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De Theworldsdreamer

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De Theworldsdreamer

Non così distante la pioggia appariva a tutti quegli studenti che correvano da un edificio all'altro per cercare di sfuggire alla tempesta e arrivare a lezione con un minimo di decoro. E, non così distante, apparve a Victor che, temerario, aveva deciso di sfidare la natura e uscire di casa.

Erano giorni che provava uno spartito che Ezra gli aveva dato, minacciandolo che non avrebbe toccato un tasto fin quando non l'avesse imparato a memoria, fin quando non avesse iniziato a suonarlo con la stessa facilità con la quale tirava lo sciacquone - testuali parole - e non si fosse sentito sicuro come a casa nel sentirlo. Così Victor si impegnò, suonò ogni sera dopo lezione, con Ezra che di tanto in tanto gli lasciava qualche suggerimento urlato dall'altra stanza.

Non era male come insegnante e non era male neanche come coinquilino, dopo aver superato quell'iniziale astio che li aveva tenuti separati fino al momento in cui vide le sue lacrime per la prima volta. Ezra era egoista, pigro, arrogante e superficiale, ma per quanto Vic avesse potuto disprezzarlo, doveva ammettere che con la musica sapeva fare miracoli. E sarebbe stato tutto quasi perfetto, se non avesse dovuto stare ai suoi tempi.

Quindi, vedendolo raramente prima di mezzogiorno, Victor si rese presto conto che si era attaccato all'idea di riuscire nel suo ruolo per il Festival così tanto da dimenticare di avere una vita universitaria da portare avanti. Così tanto ossessionato dall'idea di non riuscire a redimersi da quelle parole che aveva rivolto a Noel - "Vai" - da dimenticare di avere delle lezioni da seguire e con queste degli esami da sostenere.

Dunque, mentre Ezra passava le sue ore a dormire chiuso in camera, Victor approfittava della sua assenza per cercare di studiare. Tuttavia, quel giorno, l'odore, il rumore della pioggia e la noia mortale dell'argomento che avrebbe dovuto affrontare lo portarono a sollevare lo sguardo dal libro più del dovuto.

Victor sospirò e si portò le mani al viso, strofinandosi la pelle nell'inutile tentativo di portare via quell'apatia che aveva nei confronti del mondo. Si chiese come sarebbe stato se avesse iniziato a provare interesse verso qualcosa o qualcuno, ma il solo atto di amare lo confondeva.

Avrebbe dovuto avvicinarsi a qualcuno per poter dire di amare e il solo pensiero sembrava portargli via quelle poche energie che era riuscito a conservare. Alzò ancora una volta gli occhi sulla finestra, osservando la silenziosa gara che le gocce facevano sfidandosi l'un l'altra in velocità e, improvvisamente, gli vennero in mente le parole maliziose che Julian gli aveva rivolto a Teatro.

Pensò a lui, al modo in cui si comportava con gli altri, agli sguardi che si lanciava intorno e a quelli che attirava su di sé e gli venne da chiedersi se lui sapesse cosa volesse dire amare. Ma, per quanto Julian fosse famoso per l'amore che portava sotto le lenzuola, Victor era sicuro che di quell'altro tipo d'amore non ne sapesse nulla.

Forse, quel giorno si era avvicinato a lui perché avevano alcune cose in comune, perché aveva visto in lui lo stesso sguardo che Julian aveva quando non era in compagnia. Tanto per cominciare, erano entrambi soli - si ritrovò a sollevare le dita, mentre elencava - e nessuno mai si sarebbe sognato di pensare a loro con un moto di tenerezza, Victor non era nemmeno convinto che qualcuno potesse mai ricordarsi di lui se sparisse improvvisamente. Inoltre, mancavano di totale fiducia nel lavoro che stavano cercando di portare a termine, in quelle capacità che utilizzavano solo per inerzia e delle quali non sapevano realmente che farsene.

Victor tornò a guardare quel libro sul quale ormai aveva poggiato il braccio e sospirò, ancora, alzandosi in piedi e infilandolo nello zaino. Era anonimo, era un'ombra, era ignorato, ma non per questo avrebbe lasciato che, ancora una volta, una richiesta d'aiuto gli sfuggisse di mano per il suo totale disinteresse verso la vita. E, quello di Julian, era un vero e proprio grido di aiuto.

Uscì dall'appartamento, cercando inutilmente di sollevare l'ombrello e rinunciando nel momento in cui gli volò via dalle mani per rotolare da qualche parte verso il Polo di Cinema. Lo fissò per alcuni secondi chiedendosi se mai avrebbe potuto ritrovarlo e poi ritornò sul suo cammino, con le mani in tasca e gli occhi socchiusi, fin quando non raggiunse l'enorme biblioteca del Campus.

Abbassò il cappuccio della giacca e si guardò intorno, cercando di scacciare via i brividi di freddo. Si rese conto di non essere l'unico ad aver deciso di studiare in biblioteca e che molti studenti si stavano riparando in attesa della prossima lezione. Si fece dunque strada tra la miriade di teste e zaini fradici, in cerca dell'unica persona che lo aveva fatto uscire di casa in un inaspettato moto di umanità che Victor non credeva di possedere.

Non fu difficile trovarlo, perché tra tutti i tavoli gremiti di ragazzi ce n'era uno solo occupato da un unico ragazzo chino su un libro che tutti scansavano in silenzio. Victor si fermò a qualche metro di distanza, osservando quell'espressione con la quale di tanto in tanto studiava i ragazzi del tavolo di fronte e tentava di sorridere a chiunque si voltasse verso di lui per poi fingere di non conoscerlo e tornare al proprio lavoro.

Victor sospirò e si avvicinò, scostando la sedia e sedendoglisi di fronte. Tirò poi fuori il libro e lo aprì sotto lo sguardo sorpreso del biondo che non smise di fissarlo fin quando Victor non gli fece un cenno.

Nessuno dei due parlò, era vietato in biblioteca, ma con lo sguardo riuscì a catturare un piccolo sorriso soddisfatto che arricciò le labbra di Julian per pochissimi secondi. Così, ritornarono a leggere quelle righe troppo piccole per non far venire il mal di testa e Victor si rese conto che studiare in compagnia di qualcuno - nonostante quel qualcuno fosse uno degli studenti più problematici del Campus - aveva un qualche effetto positivo sulle sue capacità di comprensione.

Passò qualche ora e chiuse il libro con soddisfazione nel momento in cui la pioggia sembrò attenuarsi e gli studenti iniziarono a defluire verso l'uscita. Approfittò dello scalpiccio agitato per allungare il collo verso il ragazzo.

«Ciao.», gli sussurrò mentre anche Julian iniziava a ritirare il suo materiale. Lo vide sorridere con quel suo solito ghigno finto e malizioso dal quale non riusciva a separarsi.

«Ti mancavo?», gli chiese sottovoce avviandosi verso l'uscita con Victor al suo fianco.

«Non particolarmente.», rispose Victor scrollando le spalle. Per quanta voglia avesse di dargli una mano, non vedeva come mentirgli avrebbe potuto renderlo una persona migliore.

«E io che credevo di aver fatto colpo.», sospirò Julian una volta fuori, mentre allungava una mano per sentire le deboli goccioline di pioggia contro il palmo della mano.

«Perché continuavi a guardare quelli del tavolo affianco?», chiese Victor, senza avere la minima idea di dove si stessero dirigendo.

«Oh, erano alcuni ragazzi della compagnia. Sono del terzo anno.», rispose Julian scannerizzando con lo sguardo ogni singolo studente che passava loro accanto.

«E perché non ti sei unito a loro?», gli domandò ancora studiando la sua espressione immutabile. Victor si ritrovò a pensare di avere di fronte proprio un bravo attore.

«Oh, tesoro. - mormorò Julian poggiandogli un dito sotto il mento, per sollevare il suo guardo verso il suo viso - Quante domande.», gli disse a pochi centimetri dal volto prima di ridacchiare e lasciarlo andare. Victor aggrottò le sopracciglia.

«Fai così con tutti?», gli chiese.

«Così come?», sospirò Julian spingendo la porta del bar con un fianco.

«Cerchi di sedurre chiunque?», chiarì allora Victor seguendolo al bancone e ascoltandolo mentre chiedeva una bottiglia d'acqua.

«Perché? Ci sto riuscendo?», sorrise Julian prima di avvicinarsi a un tavolo vuoto e sedersi, invitando con lo sguardo Victor a seguirlo.

«Beh, di certo non mi lasci indifferente.», quel suo modo di dire sempre la verità fece ridere il ragazzo.

«Non credevo fossi gay.», mormorò portandosi una mano tra i capelli biondi e stringendo con l'altra la bottiglia che ancora non aveva aperto.

«Non lo sono. - rispose Victor e poi si sentì in dovere di specificare - Non sono niente. Solo Victor.», gli disse. Julian lo studiò interessato, poggiando il viso sulla mano e lasciando che il suo sguardo scorresse libero su quello di Victor.

«Noel è morto perché non sapeva accettarsi. - mormorò - Non è che nemmeno tu sei in grado di farlo?», domandò, guardandolo con improvvisa diffidenza.

«Oh, no. - si affrettò a dire Victor - Non è per quello, a me va bene se provo attrazione per te. Semplicemente non voglio che sia l'unica cosa che gli altri vedono di me e ho come l'impressione che stia accadendo sempre più spesso.», mormorò ripensando a quel discorso dell'etichetta che si era fatto più e più volte da quando Noel aveva iniziato a dare di matto.

Le sopracciglia di Julian ebbero un fremito. Avrebbe voluto chiedergli: e cosa vedono gli altri di te, adesso?

Il discorso di Victor gli sembrava così lontano da fargli venire una certa nostalgia. Nostalgia di quando Julian non aveva paura di restare solo, nostalgia di quando non aveva ancora scoperto i piaceri del corpo, di quando ancora non aveva iniziato a recitare. A volte faticava a ritornare in quel personaggio nel quale era nato e, spesso, si chiedeva se ne valesse davvero la pena o avrebbe fatto meglio ad abbandonarlo da qualche parte in cambio di quel ragazzo sorridente sul quale gli occhi non smettevano di posarsi.

«C'è mai stato qualcuno che ti ha visto solo come Victor?», gli chiese invece, improvvisamente interessato a quella figura che fino a qualche giorno prima aveva ignorato come l'ombra di una panchina in una giornata nuvolosa.

«No, non credo. - rispose senza esitazione - Victor è noioso.», sorrise poi.

«Anche Julian lo è.», mormorò l'altro in risposta, prima di mostrare a un ragazzo che si era avvicinato al loro tavolo il lato migliore di quel noioso Julian.

«Ciao Jules. - sorrise il ragazzo - Ci sarai alla festa di Halloween?», gli chiese poggiando entrambe le mani sul tavolo come se Victor non fosse lì.

Julian osservò il nuovo arrivato in silenzio, gli rivolse il miglior sguardo magnetico che era in grado di mostrare e passò la lingua sulle labbra per inumidirle. Lo sguardo dello sconosciuto cadde proprio lì, per alcuni secondi.

«Potrei farci un salto.», rispose poi, sorridendogli.

«Anche due. - disse l'altro ammiccando verso di lui - Ci conto.», aggiunse poi prima di scollarsi dal loro tavolo per seguire i suoi amici tra risate e gomitate.

Lo sguardo di Victor tornò su Julian che, come in preda a una crisi di identità, tornò il ragazzo tranquillo al quale aveva appena parlato. Rimase in silenzio per alcuni istanti, mentre realizzava che quello di Julian era un meccanismo di difesa, il modo in cui la schiena e gli angoli delle labbra scattavano verso l'alto, il modo in cui cambiava faccia in pochissimo tempo. Julian non lasciava che lo vedessero come Julian.

«E tu? Ci vai alla festa?», gli chiese Julian prendendo un sorso dell'acqua finalmente aperta. Le lunghe dita affusolate si strinsero intorno al tappo mentre attendeva una risposta.

«No.», rispose Victor continuando a guardarlo come se lo vedesse per la prima volta. Erano bastati pochi secondi, per rendere quel viso un sottile e fragile velo allo sguardo inquisitore del ragazzo.

«Dai, andiamoci insieme.», gli sorrise Julian poggiando una mano sulla sua. Victor la guardò per qualche secondo poi alzò lo sguardo sul suo viso.

«Perché?», gli chiese osservando gli occhi azzurri appena coperti dalle palpebre.

«Ci divertiamo.», rispose scrollando le spalle.

«Io non mi diverto alle feste.», Victor si stava spingendo sempre più in là, studiando fin dove Julian avrebbe retto il gioco. Ne risultò che Julian era un ottimo giocatore, ancora più di Victor.

«Non sei mai stato a una festa con me.», scherzò il ragazzo.

«E cosa dovrebbe cambiare?», chiese ancora. Vide lo sguardo di Julian vacillare, ma riprendere immediatamente posizione e infilarglisi nelle membra fino a farlo rabbrividire.

«Vieni e lo scoprirai.», mormorò mettendo tutto se stesso nel lasciare Victor senza fiato.

«D'accordo. - si arrese - Verrò a dare un'occhiata.», rispose poggiandosi allo schienale della sedia, prima di sentire la sua pancia richiamare quel cibo che già da un'ora avrebbe dovuto procurarsi. «È ora di pranzo, mangiamo insieme?», gli chiese, ma Julian era già in piedi e gli sorrise.

«Già un appuntamento? - scherzò - Non bruciamo le tappe, Vic.», gli disse chinandosi verso di lui e lasciandogli un bacio all'angolo delle labbra prima di andarsene.

Victor lo osservò allontanarsi, con le dita che sfioravano quel punto dove la loro pelle si era scontrata nel tentativo di eliminare quella sensazione di calore che gli aveva provocato. Poi, Julian svanì oltre la porta e un sorriso divertito abbandonò le labbra di Victor, ancora prima che la sua mente potesse rendersi conto del gioco che avevano appena iniziato.

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the story "la dominatrice di draghi" of "-mayumi_yuma-" you are about to read is authorized to be published and read only on wattpad. โ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ขโ€ข...
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