MUDDY PUDDLE

By AppleAnia

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Giuseppina ha ventiquattro anni, è stata lasciata dal fidanzato, non ha un lavoro fisso e pubblica online fan... More

PERSONAGGI
PREMESSA
1 • IL PARADISO DEL PERFETTO MISANTROPO
2 • LA PRIMA REGOLA DEL SUCCESSO
3 • IL MIO GIORNO FORTUNATO
4 • TI ANDREBBE DI BALLARE CON ME?
5 • LA FINESTRA
6 • UNO DI NOI
7 • UN PIEDE NELLA FOSSA
8 • LA COLONNA SONORA DELLA NOSTRA INFANZIA
9 • CLASSE A
11 • PERCHÉ IO LA ODIAVO
12 • RODEO
13 • CHEMISIER
14 • GUARDRAIL
15 • ENGLISH SETTER
16 • EX
17 • CALCIO A OTTO
18 • DUE ETTI DI LONZA
19 • I COLORI DELL'ARCOBALENO
20 • UN ALTRO SOSPETTATO
21 • MASCHIO DA EXPO
22 • MA QUINDI PERCHÈ LA SCHIENA FELINA GUARDA SEMPRE IL CIELO?
23 • EFFLUVI
24 • UNICA COLPA? ESSERE PIÙ BELLA DI TE
25 • IL COLPEVOLE SARÀ LASCIATO SOLO
26 • INTO THE WOODS
27 • PASSEPARTOUT
28 • STORMYVENETIA
TRE MESI DOPO
RINGRAZIAMENTI

10 • IL GUFO

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By AppleAnia

Ma di problemi, in realtà, ce ne sono tre.

Il primo è che, non avendo previsto di fermarmi nello Yorkshire più a lungo di oggi, non ho più cambi.

Il secondo è che, se anche mi fossi organizzata per un soggiorno più lungo, non avrei mai e poi mai previsto di finire a cena con Peter Potato e quindi, in ogni caso, non avrei avuto una mise adatta per l'occasione.

Il terzo è che continua a piovere e fare freddo. Incessantemente.

«Puoi mettere questo, Peppa» mi dice la nonna, porgendomi un terrificante completo color cachi. «Era di tua madre, dovrebbe starti, anche se lei era un pochino meno abbondante di seno...»

Quando il sole sorgerà a occidente e morirà a oriente, quando i mari si seccheranno e le montagne voleranno via nel vento come foglie morte, allora, e solo allora, andrò a un appuntamento con indosso un twin set vintage color cachi della taglia sbagliata che puzza di naftalina.

Ma comunque, volendo, il vestito è un problema secondario. Ciò che veramente mi impensierisce, costringendomi in un'agonia atroce e silenziosa, è ciò che va messo sotto al vestito, cioè l'intimo.

Per farla breve, attualmente, le possibilità che mi si prospettano davanti sono tre:

1) Un'orrorifica culottona rosa di cotone con il gufetto davanti.
2) Lavare e asciugare con il phon il perizoma che indossavo alla festa, suscitando domande, disapprovazione, sdegno e rancore da parte della nonna.
3) Andare senza biancheria.

Dunque, a malincuore, afferro la mutanda col gufo. Non ha importanza, in fondo. Stiamo parlando di Peter Potato, non devo farmi troppe illusioni. Oddio, non mi sembra vero. Ho un appuntamento con Peter Potato!

«Posso accompagnarti a comprare qualcosa, se vuoi» prova la nonna. «Possiamo prendere la macchina del nonno».

Per carità. Conosco bene le boutique di questo paese e, piuttosto, mi tengo ben strette le mutande col gufo.

«Non è necessario. Però, piuttosto...» mi ricordo, folgorata da un'illuminazione improvvisa. «Mi hanno detto che c'è un centro estetico qui in zona».

«Ah sì. Ma a te non serve niente del genere» dice la nonna. «Sei già bellissima».

Ma ormai ho deciso. Cioè, non nutro davvero la speranza di finire a letto con Peter. Né ho intenzione di concedermi la prima sera.

Certo che no.

Ma, se per puro caso dovesse capitare, sarei più tranquilla se Peter non badasse al gufo, magari perché irretito da tutto il resto. Mi precipito giù per le scale e irrompo in soggiorno.

«Mi accompagni in paese, Gino?» domando.

Ma Luigino non c'è. Il divano è vuoto e, ben più strano, il televisore è spento.

«Peggy!» urla il pappagallo dalla sua gabbia. «Peggy

«Che ne hai fatto di mio fratello, Peggy?» le domando, scrutandola con sospetto.

«Sono qui, idiota» dice lui.

È in piedi vicino alla porta, tutto ben vestito e pettinato.

«Che stai facendo?» domando, incredula.

«Esco» risponde lui, come se fosse una cosa normale.

«Esci? E con chi?»

«Con Edison» risponde, sistemandosi i capelli davanti allo specchio del soggiorno, poi si dirige verso la porta e afferra le chiavi della vecchia Volvo del nonno dalla cassetta di legno appesa al muro. «Ci vediamo».

«No, no, aspetta!» gracchio, riacchiappandolo per un braccio. «Mi serve la macchina! È una questione di vita o di morte!»

«Serve anche a me» taglia corto. «Ciao».

«Aspetta, aspetta!» lo fermo. Infilo gli stivali di gomma sopra i leggings pieni di pallini che indosso per casa e il primo giaccone che trovo all'ingresso, cioè l'impermeabile verde militare della nonna. «Dammi un passaggio al centro estetico. Ti prego».

«Va bene» risponde. «Passiamo prima a prendere Edison, però. E per il ritorno dovrai arrangiarti».

«Non fa niente» dico, poi mi volto e urlo un saluto alla nonna. «Andiamo».

E, in effetti, dopo tre ore e mezzo di trattamenti estetici, mi sento decisamente meglio. Ho i capelli morbidi e lucenti, neanche più l'ombra di un pelo in tutto il corpo e le ciglia perfettamente arcuate.

Mentre la tizia davanti a me sta finendo di rimuovermi le cuticole con una tale ferocia che pare che mi odi da tutta la vita (o, almeno, che, da tutta la vita, abbia un conto in sospeso con le mie cuticole), mi fisso le unghie a mandorla. Le ho fatte notevolmente accorciare e, devo dire, ora sono bellissime. Mi fanno sembrare un'evanescente fanciulla vergine dell'epoca Regency di nome Harriet o Prudence, costretta a tenere le unghie corte per massimizzare il profitto delle sue lezioni di calligrafia e per non avere inutili impedimenti nella macchinosa pratica di legatura del corsetto.

Oddio, no. Mi sta venendo l'ispirazione per un nuovo romanzo. Devo reprimerla subito. Non sono ancora riuscita a convincere Belinda che la trasformazione di Ride Me da saga erotica trash a saga teen mystery (trash) sia una buona idea. E poi ci sarebbero ancora il sottotitolo da trovare e quelle quarantacinquemila parole da tagliare e...

«Carine» dice qualcuno, afferrando la sedia della postazione alla mia destra. «Le voglio fare anch'io a mandorla, oggi».

Candace Deverall si lascia cadere sulla sedia di plastica e si volta a guardarmi.

«Ciao, Giuseppina Rosati» dice. «Talmente sconvolta da ciò che è capitato a Susan da necessitare di una manicure d'emergenza?»

«Ciao» rispondo, sulla difensiva. «È bello che tu abbia sempre una parola buona».

Candace scuote la chioma arancione, butta indietro la testa e scoppia a ridere.

«Per carità» risponde. «Se sei alla ricerca di quelle persone tutte commozione e frasi di convenienza, ti conviene tornare a Londra. Perché non ne troverai, qui».

Sì, me ne ero già accorta dopo il paradisiaco incontro con Wendy Woolford.

«O meglio» continua Candace, «non ne troverai almeno finché non si sveglia Susan. Lei è proprio il tipo di persona tutta paroline buone e melassa. Hai saputo che è ancora viva?»

«Certo» ribatto.

Ed è stato Peter Potato in persona a rivelarmelo, stronza antipatica, vorrei risponderle. Ma faccio appena in tempo ad aprire la bocca che la tizia seduta qui davanti, appena giunta alla risoluzione definitiva del suo increscioso conflitto con le mie cuticole, alza su di me uno sguardo inespressivo e mi rivolge delle parole assolutamente incomprensibili ma che suonano tipo:

«Classico o I-901?»

«Prego?»

«Il nude. Ti faccio il classico o l'I-901?»

«L'I-901 è molto più bello» dice Candace, allungando il collo per impicciarsi.

«No, preferisco il classico» rispondo, piccata. Se voglio sembrare un'evanescente fanciulla vergine dell'epoca Regency di nome Harriet o Prudence, non posso certo farmi applicare sulle delicate unghie a mandorla un gel che ha il nome di un carro armato o di una normativa ISO per la conservazione del pesce crudo. Classico sembra molto meno malvagio e decisamente più Regency.

«Banale» sentenzia Candace. «Ma, forse, su di te, appropriato».

«Certo che anche tu sembri davvero sconvolta per l'accaduto» dico.

«Dovrei esserlo? Spero che questa storia non crei altri problemi a Fox» risponde, stringendosi nelle spalle. «Ma non mi importa niente di Susan Ellis. Mi è sempre stata sulle scatole».

Quella parola, altri, attira la mia attenzione.

«In che senso altri problemi?» domando.

«Nel senso che gliene ha già creati abbastanza, in passato» risponde.

Uhm. Questo è interessante. Molto interessante.

«Di che tipo?» la incalzo. «Sei la prima persona che mi dice qualcosa del genere. Sembra che Susan sia adorata da tutti».

«Sì, ecco, hai detto bene» risponde. «Sembra».

«Signorina Deverall» dice una donna, affacciandosi alla porta della stanza del salone dedicata alle onicotecniche. «Il lettino solare è libero».

Candace si alza, raccatta la borsa e mi lancia un saluto scocciato con il capo.

«Ci si vede» mi dice.

Ah, sì. Puoi contarci.

Ovviamente, nessuno di questi accorgimenti (capelli-unghie-ciglia-estirpazione del pelo superfluo) sarà sufficiente a cancellare il gufo dalle mie mutande. Ma, se Peter non dovesse rivelarsi un tipo troppo fiscale, potrebbero distogliere l'attenzione da esso in maniera significativa.

Mi sono fatta chiamare un taxi da Sandy la receptionist, ho già pagato e raccattato le mie cose e sto per svignarmela quando Zoe Zimmerman compare sulla soglia della porta. Chiude l'ombrello imprecando e si dà una sistemata ai capelli bagnati.

«Peppa!» mi dice, quando alza lo sguardo dalle sue calosce Hunter da cento sterline e mi si ritrova davanti. «Che bello vederti! Pensavo fossi andata via!»

«Ho deciso di fermarmi qualche giorno in più» rispondo.

«Hai fatto bene a passare» dice, «io sto attaccando adesso, mi spiace di non esserci incontrate».

A me no. Anzi, sinceramente, speravo proprio di non incontrarti, visto che potresti essere tu l'assassina di Suzy. D'altronde, viste le circostanze, sono stata obbligata a correre il rischio. È stata una questione di priorità.

«So che sei stata in ospedale da Susan» dice.

Odio questo paese, in cui tutti sanno tutto di tutti.

«Me lo ha detto Wendy» precisa.

«Sì, ti ha detto la verità» confermo, a malincuore, perché non ho alcuna intenzione di affrontare questo discorso con lei in questo momento, sulla porta del centro estetico e in presenza di Sandy la receptionist. «Oh, ecco il mio taxi. Ciao!»

«Aspetta» dice, si avvicina al bancone di Sandy e afferra un biglietto da visita. «È il mio numero. Mi chiami?»

«Domani, magari» farfuglio. «Stasera ho da fare...»

«Sì, immagino» ridacchia lei, strizzandomi l'occhio. «Buon divertimento. Hai fatto la laminazione? Stai benissimo».

Beh, insomma. In confronto a lei sembro comunque una povera anima derelitta. Se avessi avuto più tempo forse averi potuto anche io provare a fare l'allungamento delle ciglia anziché la laminazione. Perché le ciglia di Zoe non possono essere vere. Sarebbe veramente ingiusto.

«Perché mi fissi così?» sorride. «Ti sei presa una cotta per me?»

«No, no. Stavo solo guardando le tue ciglia... sono...»

Come sono? Come posso finire questa frase senza sembrare una lesbica feticista dei posticci?

«Grazie» ride lei. «Sono extension, ma sono ciglia vere. Molto realistiche, eh? In genere non le porto così lunghe. Le ho montate proprio sabato, apposta per la festa».

«Stupende» confermo, e fuggo. «Beh, allora ci sentiamo».

E anche oggi, che ci crediate o no, sono riuscita a pubblicare per il rotto della cuffia 😓 è un periodo nefasto, mi sono capitate svariate sciagure in serie. Tipo, per farvi un esempio delle più recenti:

-mi si è ostruito lo scarico del lavandino della cucina
- mi si è sfasciata la lavastoviglie
- mi si è sfasciata la serranda della camera
- mi si è staccata una capsula mentre (con fare vago, pensando: TANTO NON SE NE ACCORGE NESSUNO) addentavo un orsetto gommoso arricchito con vitamina C pediatrica di quelli della farmacia
- stasera si consuma una delle disgrazie calcistiche più funeste dell'anno: la finale di Europa League Siviglia-Roma.
- Belinda sarà incazzato per una settimana in caso di sconfitta della Roma (ok questa è ipotetica ma tanto ora che l'ho scritto, se dovesse davvero accadere e il cielo non voglia, potrebbe addirittura dare la colpa a me che gliel'ho tirata).

Ps: quanti di voi sono come Peppa? Che scrivono una storia e nel frattempo sono colti da devastanti ispirazioni per altre 10? Io si 💃🏻

Baci baci

🦉AppleAnia🦉

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