Sulle tracce di Dennis Logan

By ZUBRYBLACK

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Dennis Logan è uno spietato serial killer che uccide solo per il gusto di farlo macchiandosi così della morte... More

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Ucciso per il gusto di farlo

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By ZUBRYBLACK

Tra il Dicembre del 1968 e l'Ottobre del 1969, in California, vi era uno spaventoso serial killer senza nome. Si era firmato alle utorità come Killer dello Zodiaco, e nessuno sapeva né il suo aspetto né il suo vero nome. Con trentasette vittime sospettate, cinque ufficiali e due sopravvissute, ancora oggi rimane un mistero. Dennis poteva essere paragonato proprio a lui, anch'esso un mostro senza cuore che lasciava dietro di sé una lunga scia di vittime innocenti. L'unica cosa che li differenziava era il modo con cui agivano, perché Dennis non aveva mai un modo preferito di spezzare una vita quando l'aveva in mano.

Dopo tre giorni, tempo nel quale finalmente Dennis potè tornare a fare colazione a casa sua in solitudine, Liam non era ancora sparito dalla sua mente.

Non sapeva che cosa lo stesse costringendo a pensare a lui, non lo conosceva, non sapeva nulla della sua vita se non delle banali informazioni lette online. Dennis aveva sempre ucciso spinto da una motivazione: da bambino per puro odio e gelosia, trovando nella morte una vittoria assicurata, e da adulto perché qualcosa risvegliava il mostro che il suo volto da essere umano nascondeva agli occhi di tutti.

Ma questa volta era diverso, non aveva nulla tra le mani, non sentiva un fastidio leggero o un disperato motivo di affondare le dita dentro qualcosa, sentiva solo che voleva farlo e basta.

Quando si prende il vizio, non si smette più.

Il bar era proprio sotto la finestra del suo ufficio all'agenzia immobiliare, da lì poteva vedere tutto quello che succedeva poco prima che le persone sparissero dalla porta d'ingresso. E di conseguenza vedeva tutte le volte Liam entrare e uscire, sempre alla stessa ora.

Forse era stato colpito dalla sua incredibile calma nel gestire i colleghi, forse dal fatto che non aveva mai accettato un solo numero di telefono ma non lo aveva mai detto in pubblico, o forse ancora perché per la prima volta Dennis aveva incontrato un ragazzo semplice nel suo essere, mai intenzionato a mettersi in mostra o a superare qualcuno per puro egocentrismo.

Liam era un ragazzo che avrebbe potuto avere tutto: alto un metro e ottantatré, capelli biondi ben pettinati, occhi azzurri, lineamenti scolpiti come fosse una statua greca e una voce che sicuramente scaldava il cuore.

Eppure non si accontentava del rimorchio facile, lui voleva davvero impegnarsi e sudare la sua futura compagna.

***

Quella sera, davanti allo specchio appannato del suo bagno, Dennis stava finendo di prepararsi per dormire e non potè fare a meno di parlare a sé stesso.

Pulì il vetro con un asciugamano e fissò attentamente la sua immagine strizzando gli occhi.

Fissava il mostro che era davvero e che solo lui sapeva riconoscere, come una seconda persona, una bestia senza cuore e senza pietà, che si nutriva della vita degli altri.

«Vuoi la sua vita?» disse mentre si fissava e allargando la bocca in un malato sorriso, «La vuoi? La desideri così tanto? E allora prenditela!»

***


Il quarto giorno, alle 19.30 passate, Liam uscì dal bar per fare chiusura, mezz'ora prima dell'ora di cena. Aveva finito con gli aperitivi e, una volta girata due volte la chiave, si diresse verso il parcheggio sul retro per recuperare la sua auto, una Ford Cougar bianco sporco.

Dennis, seduto sulla sua Station Wagon parcheggiata a lato della strada, attese che la sua preda cominciasse a partire per poi seguirlo in silenzio.

Dopo circa mezz'ora di macchina, scandita da semafori rigorosamente rossi, Liam diede un'occhiata allo specchietto retrovisore accorgendosi che era rimasto storto. Dennis, dietro di lui, si fermò a pochi centimetri dall'auto, ignorando le distanze di sicurezza. La loro corsa silenziosa finì in un piccolo quartiere appena fuori Dyersburg, sulla Fort Hudson Road, dove evidentemente Liam viveva.

Appena il ragazzo rallentò per immettersi nel vialetto davanti al garage chiuso, Dennis spense il più velocemente possibile la macchina e scese, raggiungendo in pochi passi l'auto di Liam che si trovava ancora a bordo.

E proprio mentre il ragazzo stava per aprire la portiera, Dennis gliela chiuse bruscamente in faccia facendolo sobbalzare: «Ma che cazzo?!»

Dennis si abbassò all'altezza del finestrino, fissando i suoi occhi scuri e strizzati in quelli azzurri di Liam, che piano piano lo riconobbe: «Ma sei tu! Cioè, quello che veniva al bar, che succede?»

Dennis non rispose, ma si limitò solo ad allargare le sue sottili labbra pallide in un sorriso largo e inquietante.

Liam, confuso da quello strano silenzio e dalla reazione del ragazzo, cercò nuovamente di aprire la portiera, dicendogli che doveva scendere e che se doveva dirgli qualcosa di essere veloce. Di tutta risposta, Dennis gli mostrò un grosso coltello da cucina, uno con la lama larga, lunga e col manico in legno, come quelli usati per tagliare la carne.

Liam alla vista di quel coltello sbiancò, spaventato dalle dimensioni, e fu allora che la portiera del guidatore finalmente si aprì, permettendo a Dennis di avvicinare il coltello alla gola del ragazzo che smise momentaneamente di respirare.

«Adesso io e te ci facciamo un bel giretto, ok?»

Detto questo costrinse Liam a scendere dalla macchina e a salire sulla Station Wagon parcheggiata poco più indietro, lo spinse nel sedile del passeggero e poi lo raggiunse sistemandosi al posto del guidatore, dopodiché mise in moto e si allontanarono.

Durante il viaggio, Liam rimase impietrito al suo posto, saettando gli occhi da Dennis al coltello, terrorizzato da quello che sarebbe potuto succedere. Dennis dal canto suo guidava silenzioso e tranquillo, diretto a una zona boschiva che conosceva e che era da molto chiusa al pubblico. Con una mano reggeva il volante e con l'altra il coltello che roteava tra le sue dita secche come fosse una majorette, lo posava sulle gambe solo per cambiare marcia.

Dopo circa quindici minuti interminabili, finalmente la macchina entrò un un vialetto che si interrompeva poco prima dell'inizio del bosco, dove il sentiero era coperto da grossi cespugli e rovi.

Dennis mise in folle, tirò il freno a mano e spense la macchina, poi costrinse Liam a scendere dalla macchina e a camminare fino all'interno del bosco, lontano da occhi indiscreti.

Sebbene le speranze del ragazzo di essere stato visto durante il rapimento fossero alte, Dennis sapeva che nessuno aveva assistito alla scena: conosceva bene quella zona perchè, nei giorni precedenti, aveva seguito di nascosto Liam e aveva imparato che, oltre ad essere un quartiere principalmente abitato da anziani, nessuno dopo una certa ora metteva il naso fuori di casa. In conclusione, nessuno li aveva visti.

E anche se qualcuno per un ignoto motivo fosse uscito, vedendo la macchina di Liam fuori nel vialetto, non avrebbe mai avuto il sospetto di qualcosa.

A un certo punto, sicuro di essere nel fitto del bosco, Dennis diede un calcio dietro a Liam e lo scaraventò per terra, poi accarezzando coi polpastrelli la lama del coltello iniziò a ridacchiare a bocca chiusa, stringendo gli occhi verso la sua preda con il destino ormai segnato.

«Ma insomma, tu non sei normale! Che cosa vuoi da me? Il portafogli? Il mio cellulare?»
«Voglio te.»
«Perchè? Non ci conosciamo, che cosa ti ho fatto, spiegami?»

Dennis non rispose, ma si mise a prenderlo a calci, colpi terribilmente forti da togliere il fiato a Liam. Venne colpito al fianco destro, alla spalla destra e allo stomaco, rimanendo raggomitolato al terreno confuso e spaventato.

Dennis si accovacciò sopra di lui e con il coltello tagliò in due la maglietta verde militare di Liam, aprendola a metà e costringendolo a toglierla.

Il ragazzo obbedì senza fiatare, consapevole di quanto Dennis fosse pericoloso e per paura delle conseguenze che un suo rifiuto poteva costargli. Sperava in cuor suo che tutto quello si limitasse a un paio di calci e di pugni, forse qualcosa di più ma che gli permettesse in seguito di tornare a casa, nonostante quel coltello non lo rassicurasse.

Dennis prese la maglietta rotta e la gettò dietro di sé, non spiegando subito come mai lo avesse fatto, poi tornò a prendere Liam a calci sempre più forti, sprigionano una furia disumana.

Liam venne colpito al volto, sull'occhio sinistro, al naso e alla mascella, poi di nuovo sullo stomaco e anche nel fondoschiena perchè dal dolore si era girato.

«Ma si può sapere che intenzioni hai? Perché mi fai questo?» le sue parole uscirono più come un lamento che come un grido, una specie di supplica che mettesse fine solo all'inizio del lungo inferno che lo attendeva, «Dimmi che cosa ti ho fatto, ti prego...»

Ancora una volta, Dennis non gli rispose, si limitò solo a colpirlo più forte con la chiara intenzione di fargli male.

Poi, mentre Liam rantolava al terreno già pieno di segni, il ragazzo tornò alla macchina e tirò fuori un barilotto di salsa maionese comprata nel corso dei tre giorni precedenti, un sacchetto di terra per vasi, un sacchetto pieno di sassi raccolti per strada, tra la ghiaia, un sacco con dentro quattro mattoni, quelli grossi che di solito si trovano vicino ai cantieri abbandonati, una bottiglia di vino vuota, un bisturi che si mise in tasca, un dissuasore elettrocutaneo pensato per difendersi contro gli animali e un rotolo di nastro adesivo isolante grigio.

Infine raggiunse nuovamente Liam che stava ansimando riprendendosi dai colpi subiti. Dennis gli si accovacciò accanto e gli prese le mani legandole insieme con il nastro adesivo, il tutto senza mai pronunciare una parola, un silenzioso carnefice che si gustava il momento solo con la sua preda.

Liam aveva smesso fare domande o di lamentarsi, aveva capito che, qualsiasi cosa stesse spingendo quel pazzo a fargli del male, non gli sarebbe mai stato detto, perciò poteva solo rassegnarsi a sopportare tutto quello fino alla fine.

Dennis girò Liam a pancia in su con un altro calcio e prese il barilotto di maionese, lo svitò e lo rovesciò sulla faccia del ragazzo che emise dei gemiti infastiditi. Liam si dimenò dal fastidio e continuò a sputacchiare fuori la maionese che gli impediva di aprire gli occhi.

Dennis continuò indisturbato la sua tortura, prese i mattoni e li scaraventò con forza sul torace e sul ventre di Liam, facendolo saltare dal terreno per il dolore, e la stessa cosa fece con la bottiglia di vino vuota, che lanciò sulla sua testa. La maionese si mischiò al sangue che usciva dal naso e dalla nuova ferita di Liam, diventando un miscuglio assurdo.

Successivamente, Dennis aprì il sacchetto con dentro i sassolini, e lo rovesciò sopra tutto il corpo del ragazzo, passandolo e schiaccianoci poi con la mano permettendo così che rimanessero dei segni rossi.

***

Quell'inferno assurdo, tra altri calci e torture strane, stava ormai durando da tre ore. Ore nel quale il povero Liam si sentiva gettare sulla faccia materiali senza avere la possibilità di difendersi.

Dennis in quel lasso di tempo aveva preso il sacchetto di terra e glielo aveva versato su tutto il corpo, come i sassolini, concentradosi sulla faccia sporca di salsa, e si era messo a punzecchiarlo con il dissuasore elettrocutaneo ai fianchi, al collo e alle parti intime, zona nella quale essendo molto sensibile, Liam si dimenava e saltava più del solito.

Era riuscito a sputare fuori alcuni sassolini e della terra che aveva in bocca ma, nonostante ne avesse la possibilità, decise di rimanere in silenzio e non fiatare.

Finalmente, dopo il ventesimo colpo di dissuasore, Dennis si alzò e fece finalmente entrare in scena il grosso coltello che si era portato dietro, appoggiato su un grosso sasso poco distante da loro.

Liam lo seguì con lo sguardo, gli occhi fuori dalle orbite, finalmente puliti dalla maionese, speranzoso che fosse vicino al termine di quelle torture quasi medievali.

«Te lo avevo detto no?» la voce di Dennis risuona come una lama tagliente nel silenzio del bosco, «Quando si prende il vizio, non si smette più.»
«Sei completamente pazzo... quanti ce ne sono stati prima di me?»
«Non li ho contati.» si sedette sopra di lui, le gambe divaricate ai fianchi del ragazzo e il coltello poggiato dalle sue labbra per farlo tacere, «Ma è come una dipendenza per me, non posso farne a meno.»

E così dicendo iniziò ad accoltellarlo in tutto il corpo: al torace, ai fianchi, al ventre, alle spalle e perfino sotto alla vita. Il sangue schizzò da tutte le parti sporcando foglie, sassi e gli strumenti di tortura che Dennis si era portati dietro.

Alla fine, dopo sessantasette coltellate, il cuore di Liam smise definitivamente di battere, trasformando quel povero ragazzo in una specie di manichino sporco e raccapricciante.

Dennis rimase a fissare quello che aveva fatto, con un terribile sorriso divertito in faccia che presto diventò una grossa risata euforica. Dopodiché, prese il bisturi scartandolo dalla confezione di plastica trasparente e incise sulla guancia di Liam le sue due iniziali, raccolse tutte le sue cose, le ripose in macchina e se ne andò, ma non prima di aver appeso la maglia di Liam su un ramo di un albero appena fuori dal bosco.

La macchina viaggiò silenziosa sulla strada vuota e buia, la maglietta verde che spariva piano piano dalla visuale degli specchietti, le mani secche di Dennis sul volante ancora macchiate di sangue e i suoi occhi strizzati colmi di soddisfazione.

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