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By Theworldsdreamer

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By Theworldsdreamer

Quando Charity spinse la porta per avere accesso al teatro, era convinta di trovarci decine e decine di studenti pronti a lavorare per il ricordo di Noel. Quello che invece vide, al suo ingresso, fu qualche paio di occhi puntati su di sé e si chiese dove fossero finiti tutti quei "ti adoro", tutte quelle emoji innamorate, tutte quelle parole d'ammirazione. Lì dentro non c'erano altro che alcuni ragazzi che tentavano di aggrapparsi alla vita di Noel perché pensare alla propria li avrebbe portati alla deriva.

«Manca ancora qualcuno?», domandò Grayson dando un'occhiata a Charity che si avvicinava a Cookie, mentre quest'ultima la salutava con un abbraccio carico di entusiasmo.

Stava seduto sul palcoscenico, con le gambe che si muovevano nel vuoto di fronte alle prime poltroncine di velluto rosso che, l'una di fianco all'altra, si esibivano con fierezza sotto il suo sguardo. Al centro del palco Logan era in piedi, a far scorrere lo sguardo illuminato d'allegria su tutti quei ragazzi volenterosi - o pieni di sensi di colpa - che sembravano più o meno pronti a iniziare quell'enorme progetto. Kimberly, invece, si teneva in disparte, lì dove il palco tentava di nascondersi oltre il sipario e credeva di sparire tra le ombre che quella luce soffusa tendeva a creare, ma non si era resa conto che gli occhi di Cookie con molta probabilità l'avrebbero trovata ovunque.

«Mitch.», esclamarono in coro Cookie, Logan e Hunter in risposta al ragazzo che sospirò.

Charity li guardò uno ad uno, come a volersi accertare dell'effettiva mancanza dell'amico. Hunter era comodamente seduto su una delle poltroncine in seconda fila, affiancato da Isaac che continuava a osservare il soffitto, con la testa poggiata allo schienale, come se fosse stato decisamente più interessante dell'incontro che si sarebbe tenuto di lì a poco. Cookie era seduta su uno schienale a una sedia di distanza da Hunter e spiegava a Tyson e Denise, in prima fila, la storia di quel teatro chiaramente inventata di sana pianta. Dall'altra parte della sala stavano invece tre figure alle quali Charity non si era mai avvicinata di persona, ma che Shade sembrava conoscere abbastanza bene o, almeno, così era per due di loro: Janette, l'affascinante fidanzata di Noel e Julian, l'eccentrico amante dello stesso ragazzo. Poco distante da loro, c'era invece un ragazzo che teneva gli occhi fissi sul pavimento sotto le sue scarpe, quasi non sentisse una parola del discorso che Logan aveva iniziato a fare, e stava poggiato al muro come se fosse lui in realtà a doverlo sorreggere con quelle esili spalle. Charity lo riconobbe soltanto dopo, come il riservato coinquilino di Noel.

Mitch arrivò, con venti minuti di ritardo, nel momento in cui Logan stava finendo di spiegare per filo e per segno i voleri del rettore per quella nuova edizione del Festival della Cultura. Inciampò e fece cadere una scatola colma di costumi di scena, così che Logan si interruppe e si voltò a guardarlo sorridendo.

«Oh, ben arrivato.», Charity non riuscì a capire se ci fosse una punta di sarcasmo nella sua voce oltre quel sorriso, ma i suoi occhi sembravano decisamente star inondando Mitch di silenziosi rimproveri.

«Mi sono perso.», disse soltanto Mitch lasciandosi cadere sulla sedia accanto a Hunter.

«Dunque. - riprese Logan dopo una lunga occhiata al coinquilino - Dicevo che il nostro obiettivo è trovare per quest'anno un tema che ci permetta di esprimerci al meglio nelle nostre arti e allo stesso tempo di dare memoria di Noel Sanford. Qualcuno ha delle idee?», domandò guardandoli uno ad uno, con quello snervante sguardo d'incoraggiamento che a Charity faceva venire prurito alle braccia.

«Il Pride.», disse Julian osservandosi le unghie con interesse e facendo sorridere appena Victor a qualche metro da lui.

«Non sei divertente.», replicò Grayson guardandolo con diffidenza.

«Vuoi dirmi che non ha senso? - furono allora le parole di Julian, che intanto aveva alzato la testa verso di lui - Eppure Noel è morto proprio per questo, perché aveva troppa paura per essere gay. Allora preferiamo sparire dalla terra piuttosto che amare un altro uomo...Se fossimo tutti come lui, che Dio salvi l'umanità.», Julian era terribilmente serio e mentre parlava teneva gli occhi castani puntati sul viso impassibile di Grayson.

«Non è il caso di continuare a sottolineare il fatto che Noel è morto.», parlò Kimberly per la prima volta.

«Ragazzi...», Logan provò a inserirsi nel discorso con il tono più pacifista che disponeva, ma con scarsi risultati.

«Ma tu che razza di relazione avevi con mio fratello? Si può sapere che cazzo ci fai qui?», esclamò Grayson, ormai rosso dalla rabbia di sentire quelle parole così dure, eppure così reali. Julian gli sorrise.

«Ragazzi, per favore.», continuò Logan alzando le mani come se fosse diventato improvvisamente invisibile e cercasse in tutti i modi di far percepire la propria presenza.

«Mi scopava, di tanto in tanto. - rispose Julian - Quando si sentiva un po' meno coglione e miserabile del solito.», mormorò poggiandosi a un tavolino di legno con le mani, mentre gli angoli delle labbra si sollevarono appena di più.

«Non azzardarti a parlare ancora così.», Kimberly, che raramente si era ritrovata a difendere Noel, strinse i pugni di fronte a quelle lame che Julian lanciava al ricordo di Noel.

«Adesso basta!», esclamò Logan prima di essere ignorato per l'ennesima volta.

«Voglio solo dire. - esordì ancora Julian guardando tutti i ragazzi presenti - Che nessuno qui adorava Noel. E proprio non capisco perché, considerato che tutti pensano che sia stato uno stronzo, una volta morto deve essere nominato santo.», disse incrociando le braccia al petto e alzando gli occhi al cielo.

«Questo non...Non è vero.», Hunter si alzò e parlò per la prima volta, con gli occhi scuri e decisi puntati su Julian e le dita strette intorno alla larga maglia che lo avvolgeva rassicurante.

«Oh...No? Cos'ha mai fatto per te?», infierì Julian.

Logan riprese a parlare per tentare di catturare ancora una volta l'attenzione generale, Grayson si alzò in piedi e fronteggiò Julian alzando di poco la voce, mentre le repliche di Kimberly e Hunter arrivavano sottovoce e precise nei momenti giusti. Gli altri ragazzi si limitarono a seguire quello scambio di battute come di fronte a un vero spettacolo, tranne Mitch che di tanto in tanto prendeva le difese dell'una o dell'altra posizione a seconda di chi stava parlando.

E nel mentre che Logan, ormai paonazzo per lo sforzo, si sbracciava e alzava la voce con loro, Charity osservò la piccola Denise alzarsi in silenzio e arrampicarsi sul palco sopra le grida degli altri ragazzi.

«Scusatemi!», urlò tanto forte che per un istante il silenzio calò sull'intera platea, in cerca di quella nuova voce.

«Oh grazie a Dio.», mormorò Logan dietro di lei, con le braccia conserte.

«Scusatemi. - ripeté Denise a voce più bassa, con un sorriso imbarazzato - Sono Denise, frequento solo il primo anno e, per questo, non penso di avere il diritto di parlare a questa riunione, ma se voi mi darete il permesso vorrei provare a darvi una mano, visto che ormai sono qui.», mormorò lanciando un'occhiata a Logan che annuì, contento di avere nuovamente un po' di pace per le sue orecchie.

«Io credo che...Ehm, mi diresti il tuo nome?», chiese Denise rivolta a Julian. Il suo tono era basso e confortevole, la sua espressione sembrava dare la stessa sensazione di una doccia calda la sera o di un morbido cuscino quando la stanchezza è troppa per stare ancora in piedi.

«Julian.», rispose il ragazzo, curioso per quello che una ragazza del primo anno avrebbe avuto da dire sulla questione.

«È un piacere. - si premurò di sorridergli prima di iniziare - Io credo che quello di Julian sia il punto di partenza per una buona idea.», si azzardò a dire e, quando vide Grayson aggrottare le sopracciglia, si affrettò a continuare.

«Io non ho mai incontrato Noel, l'ho scoperto soltanto attraverso le parole degli altri e per questo non voglio insinuare di conoscerlo. - gli disse con un tono sorprendentemente rassicurante - Il mio obiettivo è dare una mano nel trovare il tema del Festival, per quanto riguarda la commemorazione non ho alcuna intenzione di mettermi in mezzo.», disse con ormai tutti gli occhi puntati addosso.

«Voglio aggrapparmi solo ai fatti oggettivi. - continuò poi - Julian ha suggerito il Pride. Noel non voleva che il suo segreto venisse scoperto, aveva paura dei giudizi degli altri, ma io credo ancor più di se stesso. Pride, significa Orgoglio, significa io confido in me stesso, io sono soddisfatto di me stesso, significa io sono fiero di quello che sono, in tutte le sfaccettature che questa frase può assumere.», si fermò qualche istante, come se il filo lineare che stava uscendo dalle sue labbra sottoforma di parole si fosse aggrovigliato.

Aggrottò le sopracciglia, riflettendo, poi continuò.

«Noel aveva paura perché la situazione in cui si trovava, quello che lui sentiva, era qualcosa che non conosceva e che probabilmente non gli è stato mai insegnato da bambino, nessuno gli ha mai parlato di quante possibili vie per amare esistono...Forse qui ho osato un po' e mi dispiace se in qualche modo vi ho offeso.», aggiunse poi guardando Kimberly e Grayson.

«Nostro padre...Ha una mentalità molto chiusa e ha sempre marcato Noel a uomo, voleva che diventasse importante come lo è lui e non ha dato spazio ad altro.», le diede ragione Grayson, mentre Kimberly annuiva consapevole che sia lei sia il fratello avevano avuto decisamente meno pressioni rispetto a Noel.

«Noel non ha mai avuto la possibilità di imparare a conoscersi. - continuò allora Denise, come se avesse preso così tanto a cuore la faccenda da sentirla ormai parte di sé - E io so di per certo che non è l'unico, io so che c'è e ci sarà sempre qualcuno che non riesce a capire che cosa vuol dire amare ed essere amati, indipendentemente da quale sesso ci si trova di fronte.», aggrottò ancora le sopracciglia e arricciò il naso, mettendo tutta se stessa per far arrivare a quei ragazzi che non conosceva il pensiero che dentro di lei sembrava essere così lampante.

«Credo che sia importante lavorare sulla consapevolezza che diverso non è sbagliato e che, alla fine, diverso è una parola così particolare che va spesso ad assumere significati molto brutti, mentre perde il più importante. È bello essere diversi, è bello perché è quello che siamo tutti e io vi posso giurare che non c'è nessuno, davvero nessuno uguale a qualcun altro. Questo non è mai stato un male, è solo la nostra interpretazione che lo rende tale.», prese fiato un'ultima volta, con le dita che si stringevano l'un l'altra.

«Ecco, scusatemi, ho parlato troppo. - rise appena - La mia proposta per il tema è la consapevolezza e il rispetto di sé.», concluse guardandosi intorno in cerca di qualcuno che potesse appoggiarla.

Logan applaudì entusiasta, prima di avvicinarsi.

«Ma dove ti eri nascosta.», commentò stringendole le mani tra le sue. Denise gli sorrise e poi guardò Grayson, Kimberly, Julian e Hunter, con quello sguardo mite.

«Voi pensate che possa essere una buona idea? Anche per Noel intendo.», chiese.

«Credo che tu abbia capito Noel, più di quanto l'avessimo fatto noi.», sussurrò Hunter che, in realtà, aveva tenuto a quel ragazzo così tanto proprio perché era riuscito a vedere la paura che gli oscurava il giudizio, ma mai era riuscito veramente a comprenderla. Questo, lo faceva sentire terribilmente in colpa.

«È il tema più artistico che io abbia mai sentito.», commentò Cookie entusiasta all'idea che con quel semplice titolo i numerosi studenti avrebbero potuto riversare sulla loro arte i soli sentimenti.

«Sei stata brava.», fu la risposta di Grayson che sorrise appena a Denise.

«Posso sposarla?», mormorò Mitch, con un tono particolarmente confuso.

«Se siamo tutti d'accordo, direi di procedere. - disse allora Logan che, senza riscontrare alcun dissenso, continuò - Passiamo alle cose più noiose, la gestione. Il Rettore mi ha incaricato, in quanto Rappresentante, di organizzare il Festival e ho intenzione di farlo nella maniera migliore possibile.», ed eccolo che ritornò in un battito di ciglia quel suo inconfondibile carisma.

«Io sarò il responsabile a cui voi dovrete rivolgervi in caso di un qualsiasi, minimo problema. - parlò piano, scandendo le parole mentre faceva ricadere lo sguardo su Mitch. - Sotto di noi, avremo bisogno di un referente per ogni indirizzo. Chi se la sente?», domandò allora guardandoli con un sorriso.

«Io mi occuperò degli studenti di Teatro.», mormorò Julian alzando appena la mano con un'espressione carica di malizia.

«Io per danza!», esclamò Mitch alzandosi in piedi.

«Santo cielo, no. - commentò Julian - Kimberly, credo che tocchi a te, questa volta.», aggiunse poi ignorando le lamentele di Mitch e lanciando, però una semplice occhiata a Charity. Kimberly annuì.

«Io penserò a quelli di Musica.», mormorò Grayson tornando a sedersi sul palco.

«Credo che per ora i nostri Hunter e Isaac dovranno occuparsi dei loro rispettivi corsi.», aggiunse poi Logan con un tono di scuse.

«Non c'è problema.», rispose Hunter incerto, mentre Isaac si limitò a sospirare.

«Bene, allora Kimberly, Grayson, Hunter, Julian, Isaac e...Chi per moda?», domandò Logan come se stesse conducendo un'asta.

«Ci penso io.», alzò la mano Janette.

«Perfetto! Voi sei avrete l'incarico di pubblicizzare il nuovo tema, di cercare persone che vogliono unirsi all'organizzazione e di gestire all'interno del vostro corso la richiesta di chiunque voglia allestire un banchetto. Il tempo limite per poter presentare domanda è circa tre mesi prima, in modo da poter richiedere tutti i permessi e avviare l'allestimento.», disse sicuro delle proprie parole, con le spalle larghe e la schiena dritta.

«Molto bene, poi sarà necessaria un'esibizione cardine per ogni corso. - continuò - Voi o chi per voi vi occuperete di gestirla. Io, se permettete, vorrei supervisionare l'esibizione di danza che eseguirà Charity.», parlava con così tanta fluidità che la ragazza in questione si accorse soltanto dopo di essere stata nominata.

«Come?», esclamò preoccupata e anche confusa dall'assurda proposta.

«Non preoccuparti, te la caverai benissimo.», la incoraggiò Cookie con un applauso. Charity non ebbe il coraggio di replicare e si limitò a tentare a ricordarsi come si facesse a respirare.

«Penserò io a uno spettacolo per il mio corso. - esordì Julian - Avrò tutto l'anno per poter scrivere il copione. Tu piccolo discepolo, mi assisterai.», commentò poi rivolto verso Tyson, entusiasta di avere qualcuno come apprendista. Ancor meglio se quel qualcuno era il suo nuovo compagno di stanza.

«Vivendo insieme sarà più facile. - scrollò le spalle Tyson - Mi occuperò di tutto il resto quando Julian non potrà.», sorrise contento.

«Io penserò a una possibile mostra, ma dovrò chiedere a qualcuno del mio corso di darmi una mano.», aggiunse Hunter a bassa voce. Logan gli sorrise.

«Non preoccuparti, ho già qualche nome in mente. Saranno molto disponibili.», lo rassicurò mentre Isaac gli spettinava i capelli scuri.

«Vorrei suonare il violino di Noel al Festival, il suo brano preferito. - mormorò Grayson dopo alcuni istanti di silenzio - Credo che mi possa aiutare nel tentativo di avvicinarmi a lui...Ma non vorrei essere il solo, quindi mi piacerebbe che tu, Vic, realizzassi qualcosa di originale che si riferisca al nostro tema. Sempre che a te vada bene.», abbassò gli occhi azzurri su Victor che, ancora poggiato al muro, aprì le labbra un paio di volte e poi si limitò ad annuire sconsolato.

«E per te, Isaac?», domandò Logan che stava scrivendo su un foglio l'intera conversazione come se fosse in tribunale.

«Non saprei, si potrebbe realizzare un corto.», mormorò in risposta, passandosi la mano tra i capelli scuri.

«Per moda pensavo a una sfilata di capi disegnati da noi, che tendano a eliminare l'idea di un genere. - disse Janette, che fino ad allora era soltanto rimasta a sentire - Per farlo avrò bisogno proprio di un paio di modelli ragazzi e un paio di modelle ragazze, in modo da evidenziare la neutralità del capo indipendentemente che a indossarlo sia una persona dai lineamenti di un tipo piuttosto che di un altro.», rimasero tutti per qualche secondo in silenzio, stupiti che effettivamente Janette avesse una mente dalla quale pensare vista la sua silenziosa partecipazione alla relazione con Noel.

«Io voglio occuparmi di vestire le ragazze! - esclamò Cookie alzando la mano - Mi serviranno due modelle, però.», aggiunse poi entusiasta.

«Se serve lo faccio io.», mormorò Kimberly scrollando le spalle e a Cookie sarebbero bastati un paio di secondi in più con i suoi occhi puntati addosso per svenire.

«Io farò la seconda.», aggiunse poi Janette.

«Anche me piacerebbe dare una mano nell'ideazione dei capi.», si osò Denise inclinando appena il capo.

«Io! Lo faccio io il modello! - quasi urlò Mitch - Tanto avrò tutto l'anno per mettere giù la coreografia che realizzerò al mio banchetto.», aggiunse incrociando fiero le braccia al petto.

«Bene, il secondo?», domandò allora Janette, facendo scorrere lo sguardo e soffermandosi sulla figura più alta che riuscì a vedere.

«Tu.», disse poi indicando Isaac, che intanto si era alzato in piedi.

«Non se ne parla.», rispose il ragazzo con una risata appena accennata.

«Perché?», domandò Denise, così seria che Isaac quasi non se la sentì di risponderle.

«Sono l'unico per il momento che deve avviare i lavori per il mio corso.», si limitò a dire, distogliendo lo sguardo.

«Oh, non ci vorrà molto tempo. - disse allora Denise - Ho solo bisogno di prendere le misure e poi sarai libero di fare quello che vuoi, dovrai solo indossare e camminare.», lo rassicurò, come se non vedesse che Isaac proprio non aveva alcuna intenzione di sfilare davanti a tutti.

Eppure, Denise lo vedeva eccome ed era proprio per questo motivo che stava insistendo. L'orgoglio e l'amore per se stesso, Isaac sembrava averlo dimenticato nel tempo e se c'era un motivo per il quale aveva proposto questo titolo, era proprio dare una mano nel riscoprire la propria persona. Se non ci credeva chi organizzava, come avrebbe potuto crederci chiunque altro?

«In ogni caso dovremo trovargli qualcuno che gli faccia da spalla.», commentò Logan con la penna poggiata sulle labbra, mentre scorreva il lunghissimo elenco mentale di persone che conosceva.

«Penso di sapere a chi chiedere. - sorrise Julian - Domani gli parlerò.», si propose con l'aria di chi aveva decisamente un secondo fine.

«D'accordo.», sospirò Isaac dando appena un'occhiata a quella ragazza che adesso sorrideva con soddisfazione.

«Va bene, ragazzi. - Logan prese ancora una volta la situazione in mano - Dobbiamo ancora entrare nel vero flusso organizzativo, ci servono persone che abbiano la buona volontà di aiutarci, ma avremo l'intero anno per riuscire a metter su un Festival con i fiocchi.», sorrise osservando le righe che aveva scritto.

«Ci aggiorniamo tra due settimane? Siete tutti d'accordo? - domandò alzando lo sguardo luminoso sui presenti - Stessa ora stesso posto. Ah e...Grazie per l'aiuto.», sorrise poi, ben consapevole che nessuno di loro era in quel teatro spinto dalla voglia di essere una persona migliore, se non forse i due nuovi arrivati.

In questo modo, i ragazzi si separarono con l'impressione di avere l'inizio di qualcosa di importante tra quelle dita che tremavano per l'ansia di fallire un'altra volta. Charity, che ancora non era riuscita a realizzare quello che Logan voleva da lei, si era unita al suo gruppo di amici e mentre Cookie correva da Kimberly e Janette per i dettagli, Denise si accordava con Mitch su una possibile realizzazione di volantini con Isaac al loro fianco che li ascoltava in silenzio e allo stesso tempo teneva d'occhio la gamba di Hunter che sembrava non voler smettere di agitarsi. Victor uscì, ancor prima che potessero vederlo e Julian lo seguì a ruota, ignorando l'occhiata di Grayson che si era fermato a parlare con Logan.

Julian rimase, come sempre, stupito della luce del sole che nonostante fosse obbligato a tramontare, si stava ostinando a donargli quel colorito roseo e dorato tipico della famosa Golden Hour il più a lungo possibile. Si strinse nel cappotto, accarezzato da quella fresca brezza che stava abbandonando l'estate per abbracciare l'autunno e si fece strada verso il suo appartamento.

Pensò alle parole di quella ragazza lungo la strada, pensò al bizzarro tema del Festival, pensò a quella parola che ultimamente sembrava quasi perseguitarlo. Rispetto. Allen continuava a domandargli quando avrebbe iniziato ad avere rispetto per se stesso e, adesso, si ritrovava a organizzare un intero spettacolo teatrale su questo. Era più che divertente, era esilarante.

Cos'era il rispetto? Julian non aveva mai imparato questi concetti. Limiti, riguardo. Julian osava da quando ne aveva memoria, Julian si spingeva oltre i propri confini e ancora di più per poter avere il sentore di una minima scintilla d'emozione.

E continuava a ignorare i messaggi d'aiuto che il proprio corpo gli inviava, l'eccessiva magrezza, la stanchezza fisica, il dolore in ogni minima parte del corpo. Continuava e continuava a non capire, nemmeno la mattina seguente, quando Tyson lasciò l'appartamento e Allen ne entrò soltanto per finire tra le sue lenzuola.

Adesso erano entrambi su quel piccolo letto, nudi. Julian si era voltato verso di lui, rivedendo nel suo sguardo le scene appena vissute, le sue dita aggrappate alla schiena, i denti che gli avevano morso la pelle e i gemiti di piacere che gli avevano lasciato le labbra.

Allen stava fumando una sigaretta, osservando i rivoli di fumo uscire in silenzio dalla finestra aperta sopra di loro. Gli occhi castani si spostarono poi sulle nuvole e ne seguirono i contorni come se fossero la strada per uscire da un labirinto. Aveva il respiro appena affannato e il viso ancora rosso, il sudore gli faceva brillare le curve dei muscoli sotto la luce del sole e la stanchezza gli faceva socchiudere gli occhi.

«Allen.», lo chiamò Julian e lui gli passò la sigaretta.

«Cosa vuoi?», gli chiese. Non era arrabbiato, non lo odiava, era il suo modo di porsi e non era lui il problema. Julian se lo ripeteva ogni volta, per evitare di dimenticarlo.

«È successa una cosa bizzarra.», mormorò aspirando dalla sigaretta per poi lasciar andare il fumo. Aspettò che Allen gli chiedesse che cosa fosse successo, ma dopo qualche minuto si rese conto che non l'avrebbe fatto. Lui faceva così.

«Sono entrato nel Comitato organizzativo del Festival.», aggiunse allora passando nuovamente la sigaretta al ragazzo. Ormai non era più che un mozzicone, ma Allen riuscì a trovare ancora una piccola parte da aspirare per potersi bruciare i polmoni.

«Tu?», gli chiese Allen, visibilmente confuso.

«Già, metterò su uno spettacolo. - spiegò mettendosi a pancia in più e puntando sui gomiti per guardarlo dall'alto - Il tema è il rispetto di sé.», Allen lo guardò, con tanta attenzione che Julian si ritrovò ad arrossire.

Fece scorrere lo sguardo su ogni punto visibile del suo volto e poi spostò appena la testa sul cuscino, spettinando ancor di più i ricci rossi.

«Potrebbe venirne fuori qualcosa di buono.», mormorò infine tornando a guardare le nuvole, dopo aver spento la sigaretta nel posacenere.

«Ma abbiamo un piccolo problema. - continuò Julian - Avremmo bisogno di qualcuno che dia una mano per il corso di cinema. Vogliono realizzare un cortometraggio, se ci lavorassi tu potremmo realizzare qualcosa di collegato al mio spettacolo.», suggerì con un sorriso sulle labbra.

Allen si alzò e Julian lo guardò vestirsi, soffermandosi sul dolce movimento dei muscoli sotto la pelle che animavano quei complicati tatuaggi scelti per decorargli le spalle larghe.

«No.», gli disse infilandosi i pantaloni e raggiungendo la cucina a torso nudo, soltanto per cercare qualcosa da bere.

Afferrò un bicchiere e lo mise sotto l'acqua corrente, prima di ritirarlo e avvicinarselo alle labbra e in quello stesso istante la porta d'ingresso si aprì davanti al nuovo coinquilino di Julian.

I due rimasero a studiarsi per alcuni secondi, Tyson intimidito da quell'enorme figura che gli stava davanti e - doveva essere sincero - anche abbastanza distratto dal suo aspetto e Allen incuriosito da quel ragazzo che Julian gli aveva descritto come un "orsacchiotto da compagnia".

«Hai sete?», gli domandò Allen inclinando la testa e alzando appena quel bicchiere che teneva tra le dita.

«Oh...Ehm, io...», balbettò Tyson, dopo essere stato sorpreso a fissarlo.

«Guarda come mi sta bene! Cosa ne pensi?», esclamò Julian arrivando dalla sua stanza con la maglia di Allen addosso e facendo un giro su se stesso per mostrargliela. Quest'ultimo si prese qualche istante per riflettere, studiando attentamente l'allampanata figura di Julian avvolta da quella maglia enorme per il suo fisico.

«Mi piace.», commentò infine senza alcuna malizia nella voce.

Julian amava quel suo modo di esprimersi così naturale, ma doveva ammettere che a volte flirtare con lui diventava una vera e propria sfida: Allen sembrava non essere in grado di capire quel sorriso e quegli occhi languidi che Julian provava a rivolgergli di tanto in tanto in cerca di una qualsiasi reazione.

«Allora farai parte del progetto?», chiese allora Julian salutando Tyson con un occhiolino e poggiandosi al bancone con i gomiti, per sorreggersi la testa tra le mani.

«No, Julian e non ho idea del perché tu lo faccia, a dire il vero.», rispose incrociando le braccia al petto e costringendo Tyson a puntare lo sguardo su un'interessantissima crepa nel muro.

«Lo faccio perché è divertente.», gli disse con semplicità.

«Non è divertente. - replicò Allen - È un tema importante, ma sembra che tu non riesca a prendere mai nulla sul serio.», borbottò poi poggiando il bicchiere dentro il lavandino.

«Allora aiutami a prenderlo sul serio.», mormorò Julian osservandolo con attenzione e impegnandosi nello sbattere le ciglia così velocemente da vedere il volto di Allen soltanto a intermittenza.

«Perché?», gli chiese Allen poggiando le mani sul tavolo, mentre Tyson sentiva l'urgenza di nascondersi in camera sua, ma Julian lo trattenne per il braccio.

Perché ti sto implorando, pensò Julian, perché ne ho bisogno.

«Perché dici sempre che non so portarmi rispetto. - disse invece - Dimostrami di avere ragione, fammi vedere cosa vuol dire.», lo incitò con un sorriso che abbandonò le sue labbra nel vedere un guizzò della mascella di Allen.

«D'accordo.», accettò la sfida dopo alcuni secondi di riflessione. Dopodiché, conclusa la conversazione, Allen tornò in camera per recuperare il resto delle sue cose.

«Che relazione avete voi due esattamente?», chiese Tyson una volta che la figura di Allen svanì oltre la porta della stanza.

«Te ne parlerò quando sarai più grande.», Julian ammiccò verso di lui.

«La maglia!», esclamò Allen attirando l'attenzione del ragazzo, che rise andandogli incontro.

Tyson, che era ritornato soltanto per recuperare i libri della lezione successiva, si allontanò nuovamente con l'impressione di essersi messo in mezzo a una situazione tanto delicata quanto un vaso di cristallo in bilico tra la superficie del tavolo e quella del pavimento.

Uscì in silenzio e tirò un sospiro di sollievo quando fu finalmente fuori da quella strana tensione. Sorrise a Denise che lo stava aspettando sotto uno di quegli alti alberi che creavano sul vialetto curiosi disegni d'ombra in continuo movimento. Stava iniziando a spogliarsi delle sue foglie, perché di tanto in tanto se ne vedeva una scivolare in aria, trasportata dal vento fino a toccare terra per poi essere dimenticata laggiù insieme a molte altre.

«Eccomi, scusa il ritardo. - la salutò stringendola a sé - C'era un ragazzo seminudo in casa.», la mise al corrente camminandole al fianco mentre cercava ancora di infilare uno dei libri nello zaino ormai pieno.

«Ah sì? - gli chiese divertita - E ti piaceva?», continuò poi tornando a osservare il via vai di studenti che si era creato intorno a loro. Era l'ora di punta, l'ora in cui tutti, stremati dalle lezioni mattutine, correvano in cerca di qualcosa che potesse dar loro energia.

«Decisamente. - Rispose Tyson rinunciando alla sua missione e tenendo il libro stretto al petto - Ma ho come l'impressione che sia off-limits.», scherzò con un largo sorriso.

Guardò poi Denise con la coda dell'occhio e si accorse dell'anomala serietà che le spegneva lo sguardo, mentre una fitta di preoccupazione gli attraversava lo stomaco. Non era davvero sua sorella, non aveva legami di sangue con lei e, a dire il vero, nemmeno con i suoi stessi genitori che l'avevano adottato anni fa. Denise era semplicemente un'amica di famiglia, una ragazza che era entrata nella sua vita così bruscamente da rendergli difficile l'inizio della loro amicizia, una ragazza che però portava nel petto il cuore di una persona per la quale Tyson avrebbe dato la vita. Da perfetta sconosciuta, divenne quindi la sua migliore amica.

«Tutto bene, Ginger?», le chiese circondandole le spalle con un braccio.

«Solo un po' di stanchezza.», sorrise lei facendo ritornare quella luce che per un istante le aveva abbandonato lo sguardo.

«Hai preso la terapia, sì?», domandò ancora.

«Certo, papà.», lo prese in giro Denisefermandosi quando vide in lontananza Hunter e Mitch, che stava correndo loroincontro.

«Come butta, raggio di sole? - le chiese una volta raggiunta, prima di battere il cinque a Tyson - Bro.», salutò anche il ragazzo, proprio mentre Hunter lo affiancava.

«Stiamo andando a mangiare, venite con noi?», chiese allora Tyson alzando le sopracciglia entusiasta.

«Oh...Sarebbe figo, Terey che ne dici?», domandò poi Mitch voltandosi verso l'amico con un'espressione carica di aspettativa. Aspettativa che Hunter non si sentiva di deludere, nonostante avrebbe preferito morire mille volte piuttosto che magiare al bar all'ora di punta, proprio quando ci avrebbe trovato tutti quanti.

«Va bene.», sussurrò allora abbassando lo sguardo sulle sue scarpe, attirando lo sguardo curioso di Tyson.

Tyson non aveva ancora capito cosa fosse quella strana sensazione che provava nel vederlo muoversi o nel sentirlo parlare, sembrava così delicato che soltanto un tono di voce più alto avrebbe potuto romperlo. Si sforzò di sorridere e gli si avvicinò, mentre Mitch affiancava Denise.

«Voglio che tu sappia che sono a tua completa disposizione. - le disse con il tono più serio che riuscì a tirar fuori e che, effettivamente, non era molto credibile - Potrai prendere tutte le misure che vuoi, quando lo vuoi.», sorrise poi alzando le sopracciglia nello stesso istante in cui Denise le aggrottava.

«Oh, ti ringrazio...Credo.», mormorò lei in risposta, confusa da quell'atteggiamento.

«Tu hai paura, vero?», Tyson che si era avvicinato a Hunter, fece alzare lo sguardo di quest'ultimo. Non parlò con malizia o con tono accusatorio, era semplicemente curioso, eppure dagli occhi spalancati di Hunter sembrò non fosse riuscito a cogliere questa particolare sfumatura.

«Io non ho paura.», borbottò in risposta, con le mani nelle tasche per combattere la smania di girarsi un'altra sigaretta. Hunter non voleva fumare, non aveva mai voluto, eppure era l'unica cosa in grado di bloccare quell'ansia costante che lo torturava. Oltre alla placida presenza di Isaac.

«Scusami, non volevo metterti a disagio. - disse allora Tyson - È che non mi sembravi molto d'accordo con l'idea di mangiare con noi...Ma va bene! - si affrettò ad aggiungere - Non devi per forza dire di sì se non vuoi.», scrollò le spalle con una semplicità che colse Hunter di sorpresa.

«Non...Non è che non voglio mangiare con voi.», provò a dire, ma si fermò perché incerto su come effettivamente fargli capire quel castello di problemi inesistenti che Hunter continuava a costruire nella sua mente mattone dopo mattone. Decise di non farlo e terminò la frase così.

«Non devi parlarne se non riesci. - lo rassicurò Tyson guardando dritto davanti a sé, come se fosse effettivamente riuscito a leggergli nel pensiero - Ci sono così tante cose che hanno senso solo nella nostra testa. Verranno poi fuori con il tempo, agli occhi di una persona attenta.», continuò sorridendo soddisfatto del suo discorso.

Isaac è una persona attenta, pensò Hunter colpito da quelle parole che sembravano uscire dritte da una pagina Instagram di frasi fatte. Perché non riesco a parlare con questa chiarezza? Si chiese poi scrutando con attenzione il viso di Tyson che, sentendosi osservato, trattenne il fiato dall'imbarazzo.

C'era qualcosa negli occhi di Hunter che lo mettevano in soggezione ogni volta che lo guardava. Non lo conosceva da molto, soltanto qualche giorno, eppure sentiva che c'era molto di più oltre quel pallido viso e quei larghi vestiti che usava per nascondersi.

«Io sono una persona attenta.», aggiunse poi, guardandolo con la coda dell'occhio per catturare quel debole rossore che gli diede quel po' di colore. Hunter si arrese e prese i filtri e le cartine.

«Beh, sono felice per te.», cercò di cacciar via tutto l'imbarazzo concentrandosi nell'accedere la sigaretta.

«Hai bisogno?» chiese Tyson divertito nel vedere le dita che tremavano appena quando cercavano di utilizzare l'accendino, rendendo tutti i tentativi di Hunter fallimentari.

«La fumo dopo.», balbettò allora ricacciando l'accendino in tasca e infilando la sigaretta insieme alle stecche dei filtri, mentre raggiungevano il bar con la dolce risata di Tyson in sottofondo.

Forse, pensò Hunter, forse non è poi così male conoscere persone nuove.

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