Gabbiani

Agata_Lin által

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Sensuale. Rugo ha 18 anni e non sa ancora di essere gay. Si infatua violentemente del bellissimo Alex, suo co... Több

Mezze stagioni
Essere un po' g.
Appuntamento col destino
Paura e impazienza
Dai, vieni
J.Livingston
Nudo e crudo
Rugo_50passi
State insieme?
Chiamarsi per nome
Anch'io sono un gabbiano
Cena chili
Urano
Voglio pronunciare il tuo nome mentre ti bacio
Lunedì
Cosa siamo adesso?
Spostare una festa
Halloween
Saliscendi
Niente di buono
Questione di apostrofi
Rivelazioni
Tilt
Ricomporre i pezzi
2 novembre
Adesso mi spieghi tutto
La foto
Spegnere la luna
Dove cazzo sei?
E se...
Pancake
Lasciarsi
Paradiso
Gli amici non si vendicano
Le bestie
Il bordo
Io avrei baciato chi?
Still don't know my name
Random
Rosso sangue
Soufflé post-apocalittico
Da tutto a niente
Punto di non ritorno
Basta
Poesie a memoria
La differenza tra me e te
Valerio
Consapevolezze
Cubo di Rubik
Rallentare il tempo
Jannik
L'alchimista del re
Sazerac
Il tutto non ha misure
Crolli
Il funambolo
Il sipario nero
Tristano
Adesso è adesso
Doppia coppia
La scatola spaziale
Risvegli
A domani
La responsabilità
Insinuazioni
Il lato nascosto della Luna
AVVISO IMPORTANTE *non è un capitolo*
Dieci a zero
Cuori a metà
Poi ti spiego
Gli ultimi dieci metri
L'ultimo quarto di luna
Filiditapas (parte uno)
Filiditapas (parte due)
Fragole e pioggia
L'Antartide
Ambasciata
Abracadabra
Ovatta nera
Pari e patta
Staffilate
La notte più nera
Non essere

Il figlio di Ra

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Agata_Lin által

Non ci siamo nemmeno scritti per la buonanotte, né ci siamo dati un bacio prima di tornare a casa, dopo la litigata. Eravamo ancora infastiditi e tesi. Allora ciao è stato il saluto di entrambi, freddo, anche se pronunciato senza rabbia.

Ora che mi sveglio, però, e non vedo nessun messaggio da parte sua, mi sento amputato e preoccupato. Temo sia offeso. Sono stato pesante. Anche se ho detto quello che pensavo, l'ho fatto usando pessime parole e toni indecenti. Ho sbagliato su tutta la linea.

Durante le lezioni, controllo il display continuamente, ma niente, non mi scrive. Inizio a sentire una certa frenesia e la fretta di chiarire. Ho un sasso nel cuore che m'impedisce d'avere un battito normale e la gamba destra mi trema senza sosta, tanto che mi becco occhiate di sbieco da parte di Elisa.

A ricreazione, con la testa nascosta fra le braccia intrecciate sul banco, vengo assalito da un flash che mi buca lo stomaco vuoto, perché ne capisco solo ora il senso.


Io e Filippo, in piena notte, qualche giorno dopo la sbornia.

«Perché tante paranoie per aver baciato Arianna. Me lo spieghi?»

«Dai, lo sai come funziono.»

«Come.»

«Non mi frega un cazzo di Ari.»

«Quindi non baceresti mai qualcuno per cui non provi niente?»

«No.»


Mi sento bussare sull'avambraccio. Sollevo la faccia. Vedo Elisa, davanti a me. No, gli ho detto, non bacerei mai qualcuno per cui non provo niente. E lo avevo baciato una settimana prima. Ho voglia di vomitare, adesso.

«Quindi hai litigato con Alex?» mi chiede lei.

Ho ancora bisogno di un attimo per tornare nel qui e ora. Per svegliarmi da quella notte.

«Hai litigato con Alex» ripete, senza domande nella frase, stavolta.

La scruto bene, torno in me. Ok, fuori tutto.

«Che ne sai.»

«Mi ha scritto Fra. Ha sentito Alex piangere, ieri sera. Voleva capire se mi avevi detto qualcosa.»

La mia sudorazione diventa improvvisamente anomala.

«Piangeva?»

Mi passo le mani fra i capelli.

«Fra ha cercato di indagare, ma Alex ha risposto soltanto che sei - testuale - un insicuro del cazzo e che non ti fidi di lui.»

E aggiungiamo insicuro del cazzo alla lista delle mie qualità.

Ma è vero, lo so, sono insicuro, forse è questo il punto. E non credo si possa usare la parola fiducia con Alex, come la intendo io. Ma non dovevo sputargli addosso quelle accuse insensate.

«Ok, grazie, Eli, adesso gli scrivo. Però una cosa.»

«Cosa» si siede sul banco.

«Alex insiste davvero troppo su Filippo. Mi chiede, vuole sapere... Ma non è che per caso, hai detto qualcosa a Fra?»

La fisso negli occhi, per carpire la verità prima che la nasconda. E infatti ora la strozzo.

«Cazzo, Eli, ma che gli hai detto? A Fra, poi? Ma stai fuori?»

«Allora. Calmo, Rugo, calmo» mi afferra per il polso perché mi sono alzato di scatto. «Non gli ho detto niente, ok? Però lui mi ha chiesto, giorni fa, forse su insistenza di Alex, quello che c'era stato tra te e Filippo. Gli ho detto solo amici. Ma forse sono stata un po' troppo vaga, non lo so. Mi ha preso alla sprovvista. Ma di cosa hai paura, poi? Tanto, non c'è niente da nascondere, no?»

Vuoi dire, a parte il fatto che ci siamo baciati e rotolati dietro la scogliera, quella notte, e che Filippo ha dovuto fermarmi sennò chissà che cazzo combinavo? No, infatti, non c'è nient'altro da nascondere. Oltre che sto male. E che domani dovrò andare a casa sua. E che spero con tutto me stesso di non vederlo. E di non incontrarlo. E che mi sento divorato da questo buco nero perpetuo che mi scava e che non so cos'è. No. Nient'altro, mi pare.

«Infatti, non c'è niente da nascondere. Ma evita di parlare di me e Filippo, ok?»

«Ma certo. Alex ci tiene molto a te. E' dolcissimo, quel ragazzo.»

«Ah, sì? Ma come? Gliene avete dette di tutti i colori. Ambiguo, inquietante.»

«No, inquietante no. Avevo solo interpretato male il suo silenzio. Perché è silenzioso di brutto, eh. E ti punta addosso quegli occhi...»

«Eh, lo so.»

Mi sento sciogliere al solo pensiero.

«Dai, ti lascio.»

Si scolla dal banco e apro subito la chat con Alex. Vado sul diretto e sintetico.

"Scusa, per ieri. Ho proprio sclerato. Non volevo offenderti."

E poi fisso il messaggio per tutta l'ora, finché non vedo la spunta blu. Ma Alex non risponde. Aspetto un'altra ora, ma non succede niente. Inizio ad aver paura di aver fatto una grossa cazzata ieri.

"Alex."

Ancora una spunta blu, ma nessuna risposta. Ok, è ufficiale, sono in piena paranoia. Rincaro il messaggio.

"Scusa. Lo so di aver esagerato. Sono stato un vero stronzo."

Devo aspettare l'ora di uscita per leggere un suo messaggio.

"Fra prende la macchina stasera, va in discoteca con Elisa. Vieni a casa mia alle 10. Io e te ci uniamo a loro."

Un ordine, in pratica. Io e te. Un feroce declassamento dal noi, ma almeno ci abbina ancora.

"Ok" mi limito a rispondere. Non azzardo nessuna emoji.

Mentre mi preparo, però, sono un po' agitato. Non ho idea dell'umore che avrà Alex, non mi ha scritto nient'altro per tutto il giorno.

Cerco di mettermi in tiro, al massimo delle mie possibilità. Mia madre mi guarda uscire dalla camera e mi rimira tutto, mi dà un bacio sulla guancia, dice: «Sta' attento.»

Ci metto quaranta minuti di autobus per raggiungere la casa di Alex, a quest'ora di sera.

Ma arrivo comunque alle 21:45. In perfetto orario, direi.

Mi fermo davanti al cancello. Devo prepararmi a tutte le ipotesi possibili. Suono, mi aprono e percorro il vialetto. Sono teso. Sulla porta appare Fra. Brutto segno. Bruttissimo.

«Ciao, Rugo.»

«Ciao, Fra.»

«Alex è quasi pronto. Quasi può significare anche venti minuti, quindi togli il giaccone, tanto è presto, passiamo a prendere Elisa alle 10 e mezzo.»

Ah, ok, quindi Alex mi ha chiesto di venire prima perché voleva parlarmi, forse.

Entro nel salone. Una donna in tuta bianca e capelli raccolti fa capolino dalla scala della zona notte.

«Ciao» saluta scendendo.

«Buonasera» saluto con un sorriso educatissimo. Mi manca solo l'aureola.

E' la madre di Fra. Non l'avevo mai vista. Vuole conoscermi? Devo darle la mano? Cazzo, non so mai che fare. Ma si tiene a una distanza per cui il problema non si pone.

Mi osserva un po', anche se fa finta di no, quindi sa perfettamente chi sono.

«Divertitevi» dice in modo sommario, entrando in una delle stanze, la cucina presumo. Ma che ne so, questa casa è enorme.

«Alex!» urla Fra. «Datti una mossa, è arrivato!»

E' arrivato, così asciutto e nudo, mi piace, lo trovo intimo.

Il cuore inizia a battermi un po' troppo forte. Mi sembra di dover aspettare un verdetto. E in fondo è così.

Fra sparisce nella sala del biliardo e mi lascia solo. Non so se mettermi seduto sul divano o se aspettare in piedi, e mentre mi osservo attorno, vedo Alex apparire in cima alle scale.

Alex.

Dio, Alex.

Ha gli occhi truccati, come piace a me, i capelli sparati e lo smalto nero sulle unghie. Anelli. Indossa pantaloni di pelle nera e una camicia morbida. E' bello oltre ogni parola concepibile. Un faraone moderno che scende verso di me e che potrebbe fulminarmi con il solo sguardo, se volesse.

Non credo abbia niente di umano, stasera. Mi sento completamente succube di questa discesa lenta. E' una punizione, questa: risplendere come un dio e rendersi inaccessibile.

Quando si ferma in fondo alle scale, vorrei solo cadere ai suoi piedi e chiedergli perdono, come l'ultimo dei suoi sudditi. Ma resto immobile, per fortuna, a fissarlo come un idiota.

Fra entra nel salone, ma noi non distogliamo lo sguardo l'uno dall'altro, calamitati alla nostra elettricità.

«Ooookey, avete mezzora per fare pace. Mamma!» chiama, ridendo. La donna riappare e osserva Alex, sorride soddisfatta, come avesse preso parte al capolavoro. «Sali con me un attimo» le dice, spingendola via per le spalle.

Alex si avvicina a me. Non so davvero come sia possibile, ma mi divora con gli occhi.

Io aspetto che i due scompaiano oltre la scala, prima di parlare.

«Sembri il figlio di Ra» sussurro, salivazione a zero.

«E tu un dio greco, se dobbiamo spartirci le divinità» risponde. «Vieni con me» dice facendomi strada verso la sala dei giochi. Con movimenti dolci, accende una lampada, chiude la porta, si siede sul bordo del biliardo e poi mi guarda. Ok, aspetta le mie scuse. E non voglio tardare.

«Scusa, per ieri. Sono stato pessimo. Pessimi toni, pessime parole. Sono stato stronzo, lo so.»

«Pessimo, è vero.» Alex guarda a terra e annuisce. E' serio. Prende tempo. «Ma quello che mi ha ferito, è che mi hai fatto sentire sbagliato.» Scorre le dita smaltate sul bordo di legno. «E non permetto più a nessuno di farmi sentire così.»

Oddio, ma mi sta lasciando? Il respiro mi riempie i polmoni solo per metà e il fiato diventa corto.

«Non volevo farti sentire sbagliato. E non lo sei. Abbiamo solo due modi diversi di vedere le cose. Te l'ho detto, non riesco ad accettare che Giò ti tratti come una sua proprietà.»

Solo questo. Sempre che mi sia ancora permesso dirlo. Perché a un tratto, tutto sembra fuori luogo.

«Io non sono la proprietà di nessuno. Neanche la tua. E anch'io ti ho detto una volta che se sto con te, non sto con nessun altro. E che Giò lo so gestire.»

Se sto con te? Quindi sta con me? Dio, Alex, fammi capire, ti prego.

Mi siedo accanto a lui, per dimezzare le distanze. Ho una voglia disperata di toccarlo. Lui non dice più niente, ma io non riesco a parlare. Cosa devo fare?

«Stasera sei così bello per la serata, o per me?» mi chiede, senza guardarmi.

«Per te» ammetto.

Lui si sposta davanti a me, si fa spazio fra le mie gambe, pianta gli occhi nei miei. Stringo il bordo del biliardo e non oso fare niente.

«Se fai un'altra scenata come quella di ieri, io ti lascio» dice, serio.

E' così che il figlio di Ra usa la sua sovranità. Ma stasera, sono un dio anch'io.

«Se vengo a sapere che permetti a Giò - o a chi cazzo sia - di farti baciare e di farti toccare, non mi rivedi più.»

Osservo le sue labbra muoversi in un sorriso malizioso. Ma non lo tocco, non ancora. Lui si avvicina un po' di più, m'infila la mano fra i capelli e, nel pieno esercizio del suo potere, me li tira a farmi male, facendomi piegare il collo.

«Sei insopportabile quando fai così.» Poi preme la bocca contro la mia, e mi bacia. Adoro i suoi baci indecenti, e gli concedo per qualche secondo ancora l'illusione del controllo, ma poi basta, non resisto più, mi alzo e gli blocco le braccia, lo giro, stringendomelo addosso, facendo aderire il mio petto contro la sua schiena, usando le mie mani per farlo tremare, mentre gli bacio il collo.

Lui reclina la testa all'indietro, sull'incavo della mia spalla.

«La porta non è ... non è chiusa a chiave» riesce a dire.

Si volta verso di me, restandomi incollato e continuando a baciarmi. «Se dobbiamo uscire da questa stanza tra qualche minuto, sarà meglio smettere subito.»

«Allora non dovevi truccarti gli occhi e non dovevi mettere questo» dico afferrando la sua mano e mostrandogli le unghie. Mi astengo dal fare quello che vorrei, in questo momento, perché se davvero Fra dovesse entrare, io potrei non uscire più. «Non riesco a starti vicino senza toccarti, stasera. Sarà un problema.»

Alex ride. «Invece adesso tu stai qui, seduto» dice posizionandomi sul biliardo, poi lui si sposta verso la parete, ci appoggia la schiena. «E io sto qui. E ci calmiamo un attimo. Ok?»

Lo fisso, immaginando tutto quello che vorrei fargli.

«Eh, ma non basta» dico, guardandolo con un sorriso molto eloquente.

«No, infatti, infatti» risponde, partendo di slancio verso di me, prendendomi il viso fra le mani e baciandomi come fossi un condannato a morte.

Mentre si schiaccia contro di me, con la bocca sulla mia, veniamo zavorrati al presente.

«Avete finito di fare pace?» urla Fra dal soggiorno.

Ci stacchiamo con le facce paonazze, mentre impreco in greco antico.

Alex tira almeno tre respiri profondi.

«Arriviamo!» dice.

Per fortuna la voce di Fra è un ottimo deterrente, ma impieghiamo cinque minuti per tornare presentabili. Anche in macchina riusciamo a regolarci, con Elisa davanti in super tiro e Fra al volante. Ma in pista no. Approfittando delle luci psichedeliche e della ressa, Alex si muove addosso a me, continuamente, toccandomi in modo per niente casuale, mentre balliamo, gridandomi nell'orecchio frasi esplicite, esagerando, perché sa che non mi lascerei mai andare in mezzo alla gente. E' un gioco perverso e snervante e, credo, una sua personalissima vendetta. Gli rispondo una sola volta, stringendolo un attimo contro di me: «Te la farò pagare» gli dico ridendo.

Durante la serata, Fra mi fa cenno di avvicinarmi al bancone del bar, dove c'è meno rumore. Ci appartiamo, seguiti dallo sguardo attento di Alex che sta ballando con Elisa.

«Ho parlato col moretto» mi grida in un orecchio. «Gli ho fatto capire che se non lascia stare Alex e i suoi amici sono cazzi amari.»

Annuisco.

«Però voglio sapere una cosa: se sei stato tu?» mi chiede.

«A fare cosa?» ma ho già capito.

«A prenderlo a pugni, lunedì.»

«No. Ma nemmeno Kevin.»

«Ok, va bene. Se però continua a fare il coglione, dimmelo. E pure se lo fa con Alex. Ok? Tu dimmelo, perché poi basta.»

Se solo sapesse cosa gli ha scritto, sono sicuro che farebbe basta adesso, protettivo com'è.

Alex ci sta spiando dalla pista, osserva le nostre espressioni per capire se tutto sta filando liscio. Ma abbiamo entrambi una faccia rilassata.

«Senti» lo fermo per un braccio.

Lui torna indietro. Non ho tutta questa confidenza, ma è da una settimana che questa frase mi gira in testa.

«La sera che mi avete soccorso, a un certo punto tu hai detto Alex deve stare tranquillo. Era per qualcosa in particolare, oppure era così... generico?»

Mi fissa, titubante. Non è infastidito, ma non sembra nemmeno contento della mia domanda. Fa per parlare, ma poi rinuncia.

«Era generico» mente in modo spudorato.

Ok, c'è decisamente qualcosa che non so.

Olvasás folytatása

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