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By Theworldsdreamer

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By Theworldsdreamer

𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑚𝑖𝑙𝑙𝑒 𝑝𝑎𝑢𝑟𝑒...

Lonnie aveva mille paure. Aveva paura della malattia, paura di soffrire, paura che lei convincesse la morte a porgergli la mano, paura di chiudere gli occhi e di non riaprirli mai più per via della raccapricciante accoglienza che riusciva a scorgere in quel sonno eterno. Lonnie aveva paura di lottare per poi essere sconfitto ancora e ancora, fino a quando non sarebbe più stato in grado di rialzarsi, fino a quando non avrebbe più voluto rialzarsi.

Eppure, in quel momento, avrebbe pregato affinché fosse stata la malattia a inseguirlo piuttosto che essere assordato da quei passi irregolari, dallo stridere dei coltelli sulle pareti e dalle risate puntinate di quella follia che lo faceva rabbrividire.

Seguì con il cuore in gola la schiena di Nora fino all'ennesima stanza e si chiuse la porta alle spalle, prima di voltarsi verso di lei. Era ferma, con una mano attaccata alla parete e l'altra a stringersi lo stomaco che stava riversando sul pavimento in legno tutta l'angoscia provata. Il vestito era rosso di sangue, le braccia colme di piccoli dolorosi tagli e il viso arrossato e bagnato dalle lacrime. Vide le sue gambe tremare e la raggiunse appena in tempo per impedirle di cadere sulle ginocchia.

«Nora!», singhiozzò Lonnie prendendole il viso tra le mani soltanto per vederne gli occhi sgranati e il panico serpeggiare ancora una volta tra i suoi lineamenti.

«Stai lontano! - urlò la ragazza allontanandosi - Lasciami andare!», la voce le uscì spezzata dalle labbra, mentre scivolava per terra e si allontanava strisciando verso la parete, con occhi quasi ciechi puntati su di lui come fosse l'incarnazione del peggiore dei mali.

Lonnie la osservò con le mani che tremavano e le labbra che premevano l'una sull'altra per costringere le lacrime a fermarsi. Lei stava guardando il punto in cui Lonnie si trovava, ma sembrava non riuscire a vedere quel ragazzo che era stato suo amico, in piedi lì davanti, e Lonnie ebbe l'impulso di abbassare lo sguardo sulle sue braccia, sul suo corpo, per assicurarsi di essere ancora il ragazzino basso per la sua età, dalla pelle scura e dai buffi ricci che facevano sempre ridere tutti. Sembrava così, anche se di buffo in lui non era rimasto più nulla, nemmeno il flebile ricordo di una risata a illuminargli le labbra.

Le si avvicinò, per poi inginocchiarsi e prenderle le spalle tra le mani, mentre Nora spaventata voltava il capo dall'altra parte spingendosi sempre più lontana da lui. Il cuore di Lonnie si spezzò, nel notare la forza con cui Nora stava cercando di respingerlo. Aveva mille paure e ciò che gli stava di fronte era proprio una di queste.

Prima di entrare nel gruppo di Hazel, prima di poter dire di far parte di un gruppo, Lonnie passò la sua infanzia completamente solo. Costretto a letto per giorni quando si ammalava, non c'era nessun altro che non fosse sua sorella a preoccuparsi per lui, non conobbe mai il significato aulico che tutti attribuivano all'amicizia e si ritrovò dunque a stringersi in quella pelle che agli occhi degli altri lo trasformavano in qualcun altro, qualcuno più forte, qualcuno più amato di quanto lo fosse lui. Poi divenne avaro di quella nuova personalità, dipendente da quegli sguardi divertiti e sempre in cerca di qualcosa in più. Così, da Leonard nacque Lonnie, quel buffo e irresponsabile ragazzino che sorrideva al sole e che cedeva il suo posto al triste ragazzo soltanto a casa, nella sua stanza, con la porta chiusa, le luci spente e le coperte a nascondere la vergogna di essere nato.

Lonnie aveva mille paure. Aveva paura che quella sottile membrana che nascondeva Leonard agli occhi degli altri si spezzasse, aveva paura di rimanere solo perché ne conosceva il vero significato, aveva paura di essere disprezzato e allontanato come un lebbroso. Lonnie aveva mille paure e quel castello sembrava essere in grado di scavare dentro la sua mente, di graffiare e far uscire tutto quel sangue per riportarle in vita una ad una.

«Nora...Sono io, sono Lonnie. Ti ricordi? Ti prego, ti prego guardami.», singhiozzò prendendole il viso per forzarla a incrociare il suo sguardo.

Lonnie era stanco e fu sul punto di arrendersi, mentre Nora si aggrappava con le unghie alle sue braccia, stringendo i denti e lottando contro di lui come contro di un nemico. Poi, all'improvviso, si fermò e puntò gli occhi azzurri su quel viso esausto, il vago ricordo lasciò spazio alla scintilla di consapevolezza nel suo sguardo.

«Sono io...Ti prego...», pianse Lonnie abbandonandosi alla stretta delle sue mani e lasciando cadere le braccia, ormai decorate dalle impronte delle sue unghie.

«Lonnie?», il suo nome abbandonò in un soffio le labbra delicate della ragazza, appena prima che si allungasse per attirarlo in un abbraccio.

A Lonnie parve di riprendere a respirare quando Nora lo strinse, sempre di più, mentre le dita del ragazzo si aggrappavano disperate al suo vestito, entrambi incuranti del bruciore che la pressione su quegli insidiosi tagli provocava loro.

«Cosa sta succedendo?», chiese Nora con una crepa nella voce flebile, nascondendo il viso sulla spalla di Lonnie, che si limitò a scuotere la testa.

Rimasero entrambi in silenzio, per ore, giorni, anni, il tempo sembrava aver perso ogni significato dentro quella buia stanza spoglia. Le orecchie erano tese a captare il minimo segnale di pericolo, ma nemmeno il rumore dei loro respiri sembrava raggiungerli e non c'era più alcun suono a indicare la presenza di Thomas. Così, cullati l'uno dalle braccia dell'altro, con il passare del tempo smisero di tremare.

Quando Lonnie si allontanò da Nora, passandosi una mano sul volto per asciugare le lacrime e spostando quelle macchie di sangue in un nuovo inquietante disegno sul viso scuro, fu come abbandonare l'ultimo appiglio prima di precipitare nel vuoto e sentì di non avere abbastanza forza per potersi rialzare in piedi. Chiuse gli occhi e vide nuovamente quella lunga tavola colma di corpi morti, vide l'espressione folle nel viso di Thomas, il sorriso congelato sul volto e gli occhi che brillavano all'idea di farli a pezzi, vide i piatti volare e le schegge infrangersi contro la loro pelle a rendere vero il dolore psicologico che stavano provando.

Sentì il cuore battere in modo tanto irregolare da lanciargli piccoli avvertimenti ogni qualvolta sembrasse cedere e il respiro ancora colmo di affanno, con la sensazione che dei lacci gli stringessero i polmoni impedendo loro di espandersi sotto il cambio di pressione.

«Io non... - sussurrò alzando lo sguardo terrorizzato su Nora - Io non voglio morire. Nora, io non voglio morire, non voglio...», scoppiò a piangere ancora una volta, portandosi le ginocchia al petto e stringendo fino a farsi male. Aveva così tante paure che la mente gli si annebbiò.

«Non succederà. - tentò di rassicurarlo lei, con tono incerto, mentre con la mano gli lasciava leggere carezze sulla testa - Noi...andremo via, troveremo gli altri e andremo via.», provò a dirgli, tremando mentre le dita gli stringevano la spalla.

«E se gli altri non fossero qui? Se fossero già andati via? - replicò lui alzando la voce - Se fossimo rimasti solo noi qui perché siamo deboli?», alzò la testa verso di lei e Nora si ritrovò disarmata di fronte a quella profonda disperazione, di fronte a quella verità.

Lonnie sorrideva sempre, Lonnie era coraggioso, Lonnie guardava sempre il lato illuminato dal sole e adesso sembrava qualcun altro, qualcuno che voleva arrendersi, che aveva deciso di abbandonarsi al destino e che aveva smesso di lottare. La prima delle sue mille paure era diventata realtà, Lonnie stava lasciando tutto, stava lasciando che Leonard fosse finalmente visto, che la sua angoscia oscurasse ogni possibilità di rialzarsi.

Leonard era ben consapevole della loro situazione, consapevole del fatto che lui e Nora non erano altro che un peso per gli altri ragazzi, i due sempre in fondo al marciapiede. Lonnie, invece, cercava di non concentrarcisi, cercava di ignorare le occhiate preoccupate che lanciavano loro quando la corsa era più lunga del dovuto, quando le occhiaie scurivano i loro visi, quando nemmeno il sorriso nascondeva la loro stanchezza. Nora strinse le labbra.

«Non permetterti mai più di sottovalutare i nostri amici. - lo rimproverò, con le lacrime che le facevano brillare lo sguardo - Hazel non ti lascerebbe mai indietro.», gli disse, ancorando gli occhi ai suoi nel tentativo di recuperare quel suo ottimismo, di aggrapparcisi con tutte le sue forze e di tirare quel tanto che bastava per riportarlo a galla.

Voleva lottare perché, mai fino a quel momento, Nora si era resa conto di quanto quell'allegra energia le servisse, di quanto servisse a tutti loro di andare avanti: Lonnie non era soltanto un burlone, un pagliaccio, Lonnie era ossigeno per loro, era la batteria che serviva a quel mostruoso giocattolo che non erano altro per poter continuare a camminare. Questo era Lonnie per loro, ma per Leonard invece non era altro che un assassino, un individuo, un'ombra che premeva forte il cuscino contro il suo viso e che lo assopiva per poter prendere il sopravvento, per poter avere di più. Lotta, continuava a spronarlo.

Lonnie chiuse gli occhi e una lacrima gli percorse il viso. Hazel, aveva detto Nora. Hazel, Hazel, Hazel, doveva prendere quel ricordo e stringerlo, così forte da renderlo reale, da sentirlo contro le sue dita. Hazel non mi lascerebbe, pensò ricordando le ore passate in camera sua a tirargli su il morale dopo gli episodi di riacutizzazione, a ridere perché inciampava sempre nello stesso punto, a scherzare sulla mamma e sul papà.

Ci vediamo tra un'ora, vedi di non combinare qualcosa come tuo solito. Le ultime parole che la sorella gli rivolse rimbombarono nella sua mente, punendolo per quei pensieri distruttivi che stava avendo. Non avrebbe potuto esistere addio più patetico di questo e, una parte di Lonnie, avrebbe voluto lottare per rivederla, per cambiare quelle parole, per renderle importanti.

«Usciremo insieme?», mormorò riaprendo gli occhi e stringendo le mani di Nora.

«Insieme.», annuì lei, con il debole sorriso illuminato dalle lacrime, rialzandosi e trascinandosi dietro anche il ragazzo.

Fecero scorrere lo sguardo lungo la stanza cercando una qualsiasi via d'uscita che potesse aprire un varco in mezzo a quell'oscurità. C'era solo silenzio intorno a loro, eppure perse quell'assordante atmosfera e il suono dei loro respiri tornò ad accarezzare le orecchie di Lonnie, sembrò che la bolla nel quale erano rimasti intrappolati fino a quel momento si fosse finalmente spezzata. A Lonnie vennero quasi le lacrime agli occhi per il sollievo, prima di rendersi conto del ritmo accelerato del respiro di Nora.

Quando la guardò, però, il suo petto si stava muovendo in maniera differente da quello che lui stava percependo. Il freddo lo fece rabbrividire, mentre fissava la ragazza con il suono del respiro di qualcun altro in sottofondo, sempre più veloce, ancora e ancora, fino a sembrare un sibilo.

«Nora...», sussurrò, incapace di voltarsi sotto la pressione di quella terribile, agghiacciante sensazione. Il petto era tornato a chiudersi e il dolore lo fece boccheggiare.

«Siete proprio adorabili.», fu il fischio proveniente da quelle labbra che lente si mossero accanto all'orecchio di Lonnie. Il ragazzo sussultò, allontanandosi con le urla di angoscia bloccate nella gola come aghi pronti a bucargli la pelle e trascinando Nora con sé, fino ad appiattirsi contro la parete.

Di fronte a loro, Thomas li stava guardando con il capo inclinato, i capelli scuri ricaduti sulla fronte, la schiena e la bocca sporchi di sangue. Teneva le labbra socchiuse e piegate in un mezzo sorriso, gli occhi brillavano di pietà e divertimento e tra le dita stringeva il coltello con il quale aveva già minacciato la vita di Lonnie.

Era una visione orribile e al tempo stesso meravigliosa, li allontanava e li attirava. Sembrava dipinto davanti a loro, il capriccio di un artista espresso in molteplici, elaborate pennellate, linee di colore giocose, agitate e preoccupate che si rincorrevano per dar vita all'atroce bellezza di Thomas.

«Che cosa vuoi da noi?», trovò il coraggio di dire Nora, allungandosi verso la porta ormai chiusa.

«Mi sembrava di aver detto di non aver ancora finito il mio gioco. - rispose facendo qualche passo verso di lei - Nora, tesoro, non è educato andarsene nel mezzo di un'attività.», sorrise e il bianco dei denti emerse in mezzo a quel rosso come un corpo tra le rive di un fiume.

Alzò la mano che teneva stretto il coltello e passò con delicatezza le nocche sulla morbida guancia della ragazza. Nora trattenne il fiato mentre la sfiorava, desiderando di sentire ancora il suo tocco e lottando contro quella stessa sensazione. Poi, l'espressione impassibile di Thomas mutò, la rabbia deformò il suo incantevole viso e la mano, che poco prima stava dedicando tutte le sue attenzioni alla pelle di Nora, scese con violenza affondando il coltello sulla spalla di Lonnie, immobile al suo fianco.

Un urlo di straziante dolore abbandonò le labbra del ragazzo, risvegliando Nora da quel tremendo sogno, mentre gocce di sangue caddero sul suo viso e su quello di Thomas. Le gambe di Lonnie cedettero, mentre Thomas con sguardo sornione rigirava il coltello dentro quella ferita, tagliando la carne del ragazzo ancora e ancora con le sue urla di supplica come sottofondo.

Nora pianse, pianse per la paura, prima di cedere all'adrenalina e allontanare Thomas con tutto il peso del suo corpo. Si buttò su di lui urlando e voltò il coltello verso il suo petto, prima che un passaggio si aprisse di fronte a loro. Lasciò, quindi, perdere quella lotta persa in partenza e cercò di afferrare Lonnie, che sudato e tremante, barcollò prima di riuscire a restare in piedi. Lo portò con sé lungo quello stretto corridoio, quella buia ancora di salvezza che lasciava spazio a uno soltanto per volta, lo fece camminare davanti a sé e lo tenne contro il suo corpo, stringendogli il busto con le braccia nel tentativo di ignorare il fatto che da sola non avrebbe mai potuto farcela.

Le urla furiose di Thomas rimbombarono lungo il corridoio, saltando per tutte quelle strette pareti e superando i loro patetici corpi per poi ritornare a infrangersi contro il loro viso.

«Non puoi continuare a nasconderli per sempre, Conrad!», urlò Thomas appena prima che il passaggio si chiudesse, abbandonandolo lontano da loro. Lasciandoli soli in tutto quel freddo.

Le gambe di Nora iniziarono a bruciare e presto le ginocchia cedettero, facendola scivolare e trascinando con sé anche Lonnie che iniziò a piangere, per il dolore, per la paura.

«Lonnie...Lonnie...», continuò a dire Nora, come una preghiera che abbandonava le sue labbra nella speranza che raggiungesse qualcuno, nella speranza che un miracolo illuminasse quel tetro angolo dove si erano rintanati. Lonnie continuava a piangere, urlando quando il dolore sembrava insopportabile e Nora, che tanto avrebbe voluto, non sapeva come aiutarlo.

Il ragazzo aveva ormai perso ogni contatto con la realtà, il volto ricoperto di perle di sudore, contratto in un'agghiacciante smorfia di dolore e la mente proiettata in quella vecchia e piccola stanza della sua casa, in quella stanza dove Leonard aveva il monopolio, in quella stanza dove aveva pensato di non essere abbastanza, che non ce l'avrebbe fatta. La piccola e debole batteria si stava scaricando.

«Voi ve ne andrete... - disse dopo un po', in preda al delirio - Ve ne andrete e mi lascerete qui, vi farete una vita lontano, avrete nuovi amici e io rimarrò qui.», le parole uscivano sconnesse dalle sue labbra lucide e bagnate dalle lacrime.

«Cosa stai dicendo Lonnie?», Nora iniziò a piangere con lui, incapace di qualsiasi cosa, e lasciò ancora una volta che fosse il muro a sostenerla.

«Finirete la scuola, entrerete al College e io sarò soltanto un lontano ricordo. Vi dimenticherete di me! - singhiozzò con il braccio inerte, zuppo di sangue, poggiato sulla polvere - Sarò di nuovo solo. Ho paura, Nora, ho paura del futuro io...Non ci riesco, ho paura.», le sue frasi stavano iniziando a perdere significato, la sua mente si era già aggrappata ai più traumatici dei suoi ricordi.

Lonnie aveva mille paure e l'adrenalina le aveva spazzate via per un istante, un breve, meraviglioso istante, dove gli occhi di Lonnie si aprirono di fronte a quelle ombre proiettate sul muro. Erano loro, eppure non lo erano, erano residui delle loro persone, ricordi lasciati alle spalle dai quali nuovi individui parevano prender forma, dai contorni irregolari, sfumati, chiedevano aiuto a coloro che nemmeno ci facevano caso.

Lonnie aveva mille paure ed eccole ritornare, tutte insieme, pesargli sul cuore come il primo mattone di una casa, a cui se ne aggiunge uno e un altro ancora fino a creare qualcosa di solido, un riparo che non permette di uscire, un falso posto sicuro che ti prosciuga dall'interno fino a lasciare soltanto un involucro vuoto.

Lonnie aveva mille paure e il dolore era tra queste, dolore era in quella spalla martoriata dal coltello di un pazzo, dolore era negli occhi dei suoi genitori per colpa sua, dolore era nello sguardo di Nora in quel momento, dolore, dolore, dolore. Dolore era Leonard Ruiz.

«Ho paura.», continuava a sussurrare prima che le parole gli morissero in gola, sormontate dai singhiozzi di Nora.

«Mi dispiace.», era invece ciò che lei diceva stringendo quella mano ormai immobile e piena di sangue. Mi dispiace, non so come salvarci. Mi dispiace, non sono abbastanza. Mi dispiace, noi non valiamo niente.

Lonnie stava bruciando. La sua pelle, i suoi pensieri, la sua anima, li stava sentendo svanire uno a uno man mano che la stanchezza si faceva avanti, appesantendo le palpebre, sottraendogli la forza nei muscoli, togliendogli anche la volontà di provarci.

Ripensò a Hazel, la sua dolce sorellina che non smetteva di importunare. Ripensò a Wynn e a tutte le cose proibite dalla società che gli aveva fatto fare, ai tanti sorrisi che gli aveva fatto affiorare tra le labbra. Ripensò a Newt e a quanto il suo sguardo duro sembrava ammorbidirsi quando pensava di non essere osservato, ripensò a come lo difendeva nonostante sembrasse odiarlo. Ripensò a Ingrid e al suo rasserenante silenzio. Ripensò a Nora e all'amore che provava per tutti loro, non meritava di essere lì con lui. Ripensò a Clayton, che nella sua apatia sembrava essere a capo di quel buffo gruppo di ragazzi. Ripensò ai suoi amici e pianse, perché non c'era nient'altro che avrebbe potuto rimpiangere se non, nonostante l'immensa paura, proibire loro di sbirciare attraverso quella crepa nella membrana, di vedere Leonard, di conoscerlo per quello che in realtà era. Chissà, forse l'avrebbero accettato.

Non si volevano bene, il loro rapporto era diverso, un legame più profondo dell'amore. Erano parti di uno stesso corpo, costretti a condividere il mondo per via delle loro condizioni, loro si appartenevano, si tenevano in vita a vicenda. E, in qualche modo, quella collaborazione sembrava funzionare ed era grato a ognuno di loro per essere rimasto.

I suoi occhi si aprirono improvvisamente, nel momento in cui un tonfo, seguito da veloci passi, raggiunse le loro orecchie e Lonnie ritornò alla realtà. Thomas aveva trovato il modo di entrare, Thomas li stava cercando, Thomas li avrebbe uccisi.

Nora singhiozzò più forte, provando ad alzare Lonnie per trascinarlo via con sé, ma il peso era troppo per lei e caddero ancora, insieme. Lonnie chiuse gli occhi, premendo così forte da sembrar quasi di scorgere una luce oltre le palpebre, caddero altre lacrime lungo le guance che accompagnarono il suono del coltello di Thomas strisciare al muro.

«Riesco a sentire la vostra paura. - sussurrò al buio con gusto - Lasciate che l'assapori, lasciatevi trovare.», canticchiava di tanto in tanto, mentre Nora tentava di appiattirsi contro il muro, tenendosi stretto Lonnie.

«Ho paura.», Lonnie provò ad alzarsi e Nora lo seguì, allontanandosi da quella tetra voce.

Fecero qualche passo, sbattendo contro i muri, fin quando la luce improvvisamente non si accese lasciando scoperte le loro figure agli occhi di quel pazzo. Eppure, il rumore del coltello, dei passi, del suo respiro non c'erano più e dietro di loro il corridoio proseguiva intoccato come se mai nessuno fosse passato di lì, nessun taglio alla parete, nessuna impronta nella polvere.

«Fatemi giocare, adesso.», Thomas era davanti a loro con gli stessi occhi sgranati e lo stesso sadico sorriso di quando la tavola si trasformò mostrando tutti i corpi delle sue vittime. Nora urlò, Lonnie pianse ancora più forte, mentre si voltavano per tornare indietro spingendosi contro le pareti strette.

Non c'era più nulla a salvarli ormai e Nora cadde per prima. Thomas le fu addosso e affondò il coltello già sporco del sangue di Lonnie nella sua schiena. Nora urlò e la voce le si spezzò prima che potesse cadere per terra, Lonnie toccò terra con lei e impotente guardò Thomas colpire ancora una volta e un'altra ancora, finché il sangue non iniziò a colargli dalle mani.

La dolce Nora aveva allungato la mano verso Lonnie, con le labbra aperte per il dolore, prima che i suoi occhi si oscurassero. Lui non aveva mai creduto, quando leggeva i libri, che si potesse effettivamente vedere la vita delle persone abbandonare il loro sguardo e adesso aveva quella scena nella testa che continuava a ripetersi, come prova di quanto in realtà si sbagliasse. I grandi occhi azzurri di Nora, abbandonati da ogni scintilla, il suo viso bianco cadere contro la polvere del pavimento, i biondi capelli ormai spettinati macchiarsi del suo sangue, era tutto lì davanti a Lonnie. E lui non aveva fatto niente per aiutarla.

Thomas leccò la guancia della ragazza pulendola del suo sangue e rise, prima di superare il suo corpo come fosse solo un tappeto. Lonnie alzò lo sguardo su di lui con il viso bagnato, il naso chiuso, il braccio che ormai non riusciva più a sentire e abbandonò ogni desiderio di continuare a lottare.

Thomas lo guardò, annoiato.

«Non scappi?», gli chiese inclinando il capo e inginocchiandosi di fronte a lui. Il suo viso era tanto vicino che a Lonnie parve quasi di percepire il gusto ferroso del sangue tra le labbra. Scosse la testa, spaventato, e Thomas rise prima di avvicinarsi.

Lo baciò, abbandonando sulle sue labbra quella sensazione di gusto nel vedere il corpo morto di Nora a pochissimi passi da loro, condividendo con lui il suo divertimento e prendendosi gioco dell'atroce paura che stava provano. Poi accadde, la punta del coltello gli forò lo stomaco e il respiro di Lonnie si mozzò contro le labbra dell'altro.

«Non meriti una morte veloce. - gli sussurrò Thomas all'orecchio - Non meriti niente.», poi si alzò, guardandolo dall'alto mentre si lasciava cadere completamente.

Lonnie allungò le braccia tremanti e strisciò più vicino a Nora, aggrappandosi con le dita a ogni irregolarità del pavimento. Le strinse la mano, quella stessa mano che poco prima quando aveva bisogno non riuscì ad afferrare.

Mosse le labbra ma nessun suono uscì. Mi dispiace, le stava dicendo, mi dispiace così tanto.

«Azren verrà a prendervi. - sibilò Thomas, svanendo mentre il buio riprendeva possesso del corridoio - Lui torna sempre.», disse, abbandonandoli poi al silenzio.

Lonnie alzò gli occhi colmi di lacrime sul viso immobile di Nora e strinse la sua mano ancora più forte. Ho paura, singhiozzò e il dolore iniziò a propagarsi lungo tutto il suo corpo. Nora non respirava, non c'era alcun soffio a spostare la polvere sotto il suo viso e Lonnie chiuse gli occhi, concentrandosi su quel calore che ancora le era rimasto sulle mani. Ti prego rimani.

Lonnie aveva mille paure e, a ogni respiro accompagnato dal dolore, iniziavano a sgretolarsi una ad una come l'ombra dei suoi pensieri svaniva man mano che l'insufficienza di sangue gli stava portando via la vita. Aveva male, eppure non riusciva più a sentirlo.

Forse, la morte stava arrivando a stringere anche la sua mano e Nora non sarebbe stata più sola, riusciva a sentire in lontananza l'accoglienza e la pace di quel sonno eterno, per il quale tanta era la paura che aveva provato. Non sono riuscito a cambiare le ultime parole di Hazel, fu il pensiero prima di esalare l'ultimo respiro, ma va bene così. E le dita persero la presa su quelle di Nora.

Lonnie aveva avuto mille paure e ognuna di queste morì con lui, dentro quel castello per mano del demonio, ancora prima che l'ultima lacrima toccasse terra. Nessuno riuscì più a conoscere Leonard, nessuno incontrò ancora Lonnie, nessuno pensò più a Nora e i loro corpi, rimasti lì a sfiorarsi l'un l'altro, divennero poi parte della forza di Bamoral.

Mh...Abbiamo capito cosa riguarda l'avarizia di Lonnie.
Non aggiungo altro se no mi denunciate, ma spero che nella disperazione vi sia piaciuto ^^
~🐝

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