"Temiamo possa trattarsi di un tumore alla tibia".
No.
Non voglio.
Non voglio che sia vero.
Fa' che non sia vero!
Non voglio che sia vero!
Non può essere.
Non voglio avere un tumore.
Non è giusto!
Mi sembra di non riuscire a respirare.
Mi manca l'aria e mi tiro su di botto, facendo cadere il cuscino giù dal letto.
Ma perché non è solo un cazzo di incubo dal quale mi posso svegliare?!
Mi devo calmare.
Non riesco a respirare.
Chiudo gli occhi e prendo fiato, mentre mi viene da piangere.
Non voglio avere un tumore.
Lo so cosa vuol dire e non ci voglio passare.
Respiro più lentamente.
Non ci devo pensare.
Non ci devo pensare fino a che non saprò con certezza che cos'ho.
Prendo il telefono per guardare che ore sono: mancano pochi minuti alle 7. Eccheppalle! Oggi che potevo dormire in santa pace sono già sveglio! E ieri sera mi sono addormentato che erano già le 2passate.
È l'ansia che non mi fa dormire.
Altro che tempo spensierato!
Sbuffo e mi chino a raccogliere il cuscino, poi mi sdraio di nuovo. Non ci penso proprio ad alzarmi così presto.
Magari riesco a riaddormentarmi.
Sì, mi sono riaddormentato.
Per fortuna non ho fatto incubi, però sono comunque sudato.
Cerco di dirmi che sarà colpa del caldo, ma la verità è che in casa si sta ancora bene, non c'è così caldo da sudare.
È questa cavolo di... cosa nel mio corpo che non va, che mi fa sudare e poi sentire freddo.
"Temiamo possa trattarsi di un tumore alla tibia".
No no no.
Tempo spensierato.
Tempo spensierato.
Tempo spensierato.
Adesso scrivo ai miei amici e vedo di organizzare un bel pomeriggio in piscina o al mare.
Mi allungo verso il comodino per prendere il cellulare, ma col piede sento qualcosa dietro di me, anzi qualcuno, e mi prende un colpo.
Mi giro di scatto e vedo Asia che dorme beatamente.
Ma che cazz...?
"Oh!" le dico scuotendola per un braccio, svegliandola. "Che ci fai qui?!"
"Oh... Buongiorno fratellone" mi risponde lei con aria assonnata.
"Buongiorno... Ma mi spieghi?!"
"Sì, però calmati" dice mettendosi seduta. "Non ho mica la peste!"
"È che mi hai fatto prendere un colpo!".
Non è mai successo in sedici anni che Asia si infilasse nel mio letto mentre dormivo.
La mamma invece sì, lei lo faceva spesso, e per una millesima frazione di secondo ho quasi creduto che potesse essere lei.
Pensa che coglione!
Roba che se lo racconto mi internano di corsa in Psichiatria!
"Sono venuta perché papà... Ah cavolo, il termometro!" esclama lei iniziando a tastare con la mano il lenzuolo.
"Che termometro?! E papà cosa?!"
"Eccolo!" dice recuperando il termometro. "Meno male che non si è rotto. Oh..., hai di nuovo la febbre" aggiunge con tono dispiaciuto.
"Cioè mi hai provato la febbre mentre dormivo?!" le domando alzando parecchio la voce e prendendole di mano il termometro. "Ma questa è violazione dei miei diritti! Della mia privacy!"
"Che esagerato...!"
"Ma come ti viene in mente, scusa?!" esclamo congiungendo le mani e agitandole a mezz'aria. "E comunque non ho la febbre, dai!37 e 4 non è mica febbre!"
"Sì che è febbre. Non alta, ma comunque è febbre."
"Ma il punto non è questo! Il punto è che non avevi il diritto di entrare in camera mia e di misurarmi le febbre mentre dormivo!"
"Papà aveva già chiamato due volte. Volevo tranquillizzarlo...Ma poi mi sono addormentata mentre aspettavo che suonasse."
"Comunque non dire niente a papà. Voglio andarmene al mare."
"Al mare?! Ma Leo, hai la febbre!"
"Io mi sento benissimo!" esclamo alzandomi di scatto dal letto, ma senza volere sbatto il piede destro contro il comodino e una fitta atroce mi attraversa la gamba. "Ahia, cazzo!"
"Ti sei fatto male alla gamba?!" mi chiede Asia allarmata, alzandosi anche lei.
"No..." dico sfregandomi un occhio. "Ho solo sbattuto il piede. Ma la smetti di starmi addosso così?! Non lo sopporto!"
"Scusa..." risponde lei sospirando. "Però non mi puoi chiedere di mentire a papà. Lo sai che non mi piace, e ti ho già coperto l'altra sera quando hai preso la Vespa. E poi io non me la prendo la responsabilità di lasciarti andare al mare con la febbre..."
"Eccheppalle!" sbuffo lasciandomi cadere seduto sul letto e infilandomi il termometro sotto l'ascella. "Adesso me la riprovo e vedrai che non ce l'ho! A stare in mezzo al lenzuolo si sarà surriscaldato il termometro! Io sto benissimo!".
Passa qualche minuto, poi finalmente il termometro suona ma ho una brutta sorpresa: 37,5.
"Fanculo!" dico alzandomi e lanciandolo sul letto, poi esco velocemente dalla stanza, mentre Asia mi segue.
"Leo, non puoi andartene al mare...!"
"Sto andando in bagno!" urlo voltandomi verso di lei. "Sono libero di andare in bagno in casa mia o adesso devo chiedere il permesso?!".
Asia non mi risponde ma mi guarda mortificata, io entro in bagno e chiudo la porta a chiave.
Vado al lavandino per lavarmi la faccia, ma quando mi guardo allo specchio ci resto da schifo nel vedere che razza di occhiaie che ho.
Dio, sono orribili!
Anzi, tutta la mia faccia è orribile.
Sarà che ho dormito poco e male, sarà che ho la febbre(eccheccazzo però! Io volevo andare al mare!), sarà colpa di altro a cui non voglio nemmeno pensare, fatto sta che quello che vedo allo specchio non mi piace.
Per niente.
Giulia: "Ciao amore, come stai? 😘 Andiamo in piscina più tardi?"
"No..." le rispondo facendo una smorfia di disappunto.
Sono di pessimo umore e non ho voglia di parlare nemmeno con lei.
Giulia: "E allora vieni da me dopo pranzo? I miei escono 😏 ..."
"Ho un po' di febbre. Se esco mio padre mi ammazza."
Giulia: "Ah... ok 😥".
Riappoggio il telefono sul comodino e me ne sto a guardare il soffitto, sdraiato sul letto con le mani incrociate dietro la testa.
Sono nervoso.
Non mi piace non sentirmi bene.
Sono troppi giorni ormai.
E non mi piace l'idea di tornare in ospedale domani e di essere infilato dentro a quei tuboni.
Già solo l'idea mi angoscia.
E oggi volevo andarmene al mare!
Però che cazzo! Non posso passare tutta la giornata incazzato perla febbre e angosciato pensando a domani.
Sbuffo e riprendo in mano il cellulare per scrivere a Giulia: "Vuoi venire tu da me?".
Lei mi risponde praticamente subito: "Speravo che me lo chiedessi! 😍"
"Però ti dico già che non ho voglia di parlare."
Giulia: "Va bene, non parliamo. Promesso! 💗".
Sorrido tra me e me, scuotendo la testa. "E ti avviso anche che oggi sono molto brutto."
Giulia: "Sì, ok 🙄..."
"Dico sul serio. Ho una faccia che fa paura."
Giulia: "La tua faccia non potrà mai essere brutta..."
"Ti dico di sì. Ho due occhiaie spaventose."
Giulia: "E io ho un NASO spaventoso. Direi che siamo pari, no? 😉"
"Ok ok... Va bene alle 2?"
Giulia: "Perfetto! 😊".
"È per me!" urlo quando sento suonare il citofono, precipitandomi a rispondere.
"È la tua Giulietta?" mi domanda Asia con un sorriso divertito.
"Sì..." le rispondo alzando gli occhi al cielo. "Sparisci!"
"Oh sì che sparisco!" ribatte lei andando verso la sua camera. "Oggi sei intrattabile! Povera Giulia! Non la invidio proprio!".
Sì, sono intrattabile.
Perché non mi piace come mi sento.
Né fisicamente né mentalmente.
Malessere a tutto andare.
"Ciao!".
Giulia mi sorride ed è bellissima, nonostante il suo naso sia ancora malconcio.
Non posso fare a meno di pensare che è stata tutta colpa mia e di quell'orribile incubo, e mi sento tremendamente in colpa.
Ok, almeno oggi devo cercare di non farle pesare il mio malumore.
"Vieni qui..." le dico prendendola per i fianchi e avvicinandola a me. Indossa una canotta molto corta che le lascia scoperta la pancia, e il contatto con la sua pelle è sempre una sensazione che mi manda ai matti. La bacio, mentre lei mi passa una mano tra i capelli, e poi entriamo in camera mia.
"Ce l'hai molto alta la febbre?" mi domanda togliendosi le infradito e sedendosi sul letto con le gambe incrociate.
"No... Ma lo sai com'è mio padre... Rompe."
"E domani a che ora è che..."
"Non parliamo. Hai promesso."
"Ok..." dice sospirando, ma poi sorride quando mi siedo sul letto accanto a lei e le circondo la vita con un braccio. "Hai cattive intenzioni?" mi chiede con tono malizioso.
"Sei tu che sei venuta nella tana del Leone..." dico iniziando a baciarle il collo. "Lo sai che poi ti cacci nei guai..."
"Sei tu il vero guaio!" esclama lei ridendo e abbracciandomi. "Però sei il guaio più bello del mondo!"
"Sei ancora in tempo per liberarti di me, eh?".
Lei sta per rispondere qualcosa, ma io non le do modo di farlo perché la bacio e la spingo contro il materasso, facendoci finire entrambi sdraiati.
Inizio ad accarezzarle il fianco scoperto, e lei subito ridacchia perché le faccio il solletico, ma poi sospira di piacere e si avvicina di più a me, facendo aderire tutto il suo corpo al mio.
Le riempio il viso di baci lenti, fino ad arrivare all'orecchio, e poi scendo lungo il collo con le labbra e con la lingua; a lei sfugge un gemito e a me un sorriso, come sempre quando mi accorgo dell'effetto che ho su di lei. Le abbasso le spalline della canotta e del reggiseno e le bacio lentamente la spalla, mentre la mia mano che era sul suo fianco scivola sul suo sedere.
Sono quasi arrivato con le labbra al seno, ma decido di rimandare ancora questo momento: torno su con la testa, le prendo il viso con una mano e la bacio con passione. Lei risponde al mio bacio con altrettanta passione e accavalla una gamba sul mio fianco, aderendo il più possibile a me e mandandomi ai matti ancora di più.
Infilo la mano sotto alla sua canotta, accarezzandole la schiena, e poi faccio per sganciarle il reggiseno, ma proprio in quel momento il mio telefono inizia a squillare.
Cazzo! Perché non ho tolto la suoneria?!
"Non rispondi?" mi domanda Giulia, dato che sto ignorando il telefono e sto continuando ad armeggiare col gancetto.
"No."
"E se è importante?" mi domanda ancora lei mentre io finalmente le sgancio il reggiseno. "Se è l'ospedale che..."
"L'ospedale chiama mio padre, mica me" le rispondo tagliando corto, in modo un po' brusco.
"E se è tuo padre, allora? Magari vuole dirti che ha chiamato l'ospedale..., oppure vuole controllare se sei a casa, o sapere...".
Sbuffo e allungo una mano verso il comodino per prendere il telefono e vedere chi è che rompe.
"È Mattia" dico riappoggiandolo.
"E non gli rispondi?"
"Ho da fare robe molto più interessanti, mi pare..." ribatto facendole scivolare la canotta fino in vita, ma il telefono continua a squillare. "Basta, ora lo spengo!"
"Ma senti che vuole, no?"
"No".
Poi però guardo la faccia di Mattia lampeggiare sul display e mi sento uno stronzo a non rispondergli. Di solito lui non mi chiama mai per rompere; magari ha bisogno di qualcosa.
"Che vuoi?!" gli chiedo rispondendo con tono scocciato.
"Ciao anche a te..."
"Sono con Giulia."
"Aaah! Chiedo perdono allora!"
"Dai, dimmi che volevi."
"Pomeriggio in piscina. Lo ha proposto Ricky nel gruppo, ma non hai visualizzato."
"Non avevo visto. L'ho silenziato il gruppo, perché scrivete cazzate a tutte le ore."
"Vabbè, ho già capito che non è giornata. Se volete venire, dalle 4 saremo lì."
"Non posso venire. Ho la febbre."
"Ah, cazzo...! Mi dispiace."
"Fa niente, tranquillo. Ormai ci sto facendo l'abitudine."
"Ma quindi stai con Giulia per tutto il pomeriggio?"
"No, perché poi rientra mio padre e non mi va che la trovi qui..."
"Beh, allora se vuoi più tardi vengo io."
"Ma non hai detto che vai in piscina, scusa?!"
"Sì, ma sono troppi giorni che non ci vediamo... Se a te va...,io vengo volentieri. Ho tutta l'estate per andare in piscina!".
Sì, mi va.
Non troverò mai un amico migliore di lui.
Sorrido e punto l'indice, come se fosse qui davanti a me: "Horror, patatine e Coca?"
"E ho pure le caramelle gommose!" dice lui ridendo.
"E i porno? Ce li hai ancora o li hai già cancellati?"
"Che porno?!" esclama Giulia mettendosi seduta.
"Ma niente..." dico io agitando in aria una mano. "Sto scherzando..."
"Ci vediamo alle 4?" mi domanda Mattia ridacchiando.
"Ok. A dopo fratello".
"Allora?!" mi chiede Giulia restando seduta e coprendosi il seno con un braccio. "Guardate quella roba?!"
"Ma no, stavo scherzando..., te l'ho detto! Ma poi, anche se fosse...?"
"Come anche se fosse?! Non mi va che mi paragoni a...quelle là!"
"Ma chi ti paragona?!" esclamo io provando a tirarla giù, ma lei fa resistenza. "Tu sei diecimila volta più bella!"
"Ah, allora li guardi davvero!"
"Ma no! Vieni qui..."; provo di nuovo a tirarla giù, stavolta con più decisione, e ci riesco. "Dai, non perdiamo tempo a discutere di queste cazzate... Tra un'ora rientra mio padre...".
Giulia sospira e io la bacio. Inizialmente è un bacio dolce, ma poi diventa passionale e lei infila una mano sotto alla mia maglietta per accarezzarmi il petto.
"Sei un guaio!" mi dice dandomi una manata, ma non troppo forte. "Un gigantesco guaio!".
Io rido e la stringo a me.
È così bello sentirla vicino.
Lo zucchero.
È quasi finito.
E anche la pasta.
Qual è il formato preferito di Leo?
Cavolo, se lo scorda sempre!
Per sicurezza mette nel carrello quattro tipi diversi di pasta corta. Che preferisce la pasta corta se lo ricorda, ma non gli viene in mente quale tipo.
Non è mai stata sua abitudine accontentarlo, e anzi rimproverava pure Irene quando lo accontentava troppo, ma ultimamente mangia così poco che...
Le uova.
Così magari stasera prepara una bella frittata. Nutriente. Con le zucchine. A Leo piacciono le zucchine, no?
E poi cos'è che doveva prendere?
Accidenti, Asia gli aveva preparato la lista, ma come al solito lui se l'è persa da qualche parte e adesso ha la testa in confusione.
Il latte!
Sì, giusto! Il latte.
E il caffè.
"Papà, prendi anche il caffè che è quasi finito!": così gli ha urlato dietro Asia mentre lui apriva la porta di casa per uscire. "Ho dimenticato di metterlo nella lista!".
Il succo di mela.
La Coca Cola?
No, ne beve già troppa e non gli fa bene.
Però magari con quella riesce a convincerlo a mangiare tutta la cena.
Non è molto educativo.
E Leo non è più un bambino da abbindolare con questi mezzucci.
A dire il vero, nemmeno a cinque anni si faceva abbindolare facilmente. È sempre stato così testardo! Se era no, no rimaneva, a costo di restare digiuno, o in silenzio, o chiuso incamera sua per ore e ore.
Per fortuna col cibo non ha mai dato loro grossi problemi; era molto più schizzinosa Asia, da bambina. Leo no, ha sempre mangiato di tutto e di gusto, tranne quando non stava bene.
Come adesso.
Leo non sta bene.
Da giorni.
E da giorni mangia poco.
Pochissimo.
Da settimane, anzi.
È una discussione ad ogni pasto.
Che angoscia!
Che angoscia soffocante!
E domani...
No, non ci può nemmeno pensare, a domani.
Il caffè.
Deve prendere il caffè, prima di scordarselo.
Raggiunge la corsia, lo mette nel carrello, ma prima di avanzare non può fare a meno di soffermarsi con lo sguardo sul decaffeinato di Irene, e un nodo gli stringe la gola.
A casa c'è ancora quel barattolo, consumato a metà, che sembra occupare tutta la dispensa. L'altra sera, rientrato a notte fonda dalla caserma, se l'è preparato, così, in preda a un istinto insensato e del tutto irrazionale. Appena bevuto il primo sorso, però, è scoppiato a piangere e ha buttato l'intera tazza nel lavandino, rompendola. È rimasto per un attimo in sospeso, in attesa di qualche rumore, temendo di aver svegliato i ragazzi, ma la casa è rimasta ferma e silenziosa, e a quel punto lui si è accasciato su una sedia vicina al tavolo e ha pianto fino a non poterne più.
Gli viene da piangere anche adesso.
Stringe forte il carrello tra le mani, poi va verso la corsia delle bibite. Ha deciso che gliela prende, la Coca Cola a Leo, sperando di invogliarlo un po' a mangiare, ma anche per fargli una sorpresa: gliela chiede sempre ma lui non gliela compra mai.
Ha paura.
Ha paura che Leo possa avere qualcosa di serio.
"Vede, signor Correani..., è necessario fare altri accertamenti, più approfonditi... I dati che abbiamo al momento non ci permettono di fare una diagnosi chiara. Anche se..., da una prima analisi dei referti, e data l'anamnesi familiare di Leo..., purtroppo temiamo che possa avere un tumore alla tibia".
Un'intera foresta che si spezza e ti crolla addosso tutta insieme.
Così si è sentito, mentre la dottoressa Lisandri pronunciava quelle parole e Leo, seduto accanto a lui, se ne stava immobile e in silenzio, come svuotato dopo aver pianto tanto a lungo.
E se gli esami di domani dovessero confermare che...
No.
No.
No!
Leo non può essersi ammalato.
Non può essersi ammalato anche Leo.
Non sarebbe giusto, non sarebbe umano.
Ha già perso sua madre e suo padre, ha già perso l'amore della sua vita...
Non può perdere anche Leo.
Non può perdere il suo bambino.
E non può nemmeno vederlo soffrire.
Non può vederlo soffrire come ha sofferto Irene.
Non è tollerabile.
Solo a pensarci, il dolore lo schiaccia e lo soffoca.
Deve fermarsi un attimo e riprendere fiato.
È terrorizzato.
E chissà com'è terrorizzato Leo, chissà come sta male per questa situazione e per la morte di Irene..., ma tanto per cambiare si tiene tutto dentro, e lui non ci prova nemmeno a farlo aprire.
"Con Leo sarà più difficile...Lo sai com'è fatto".
Sì, lo sapeva che sarebbe stato difficile, ma non così. Così non poteva immaginarlo.
Ti prego, fa' che non sia un tumore, perché altrimenti io non ce la faccio.
Non ce la può fare.
Non può affrontare tutto questo di nuovo.
Non ci riesce.
Gli tremano le gambe.
Gli manca il respiro.
Gli si annebbia il cervello.
Deve parlare con Leo.
Lo sa che deve parlare con Leo, anche se sta male solo all'idea.
Ma è suo figlio, ed è ancora un ragazzino, anche se si atteggia da grande, anche se per tante cose grande lo è davvero... Ma ha solo sedici anni, e lui ha il dovere di affrontare questa cosa. Non può scappare così, ci deve parlare. Gli deve chiedere come si sente, e se ha paura, e se è arrabbiato, e dirgli che comunque lui c'è, anche ridotto peggio di uno straccio, ma c'è.
Sì, ci deve parlare.
Subito.
Stasera.
Stasera a cena.
Asia ha detto che cena fuori, loro saranno da soli, è la situazione ideale.
Gli prepara la frittata, gli lascia bere la Coca Cola, e poi prende l'argomento.
Magari potrebbe fermarsi anche a prendere il gelato prima di tornare a casa, così parlano mentre lo mangiano. È più facile, così, no? Irene lo faceva spesso.
"Devi avere pazienza, essere comprensivo..., lasciargli il suo spazio... Non lasciargliene troppo però...".
No.
Gliene ha già lasciato troppo, di spazio.
È diventato una voragine.
Una voragine di silenzio, di dolore, di paura.
Deve rimediare, prima che sia troppo tardi.
Ci deve parlare.
Subito.
Stasera.
"Ciao papà!" dico sollevando in aria una mano per salutarlo, mentre con l'altra continuo a giocare alla Play.
"Ciao" mi risponde lui, carico di borse della spesa.
Mattia gli dice "Buonasera" e si alza in piedi, manco fosse un suo sottoposto, e io ne approfitto per segnare.
"Goooal!" urlo lasciando cadere il controller sul divano.
"Ma non vale!" si lamenta Mattia.
"Sì che vale!".
Lui sospira e scuote la testa, poi si rivolge a papà: "Le serve una mano?"
"No, grazie" gli risponde lui andando verso la cucina. Poggiale borse sul tavolo e poi torna indietro e si affaccia alla porta. "Dovresti prendere esempio" mi dice indicando Mattia.
"Sì sì, lo sappiamo che lui è il figlio ideale. Ma tanto hai già Asia, no?"
"A proposito, è già uscita? La macchina era giù..."
"Sì, più o meno mezz'ora fa. È passato a prenderla Michele."
"Ah..., va bene."
"Finalmente lo chiama col suo nome!" esclamo ridendo. "A forza di essere chiamato Luisa o Marghe..., avrà avuto una crisi d'identità, poveraccio!".
Papà accenna un sorriso e poi va a mettere a posto la spesa mentre io e Mattia riprendiamo a giocare, ma dopo un po' torna da noi.
"Leo, preparo la frittata con le zucchine, va bene?"
"Sì, ok..." gli rispondo senza prestare troppa attenzione perché sono concentrato sulla partita.
"Oh...., non mi ero accorto che fossero quasi le 8..." dice Mattia distraendosi, e io segno di nuovo. "Tra poco vado..."
"Non ti preoccupare, non ceniamo così presto" gli risponde papà. Fa un attimo di pausa, come se stesse pensando a chissà cosa, e poi mi sorprende: "Anzi..., vuoi fermarti a cena con noi?" gli propone mentre io resto completamente spiazzato.
"Eh?" gli domanda Mattia, spiazzato pure lui. In questi anni ha mangiato qui un sacco di volte, certo, ma l'invito non è mai partito da papà. "Non..., non vorrei disturbare..."
"Non disturbi, altrimenti non te l'avrei chiesto. E penso che a Leo faccia molto piacere."
"Beh, sì che mi fa piacere!" esclamo io sorpreso.
Almeno così mi evito un po' di angoscianti silenzi, e poi se c'è Mattia, papà mi romperà meno per il fatto che mangio poco.
"Va bene, allora avviso i miei" dice Mattia prendendo il cellulare.
"Bravo. Ho anche preso il gelato!" esclama papà.
"Ma stai bene?" gli domando io corrugando le sopracciglia.
"Benissimo" mi risponde lui stringendosi nelle spalle. "E tu...?" mi domanda con tono un po' incerto.
Ah, una meraviglia, guarda! Tu che dici?!
È appena morta la mamma, continuo a stare male, domani mi tocca andare in ospedale, e forse ho un tumore.
"Benissimo anch'io" gli rispondo sforzandomi di sorridere.