๐—•๐—ฎ๐—บ๐—ผ๐—ฟ๐—ฎ๐—น ๐—–๐—ฎ๐˜€๐˜๐—น๐—ฒ

By Theworldsdreamer

2.8K 835 2.6K

[๐œ๐จ๐ฆ๐ฉ๐ฅ๐ž๐ญ๐š โš ๏ธŽ ๐๐š ๐ซ๐ž๐ฏ๐ข๐ฌ๐ข๐จ๐ง๐š๐ซ๐ž] Clayton Burns non ha paura. Clayton Burns non prova nulla... More

๐•ฏ๐–Š๐–‰๐–Ž๐–ˆ๐–†
๐•ด๐–“๐–™๐–—๐–”๐–‰๐–š๐–Ÿ๐–Ž๐–”๐–“๐–Š
๐–€๐–“๐–”
๐•ฏ๐–š๐–Š
๐•ฟ๐–—๐–Š
๐•ผ๐–š๐–†๐–™๐–™๐–—๐–”
๐•ฎ๐–Ž๐–“๐––๐–š๐–Š
๐•พ๐–Š๐–Ž
๐•พ๐–Š๐–™๐–™๐–Š
๐•บ๐–™๐–™๐–”
๐•น๐–”๐–›๐–Š
๐•ฏ๐–Ž๐–Š๐–ˆ๐–Ž
๐–€๐–“๐–‰๐–๐–ˆ๐–
๐•ฏ๐–”๐–‰๐–Ž๐–ˆ๐–Ž
๐•ฟ๐–—๐–Š๐–‰๐–Ž๐–ˆ๐–Ž
๐•ผ๐–š๐–†๐–™๐–™๐–”๐–—๐–‰๐–Ž๐–ˆ๐–Ž
๐•ผ๐–š๐–Ž๐–“๐–‰๐–Ž๐–ˆ๐–Ž
๐•พ๐–Š๐–‰๐–Ž๐–ˆ๐–Ž
๐•ฏ๐–Ž๐–ˆ๐–Ž๐–”๐–™๐–™๐–”
๐•ฏ๐–Ž๐–ˆ๐–Ž๐–†๐–“๐–“๐–”๐–›๐–Š
๐–๐–Š๐–“๐–™๐–Ž
๐–๐–Š๐–“๐–™๐–š๐–“๐–”
๐•ฐ๐–•๐–Ž๐–‘๐–”๐–Œ๐–”

๐•ฏ๐–Ž๐–ˆ๐–Ž๐–†๐–˜๐–˜๐–Š๐–™๐–™๐–Š

69 22 94
By Theworldsdreamer

30 𝑔𝑖𝑢𝑔𝑛𝑜 1961

𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑢𝑛'𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑎 𝑏𝑢𝑔𝑖𝑎...

Le lacrime di Clay smisero di scivolargli lungo il volto ore dopo, il suo corpo esausto giaceva contro gli scaffali di quella biblioteca dove la prima volta aveva sentito la candida voce di Conrad sussurrare una dolce canzone. La scala di legno lo stava ancora proteggendo dal resto del mondo, ma gli occhi di Clayton erano chiusi e non potevano vederla, mentre le mani si strinsero a quel libro fin quando le dita persero il loro tono roseo e divennero gialle.

Era rannicchiato, con le ginocchia a proteggere il volto e la schiena curva su se stessa, senza alcuna forza di raddrizzarsi. Soltanto i singhiozzi mostravano qualche suo movimento, un segno di vita e urlavano a quei vecchi libri impolverati che Clayton era ancora vivo ma soffriva tremendamente.

Merito di esserlo? La domanda che lo tormentava da tempo. Nora e Lonnie erano morti e loro non lo meritavano. Conrad era morto dopo aver supplicato il suo perdono, dopo avergli salvato la vita. Clay non gli allungò nemmeno la mano, non lo strinse in quell'abbraccio che il suo sguardo implorò perché non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi. Merito di essere vivo al posto loro?

Un nuovo singhiozzo lo scosse e un conato di vomito gli fece schiudere le labbra, stringere lo stomaco e lo spinse a piegarsi in due dal dolore. Ci fu però un momento, dopo quell'ultimo singhiozzo, che a Clayton parve finalmente di smettere di respirare, quel peso sul petto lo schiacciò facendolo sentire in trappola e strinse i denti fin quando non si liberò. L'aria riprese a scorrergli nei polmoni e Clayton tossì per aver pianto e singhiozzato troppo, gli occhi gli bruciavano e il naso chiuso lo costringeva a respirare con la bocca ormai secca.

La biblioteca che fino a quel momento aveva stretto Clay in un empatico abbraccio si allargò nuovamente facendolo sentire ancora più piccolo in uno spazio così vasto, stretto a se stesso. Avrebbe voluto diventare un insignificante granello di polvere e posarsi su quei vecchi scaffali di legno a riposarsi fin quando qualcuno non ci avrebbe soffiato sopra ridandogli vita.

«Non piangere...», un sussurro, un alito di vento gli spostò una ciocca. Conosceva quella voce, aveva stretto gli occhi e aveva urlato tanto da sognare quelle dolci parole. Conrad.

«Mi dispiace...», singhiozzò ad alta voce poggiando la fronte sulle ginocchia. Sentì una mano scivolargli tra i capelli e prendere un po' di quel dolore che non gli permetteva di alzarsi.

«Sono qui, Clay.», quelle labbra che si posarono sulla sua testa, trattenendosi tanto a lungo da farlo quasi sorridere di sollievo, erano troppo reali per essere una mera allucinazione.

Alzò la testa con la sola forza di volontà a spingerlo e, quando aprì gli occhi, quelli scuri e profondi di Conrad lo stavano osservando con amore. Clayton lo fissò come se si trovasse di fronte al migliore spettacolo della propria vita, fece scorrere lo sguardo su quel morbido viso bianco, sul taglio degli occhi, sul naso dritto e su quelle labbra che aveva assaporato. Allungò le dita, aspettandosi di attraversarlo come un fantasma, ma queste si fermarono sulla sua guancia, sfiorando la morbida pelle con i polpastrelli feriti dai pezzi di quel vaso rotto. Conrad chiuse gli occhi e una lacrima abbandonò quello schermo lucido che faceva sembrare il suo sguardo tremante.

«Conrad.», la sua voce era rauca e la gola gli faceva male, ma il tono sempre più deciso man mano che realizzò di averlo davvero lì davanti a lui.

«Eri preoccupato per me?», domandò Conrad poggiando la fronte sulla sua, Clay pianse ancora prendendo il suo viso con entrambe le mani e avvicinandolo tanto da poter sentire il suo respiro sulla pelle. Lo baciò, lasciando che Conrad si prendesse tutto quello che Clayton aveva da offrire, chiedendogli scusa per le parole che gli aveva rivolto, per averlo guardato anche solo una volta come un mostro quando non era altro che una vittima come tutti loro.

«Sto bene. - lo rassicurò dopo che le loro labbra si sfiorarono un'ultima volta - È la mia punizione per essere nato, per tutti i peccati che mio padre ha commesso, per gli affronti che Azren ha subito. Io sarò sempre qui.», mormorò muovendo le dita come se volesse indicare l'intera stanza, ma il ragazzo aveva ormai compreso il forte legame che costringeva Conrad con quelle fredde manette a restare nel castello.

Clayton scosse la testa e i loro nasi si sfiorarono, chiuse gli occhi e si concentrò sulla pressione delle dita di Conrad strette attorno al suo polso. Clay pensò di essere rimasto solo, sotto quella vecchia scala, con la polvere che lo circondava fino a inglobarlo, pensò di non avere più alcun motivo per alzarsi e scappare, ma Conrad adesso era lì e il libro, aperto sul pavimento, gli ricordò che i suoi amici avevano ancora bisogno di aiuto.

«Sei arrabbiato?», chiese Conrad percependo quei sentimenti che timidi iniziarono a farsi strada nel cuore di Clayton. Aveva sempre pensato quel dono come una maledizione, che lo portava a immergersi nel dolore e nella disperazione, che lo portava a sentire preghiere di aiuto per non riuscire a soddisfarle, ad allungare la mano e stringere le dita nell'aria perché ormai troppo tardi. Una terribile maledizione che per anni aveva cercato di combattere e che adesso sembrava il suo unico strumento d'amore per aiutare Clayton.

«Sì, Dio, sì che sono arrabbiato.», sorrise malgrado le parole e poi lo baciò ancora.

«Mi vuoi ancora? Mi perdoni?», nel fare queste domande non riuscì a guardarlo negli occhi e piantò invece lo sguardo sulle loro gambe che si sfioravano con timidezza, quasi timore di risultare invadenti le une nei confronti delle altre. Erano così piccoli, così lontani dal mondo, sotto quella scala e in mezzo alla miriade di libri che Conrad aveva letto e riletto almeno un milione di volte.

Clay non rispose, chiuse gli occhi e cercò di far arrivare a Conrad tutto quello che provava nei suoi confronti. Aveva avuto sospetto, aveva iniziato a provare fiducia, poi gratitudine e paura, aveva provato rabbia e biasimo, tristezza e amore. Voleva che sapesse tutto di lui, voleva che prendesse la sua anima e la smembrasse per saggiarne ogni parte, voleva mettersi a nudo, voleva condividere quei sentimenti che per anni erano rimasti silenti e che ormai erano troppi per lui soltanto.

«Lo senti?», sussurrò Clayton sfiorando con il pollice quelle lunghe ciglia scure. Conrad annuì e lasciò che un grande sincero sorriso gli colorasse quel viso sfuggente.

«Conrad, dimmi la verità questa volta. - era difficile abituarsi a quel nuovo nome - Perché ci fanno questo?», mormorò poi il ragazzo intrecciando le dita con quelle sottili di Conrad. I ricordi di Nora e Lonnie facevano ancora troppo male e quel contatto era il supporto che cercava.

Il cuore dello spettro sembrò quasi allargarsi e un nuovo, prepotente battito si fece strada nel suo petto fino ad assordargli le orecchie. Perché ci fanno questo? "fanno" aveva detto Clayton come se volesse includerlo in quell'incubo che stavano vivendo. Non lo aveva accusato, non gli aveva puntato il dito contro urlandogli "Perché ci fate questo?". Il cuore di Conrad quasi scoppiò dalla gioia nel vedere i suoi peccati assolti dall'unica persona che voleva amare.

«Ti racconterò tutta la storia.», mormorò allora sedendosi al fianco di Clay e ponendo gli occhi per qualche secondo sulle dita del ragazzo che continuavano a stringere la sua mano come se non volesse più lasciarlo andare. Alcune lacrime tornarono a pungergli gli occhi, ma non vollero oltrepassare le ciglia per fare la stessa fine delle loro compagne riverse sulle assi di legno. Qualcuno non voleva lasciarlo andare, qualcuno lo stava toccando senza quella scintilla ammaliata nello sguardo, qualcuno lo stava amando. Clayton lo stava amando.

«Voglio solo sapere di te e come facciamo a salvare i miei amici.», gli disse alzando gli occhi verdi e spenti su di lui. La pupilla si allargò appena, notò Conrad, e le piccole vene che gli correvano tortuose sulla sclera erano gonfie e rosse per lo sforzo del pianto, le ciglia bagnate e appiccicate tra loro in timorosi abbracci.

«Penserò io ai tuoi amici. - rispose abbassando lo sguardo - Mi dispiace di non essere riuscito a salvare Nora e Leonard, ma ti giuro...Ti giuro Clayton che farò qualsiasi cosa per aiutarti.», Clayton lo guardò confuso, non afferrava il discorso, non capiva perché tutta quella fretta di aiutarli proprio ora.

«Lo faremo insieme.», rispose aggrottando le sopracciglia.

Conrad deglutì e poi annuì debolmente prima di portarsi la mano di Clayton al viso, gli baciò il palmo, poggiando le labbra su ogni singolo taglio inferto dalle schegge lasciando che il suo sangue gli macchiasse le labbra e che il suo dolore si alleviasse.

«Come ho detto Edgar...mio padre, ha commesso innumerevoli oltraggi nei confronti di Azren e io e i miei fratelli ne abbiamo pagato le conseguenze. - sospirò - Anche se in realtà sembra che questa maledizione colpisca soltanto me. Loro stanno bene, loro amano uccidere, loro non vorrebbero mai lasciare questo castello, non vorrebbero mai...morire.», lo disse con delicatezza, guardando Clay con la coda dell'occhio mentre annuiva in silenzio.

«Dopo anni mi è stato concesso di uscire dal castello. - continuò allora, respirando quella tranquillità che Clayton gli portò - Stavo diventando troppo legato a Meryl, stava iniziando a seguire i miei ordini e a ignorare gli altri, allontanarmi sarebbe servito a interrompere il legame. - alzò poi lo sguardo sugli altissimi scaffali e sorrise appena - Mi hanno confinato qui, nella mia libreria, in eterna attesa di un nuovo registro. Conosco a memoria ogni libro, conosco a memoria le storie di quelle vittime della nostra crudeltà, ho assaporato il loro dolore attraverso le pagine.», la voce gli tremò e Clayton trattenne il fiato nel percepirla come una fiamma in procinto di spegnersi, gli strinse la mano e i muscoli di Conrad si rilassarono ancora una volta.

«Una volta ogni cinquant'anni si forma un nuovo libro, con i nomi delle prossime vittime stampate alla prima pagina. È soltanto in quell'occasione che io devo uscire e attirarli qui, è per questo che ci siamo incontrati in quella libreria, per questo ho lasciato il libro, per questo avete visto il castello quella sera...sono stato io, Clay.», nonostante Conrad ormai riuscisse a sentire che Clayton non provava più alcun biasimo per lui, che lo considerava una vittima come tutti loro, non riuscì a smettere di provare odio verso quella paura che l'aveva spinto a seguire le istruzioni che gli erano state impartite. Conrad sarebbe stato ucciso, milioni di volte, se non avesse eseguito gli ordini, avrebbe sofferto fisicamente come soffre psicologicamente nel vedere i volti spaventati di quelle persone, nessun membro della sua famiglia avrebbe esitato nel colpirlo a morte.

«Se fossi libero, che cosa vorresti?», chiese Clayton con cautela, Conrad sorrise guardando oltre la finestra.

«Vorrei sapere che cosa c'è oltre il mare, vorrei salire su una macchina e usare il telefono, vorrei vedere un lago e passeggiare in montagna, vorrei andare a teatro, camminare per strada e non avere timore, vorrei avere un gatto e prendermene cura insieme a te.», rispose prima di voltarsi verso Clayton che smise di stringergli la mano, trasportato da quell'insieme confuso di desideri mai realizzati di un ragazzo solo e intrappolato.

«Vieni con me, andiamocene insieme. Troveremo il modo.», gli disse facendo scorrere con urgenza lo sguardo sul suo viso in cerca di un qualsiasi segno d'assenso. Gli occhi di Conrad avevano un taglio tanto morbido da ricordare le nuvole e quel sorriso sospeso sulle labbra sembrava volergli nascondere il suo dolore.

«Non abbiamo più molto tempo. - disse infine Conrad distogliendo lo sguardo e alzandosi in piedi - Andiamo a salvare i tuoi amici.», gli sorrise allungandogli la mano e tirandolo su in piedi.

Le ginocchia di Clayton pulsarono e per un istante temette che le gambe non fossero in grado di reggerlo, ma in poco tempo si trovò a seguire i passi svelti di Conrad come i primi giorni passati al castello. Giorni? Mesi? Quanto tempo era passato? Clayton non sentiva nemmeno più il suo corpo, la sua mente, non era lo stesso ragazzo indifferente che aveva varcato l'ingresso di Bamoral. Adesso Clayton era pieno di emozioni, era più debole per questo, eppure allo stesso tempo mai si sentì più forte di così.

«Proverò ad aprire loro dei varchi ma devo essere veloce, perché verranno a cercarmi per fermarci.», Conrad non lo guardò in viso nemmeno quando Clayton riuscì ad affiancarlo.

L'enorme vetrata accanto a loro lasciava che il sole del giorno illuminasse i loro visi. Rese i capelli di Clayton tanto vicini a fili d'oro che Conrad si sentì improvvisamente così avido da sentir dolore al petto e, invece, sotto lo sguardo di Clayton gli occhi dello spettro rifletterono la luce assumendo quella sfumatura rossiccia che nel buio del castello non era mani riuscito a notare. Clay gli afferrò il braccio e lo fermò proprio sotto il caldo bacio del sole, l'unico elemento che gli ricordava di provenire da un mondo lontano da Bamoral.

«E io cosa faccio?», gli chiese quando finalmente Conrad incrociò il suo sguardo. Rimase in silenzio a fissarlo per alcuni secondi, prima di mordersi il labbro con nervosismo.

«Fidati di me, anche se non lo merito.», sussurrò allora con un piccolo sorriso, mentre il sospetto iniziava a farsi strada nel petto di Clayton.

«Io...mi fido di te.», rispose il ragazzo, trovando quelle parole strane. Conrad glielo aveva chiesto, la prima volta che si erano messi in viaggio per quell'infinito labirinto di stanze e Clayton non gli aveva risposto. Non si fidava di lui e mai l'avrebbe fatto, era questo che aveva pensato, era l'esitazione che probabilmente Conrad aveva sentito fin dall'inizio. Clay arrossì all'idea.

«Allora...Faresti ancora una cosa per me?», gli chiese stringendogli le spalle con le dita. Clayton annuì, silenzioso, con una certa ansia che iniziò a scorrergli nelle vene.

«Dimmi che mi ami.», continuò spostando le mani fino a sfiorargli il collo con quelle carezze dolci che gli fecero venire i brividi. Conrad sentì ogni cosa del cuore di Clayton, eppure ebbe il bisogno di sapere che anche Clayton le percepiva, voleva che quelle parole uscissero dalle sue labbra per rimanere per sempre intrappolate in quella biblioteca, per ascoltarle ogni volta che avesse sentito la sua mancanza.

«Ti amo, Conrad.», mormorò Clayton, non capendo che il motivo di quella richiesta di rassicurazione era una magra consolazione dell'obbligo a rimanere lì. Conrad non sarebbe mai andato via con lui, Conrad non aveva il permesso di fuggire.

Lo spettro sorrise e lacrime di gioia, le sue prime, dolci, lacrime di gioia gli bagnarono il volto mentre le loro labbra danzarono le une sulle altre in un lunghissimo bacio dal sapore diverso. Sono tue queste lacrime, Clay, tutto di me ti appartiene.

«Adotta un gatto, Clay.», aggiunse con un piccolo sorriso mentre sulla fronte i loro capelli si mischiarono in ciocche scure e chiare, in un gioco di colori che era solo il loro e di nessun altro.

«Che cosa stai dicendo?», Clayton sorrise con lui, ma negli occhi gli si leggeva quella confusione preoccupata che le parole di Conrad gli portarono.

«Ti prego perdonami.», gli disse poi l'altro accarezzandogli il collo, la nuca e i lobi delle orecchie con le dita strette intorno al suo volto. Clayton scosse il capo, spaventato, ma quasi consapevole di quell'addio.

«Per cosa?», chiese tuttavia costringendosi a pensare che era soltanto una stupida sensazione, che quel vuoto che sentiva nello stomaco non era paura.

«Per averti mentito ancora una volta.», gli sussurrò prima che le mani scivolassero sul petto di Clayton e spingessero abbastanza forte da superare la brillante vetrata dietro di loro che si spezzò come carta sotto al suo peso.

Clay non fece in tempo a fermarlo, allungò le mani per afferrare le sue ma le dita si strinsero intorno all'aria che li separava. Il vuoto nello stomaco si allargò man mano che Clayton cadeva, man mano che il sole gli scaldava la pelle, man mano che l'odore dei fiori gli riempiva le narici.

Il castello si agitò e una parte di esso si mosse verso Clay come a volergli rompere tutte le ossa prima che toccasse terra, ma allo stesso tempo intorno a lui si formò uno scudo di mattoni grigi a difenderlo da quell'attacco. Conrad lo stava facendo fuggire, proteggendolo dalla rabbia della famiglia Roy, sacrificando se stesso per lasciarlo vivere.

Cercò di urlare, ma i polmoni gli si svuotarono senza che emettesse una parola mentre ruzzolava nell'erba verde e tossiva per il colpo.

«No... - si ritrovò a rantolare, cercando di tirarsi su - No, No. Conrad!», esclamò alzandosi in piedi e correndo verso l'ingresso.

Inciampò più volte sulle buche, sui sassi e sui suoi stessi piedi fino a trovarsi in ginocchio di fronte all'enorme ingresso. Cercò di buttarcisi dentro, ma le porte si aprirono e i volti di Newton, Hazel e Ingrid comparirono all'improvviso.

Stavano correndo, terrorizzati e ricoperti di sangue e lacrime. Ingrid era ferita e si appoggiava alle spalle di Hazel mentre il suo viso diventava sempre più pallido a ogni passo, Newton afferrò Clayton per un braccio e anche tentando di districarsi dalla sua presa fu trascinato via lontano da quell'infernale castello.

«No! - urlò Clayton prima che Newton lo spingesse dentro la macchina - No! Dobbiamo tornare indietro, Conrad! - afferrò la maniglia della portiera, ma la sicura gli impedì di aprirla e strinse i denti tanto forte da sentire il gusto ferroso del sangue sulla lingua - E Wynn, dov'è Wynn?», chiese poi al limite del suo delirio con il petto che gli si stava lacerando per il dolore, per la rabbia di essere stato ingannato ancora una volta, per non essere riuscito a salvare Conrad.

«Clayton! - gli urlò contro Newton, con le mani che tremarono per il dolore e la paura - Cristo stai zitto prima che ti distrugga.», lo minacciò ma la voce gli si incrinò e fece voltare Clayton per fargli notare le lacrime che gli arrossarono gli occhi. Si girò a guardare anche Hazel e Ingrid e, per la prima volta, percepì ogni goccia della loro sofferenza come se fosse la propria, singhiozzò e pianse con loro mentre il paesaggio intorno scorreva annoiato da quel teatro che li aveva avuti come protagonisti.

Un peso sulle sue gambe fece notare a Clay quella bianca copertina che sempre lo aveva accompagnato e immediatamente ripercorse con la mente quella caduta, dove Conrad gli aveva lasciato il libro che avrebbe dovuto tenere lì dentro per sempre. Lo vide ruzzolare e rovinarsi contro le pareti del castello nella caduta, eppure adesso era lì magicamente illeso.

«Cazzo, cazzo!», continuava a esclamare Newt portandosi le braccia agli occhi più volte per asciugarsi quelle lacrime che non gli permettevano di vedere la strada.

Il sangue ormai secco gli colorò le dita, il volto e la maglia, i muscoli contratti fino quasi a fargli male e il piede premuto su quell'acceleratore per fuggire il più in fretta possibile da quell'incubo che li aveva perseguitati. Piede che non si alzò abbastanza velocemente dal pedale quando un grosso camion li mise in guardia con il suono penetrante del clacson, quando il volante si girò per evitare lo scontro e le ruote stridettero tanto da far stringere i denti, quando la macchina si alzò dall'asfalto della strada, quando colpì terra con il lato di Newt facendogli sbattere la testa e poi girò ancora fino a far perdere loro il senso di gravità, i rumori ovattati, le urla di Hazel, il senso di confusione, il cuore che spingeva per uscire dal petto. E poi tutto divenne improvvisamente buio.

Continue Reading

You'll Also Like

6.7M 311K 47
โcan you stop blasting chase atlantic so damn loudly at 3am?โž โdepends, can you stop crying so damn loudly at 3am?โž ใ€ค caleb just made the decision to...
2.7M 141K 72
I'm scared of the sea. I can't help but think of the danger it brings. The width and depth seem forever. But I know that someday, I'm going to swallo...
382K 16.2K 43
Status: Completed "A forgotten memory, an undying charm, a sacred heart, a lonely soul, and a cruel life." Welcome to Porsha Academy: School of Magic...
On Thin Ice By m

Teen Fiction

9.1M 343K 57
COMPLETED [boyxboy] After his religious mother kicks him out for being gay, Elijah Ellis moves in with his father, where his step-mother, step-brothe...