Baby, i'm yours

Від lexyala

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[CARTACEO SU AMAZON] Artem Koval, si trova intrappolato nella banalità della sua vita sociale. Una sera, dura... Більше

𝒫𝑅𝒪𝐿𝒪𝒢𝒪
𝒰𝒩𝒪
𝒟𝒰𝐸
𝒯𝑅𝐸
𝒬𝒰𝒜𝒯𝒯𝑅𝒪
𝒞𝐼𝒩𝒬𝒰𝐸
𝒮𝐸𝐼
𝒮𝐸𝒯𝒯𝐸
𝒪𝒯𝒯𝒪
𝒩𝒪𝒱𝐸
𝒰𝒩𝒟𝐼𝒞𝐼
𝒟𝒪𝒟𝐼𝒞𝐼
𝒯𝑅𝐸𝒟𝐼𝒞𝐼
𝒬𝒰𝒜𝒯𝒯𝒪𝑅𝒟𝐼𝒞𝐼
𝒬𝒰𝐼𝒩𝒟𝐼𝒞𝐼

𝒟𝐼𝐸𝒞𝐼

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Від lexyala

ARTEM

"Sulle nostre droghe,
sul nostro amore,
sui nostri sogni e
sulla nostra rabbia.
Sfocando i confini
tra il reale e il falso
buio e solitario,
ho bisogno di qualcuno
che mi sostenga"
-Lana Del Rey

𝑀𝒾 svegliai di soprassalto e controllai l'orologio: 05:30.
Avevo dormito solo due ore e mezza dopo l'episodio con Laetitia qualche ora prima. Mancavano solo trenta minuti prima che la sveglia segnasse l'inizio di un'altra settimana.

Nonostante la breve dormita non sentivo alcun desiderio di riposare; le vertigini allo stomaco mi impedivano di chiudere gli occhi. Inoltre, anche se avessi dormito, sarebbe stato impossibile scacciarla dai miei pensieri.
Mi voltai nel letto e affondai il viso nel cuscino, cercando di non tornare con la mente a quanto accaduto poco prima. Sembrava un'impresa impossibile... e lo era. L'immagine di lei era impressa nella mia mente e ancora potevo sentire il calore dei nostri corpi pressati l'uno contro l'altro. La sua presenza era così intensa che potevo quasi percepire il battito del suo cuore forte, tra le costole. Il suo profumo mi pervadeva ancora le narici, lasciandomi frastornato dalle emozioni ancora vive.

Mi chiesi se anche lei avesse provato qualcosa in quei brevi istanti in cui eravamo separati dal mondo, completamente isolati. Anche se durati solo un paio di minuti, sembravano un'eternità, come se il tempo avesse interrotto la sua marcia. Mi domandai se anche lei avesse avvertito le vertigini allo stomaco, se avesse sentito il calore emanato dai nostri corpi così intensamente come me.
Non potevo esserne certo, ma una voce interiore proveniente dal profondo del mio essere, mi sussurrava che anche lei aveva apprezzato quella vicinanza. Iniziai a fantasticare e a immaginare le più strane e improbabili situazioni, come spesso accade quando si prova qualcosa per qualcuno. Aspettative e illusioni, forse le armi più potenti del cuore quando batte per un altro. Speravo di non dover supporre che "se fosse stata infastidita, si sarebbe allontanata immediatamente", oppure che "se le avesse dato fastidio, avrebbe reagito con insulti o addirittura uno schiaffo".

Le illusioni mi procuravano un senso di benessere temporaneo, mi abbandonavo a quelle fantasie, sorridendo come un folle nel buio della mia stanza alle 5:30 del mattino. Il cuore mi pesava afflitto da emozioni mai sperimentate prima e mi chiedevo... perché?
La conoscevo appena: il suo nome, la sua età, il suo status sociale... ma di lei sapevo poco o nulla. Tuttavia, qualcosa in lei mi intrigava, intuivo che dietro quella corazza esteriore si nascondeva qualcosa di più. Il suo atteggiamento distaccato, la freddezza con cui osservava chiunque si avvicinasse, tutto ciò rifletteva un carattere solido, duro come la roccia ma avvertivo che c'era di più, lo leggevo nei suoi occhi. Il nostro contatto ravvicinato mi aveva dato un ulteriore motivo per credere in questa supposizione, e mi aveva spinto a voler indagare sulla sua vita. Volevo scoprire la verità mascherata dalla ragazza apparentemente fredda, popolare e indifferente.
Chi era davvero Laetitia Martin?
Mi girai sulla schiena e fissai il soffitto non resistendo alla tentazione di rivivere le ore precedenti, quasi ci tornai volontariamente. Poi chiusi gli occhi, immergendomi nei pensieri e lasciando che ogni sensazione mi avvolgesse.

Camminammo in silenzio per circa venti minuti, nessuno di noi due osava parlare. O almeno io non avevo il coraggio di farlo; immaginai che lei non sentisse particolare necessità. Il suo sguardo era rivolto verso l'alto, abbassandosi di tanto in tanto per controllare la strada. Gli occhi erano persi tra le stelle, più visibili del solito quella sera, quasi sembrava fatto apposta. Sembrava che persino le stelle si illuminassero ulteriormente ogni volta che Laetitia alzava gli occhi in alto. La osservavo incantato, era la prima volta che la vedevo con un volto così sereno e senza essere sulla difensiva. I suoi lineamenti rilassati la rendevano ancora più affascinante... persino più della Luna su cui ora si era posato il suo sguardo. La contemplavo con ammirazione e per un attimo provai invidia nei confronti del satellite. Sentivo l'urgenza di rompere il ghiaccio; entrambi eravamo calmi e l'atmosfera era propizia per una conversazione più profonda rispetto a quella avuta alla festa.

-Abiti molto lontano?- Chiesi.
-No, ancora cinque minuti. Se ti sei stancato, posso proseguire da sola- replicò e quasi sobbalzai alla sua risposta.
-Scusami, non volevo darti l'impressione di essere annoiato. Mi fa piacere accompagnarti, era solo una... domanda- non rispose.
Avere una conversazione con Laetitia si rivelò più impegnativo del previsto, data la sua propensione a mettersi sulla difensiva. Rimase in silenzio per qualche istante, mentre la scena tra lei e quei ragazzi continuava a riaffiorare nella mia mente.
-Ti capita spesso?- Chiesi.
Si voltò e mi guardò negli occhi. Cercai di nascondere l'effetto che mi provocava ogni volta che ci incrociavamo dietro un'espressione seria, cercando di mascherare i brividi.
-Abbastanza- non mi sorprese; si era comportata forse troppo tranquillamente per essere una ragazza circondata da individui del genere. E in modo inaspettato lei continuò:-Purtroppo, da quando la gente ha iniziato a conoscermi sono cambiate molte cose, nel bene e... nel male. La maggior parte dei ragazzi vuole solo avere rapporti sessuali con me e si avvicinano nel modo più sgradevole, pensando di fare semplicemente delle avances.-
-Avances di merda- commentai.

Mi scrutò dall'alto al basso prima di dirigere di nuovo lo sguardo al cielo. Intrecciai le mani dietro la schiena, iniziando a percepire un certo nervosismo.
-Se ciò accade spesso... come riesci a mantenere la calma? Come puoi essere così tranquilla ora, con un ragazzo appena conosciuto, mentre ti trovi su una strada deserta?-
-Perché se avessi voluto farmi del male, probabilmente ti saresti unito a loro invece di difendermi. Ero in svantaggio, in un momento di debolezza e avresti potuto approfittarne. Ma non lo hai fatto- rispose con calma.
-Potrebbe essere anche che non mi piaccia condividere, ci hai mai pensato?- Alzò appena l'angolo delle labbra, quasi sorridendo e il mio cuore fece un sobbalzo. -Di solito, questo tipo di individui agisce in gruppo. Non mi è mai capitato con una singola persona. Onestamente, lo aggiungerei alla lista- replicò con ironia ma io non trovai la cosa divertente.
Quella situazione mi generava un'ira insopportabile; sentivo il desiderio di spaccare la faccia ad ogni figlio di puttana che aveva tentato di farle del male. -Deresponsabilizzazione, Laetitia. Ecco perché agiscono in gruppo.-
-In breve dei senza palle. Se qualcuno lo facesse da solo, probabilmente lo loderei per il coraggio, nonostante tutto- concluse.

Deglutii ancor più irritato.
-Sai che non dovresti prenderla alla leggera, vero?- Alzò le spalle. -Sono cose di tutti i giorni, cerco di sdrammatizzarle per non sentire troppa pressione. Quando le prendevo sul serio, avevo addirittura paura di uscire di casa e non voglio vivere così.-
-Sdrammatizzare non risolve il problema.-
-No, ma lo rende più sopportabile.-
-Non risolve niente comunque.-
Ci scambiammo uno sguardo intenso e per la prima volta notai una scintilla di divertimento nei suoi occhi castani. Le labbra le si incurvarono in un sorriso sornione mentre tornava a fissare il cielo con disinvoltura, lasciandomi confuso dalla sua reazione.
Svoltammo in una stretta strada che terminava davanti a un'imponente villa. Illuminava la buia strada con la luce che rifletteva dalle sue lunghe pareti quasi interamente in vetro.

La struttura antica e imponente trasmetteva un senso di timore, ma l'interno era arredato con mobili moderni e dispositivi all'avanguardia, almeno per quanto mi era possibile notare. L'intera proprietà era circondata da un cancello automatico, verso il quale ci dirigemmo. Mi lanciò uno sguardo prima di posizionarsi davanti all'ingresso e digitare alcuni numeri. Questo emise un suono stridulo accompagnato dallo scatto della serratura e Laetitia afferrò la maniglia, pronta ad entrare nel giardino privato. Tentò di fare un passo avanti ma si bloccò improvvisamente, con metà gamba alzata, poi tornò indietro per guardarmi. Dovette inclinare la testa verso l'alto data la mia altezza ed io ricambiai lo sguardo, scrutandola dall'alto. Le sue labbra carnose si schiusero leggermente, mentre cercavo di reprimere l'istinto di afferrarle il collo e mordergliele. Baciarla e tirarle fuori con la forza tutte le parole che sembrava trattenere sulla punta della lingua.

Feci scivolare la mano su e giù più velocemente mentre con l'altra stringevo le coperte con forza. Avevo iniziato da qualche minuto e già avvertivo l'orgasmo avvicinarsi
gradualmente. L'immagine di lei che mi guardava dal basso aveva avuto un effetto... singolare, la mente aveva preso quell'immagine e l'aveva collocata in un contesto diverso, dove mi osservava con gli stessi occhi, ma da una posizione molto più bassa. Le stesse labbra che avevo immaginato di assaporare un attimo prima, ora le immaginavo avvolte intorno alla mia lunghezza. Assieme ai suoi occhi umidi di lacrime, mentre lottava per prenderlo tutto fino a farmi raggiungere l'apice del piacere. Mentalmente afferrai i suoi capelli per aiutarla, gemendo intensamente mentre muovevo il bacino con lentezza verso la mia stessa mano. Inclinai la testa all'indietro e questa affondò ulteriormente nel cuscino. Boccheggiai in cerca di aria, mentre tutto diventava intensamente visivo e sensoriale. Non ero abituato a toccarmi poiché non ne avevo mai sentito il bisogno ma da quando l'avevo incontrata... era diventato il mio passatempo preferito. Un gemito profondo si liberò dalle mie labbra, seguito da un altro ancora, mentre aumentavo il ritmo e sentivo i muscoli tendersi.
Ero così vicino che quasi faceva male.

La brama di fotterla era irresistibile; non mi accontentavo più di immaginarla in varie posizioni per sentirmi appagato. Desideravo toccarla, esplorare ogni centimetro del suo corpo, sentire la sua pelle sotto le dita e verificare quanto potesse essere bagnata per me. Volevo baciarle il collo, l'incavo della mandibola, la gola, mordicchiare i punti più sensibili per intensificare le sensazioni. Procurarle gemiti di piacere, gustare la sua pelle sudata, osservarla contorcersi sotto di me. Asciugarle le lacrime mentre mi supplicava di scoparla con più intensità, di permetterle di raggiungere l'apice del piacere mentre le tenevo saldamente i capelli tra le dita. L'immaginazione si fece più vivida: riuscii a visualizzare il suo corpo
nudo sopra il mio. Le unghie affondavano nella mia pelle, i capelli rossi umidi le aderivano alla fronte, mentre il suo volto si contorceva nell'estasi del piacere.
Potevo percepire il sussurrare appena udibile del mio nome, mentre muoveva freneticamente il bacino sulla mia lunghezza, cercando disperatamente di raggiungere l'orgasmo. Mi aggrappai a quell'immagine e rievocai ancora una volta la sua voce spezzata dal piacere. Il cuore accelerò il battito, martellando rapidamente nel petto e stringevo con maggior forza il lenzuolo tra le dita. Gli occhi mi si schiusero all'improvviso e udii
Laetitia chiamarmi mentre si contorceva nel climax dell'orgasmo.
-Artem...-

-cazzo.- Il mio corpo si irrigidì e lasciai andare una quantità
abbondante di liquido che macchiò le lenzuola, seguito da un profondo gemito. Ansando, cercavo di trattenere un gran respiro; la temperatura corporea era alle stelle e le tempie mi pulsavano. Non mi sentivo per niente appagato ma dovevo accettarlo. Con qualche fazzoletto preso dal comodino (appositamente per situazioni del genere) ripulii la mia mano dai residui e mi girai sul fianco, chiudendo gli occhi e cercando di calmarmi.

Ero dietro di lei, osservando i suoi movimenti per assicurarmi che entrasse in casa sana e salva. Restai a guardarla anche quando lo sguardo si incontrò con il mio, sentendomi perplesso di fronte alla sua immobilità.
-Tu...- iniziò -rimarrai da solo per strada?- Mi ci volle qualche istante per elaborare la domanda e cercare una risposta sensata. La sua preoccupazione mi colse totalmente alla sprovvista.
-Beh... sì?- Risposi chiedendolo anche me stesso. Mi guardò a lungo, poi annuì lentamente. -Va bene allora...- il suo sguardo si spostò tra me e la porta di casa.
-Allora ciao.- Deglutii e mi grattai la nuca completamente imbarazzato. Non aspettò una risposta, chiuse il cancello alle sue spalle e la seguii con lo sguardo fino a quando scomparve dentro casa, dopo avermi lanciato un'occhiata veloce al di sopra della spalla.
-Allora ciao- replicai, anche se probabilmente fui l'unico tra noi due a sentire la risposta.

Sobbalzai violentemente al suono della sveglia e mi affrettai a spegnerla. Mi accasciai di nuovo nel letto e mi avvolsi con le coperte fino sopra la testa. Non avevo sonno, ma non ero pronto ad affrontare un'altra giornata scolastica, anzi, un'altra settimana. Rimasi avvolto nel groviglio di lenzuola per dieci minuti, prima di costringermi ad alzarmi e trascinarmi in bagno muovendomi come un'automa.
Mi sciacquai il viso con acqua gelida e richiusi il rubinetto una volta finito. Alzai lo sguardo e ammirai il riflesso del mio volto. Avevo uno sguardo diverso, molto più profondo; gli occhi solitamente color ghiaccio assumevano un tono più caldo, un azzurro splendente al posto del solito freddo e triste celeste. I capelli ricci, di un biondo cenere, ricadevano morbidi appena sopra gli occhi e pensai che forse era giunto il momento di tagliarli. Inarcai le sopracciglia chiare e folte e schiudii le labbra pallide. Afferrai il bordo del lavandino con entrambe le mani e persi del tempo ad osservare il mio viso ancora umido.
Non sono brutto, pensai, anche se lei probabilmente è abituata a ricevere attenzioni da ragazzi ancora più belli.
Ha mai avuto un fidanzato?
Se lo conoscessi, potrei sapere qual è il suo tipo di ragazzo e confrontarmi.
Mi persi nei miei stessi pensieri per l'ennesima volta su Laetitia.

Mi chiesi il motivo del mio intenso interesse mentre asciugavo delicatamente la pelle umida con l'asciugamano.
Non la conosco neanche, sfilai il pigiama con lentezza e gli occhi si fissarono su un punto imprecisato della stanza. Il carattere non può esserne il motivo, considerando la sua freddezza, la mancanza di espressività e la maleducazione. Mi vestii con una maglia e jeans, senza prestare troppa attenzione.
Forse è la sua bellezza, ma dubito che un volto affascinante possa stregare in questo modo.
Afferrai lo zaino e lasciai la casa, dirigendomi verso la stazione ferroviaria. Dovrei informarmi su di lei e vedere cosa posso ricavare dalle persone strette chissà, magari riusciranno a dirmi qualcosa che farà scemare completamente l'interesse. Alzai lo sguardo al cielo e sospirai profondamente. -Laetitia, cosa mi stai facendo?- Una mano si posò sulla mia spalla e mi voltai tranquillamente verso la persona dietro di me.

Mi ritrovai di fronte a un paio di occhi verdi e luminosi e bastò per irrigidirmi sul posto.
-Hailey- salutai in modo confuso dalla sua improvvisa comparsa.
-Ciao Artem!-

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