo da te?>>
<<Allora si passa avanti, non sempre è possibile trovare un compromesso>>

Abbasso lo sguardo, afflitta, e tutto ciò che riesco a vedere è l'anello azzurro attorno al mio anulare.
Quella sera ho dimenticato di restituirlo a Nicholas e, pur avendo pregato Simon di darglielo lui, non ho sortito il risultato spiegato.
Mi ha detto che avrei dovuto io stessa consegnarlo a Nicholas, altrimenti tanto valeva tenerlo.
Inutile dire che abbiamo litigato ma alla fine non ho mai trovato il coraggio necessario per andare da lui.
<<Immaginavo>> sorrido lievemente, arresa al fatto che mi toccherà soffrire ancora un po' e poi potrò riprendere la mia vita in tutta tranquillità.
Ma chi voglio prendere in giro?
Non posso illudermi che vi siano delle fasi necessarie per scandire la tristezza post-rottura e ridurre tutto ad uno schema...

<<Ma nel tuo caso non penso sia solo tu a  desiderare che non finisca>> inarco un sopracciglio, non capendo cosa davvero intenda dire.
Lui indica le mie spalle con un cenno del capo e spontaneamente cerco con lo sguardo ciò che sta cercando di mostrarmi.
Nicholas è poggiato alla balaustra, una sigaretta stretta tra le dita e lo sguardo basso.
Mi stava controllando?

Ogni volta che lo intravedo tiro un sospiro di sollievo, Simon viene da me periodicamente per informarmi che sta bene e gliene sono grata perché non aspetta che sia io a chiederlo.
Lo fa perché è tutto ciò che è in grado di rendermi più tranquilla.

<<Non sai di cosa stai parlando>>
<<Di come lui ti mangi con gli occhi ogni volta che il suo sguardo si posa su di te? Forse sei tu a non rendertene conto...>>
<<Dicevi di averlo inquadrato e che non era un ragazzo adatto a me...Sto impazzendo o stai cercando davvero di spingermi di nuovo tra le sue braccia?>>
Alza le mani, colto in fallo. <<Potrei essermi sbagliato, potrei aver detto qualcosa per tirare acqua al mio mulino, ma so quando farmi da parte>> mi scocca un occhiolino, facendomi sorridere <<Alla fine Catherine sceglie sempre Heatcliff, nonostante tutto>> allude al nostro primo incontro e mi fa sorridere.

Il suo cellulare suona e gli dedica uno sguardo veloce.
<<Scusami>> alza gli occhi al cielo, tornando in piedi <<mio padre>> mi informa e annuisco.
<<Certo, vai pure>>
<<Penso di non essermi comportato molto bene con te, non sempre almeno>> affonda la mano nella tasca dei suoi pantaloni e si sporge verso di me, inserendo un bigliettino nel taschino della mia giacca. <<Se mai avessi bisogno di qualcuno con cui parlare, in amicizia ovviamente, chiamami pure. La Francia e l'America non sono poi così lontane...>> poi il suo sorriso si espande <<Certo, non farti scrupoli anche se cercassi qualcosa di più>>
<<Rispondi al telefono, Edgar!>> Lo saluto, ignorando quello che ha appena detto e lui va via, lasciandomi di nuovo a pensare.
Da sola.
Da sola con un paio di occhi che bruciano sulla mia schiena.

***

<<Aspetta, aspetta...Cosa sono quelle?>> Alzo il passo verso Cole quando lo vedo uscire con una valigia dalla sua cabina.
<<Catherine>> sussurra, sorridendo mentre mi vede avvicinarmi a lui. <<Queste...Io...>> Fa fatica a mettere in ordine le parole <<Questo è il capolinea per me, non verrò a Copenaghen>>
<<Cosa?>> Domando stizzita.
È uno scherzo per caso?
Io non ero pronta ai saluti.

<<Perché?>>
<<Devo liquidare un paio di pratiche burocratiche in Italia e ho intenzione di farlo in questi giorni, così quando Simon mi raggiungerà non dovrò più preoccuparmi di nulla>> Sorride mesto e penso di essere nuovamente sul punto di piangere.
<<No>> mormoro, temendo di non essere in grado di resistere anche senza di lui per i prossimi tre giorni. Mi getto tra le sue braccia, stringendolo in un abbraccio disperato e lui ricambia la stretta.

Poggio la testa sulla sua spalla. <<Mi mancherà non insultarti tutti i giorni>> gli sussurro e sento una lieve, quasi impercettibile risata, scuotere il suo petto.
<<Sai? Non sono mai stata lontana da mio fratello per così tanto tempo in tutta la mia vita e avevo paura di dover fare tutto da sola>> dico, faticando a tenere a bada il pianto <<Alla fine di fratello ne ho trovato un altro>>

Mi allontano da lui solo per guardarlo in viso e scoprirlo intenerito dalle mie parole.
<<Cat...>>
<<E anche se ti ho odiato così tanto quando mi hai costretto a mettere quelle scarpe da tortura>> ride ancora, asciugando le mie lacrime. <<Ti voglio un mondo di bene, Cole...E scusami se mi sto perdendo in tutti questi sentimentalismi, ma avverto la necessità di dirti tutte queste cose e->>

<<Non ti scusare, Catherine>> questa volta è lui a prendere l'iniziativa e a stringermi tra le sue braccia <<È perfetto...è perfetto così>>
<<Grazie per tutti questi giorni bellissimi>>
<<Grazie a te, ti voglio un mondo di bene anche io>> mi lascia un bacio tra i capelli <<Fai la brava senza di me>>

***

<<Siamo rimasti io e te alla fine>> guardo Simon, impegnato a preparare la ricetta che secondo lui "È il rimedio contro tutti i malumori".
<<Ci conosciamo praticamente da una vita io e te, era così?>> Ride, ripensando a quella volta che ha dovuto assistere al litigio tra me e Nicholas. Praticamente una vita fa.
<<Et voilà>> posiziona un bicchiere davanti a me, prima di versarvi il misterioso intruglio di cui parlava prima.

<<Un frappè al cioccolato?>> Domando divertita, quando capisco di cosa si tratti.
<<E una cannuccia gialla>> aggiunge, afferrandone una per completare l'opera.
<<Notevole>> giro la cannuccia e di nuovo come poco fa i miei occhi si posano sull'anello di Nicholas.
So esattamente cosa devo fare, non posso scappare per sempre.

<<Ci ho pensato, Simon, e ho preso una decisione: andrò a parlare con Nicholas, non posso lasciare la questione in sospeso, mi sento in colpa->>
<<Non farlo, Cat, io e Nicholas abbiamo commesso un errore di distrazione. Non è colpa tua se è stato scoperto>>
Per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva.
Che cosa ha detto?

<<Scusami?>>
<<Sarebbe venuto a cercarti anche conoscendo le conseguenze, non ti avrebbe mai lasciato in quella sala>>
<<Intendevo dire che mi sento in colpa a tenere per me un anello di così grande valore...Cos'è questa storia, Simon?>> Il ragazzo davanti a me mi guarda con gli occhi sgranati e la faccia di chi sospetta di aver parlato molto più del dovuto.
Non risponde immediatamente alla mia domanda e sono costretta ad insistere, impaziente di vederci più chiaro sulla questione.
<<Simon>> lo richiamo <<Cosa c'entro io  con questa situazione?>>

<<Non lo dici a Nicholas, vero?>>
<<Se non la smetti vado a chiederlo direttamente a lui...>> Abbandona lo strofinaccio con cui si stava asciugando le mani e sospira, dopo aver borbottato un "Mi ammazzerà".

<<La sera in cui siete andati a ballare, abbiamo ricevuto quel messaggio. Nicholas stava cercando qualche pista rileggendo gli appunti di suo padre ed era seduto esattamente dove sei tu adesso. Quando lo abbiamo intravisto tra i cartelli della bacheca, Nicholas ci ha messo un attimo a capire cosa ci fosse scritto. È scattato dalla sedia e si è allontanato in tutta fretta. In quel momento è arrivato Cole, dovevamo...mettere a punto alcune cose e mi sono ricordato tardi di far sparire il diario. Quando sono tornato a prenderlo, non c'era più. La mattina dopo sai cosa è successo>>
Oh, adesso lo so benissimo.
Sono stata io il suo passo falso.
No, non può essere vero.

<<Come ha fatto a sapere che si trattasse del diario di Andrew? Ci saranno centinai di quadernetti in questa nave!>> Non riesco a capacitarmi di quello che sto scoprendo, è come se tutti i miei neuroni si rifiutassero di accettarlo.
<<Io e Nicholas pensiamo che Stuann non sia stato semplicemente fortunato: doveva avere già avuto qualche dubbio su di lui e ha cercato di averne una certezza colpendolo al suo tallone di Achille>>
Io.
Il suo punto debole.
Mi hanno usato contro di lui.

È successo una volta e non voleva capitasse di nuovo, per questo voleva che me ne andassi: per evitare che mi usassero ancora una volta.
Perché non mi ha detto le cose come stavano?
E perché si è sforzato di non farmi pesare la situazione, ostinandosi a non dire nulla?

Balzo giù dalla sedia senza pensare oltre.
<<Merda!>> Esclamo, e sto già correndo verso la porta. <<Merda!>>
<<Catherine!>> Urla Simon alle mie spalle ma non lo ascolto. <<Catherine dove stai andando?...Alla fine sono rimasto solo io!>>
Non ho tempo per rispondergli, per cui alzo il passo e penso solo alla mia meta.

Ho evitato questo corridoio per due settimane e adesso che sono di nuovo qui mi sembra di non averlo mai lasciato. Busso con urgenza alla porta di Nicholas e quando lui desiste torno a far scontrare le mie nocche contro la superficie legnosa.
Deve essere qui, fa' che sia qui.
<<Sono io, Nicholas, sono io...Ti prego apri questa->> l'ostacolo che ci divideva prima viene meno e tiro un sospiro di sollievo nel vedere il suo viso così da vicino, teso e preoccupato.

<<Catherine>> sussurra a bocca aperta e adesso no, non ho nessuna intenzione di sentire il mio nome scandito dalle sue labbra per l'ultima volta.
Entro nella cabina chiudendo la porta dietro di me.
<<Non dovresti essere qui, non dovresti->>
<<Smettila, so tutto>> lo richiamo, rimproverandolo <<Non avresti dovuto tenermelo nascosto!>>

Mi avvicino a lui, che non risponde.
È esausto, lo leggo dal suo viso. Gli occhi stanchi, le occhiaie più evidenti del solito...
<<Torna in camera, Catherine>>
<<Me ne andrò domani mattina, scenderò dalla nave e tornerò a casa...Non voglio rischiare di compromettere la tua sicurezza un minuto in più>>

Adesso anche lui accorcia la distanza tra noi due.
<<Non hai mai compromesso nulla, Catherine...Non pensarlo. Mai.>> Sento il labbro inferiore tremare leggermente a causa dei sensi di colpa e, incapace di elaborare pensieri troppo precisi, agisco seguendo l'istinto.
Afferro il suo viso tra le mie mani e unisco le nostre labbra ancora una volta.

Entrambi tiriamo un sospiro di sollievo prima di far sì che tornino a scontrarsi con lentezza e dolcezza.
Le mani di Nicholas le sento ovunque: tra i miei capelli, sul mio viso, sui miei fianchi.
Mi toccano con urgenza e allo stesso tempo mi accarezzano come se fossi fatta di cristallo e non volessero rompermi.
E come è possibile vivere pensando che questi tocchi potrebbero essere gli ultimi che ci scambieremo?

Afferro con sicurezza i lembi della sua maglia nera e la tiro verso l'alto. Lui si stacca da me per aiutarmi a toglierla del tutto.
<<Non voglio che sia un addio>> riesco solo a sussurrare e lui colma con un bacio il vuoto lasciato da quelle parole.
<<Tu fidati di me, okay? Non deve esserlo necessariamente>> Mi dice e anche se non ne sono per niente convinta, mi illudo della realtà delle sue parole.
<<Fidati di me>>

Ripete, tirando giù la zip della mia felpa e lasciandola cadere sul pavimento. Posa le sue labbra sul mio collo, costellandolo di baci che mi portano ad avvertire un fremito.
Chiudo gli occhi, sforzandomi di non pensare a nulla.
Perché questa notte ci siamo solo noi.
Solo noi...
Solo Catherine e Nicholas.

Le sue mani eliminano in fretta anche il mio top, prima che Nicholas colmi l'insopportabile distanza tra noi due ancora una volta.
Muove due passi, facendomi indietreggiare di conseguenza, e avverto le ginocchia toccare il materasso alle mie spalle. Mi lascio cadere e non aspetto molto prima di tornare a sentire il suo corpo sul mio.

Le sue mani risalgono sulla mia schiena riempiendomi di brividi da capo a piedi e il mio cuore prende a correre più veloce quando porta le mani sul gancetto del mio reggiseno per sbarazzarsene.
Bacia e accarezza ogni centimetro della mia pelle senza fretta e con attenzione.
Affondo le mani tra i suoi capelli e li tiro leggermente, strappandogli un sospiro sommesso. Il suo respiro rimbomba sul mio collo e quel contatto mi fa impazzire.

Nicholas si allunga verso il cassetto e chiudo gli occhi, cercando di calmare il mio respiro.
<<Non dobbiamo per forza, Catherine>> soffia sulle mie labbra, guardandomi preoccupato.
<<No>> lo interrompo, scrutando i suoi occhi perché so che mi mancheranno più di ogni altra cosa <<Va bene>>
<<Non devi sentirti costretta dalle circostanze, possiamo fermarci e->> ma io non lo sto più ascoltando.

<<Ti amo, Nicholas>>

Non mi rendo conto di aver parlato fino a quando i suoi occhi non si sgranano e la sua voce si tace del tutto.
Non avrei dovuto dirlo?
<<Non mi aspetto che tu mi dica qualcosa in cambio, volevo solo che lo sapessi>> chiarisco immediatamente dopo, prima di essere presa d'assalto dalle sue labbra.
E anche se alla fine la sua voce non rimbomba più tra le quattro mura della cabina, mi dimostra quello che prova con i gesti che mi riserva, con le attenzioni che mi dedica.

Mi dimostra i suoi sentimenti quando cerca ogni traccia di dubbio, quando facciamo l'amore e quando infine crollo esausta sul suo petto, pur cercando di combattere il sonno, consapevole che, una volta sveglia, potrò soltanto preparare le valigie e salutarlo.












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