Leo (Io non ho finito)

By MariaCorrao5

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Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia? Com'è cambiata la sua vita quando si è t... More

Capitolo 1: Venerdì, 23 dicembre 2011
Capitolo 2: Sabato, 24 dicembre 2011
Capitolo 3: Domenica, 25 dicembre 2011
Capitolo 4: Lunedì, 26 dicembre 2011
Capitolo 5: Martedì, 27 dicembre 2011
Capitolo 6: Mercoledì, 28 dicembre 2011
Capitolo 7: Giovedì, 29 dicembre 2011
Capitolo 8: Venerdì, 30 dicembre 2011
Capitolo 9: Sabato, 31 dicembre 2011
Capitolo 10: Domenica, 1 gennaio 2012
Capitolo 11: Lunedì, 2 gennaio 2012
Capitolo 12: Martedì, 3 gennaio 2012
Capitolo 13: Mercoledì, 4 gennaio 2012
Capitolo 14: Giovedì, 5 gennaio 2012
Capitolo 15: Venerdì, 6 gennaio 2012
Capitolo 18: Lunedì, 9 gennaio 2012
Capitolo 60: Martedì, 21 febbraio 2012
Capitolo 61: Mercoledì, 22 febbraio 2012
Capitolo 66: Lunedì, 27 febbraio 2012
Capitolo 68: Mercoledì, 29 febbraio 2012
Capitolo 69: Giovedì, 1 marzo 2012
Capitolo 72: Domenica, 4 marzo 2012
Capitolo 74: Martedì, 6 marzo 2012
Capitolo 103: Mercoledì, 4 aprile 2012
Capitolo 121: Domenica, 22 aprile 2012
Capitolo 134: Sabato, 5 maggio 2012
Capitolo 155: Sabato, 26 maggio 2012
Capitolo 157: Lunedì, 28 maggio 2012
Capitolo 159: Mercoledì, 30 maggio 2012
Capitolo 160: Giovedì, 31 maggio 2012
Capitolo 161: Venerdì, 1 giugno 2012
Capitolo 162: Sabato, 2 giugno 2012
Capitolo 163: Domenica, 3 giugno 2012
Capitolo 169: Sabato, 9 giugno 2012
Capitolo 170: Domenica, 10 giugno 2012
Capitolo 171: Lunedì, 11 giugno 2012
Capitolo 172: Martedì, 12 giugno 2012
Capitolo 173: Mercoledì, 13 giugno 2012
Capitolo 174: Giovedì, 14 giugno 2012
Capitolo 175: Venerdì, 15 giugno 2012
Capitolo 176: Sabato, 16 giugno 2012
Capitolo 179: Martedì, 19 giugno 2012
Capitolo 180: Mercoledì, 20 giugno 2012
Capitolo 181: Giovedì, 21 giugno 2012
Capitolo 182: Venerdì, 22 giugno 2012
Capitolo 183: Sabato, 23 giugno 2012
Capitolo 185: Lunedì, 25 giugno 2012
Capitolo 186: Martedì, 26 giugno 2012
Capitolo 187: Mercoledì, 27 giugno 2012
Capitolo 188: Giovedì, 28 giugno 2012
Capitolo 189: Venerdì, 29 giugno 2012
Capitolo 192: Lunedì, 2 luglio 2012
Capitolo 194: Mercoledì, 4 luglio 2012
Capitolo 195: Giovedì, 5 luglio 2012
Capitolo 196: Venerdì, 6 luglio 2012
Capitolo 197: Sabato, 7 luglio 2012
Capitolo 198: Domenica, 8 luglio 2012
Capitolo 199: Lunedì, 9 luglio 2012
Capitolo 200: Martedì, 10 luglio 2012
Capitolo 201: Mercoledì, 11 luglio 2012
Capitolo 202: Giovedì, 12 luglio 2012
Capitolo 203: Venerdì, 13 luglio 2012
Capitolo 204: Sabato, 14 luglio 2012
Capitolo 205: Domenica, 15 luglio 2012
Capitolo 207: Martedì, 17 luglio 2012
Capitolo 208: Mercoledì, 18 luglio 2012
Capitolo 209: Giovedì, 19 luglio 2012
Capitolo 210: Venerdì, 20 luglio 2012
Capitolo 211: Sabato, 21 luglio 2012
Capitolo 212: Domenica, 22 luglio 2012
Capitolo 213: Lunedì, 23 luglio 2012
Capitolo 214: Martedì, 24 luglio 2012
Capitolo 215: Mercoledì, 25 luglio 2012
Capitolo 217: Venerdì, 27 luglio 2012
Capitolo 218: Sabato, 28 luglio 2012
Capitolo 219: Domenica, 29 luglio 2012
Capitolo 220: Lunedì, 30 luglio 2012
Capitolo 221: Martedì, 31 luglio 2012
Capitolo 222: Mercoledì, 1 agosto 2012
Capitolo 223: Giovedì, 2 agosto 2012
Capitolo 224: Venerdì, 3 agosto 2012
Capitolo 225: Sabato, 4 agosto 2012
Capitolo 226: Domenica, 5 agosto 2012
Capitolo 227: Lunedì, 6 agosto 2012
Capitolo 229: Mercoledì, 8 agosto 2012
Capitolo 230: Giovedì, 9 agosto 2012
Capitolo 231: Venerdì, 10 agosto 2012
Capitolo 232: Sabato, 11 agosto 2012
Capitolo 233: Domenica, 12 agosto 2012
Capitolo 234: Lunedì, 13 agosto 2012
Capitolo 235: Martedì, 14 agosto 2012
Capitolo 236: Mercoledì, 15 agosto 2012
Capitolo 237: Giovedì, 16 agosto 2012
Capitolo 238: Venerdì, 17 agosto 2012

Capitolo 193: Martedì, 3 luglio 2012

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By MariaCorrao5

È stata una pessima notte.

La gamba mi faceva malissimo, non so se per colpa della Bestia o del fatto che mi hanno preso un pezzo d'osso, fatto sta che l'antidolorifico non è servito a un cavolo e che ho dormito poco e niente. Il dolore era così forte da farmi piangere. Che poi non lo so se piangevo per il dolore, perché ho appena saputo con certezza di avere un tumore, o perché la mamma mi manca troppo.

Probabilmente per tutti questi motivi tutti insieme.

Quando è suonata la sveglia ero così rincoglionito che pensavo di dover andare a scuola, e quando poi ho realizzato dove devo andare in realtà, avrei preferito mille volte dover andare a scuola. Pure a farmi interrogare da quella di matematica, guarda!

Piuttosto che tornare in ospedale.

Piuttosto che fare la pet.

Pare che non sia dolorosa, è tipo una tac, però ho paura che mi manchi il respiro come l'altra volta; e mi tocca pure essere bucato di nuovo.

Eccheppalle!

Apro il freezer e prendo il gelato che è avanzato ieri; la vaschetta è quasi intatta perché Giulia alla fine è andata via prima che Asia rientrasse, e io ne ho mangiato solo due cucchiaiate, giusto per fare contenta Asia; non ne avevo per niente voglia.

Ho già affondato il cucchiaino nella fragola quando mi ricordo che per fare la pet devo restare a digiuno. Che merda! Chiudo la vaschetta e lancio il cucchiaino nel lavello.

Fanculo!

"Oh... Non sei ancora vestito?"

"Ciao papà. No, è che pensavo di venire in ospedale in mutande. Tanto poi mi danno il camice. È una buona idea, no?".

Lui accenna un sorriso e poi si avvicina a me.

"Buongiorno" mi dice accarezzandomi dietro il collo.

Accenno un sorriso anch'io, piegando le labbra di lato, e poi rimetto la vaschetta in freezer.

"Ma hai mangiato il gelato?" mi domanda lui con apprensione.

"No. No! Stai tranquillo! Non ho mangiato il gelato! Non ho mangiato un bel niente!"; richiudo con forza lo sportello del freezer e lo guardo negli occhi. "Guarda che lo so benissimo quello che posso e che non posso fare!" dico alzando la voce. "Lo so a memoria, lo so!".

Lui non dice niente e abbassa lo sguardo. Ha gli occhi lucidi, arrossati, stanchi. Ce li ha così dal giorno che è morta la mamma; anzi, da qualche giorno prima: da quel giorno che abbiamo saputo che non c'era più niente da fare. Forse però adesso ce li ha così anche per me. Forse anche lui ha passato la notte insonne a piangere, e stavolta non solo per la mamma.

Forse stavolta anche per me.

Ci guardiamo in silenzio, sembra che stia per dirmi qualcosa, ma non mi dice niente. Nemmeno ieri mi ha detto niente, come se non fosse stato presente anche lui con me in quello studio, come se non sapesse cosa mi sta capitando.

"Non sta capitando solo a te! Non sentirti in diritto di essere l'unico a soffrire!".

No, non sono l'unico a soffrire, Giulia ha ragione, ma di sicuro sono quello che soffre più di tutti, e ne ho tutto il diritto, anche se è un diritto di cui farei volentieri a meno.

"Vado a vestirmi" dico in un misto di rabbia e rassegnazione.

Il primo prelievo.

Il secondo prelievo.

Il contrasto per la tac.

Il terzo prelievo.

La puntura del coraggio.

La flebo per l'operazione.

E ora il radiofarmaco.

Sette buchi in due settimane.

Otto, se ci mettiamo che poco fa mi hanno pure bucato il dito per misurare la glicemia, dato che 'sto radiofarmaco è composto anche di zucchero e se ce l'avevo alta non me lo potevano fare.

Adesso devo aspettare che si diffonda in tutto il corpo, e per fortuna devo aspettare in isolamento, ché oggi non sopporto nessuno, tantomeno papà.

Mi lascio cadere sospirando sulla poltrona, distendendo le gambe e reclinando un po' lo schienale; quasi quasi mi addormento, così recupero un po' del sonno perso, tanto devo stare qui per quasi un'ora; mi sveglierò quando verranno a chiamarmi.

Non ci riesco.

Non riesco a dormire.

Penso a quella roba che scorre nelle mie vene.

Penso che la Bestia potrebbe essere anche in altre parti del mio corpo, e non solo nella gamba.

Penso a quella parola così spaventosa.

Osteosarcoma.

Penso che potrei morire.

Penso che se non voglio morire mi tocca affrontare per forza questa cosa, e che affrontarla sarà un vero schifo.

Penso che alla fine potrei morire comunque.

Come la mamma.

Penso alla mamma.

Penso ai suoi ultimi giorni.

Alle sue ultime ore.

Ai suoi occhi commossi e pieni di orgoglio quando mi ha visto tutto elegante, pronto per la mia festa.

"Non volevo farti piangere!"

"Non è colpa tua, è quella maledetta morfina!".

E poi penso a Giulia.

A ieri.

Al fatto che dopo essere andata via non si è più fatta sentire, probabilmente aspettandosi che lo facessi io, ma nemmeno io l'ho fatto.

E poi penso a lei praticamente nuda sotto di me, sotto le mie mani, sotto le mie labbra.

Penso al suo seno, alle sue gambe, alla sua bocca, a quanto ero eccitato, a quanto lo era pure lei.

Poi però penso a lei che piange, a lei che ha paura di perdermi, alla sensazione di angoscia che provavo mentre la baciavo e la toccavo, e a come cercavo disperatamente di fuggire via, da tutta quell'angoscia e da tutto quel dolore che mi soffocava, che mi soffoca tutt'ora.

E poi rivedo ancora lei nuda, bellissima, che mi guarda come se fossi quanto di più fantastico c'è al mondo, e penso alle sue mani, a lei che mi tocca come non mi aveva mai toccato prima.

Ma poi arriva ancora quella sensazione che mi opprime il petto, che mi toglie il respiro, che mi travolge facendomi sentire perso, alla deriva.

E ancora la mia voglia di lei, e la sua voglia di me, e il desiderio, fortissimo, di fare l'amore, ma lei che mi ferma perché sa che non può, non può legarsi così a me, non può accogliere tutto il mio dolore perché l'annienterebbe.

E la capisco.

Ieri ero troppo coinvolto per capirla, ma oggi sì, ci riesco.

Ciò non vuol dire che non sia lo stesso incazzato nero.

Non con Giulia; con la Bestia che è appena arrivata e sta già mandando all'aria tutta la mia vita.

"Ci siamo Leo, andiamo".

È tornato Antonio, l'infermiere che mi ha fatto l'iniezione e che poi mi accompagnato qua. A quanto pare è già passata un'ora ed è il momento di andare; non me n'ero reso conto.

Speriamo che anche per la pet il tempo passi in fretta.

La pet è stata meno peggio della tac. Forse perché sapevo meglio a cosa andavo incontro; e anche il fatto di non essere attaccato all'affare per il contrasto mi faceva stare più tranquillo: come se così potessi prendere e andarmene in qualsiasi momento.

C'era di nuovo il dottor Mazzotta, che stavolta si è ricordato di chiamarmi Leo anziché Leone, ma che mi ha fatto lo stesso girare le palle a elica quando mi ha chiesto per due volte se fossi proprio sicuro di non volere il tranquillante per evitare che mi venisse unattacco d'ansia com'era successo per la tac.

Gli ho risposto di no tutte e due le volte. La prima in modo piuttosto garbato, la seconda un po' meno.

Certo che il cartello "Medicina nucleare" un po' d'ansia me l'ha messa, lo ammetto, e anche ripensare ai pannelli di ferro che dividevano le varie salette quando Antonio mi ha iniettato il radiofarmaco.

E poi, vabbè, il camice mi fa sempre schifo, e avevo freddo ai piedi nonostante mi sia ricordato di tenere i calzini. E anche stare immobile per mezz'ora non è stato così semplice.

Però è andata.

Mi hanno tenuto sotto osservazione per un'altra mezz'ora e poi mi hanno lasciato andare, dicendomi di bere tanto per smaltire prima la radioattività e ricordandomi di stare lontano da bambini e donne in età fertile fino a domani.

Appena esco dalla sala pet, accompagnato da Antonio, papà mi viene incontro con quella sua tipica espressione angosciata per chiedermi com'è andata, se sto bene.

"Sto benissimo!" gli rispondo stringendomi nelle spalle, e Antonio conferma annuendo. "Andiamo via da 'sto posto che non lo sopporto più! E tra tre giorni ci devo pure tornare!".

Per sapere cosa mi aspetta.

E chissà com'è, ma non sono per niente impaziente di saperlo.

"Veramente dobbiamo tornare domani..." mi dice papà, sempre con quella sua faccia angosciata.

"Domani?! E perché scusa?!"

"Per il controllo della ferita e la medicazione".

Eccheccazzo!

Ma non ho tregua, proprio!

E Giulia non si è ancora fatta sentire.

Quando torniamo a casa, Asia sta suonando il piano e non si accorge subito di noi. Credo sia Beethoven ma non ne sono sicuro. L'ho sempre trovata bella questa musica.

E triste.

Ma oggi mi sembra più bella e più triste che mai.

"Oh eccovi!" esclama sorpresa, e il suo sguardo corre da me a papà e da papà a me. "Allora...? Tutto bene...?"

"Una meraviglia!" le rispondo io con tono sarcastico, andando verso il bagno; in macchina ho bevuto quasi un litro d'acqua e adesso mi scappa la pipì. "Tu comunque è meglio se mi stai lontana fino a domani, ché sono radioattivo."

"Cosa vorresti per pranzo?" mi domanda lei ignorando quello che le ho appena detto.

"Dormire".

Non ho fame.

Voglio solo dormire.

E dormire.

E dormire.

Così almeno non penso a niente.

Sempre che non arrivi il mio amato incubo a farmi compagnia.

Uscito dal bagno passo dalla camera di mamma e papà. Mi avvicino al comò, prendo in mano la boccetta di profumo che usava la mamma, e l'annuso chiudendo gli occhi. Non ho saltato un giorno da quando lei non c'è più, e oggi non lo avevo ancora fatto.

"Se vuoi... puoi prenderlo".

Mi volto di soprassalto e sulla porta c'è papà, con gli occhi lucidi e il mento che trema.

"Il profumo..., se vuoi... puoi portarlo nella tua stanza".

Mi sorprende che mi dica questo, perché finora non ha spostato nemmeno una virgola delle cose della mamma: c'è ancora il suo cardigan sulla sedia, le ciabatte vicino al letto, i suoi orecchini sul comò, i libri sul comodino.

Niente.

Non ha spostato niente.

E adesso vuole darmi il suo profumo.

"No..." gli rispondo io scuotendo la testa, un po' infastidito. "Voglio che resti qui".

Papà annuisce e sembra sollevato. Probabilmente anche lui preferisce che il profumo resti qui.

"Vado a letto" dico passandogli accanto e andando verso la mia camera.

"Ma sei proprio sicuro che prima non vuoi mangiare niente?" mi domanda seguendomi.

"Sicuro."

"Aspetta, prendi l'acqua. Hai sentito il dottore, è importante che bevi tanto".

Io sbuffo e alzo gli occhi al cielo. "Ah guarda!" esclamo con tono piuttosto sarcastico, prendendogli di mano la bottiglia. "Bere mentre dormo è proprio la mia specialità!".

Entro in camera mia, chiudo la porta a chiave, e poggio la bottiglia sulla scrivania. Poi mi spoglio in fretta, restando solo coi boxer, e mi butto sul letto disfatto, sprofondando la testa nel cuscino.

La gamba mi fa ancora male.

Spero di riuscire a dormire.

Sto correndo.

Sto correndo più che posso, ma la gamba mi fa male e mi costringe a fermarmi.

È buio.

Sono in un bosco intricato e non c'è nemmeno la luna.

Nemmeno una stella.

È tutto buio.

I passi dietro di me si fanno sempre più vicini.

Quella cosa sta per raggiungermi, qualunque cosa sia.

Riprendo a correre, arrancando.

Corro, corro, corro, mentre comincio a piangere per il dolore e per la paura.

Il sentiero finisce.

Non c'è altro sbocco se non una grotta.

Una grotta buia, ancora più spaventosa del bosco.

Mi guardo alle spalle e riconosco nel buio gli occhi della Bestia che mi sta inseguendo.

Sono di un verde brillante, quasi gialli.

Entro d'istinto nella grotta, perché mi sembra di non avere altra alternativa.

Entrare qua dentro è l'ultima cosa che vorrei, ma la Bestia sta arrivando, e forse qui potrò nascondermi.

No.

Non c'è nessun nascondiglio qua dentro.

Niente che mi possa nascondere.

Niente che mi possa proteggere.

Solo freddo.

E umido.

E terra cedevole e fangosa sotto ai piedi.

Sono scalzo.

Sto sprofondando.

Ricomincio a correre più veloce che posso, dentro la grotta.

In fondo, molto in fondo, mi sembra di intravedere una via d'uscita, ma non sono sicuro.

Forse non è una grotta.

Forse è una galleria.

Forse riuscirò ad arrivare dall'altra parte e sarò salvo.

Forse...

No, la Bestia mi ha raggiunto!

Sento il suo fiato caldo sulla mia schiena nuda.

Sento il suo verso sovrannaturale.

No, no, NO!

Mi salva il suono del telefono.

Mi sveglia il suono del telefono.

Mi tiro su di scatto, passandomi una mano tra i capelli.

Sono completamente sudato, anche i capelli sono sudati, e il cuscino è fradicio di sudore.

No, non solo.

Il cuscino è fradicio anche di lacrime.

Così come il mio viso.

Afferro la maglietta, che avevo lanciato qui sul letto quando mi ero spogliato, e mi asciugo gli occhi e la faccia.

Prendo in mano il cellulare per guardare chi è.

È Giulia.

Ho lasciato la suoneria di proposito, nella speranza che mi chiamasse, ma adesso mi sento troppo stravolto per risponderle.

Il telefono squilla, squilla, squilla, e io rimango a fissare il display dove c'è Giulia sorridente e bellissima. Questa foto gliel'ho fatta io al mare, i primi di giugno, quando eravamo ancora una coppia normale. Le avevo toccato il seno da pochi giorni ma non glielo avevo ancora visto, e mi ricordo che guardandola in costume non riuscivo a staccare gli occhi da lì, tanto che pure Riccardo se n'era accorto e aveva fatto una battuta che gli aveva fatto guadagnare un bagno fuori programma.

Il telefono smette di squillare, la foto di Giulia scompare, e io mi sento perso.

E pure un po' coglione.

Mi alzo e apro la finestra per far cambiare aria alla stanza, bevo un po' d'acqua, poi torno a sedermi sul bordo del letto, faccio un bel respiro e richiamo Giulia.

"Ciao".

La sua voce è nasale. Deve aver pianto tanto.

E oltre che perso e coglione, adesso mi sento pure una merda.

"Ciao" dico anch'io.

E la mia voce è messa peggio della sua.

Seguono lunghissimi secondi di silenzio, poi è lei a parlare.

"Come stai...?" mi domanda con voce incerta.

"Bene" le rispondo sfregandomi un occhio, e intanto con un piede muovo le infradito.

"Stamattina...?"

"Tutto bene. Adesso devo aspettare venerdì per il risultato."

"Ok".

Di nuovo silenzio, per qualche interminabile secondo.

"Tu stai bene?" le chiedo io.

"Sì... Sto bene."

"Dalla tua voce non si direbbe."

"Nemmeno dalla tua."

"Stavo dormendo."

"Ah... Ti ho svegliato io, allora?"

"Sì."

"Mi dispiace... So che di solito quando dormi, la suoneria la togli, e ho pensato che..."

"Tranquilla. Ho dormito pure troppo."

"Quindi sei a casa?"

"Sì."

"Allora... Senti..., non è che posso passare?"

"No..." le rispondo sospirando. "Lo sai che non puoi."

"Ma dai!" esclama lei alzando la voce. "Ho bisogno di  vederti!".

Oh, anch'io...!

Anch'io ho bisogno di vederti.

"Non hai bisogno di beccarti delle radiazioni passive, però. Lascia stare, dai, ci vediamo domani."

"Mi fermo pochissimo! Cosa vuoi che mi succeda?! Non sono mica incinta!"

"Ah, su questo non ci sono dubbi!" ribatto con tono acido.

"Quindi è per questo che non mi vuoi vedere?!" mi domanda lei piuttosto risentita. "Perché ieri..."

"Non è per questo" la interrompo io. "È perché sono radioattivo. E lo sai."

"Dieci minuti!"

"No Giulia, è meglio di no. C'è anche mio padre in casa. Oggi ha il giorno libero."

"E allora scendi tu. Stiamo insieme un pochino sotto casa tua e poi me ne vado. Dai!".

Io sospiro e mi lascio cadere sdraiato. "E va bene! Facciamo così!"

"Sto arrivando!" esclama lei.

E anche se non la vedo, sono sicuro che in questo momento sta sorridendo anche con gli occhi.

"No, aspetta. Parti da casa tra un quarto d'ora. Ho bisogno di fare una doccia".

E lei ride. "Altro che quarto d'ora, allora! Mi tocca partire tra un'ora!"

"Ma no! Giuro che faccio veloce!"

"Sì, certo..."

"Giuro!" dico alzandomi dal letto. "Vado subito a farla."

"Ok..., allora a tra poco."

"A tra poco".

Sono stato davvero velocissimo a fare la doccia, più ancora che per il nostro primo appuntamento. In pratica c'ho messo più tempo ad avvolgere la gamba nella pellicola che per la doccia in sé.

Passo in cucina a prendere la vaschetta di gelato e due cucchiaini, e poi cerco le chiavi di casa, che non sono in camera mia. Devo averle lasciate sul mobile dell'ingresso.

"Dove stai andando?" mi chiede papà già allarmato.

"Tranquillo. Torno subito."

"Sì, ma dove vai? Non dovresti uscire..."

"Non sto uscendo. Vado solo giù in strada per un po'. Passa Giulia a salutarmi."

"Ah...". Lui stringe le labbra, e poi si avvicina di più a me. "Sarebbe meglio di no, lo sai...".

Lo ha detto col tono di chi vuole convincere un bambino a non fare qualcosa; o forse sarebbe più giusto dire che era il tono di chi ha paura di farmi incazzare.

"Lo so" gli rispondo io in modo tranquillo. "Non ti preoccupare. Giulia si ferma poco, non succede niente".

Lui non è convinto, e l'ultima cosa che voglio adesso è imbarcarmi in una discussione sul suo diritto all'autorità di padre e sul mio diritto alla libertà di figlio.

"Guarda, mi è pure venuta fame!" dico mostrandogli la vaschetta di gelato. "Non è una bella cosa? Eh?".

Lui sospira e allarga le braccia, lasciandole poi ricadere.

"D'accordo... Vai. Però appena torni mangi anche qualcosa come si deve."

"Tipo una pizza?!" esclamo puntando l'indice verso di lui.

"Tipo della carne. O del pesce. O delle uova. E le verdure."

"Ok ok..."

"Cosa vorresti?"

"Fai tu. È uguale."

"Va bene, guardo cosa c'è."

"Ok. Vado."

"Tra mezz'ora è pronto. Non farmi venir giù a chiamarti."

"No..." gli rispondo alzando gli occhi al cielo; poi esco richiudendo la porta alle mie spalle e scendo le scale di corsa.

Mi passo una mano tra i capelli, cercando di dargli una forma; li ho asciugati appena un po', per fare prima, e a pensarci è molto strano che papà non mi abbia tritato le palle pure per questo. Forse era troppo preoccupato dal fatto che stessi uscendo per badarci.

Giulia non è ancora arrivata e io l'aspetto seduto sui gradini del portone di casa. Spero faccia presto, altrimenti va a finire che si scioglie il gelato.

Eccola!

Indossa un paio di shorts neri e una maglietta bianca, porta gli occhiali da sole e ha i capelli sciolti che svolazzano mentre affretta il passo per raggiungermi.

Mi sta sorridendo e io non riesco a staccarle gli occhi di dosso mentre la guardo avvicinarsi. Credo sia in assoluto la ragazza più bella che abbia mai visto, e sono stato un cretino quel giorno sull'autobus a non rimorchiarla io per primo. Ho rischiato di farmela scappare.

Quando ormai è quasi arrivata, mi alzo in piedi e allargo le braccia, e lei ci si tuffa immediatamente. La stringo a me, inspirando il suo profumo, e poi le tolgo gli occhiali da sole. Come avevo immaginato ha pianto tanto, perché ha gli occhi più rossi e gonfi dei miei. Non si è nemmeno truccata.

"Ho portato il gelato" le dico sedendomi sul gradino più in alto, e lei si siede accanto a me. "Ti va?".

Lei annuisce, accennando un sorriso, e prende i cucchiaini dalla mia mano, passandomene poi uno dopo che ho aperto la vaschetta e l'ho poggiata sulle mie gambe.

"Stamattina, allora...?" mi domanda affondando il cucchiaino nel cioccolato. "Tutto bene?"

"Me l'hai già chiesto" le rispondo in modo secco.

"Non hai voglia di parlarne?"

"No"; mangio qualche cucchiaiata di fragola e poi mi stringo nelle spalle. "E comunque non c'è molto da dire."

"Ok. E di ieri pomeriggio invece ne vuoi parlare?"

"Perché?" le domando con tono strafottente. "Che c'è da dire?"

"Ah..., non c'è da dire niente?!" mi chiede lei sostenendo il mio sguardo anche se le viene da piangere.

"No".

Giulia abbassa lo sguardo e riprende a mangiare il gelato, poi sospira. "Mi dispiace per essermene andata via in quel modo..., senza fare la pace."

"Beh, mi pare che adesso la pace l'abbiamo fatta, no?"

"Dici?"

"Perché? Non ti sembra?". Le appoggio una mano sul ginocchio nudo e lei rabbrividisce. "Ti faccio un certo effetto, eh?!" esclamo ridendo. "Ti è venuta la pelle d'oca!"

"È perché hai la mano fredda, scemo!" ribatte ridendo anche lei, e io mi perdo nel suo sorriso e nei suoi occhi.

"Dici che se ti bacio diventi radioattiva pure tu?" le domando spostandole i capelli dietro l'orecchio.

"Dico che vale la pena correre il rischio".

Non me lo faccio ripetere due volte e mi avvicino per baciarla, tornando con la mano sul suo ginocchio e accarezzandoglielo.

"Mi eri mancato" sorride lei stringendomi. "Ventiquattr'ore senza baciarti sono troppe."

"Sono d'accordo" dico baciandola di nuovo.

"Senti..., ma quindi per ieri..., non sei arrabbiato con me?"

"No."

"Sicuro?"

"Ma sì! Cioè..., a dire il vero sono incazzato nero! Ma non con te... Con la situazione. Con la Bestia e tutto il resto."

"La... bestia?"

"Il tumore. Se l'immagino come una Bestia almeno so contro chi sto lottando."

"Ah..., ok..."

"Però cavolo, Giulia!" esclamo a voce alta, e poi l'abbasso per paura che mi senta papà o qualche vicino di casa. "Tu mi hai... toccato. Ed eri pure..., diciamo... coinvolta, ok? E poi..."

"E poi ho avuto paura! Ero... confusa! Provavo troppe cose tutte insieme! Cose belle e cose brutte. E non volevo che queste cose si mescolassero."

"Sì..., questo dopo l'ho capito" dico sospirando.

"Voglio avere solo ricordi belli della nostra prima volta. E a prescindere da tutto..., quello non era il momento giusto."

"Ah, per me qualsiasi momento sarebbe quello giusto!"

"Non scherzare sempre!" dice lei dandomi un colpo sul braccio.

"E chi scherza?!"

"Stavamo provando troppe emozioni negative...! E poi Asia poteva rientrare da un momento all'altro! E non avevamo nemmeno i preservativi...!" dice a bassa voce. "O tu ce li avevi?"

"No..." sospiro distogliendo lo sguardo. "Non ce li avevo. Però almeno in terza base potevi lasciarmi andare!"

"Che?!" esclama lei alzando la voce. E non so se sia incazzata o se stia per ridere. "Che è 'sta terza base?"

"Come, non lo sai?"

"No...!"

"Si vede che voi ragazze avete un linguaggio in codice diverso" dico stringendomi nelle spalle. "Ma davvero non lo sai?"

"Posso intuire... Ma spiegami."

"Ecco..., diciamo che..., ieri..., tu con me in terza base ci sei andata".

Accenno un sorriso un po' imbarazzato, accarezzandomi la nuca, e direi che Giulia ha capito benissimo.

"Ok, ho capito" si affretta a rispondere, più imbarazzata di me. "No..., non ti potevo fare andare in terza base, perché poi saresti voluto andare pure in quarta."

"Casa base" specifico io. "Non esiste la quarta. Dopo la terza, c'è la casa base. E comunque non sono mica così stronzo, scusa! Se tu non volevi mi sarei fermato. Ti sarebbe bastato dirlo."

"Ma se eri come ubriaco! Già così ho fatto fatica a fermarti!".

Ubriaco.

Sì, immagino che un ubriaco si senta proprio come mi sentivo io ieri. Ho voluto ubriacarmi di Giulia per non pensare, ma ho fatto un gran pasticcio e alla fine ero più triste di prima.

"Comunque..." le dico con un sorriso malizioso. "Tu torna pure in terza base quando vuoi, eh?!".

Lei ride piano e mi accarezza i capelli. "Comunque... anche io desidero tanto fare l'amore con te. Ma deve avvenire al momento giusto, e non per distrarci da tutto quello che... ti sta capitando".

Io sorrido e le prendo una mano, intrecciando le mie dita con le sue e stringendo forte. "Che ci sta capitando".

Sorride anche lei, e poi mi bacia.

Chiudo gli occhi e mi abbandono al bacio, al profumo di Giulia, alla consistenza delle sue labbra, al calore della sua bocca, a quello del sole sulla pelle.

Cerco di non pensare più a niente, ma in fondo a me l'avverto, sempre presente, quella sgradevole sensazione di incertezza e di angoscia.

Spero solo di essere abbastanza forte per affrontarlo davvero, tutto quello che mi sta capitando.

Che ci sta capitando.

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