Sangue e Sogni

By LitzTheFox

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Esiste una foresta immersa nel mistero. La Foresta dei Sogni Rubati, la chiamavano. Nessuno osava entrare all... More

Uno. Lucciole e tenebre.
Due. Famiglia di gatti.
Tre. L'addio di Sharlisse.
Quattro. Senzanome.
Cinque. Messaggio reale.
Sei. Soluzioni e problemi
Sette. Compagni.
Otto. La canzone del sud.
Nove. La scorta.
Dieci. Attorno al fuoco.
Undici. La canzone del nord.
Dodici. Nel bel mezzo del nulla.
Quattordici. Realizzazioni.
Quindici. Sentieri pericolosi.
Sedici. La vecchia stazione delle carrozze.
Diciassette. Il deposito.
Diciotto. La carrozza di Sharlisse.
Diciannove. Punto di scambio.

Tredici. Bugie bianche.

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By LitzTheFox

Sharlisse si svegliò di soprassalto. Constatò in un istante che era ancora notte, anche se più vicino all'alba che al tramonto.

«Ti sposti?»

Si girò verso la voce di Lish, trovandosi il volto del soldato a pochi centimetri dal proprio.

Con un sobbalzo mise più distanza possibile tra loro, il viso nascosto dai capelli scomposti, cercando mentalmente una giustificazione per l'accaduto.

Dopo essersi nutrita e aver avuto modo di riprendere il fiato, la figlia del sangue aveva realizzato che la temperatura era scesa. Aveva visto Lish tremare in quel sonno forzato e aveva deciso di non lasciarlo morire assiderato: aveva ucciso uno dei suoi assalitori, era legata a lui da un debito e quindi meritava di arrivare vivo alla vecchia stazione.

Così aveva preso il suo capo sul proprio grembo, mentre Senzanome si era disteso sulle sue gambe e il basso ventre. In quella scomoda posizione si era messa a fare la guardia, ma evidentemente non era riuscita a contrastare l'improvvisa assenza di adrenalina in corpo e si era addormentata.

Nel farlo doveva essersi chinata su di lui, posando la fronte sul suo petto, i capelli sparsi attorno a loro come drappeggi di un letto a baldacchino.

A differenza della figlia del sangue, Senzanome non mosse un muscolo, fissando il soldato dalla propria posa allungata.

«Dovresti ringraziare, prima di dare ordini» gli soffiò contro, la voce bassa e quasi ringhiosa.

Sharlisse lo guardò come se fosse impazzito, ma il micio la ignorò, fissando i proprio occhi giallo-verdi sul soldato.

Lish sostenne il suo sguardo per una manciata di secondi, poi alzò gli occhi per trovare il volto di Sharlisse, la quale spostava lo sguardo confusa dall'uno all'altro.

Era strano per lei essere fissata dal basso verso l'alto da un essere umano. Era più che abituata ad avere dei mici accoccolati sulle gambe che la osservavano come stava facendo Lish in quel momento, ma non c'era paragone tra le due sensazioni: non stava provando l'irrefrenabile voglia di grattarlo dietro le orecchie. Con una mano lui le scostò i capelli, liberandole il viso. «Prego, per averti salvata. Stupida, per esserti allontanata. Brava, per averli affrontati. Grazie, per avermi medicato e non avermi fatto morire di freddo».

Snocciolò le frasi in successione usando meno parole possibili.

Lei lo fissò sbattendo le ciglia, assorbendo quei concetti così diversi e disparati che niente avevano a che fare l'uno con l'altro, ricostruendo il pensiero che doveva esserci dietro.

Senzanome invece rise. Si stiracchiò e liberò Lish dal proprio peso; il soldato si mise a sua volta a sedere, permettendo a Sharlisse di muoversi.

«Come mi avete trovata?»

Lish guardò il gatto che ora si stava pulendo il pelo, mentre la sua forma si rimpiccioliva a vista d'occhio.

«Quando è terminata la prima clessidra il tuo gatto mannaro è scattato. Ha provato a seguirti da solo, ma l'ho tallonato. Quando si è reso conto che nella sua forma di gatto ti avrebbe persa si è trasformato e mi ha detto che ti avevano presa.»

Sharlisse ascoltò quella spiegazione e realizzò che Senzanome aveva costruito una bella bugia. Aveva svelato al soldato di essere un gatto mannaro, ma non che lei fosse una figlia del sangue.

Quindi Lish pensava che lei fosse stata rapita. Come facesse a crederci davvero, non lo sapeva.

«Sono i banditi da cui ci ha messo in guardia sua maestà?»

Lui annuì con il capo.

Sharlisse allungò una mano verso Senzanome, il quale la raggiunse e si accomodò sul suo grembo, dove poco prima stava adagiato il capo del soldato.

«Rapiscono chiunque abbia il dono del canto. Poi gli strappano la voce e la mettono in quelle sacche» aggiunse di propria iniziativa, cogliendola di sorpresa. «Quando ti ho sentito cantare l'altra sera ho capito che potevi essere un bersaglio.»

La figlia del sangue strinse un pugno con tanta forza da farsi sbiancare le nocche. Non erano riusciti a prendere la sua voce, ma quelle chiuse nelle sacche erano sicuramente appartenute a dei fratelli del sangue. Quanti, prima di lei, avevano provato a raggiungere la foresta solo per essere intercettati e dissacrati in quel modo?

Un figlio del sangue senza voce non era niente. Lei ne era stata una prova per moltissimi anni.

«Individuano il canto?»

Lish annuì di nuovo. «È il motivo per cui sua maestà raduna tutti i più bravi artisti nella capitale: se sono lì, li può proteggere.»

«Perché non avete ancora capito cosa vogliono fare delle voci che strappano.»

«Qualcosa di male, sicuramente. Hai visto l'effetto che possono avere.»

Fu il turno di Sharlisse di annuire.

Ora capiva perché le tenebre erano andate a cercare lei: avevano paura. Qualcuno stava cacciando i figli del sangue e rubando le loro voci. La loro foresta era quasi sparita.

Quasi le venne da ridere.

«Non so dove siamo, né quanto dista il campo. Come torniamo indietro?»

«Abbiamo corso due ore e mezza, sempre in rettilineo» rispose Lish, guardandosi attorno, cercando di distinguere qualcosa nel buio.

«In quella direzione» venne in aiuto Senzanome, indicando con la coda la direzione in cui erano arrivati.

«Abbiamo tre ore circa prima del sorgere del sole, quindi quattro ore prima che Calasthero si rimetta in marcia con il gruppo» ragionò il soldato, recuperando una delle mappe dalla sacca.

«Ripartirà senza di noi?» domandò Sharlisse con il dubbio nella voce. I due soldati erano sembrati così affiatati che le veniva difficile pensare che Calasthero lo avrebbe abbandonato.

Lish scrollò le spalle. «Procedura standard: è inutile rischiare la vita di tutto il gruppo per recuperarne una parte.»

Il soldato la guardò nel buio. «Eravamo d'accordo così fin dall'inizio. Chi si stacca deve fare in modo di raggiungere il resto del gruppo. Ed è quello che faremo noi» affermò, il tono serio.

Sharlisse trasalì per un istante. Non aveva realizzato che i soldati avessero preso quella missione così sul serio. Non avrebbe dovuto aspettarsi niente di meno dalla guarnigione del principe ereditario, ma ne era comunque sorpresa. Stavano accompagnando della gente comune, costretti dalle circostanze, nessuno li avrebbe ripresi se non fossero stati impeccabili.

«Mi recuperi una delle torce? Senza non ci vedo niente» le chiese Lish, tornato con lo sguardo sulle mappe che aveva estratto, la voce incolore.

Sharlisse si riprese dai propri pensieri e si guardò attorno. Scostò Senzanome e recuperò la torcia. La porse all'interessato e tornò a sederci, fissandolo con un vago senso di ammirazione.

«Ci vedi bene al buio» commentò lui in tono neutro, prendendo un acciarino per accenderla.

Lei alzò le spalle. Fingersi una fanciulla innocente non era più possibile.

Quella era la domanda più stupida che il soldato potesse rivolgerle e la più facile da deflettere. Non sarebbe stato così facile quando l'avesse interrogata su come avesse potuto sopraffare cinque uomini prima del loro arrivo.

«Ho seguito il naso: c'è odore di bruciato dove sono cadute.»

Il fuoco si accese, emettendo un blando bagliore. Lish ci soffiò sopra, espandendo la fiamma finché l'intera torcia non emise luce abbastanza potente da permettergli di vedere la mappa.

Lish toccò un punto. «Qui abbiamo fatto il campo.»

Alzò gli occhi al cielo, tendendo la mano verso l'alto. Mosse le dita in modo misterioso ma chiaramente intenzionale e poi tornò alla mappa, puntando nuovamente il dito. «E noi siamo circa qui.»

Sharlisse non si era resa conto di aver percorso così tanta strada. Non le era effettivamente importata la distanza che si era lasciata alle spalle, ma solo che ci fosse.

«Non ha senso tornare al campo e cercare di seguire lo stesso sentiero» mormorò a sé stesso, indicando alcuni punti sulla carta. «La cosa migliore è andargli incontro.»

Si fermò in un terzo punto. Lì picchiettò l'indice, facendo un sorriso soddisfatto.

«Qui ci dobbiamo incrociare. Se partiamo adesso arriveremo in anticipo e potremo riposarci prima di rimetterci in marcia.»

Sharlisse spostò lo sguardo dalla mappa al soldato. C'era qualcosa in lui che non comprendeva.

«Non sei un semplice soldato.»

Il capo di Lish scattò in alto, affrontandola direttamente. «Nessun soldato appartenente alla guarnigione di sua altezza reale è semplice

Lei piegò il capo di lato, scrutandolo con seria attenzione. Non stava mentendo, ma stava omettendo qualcosa, era lampante. Come lei, anche lui aveva dei segreti e li copriva con comode bugie. In quel momento avrebbe scommesso qualunque cosa che non erano soldati in licenza ma coinvolti in qualche operazione segreta.

Non valeva la pena esporsi: aveva già attirato l'attenzione più di quanto avesse voluto.

Si rialzò, tentando invano di sistemarsi gli abiti. Si erano strappati in più punti e si era inzaccherata di così tanto sangue che alla luce del sole avrebbe dato spettacolo.

«Andiamo?» domandò, guardandosi attorno senza avere idea di quale direzione fosse quella giusta.

Lish la imitò. «Non vuoi cambiarti, prima?»

Lei scosse il capo. «La mia sacca è all'accampamento. Il punto di ritrovo è non lontano da un rivo, ho visto male? Laverò lì gli abiti come riesco per non spaventare Mimi.»

Il soldato annuì in approvazione. «Non sei una semplice ragazza di montagna.»

Sharlisse fu tentata di rispondere a tono alla provocazione, ma si morse la lingua. «Ciò che c'è di speciale in me è il mio gatto mannaro» affermò, gli occhi fissi sull'animale. «Lui, e la mia voglia di non morire.»

Lish sembrò approvare quella bugia, fidandosi delle sue parole senza remore.

Sharlisse sentì un brivido di paura percorrerle la schiena. Quello era il momento perfetto per chiederle come fosse riuscita a cavarsela, a sopraffare i briganti. Stava aspettando solo quel momento, pronta a gridare a Senzanome di morderlo mentre lei lo bloccava. Era stata stupida a non intimargli di dimenticare completamente quello che aveva visto la sera prima quando era soggiogato.

Ma avrebbe riparato a quell'errore.

«Senzanome, ci puoi guidare al buio? Hai capito la strada?»

Sharlisse chiuse la bocca che aveva aperto per gridare al gatto mannaro di azzannarlo con uno scatto, facendosi male alla mascella per la forza che aveva usato. Cauta osservò l'evolversi di quella situazione, conscia che non sapeva quale rapporto avessero stretto i suoi due salvatori.

Il gatto mannaro annuì lentamente alla domanda del soldato, le vibrisse che si muovevano in ascolto. «Non mi chiamo Senzanome» lo ammonì. «E non dovrai dire a nessuno cosa sono.»

Sul volto di Lish si formò un sorriso obliquo. «Altrimenti mi morderai e mi farai dimenticare ogni cosa?»

Senzanome soffiò, il pelo irto sulla schiena e la coda ingrossata.

«Siete quasi estinti, ma vi conosco» gli spiegò il soldato, sollevando le mani in un segno di resa. «Ti darei la mia parola, ma non posso se non so il tuo nome.»

La figlia del sangue si domandò come fosse nata quella strana alleanza e come avesse potuto Senzanome fidarsi abbastanza del soldato da rivelargli la verità. Poteva solo immaginare che il micio fosse stato troppo preoccupato per lei per poter mantenere viva l'apparenza, e avesse pensato di risolvere il problema in un momento successivo.

Sharlisse lasciò da parte quel rassicurante pensiero e si schiarì la gola. «È colpa mia» si scusò, guardando il micio con dispiacere. «Non ho trovato un nome che vada bene. Da qui, Senzanome.»

Lish annuì, come se quella giustificazione avesse senso. Poi si inginocchiò sul terreno.

«Sei un guerriero, gatto mannaro, e solo un altro guerriero può darti un nome. Almeno così è scritto nelle leggende» si abbassò con il busto, mettendosi a carponi per avere il viso all'altezza dell'animale. «Se mi riconosci come guerriero, sarei lieto di darti un nome.»

La coda di Senzanome si sollevò di scatto, felice. I suoi occhi felini guizzarono verso Sharlisse e, ad un suo cenno di assenso, tornarono sul soldato.

«Ti riconosciamo come guerriero.»

Lish si illuminò a quelle parole, come un bambino che ha appena incontrato il suo eroe.

«Attila.»

Il gatto mannaro soffiò.

«Il nome del più famoso della tua specie.»

Senzanome soffiò di nuovo, facendo seguire inarticolati gorgoglii.

Il soldato si voltò per qualche secondo verso Sharlisse, trovandola che sorrideva benevolmente alla scena.

Anche lei si inginocchiò, mettendosi a carponi a terra.

«Attila» mormorò dolcemente.

Il gatto gorgogliò fusa e strusciò il muso contro il suo naso, la coda bella ritta. Dalla felicità arrivò a leccarle la guancia, sempre vibrando allegro.

Concesse una coccola anche a Lish, strofinando la guancia sulla sua.

Quando i dovuti ringraziamenti furono fatti, Sharlisse scattò in avanti, afferrò il gatto e lo buttò a terra, infilando la faccia nella pelliccia calda sulla sua pancia.

«Sei felice di avere un nome?»

Attila vibrò di fusa e le leccò i capelli, senza rispondere.

Lei lo lasciò fare per una manciata di secondi e poi tornò a sedersi, volgendo lo sguardo a Lish.

Il soldato li stava studiando, apprendendo qualcosa che aveva solo potuto leggere nei libri. Nei suoi occhi la figlia del sangue poteva scorgere il desiderio di poterla imitare, di fare parte anche lui del branco del gatto mannaro.

Sharlisse non glielo avrebbe mai permesso.

«La mia parola ad Attila. Mai uscirà dalle mie labbra la verità sulla tua specie.»

Attila fremette, ma questa volta non fu per le fusa. Quello era un vero giuramento, e come tale richiamava alla magia innata che il gatto mannaro possedeva.

Sharlisse si trovò a domandarsi quali conseguenze avrebbe portato l'infrangersi di quella promessa sigillata con la magia. Sicuramente niente di positivo.

«Se abbiamo finito le formalità, direi che possiamo metterci in marcia.»

Sharlisse si rialzò, ignorando la mano di Lish porta in suo aiuto.

Il soldato spense la torcia nel terreno.

Attila si mise alla loro guida.

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