Gabbiani

By Agata_Lin

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Sensuale. Rugo ha 18 anni e non sa ancora di essere gay. Si infatua violentemente del bellissimo Alex, suo co... More

Mezze stagioni
Essere un po' g.
Appuntamento col destino
Paura e impazienza
Dai, vieni
J.Livingston
Nudo e crudo
Rugo_50passi
State insieme?
Chiamarsi per nome
Anch'io sono un gabbiano
Cena chili
Urano
Voglio pronunciare il tuo nome mentre ti bacio
Lunedì
Cosa siamo adesso?
Spostare una festa
Halloween
Saliscendi
Niente di buono
Questione di apostrofi
Rivelazioni
Tilt
Ricomporre i pezzi
2 novembre
Adesso mi spieghi tutto
La foto
Spegnere la luna
Dove cazzo sei?
E se...
Pancake
Lasciarsi
Paradiso
Gli amici non si vendicano
Le bestie
Il bordo
Io avrei baciato chi?
Still don't know my name
Random
Rosso sangue
Soufflé post-apocalittico
Punto di non ritorno
Basta
Poesie a memoria
La differenza tra me e te
Il figlio di Ra
Valerio
Consapevolezze
Cubo di Rubik
Rallentare il tempo
Jannik
L'alchimista del re
Sazerac
Il tutto non ha misure
Crolli
Il funambolo
Il sipario nero
Tristano
Adesso è adesso
Doppia coppia
La scatola spaziale
Risvegli
A domani
La responsabilità
Insinuazioni
Il lato nascosto della Luna
AVVISO IMPORTANTE *non è un capitolo*
Dieci a zero
Cuori a metà
Poi ti spiego
Gli ultimi dieci metri
L'ultimo quarto di luna
Filiditapas (parte uno)
Filiditapas (parte due)
Fragole e pioggia
L'Antartide
Ambasciata
Abracadabra
Ovatta nera
Pari e patta

Da tutto a niente

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By Agata_Lin

Filippo si è disteso sul letto al limite del bordo, per evitare qualsiasi contatto fisico con me. Non capisco se vuole essere un'accortezza nei miei riguardi, o nei riguardi di se stesso. Non ne ho idea.

La sola cosa che m'importa, adesso, è che stia qui, in questa stanza. Cose semplici e pratiche, un po' alla volta.

Ho ancora il ghiaccio sulla faccia, ma percepisco il suo sguardo puntato dritto al soffitto.

«Tecnicamente, non è più il mio compleanno» precisa.

So che dovrei stare zitto, perché dirò sicuramente qualcosa che lo infastidirà, ma è più forte di me.

«Sei diventato così pignolo?» domando, attentissimo a usare un tono gentile.

«Sì» risponde, alzandosi di scatto.

Mi tolgo il ghiaccio e lo seguo con lo sguardo, temendo voglia già andarsene. Lui si accorge del mio atteggiamento deluso.

«Dove li tieni i cuscini?» chiede, evitando di guardarmi, per non mettermi in imbarazzo, credo.

Si sfila il piumino. Sotto indossa una camicia bianca attillata. Sta molto bene. Giustamente, era in tiro per la serata. Si è anche fatto un nuovo taglio di capelli. Capisco perché l'ossigenato voglia avere delle prerogative su di lui. E forse le ha già. Magari stavano già insieme e hanno solo deciso di esporsi.

«I cuscini. Dove li tieni? Qua dentro?» chiede aprendo l'anta dell'armadio.

«Lo sportello più in alto, ci arrivi?»

Filippo prende due guanciali anche lui e si mette di nuovo vicino a me, sopra le coperte, si sfila le scarpe, e incrocia le mani sullo stomaco. Inizia a giocare con le dita. Lo fa sempre quando è nervoso. Forse è la nostra vicinanza. Ma non lo so, è troppo nervoso.

«Come è andata la cena?» chiedo, perché so che è un argomento che potrebbe distrarlo. «Hai cucinato tu?»

Lo sento deglutire.

«Perché indossi la mia felpa?»

Ah, ecco. E' questo, allora.

Tiro un respiro profondo e butto fuori l'aria lentamente. Non credo sia possibile rispondere a questa domanda, senza distruggere di nuovo tutto. E non lo voglio fare.

«L'avevi dimenticata qui, la sera del chili» resto sul vago.

«Uhm. E perché la indossi.»

Si gira verso di me. Filippo è diventato, all'improvviso, la persona più imperscrutabile e suscettibile che io conosca. E' una bomba a orologeria col timer impazzito.

Vuole le sue risposte, lo capisco. Ma se stasera le chiederemo a noi stessi, credo finirà l'illusione di questa ritrovata vicinanza.

«Per motivi di scienza» dico.

«Per motivi di scienza» ripete annuendo e sollevando le sopracciglia, sperando di capirci qualcosa.

«Sì, esatto.»

«Tipo?»

Chiudo gli occhi.

«Fili... ti prego.»

«Cosa.»

«Non possiamo stare solo un po' qui e basta?»

«A fare cosa.» Non è una domanda, è una sciabolata.

Bastarsi, è questo che chiedevo alla serata. Invece no, a fare cosa, mi chiede. E lo pronuncia con un tono freddo. Ma lo aveva già dichiarato, no?, che non posso avere tutto, che il mio atteggiamento lo distrugge.

Sta qui solo per umanità, perché mi hanno preso a pugni. Ho finito tutti i miei bonus.

Ci guardiamo e credo sia lampante la mia tristezza. Ma non gliene frega niente.

«Fammi solo capire» insiste.

«Se vado oltre...» sento le lacrime pungere e torno a guardare il soffitto. «Tu vuoi perdere davvero tutto? Ti sta bene così?»

Dio, sono patetico. Smettila, cazzo, smettila.

«Fammi solo capire» ripete, tenendo un tono fermo.

Ok, va bene, va bene, va bene. Quindi è così: da tutto a niente.

«Volevo verificare se davvero un odore può far riesumare alcuni ricordi.»

«Ricordi?»

Dall'espressione che assume, capisco che Elisa non gli ha detto niente della nostra chiacchierata.

«Che ricordi?»

«Ricordi che una sbronza potrebbe aver cancellato.»

Filippo si volta di scatto verso di me. Sta assolutamente zitto. Io non respiro neanche, ma lui sì, ha il respiro irregolare adesso. La faccia inizia a pulsarmi pure col ghiaccio.

«E ha funzionato?» chiede, con la voce che forse gli trema.

«No. Forse giusto qualcosa. Non lo so» ammetto. «Non lo so.»

Filippo si siede con le gambe incrociate.

«Non mi sembra un gran risultato.»

«No, infatti, per niente.» Il cuore mi sta letteralmente battendo ovunque. «Tu eri con me, quella sera. C'è qualcosa che devo ricordare? Dimmelo tu.»

E lo faccio, lo guardo. Lui abbassa subito gli occhi e li sposta sulle sue dita. Inizia a giocare in modo nevrastenico con il bordo di un cerotto. Ok, sì, c'è qualcosa che dovrei ricordare a quanto pare.

«La tua unica sbronza risale all'anno scorso» dice.

«Lo so.»

Adesso mi fissa. E' così teso e tirato che gli zigomi gli sporgono pure di più. Osservo i suoi occhi che si scuriscono un po'. Questa è l'ultima sera che stiamo insieme.

«Mi spieghi come salta fuori adesso?»

«Perché sabato scorso, quando eravamo sulla porta, e ci siamo salutati, ho avuto come un déjà-vu.» Filippo sa bene che sto parlando del bacio. «Era una sensazione giusta?»

Sta cercando di strappare la parte adesiva del cerotto, con piccoli scatti. Io invece sento le lacrime che scivolano giù adesso e mi affretto a toglierle via. Sono ridicolo. Ma sono anche tanto stanco.

«Sei tu quello intelligente, no? Se il tuo cervello ha scelto di cancellare tutto, un motivo ci sarà.»

Mi siedo come lui.

«Che vuol dire sei tu quello intelligente. Stavo completamente fuori, quella sera. Mica ho scelto di dimenticare in modo selettivo.»

«Lo vedi? In modo selettivo. Sei un cazzo di libro di scienze. Ma tu non vuoi sapere davvero quello che è successo» insiste, con un tono che non mi piace per niente, ormai il rancore si è diramato. Il rancore è un virus.

«Tu però che ne sai?» dico con più dolcezza possibile.

Filippo mi guarda attraverso le ciglia scure. Ha gli occhi lucidi pure lui, ma credo sia per le scintille di rabbia.

«Perché se il tuo inconscio volesse davvero ricordare quello che è successo, sabato sera, sulla porta... avresti reagito in maniera diversa. Tu non vuoi ricordare, credimi.» Scuote la testa, con un sorriso teso, poi si passa la mano sui capelli e se li scompiglia. «E poi non ricordo niente nemmeno io.»

Se è questo che vuoi, Fili, ok, ma sì, prendiamo a picconate tutto, spacchiamo questa amicizia fino all'ultimo pezzo.

«Ok, quindi è vero, ci siamo baciati» concludo.

Mi arpiona con uno sguardo che non capisco neanche un po'. Forse c'è stupore, e paura, e rabbia, quella sì, ormai l'ho percepita. E tanto, tanto rancore.

«Tecnicamente...» si ferma, ma ci tiene a puntualizzare. «Tecnicamente... tu hai baciato me.»

«Uhm.»

Filippo mi osserva, come volesse assorbire ogni sfumatura della mia reazione. E forse vorrebbe pure una spiegazione. Sul perché, probabilmente, durante una sbronza io abbia scelto di baciarlo (credo) e sabato sulla porta, da sobrio, invece no.

Lo vorrei sapere anch'io.

Cerco più che altro di capire perché Filippo avrebbe sbagliato, quella sera, fino al punto che potrei decidere di troncare la nostra amicizia. Ma ho paura di saperlo.

Lui adesso smette di guardarmi e gioca di nuovo con le dita. I suoi occhi scivolano sulla mia bocca. E non voglio essere guardato. Mi porto il ghiaccio sulla faccia e mi distendo di nuovo.

«Io mi ricordo che ero scosso per il bacio con Arianna, poi più niente» dico.

«Il bacio alla francese. Me lo hai ripetuto di continuo per non so quanto tempo: "L'ho baciata alla francese".» Cerca di imitare la mia presunta voce di quella sera. «Alla fine sono scoppiato a ridere.»

Fin qui, me lo aveva già raccontato Elisa. Scelgo volutamente di restare nascosto sotto al ghiaccio

«E ti sei arrabbiato. Perché dicevi che non ti ascoltavo. Ti sei messo davanti a me e mi ha detto: "Guarda che l'ho baciata così!" e mi hai dato un bacio a dimostrazione

Ok, non mi sembra tutta 'sta tragedia, no?

«Quindi, tutto qui.»

Il silenzio che segue mi raggela. Soprattutto perché lo sento giocare di nuovo col cerotto.

«No.»

Mi sollevo e lo fisso fitto. Si porta le mani sulla faccia e si massaggia gli occhi.

«Cioè?»

«Cioè mi hai preso in contropiede, quella sera. E... lì per lì... mi è venuto spontaneo... rispondere al bacio.»

Non si azzarda a guardarmi.

«La cosa ti ha sorpreso parecchio. Ti sei staccato subito da me, ma senza allontanarti. Eri perplesso, più che altro. Io invece ero terrorizzato - nella paranoia più completa - e sono rimasto assolutamente immobile. Ho pensato che volessi prendermi a pugni. Mi fissavi, a pochi centimetri da me, esattamente come sabato, sulla porta. Esattamente così.»

Sento il cuore in gola e avverto la sua voce emozionarsi.

«E poi, di punto in bianco, mi ha afferrato per la maglietta con tutte e due le mani, mi hai tirato verso di te, quasi a sollevarmi per scaraventarmi contro gli scogli, pensavo, e invece no, invece mi hai baciato. Per davvero.» Butta fuori un respiro tremolante «E io... io lo sapevo che non eri in te, certo che lo sapevo, e lo so che non avrei dovuto farlo, ma tu mi baciavi... non lo so... con convinzione. Non ce l'ho fatta. Ho risposto al bacio. Forse con troppa energia, perché eri così instabile che siamo caduti sulla sabbia e siamo rimasti distesi lì, dietro la scogliera, al buio, a baciarci.»

Non sta mentendo, lo capisco.

«Non avrei dovuto approfittarmi del tuo stato, lo so. Questo lo so. Ma tu eri così... e le tue mani erano... dappertutto. Non ci ho capito più niente.»

Dappertutto. Ho bisogno di altro ghiaccio.

Filippo si raccoglie le gambe con le braccia e appoggia la fronte sulle ginocchia.

Allungo la mano verso il borsone, a lato del letto, mi muovo appena per cercare un'altra busta, la prendo, la schiaccio, ma stavolta me la porto sulla fronte.

«Dimmi solo un'ultima cosa» chiedo, senza rabbia, ma ho il cuore in apnea. «Alla fine di questa cosa, eravamo vestiti o no.»

Dato che non risponde, mi alzo di scatto.

«Cazzo, Fili!»

«Sì, sì...» dice. Mi sembra la verità. «Perché ti ho fermato. Non volevo che succedesse in quel modo.»

Ah, ecco, perché mi ha fermato. Dovrebbe essere rassicurante?

Filippo prende una delle due buste di ghiaccio e se la porta sulla faccia, si distende.

Per fortuna, avevo partorito scenari ben più apocalittici e reggo bene il colpo. Avevo già messo in conto tutto. Non mi sento deluso perché ha approfittato della mia sbronza. Sono solo stranito. Tempo fa, probabilmente, avrei reagito in modo diverso. Sì, non l'avrei presa bene di sicuro.

Ora so più cose di me, so più cose di lui - magari poche, confuse e frammentarie - ma mi sento di capirlo.

L'anno scorso, il mio subconscio stava già lavorando fitto alle mie spalle, e si è manifestato nelle pieghe di quella sbronza. Ma doveva farlo proprio con Filippo?

Lo osservo, disteso vicino a me. Ha la faccia nascosta dal ghiaccio e mi soffermo a guardarlo.

Dunque l'ho baciato e - dal suo racconto che credo autentico - l'ho pure desiderato. Desiderato al punto da dover essere fermato.

Ora, non sono cieco, lo vedo che Filippo è bello. E' molto bello, lo so. Ma è anche molto Filippo.

Come può una sbronza aver messo da parte la nostra amicizia così profonda. Troppo profonda, dice Luca, e troppo viscerale.

E' di sicuro in questo troppo, che è nascosto il motivo di tanta difficoltà e di tanta sofferenza tra di noi.

Perché c'è differenza tra essere amici ed essere anche amici. E noi che siamo?

E poi perché me lo sto chiedendo?

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