Leo (Io non ho finito)

By MariaCorrao5

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Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia? Com'è cambiata la sua vita quando si è t... More

Capitolo 1: Venerdì, 23 dicembre 2011
Capitolo 2: Sabato, 24 dicembre 2011
Capitolo 3: Domenica, 25 dicembre 2011
Capitolo 4: Lunedì, 26 dicembre 2011
Capitolo 5: Martedì, 27 dicembre 2011
Capitolo 6: Mercoledì, 28 dicembre 2011
Capitolo 7: Giovedì, 29 dicembre 2011
Capitolo 8: Venerdì, 30 dicembre 2011
Capitolo 9: Sabato, 31 dicembre 2011
Capitolo 10: Domenica, 1 gennaio 2012
Capitolo 11: Lunedì, 2 gennaio 2012
Capitolo 12: Martedì, 3 gennaio 2012
Capitolo 13: Mercoledì, 4 gennaio 2012
Capitolo 14: Giovedì, 5 gennaio 2012
Capitolo 15: Venerdì, 6 gennaio 2012
Capitolo 18: Lunedì, 9 gennaio 2012
Capitolo 60: Martedì, 21 febbraio 2012
Capitolo 61: Mercoledì, 22 febbraio 2012
Capitolo 66: Lunedì, 27 febbraio 2012
Capitolo 68: Mercoledì, 29 febbraio 2012
Capitolo 69: Giovedì, 1 marzo 2012
Capitolo 74: Martedì, 6 marzo 2012
Capitolo 103: Mercoledì, 4 aprile 2012
Capitolo 121: Domenica, 22 aprile 2012
Capitolo 134: Sabato, 5 maggio 2012
Capitolo 155: Sabato, 26 maggio 2012
Capitolo 157: Lunedì, 28 maggio 2012
Capitolo 159: Mercoledì, 30 maggio 2012
Capitolo 160: Giovedì, 31 maggio 2012
Capitolo 161: Venerdì, 1 giugno 2012
Capitolo 162: Sabato, 2 giugno 2012
Capitolo 163: Domenica, 3 giugno 2012
Capitolo 169: Sabato, 9 giugno 2012
Capitolo 170: Domenica, 10 giugno 2012
Capitolo 171: Lunedì, 11 giugno 2012
Capitolo 172: Martedì, 12 giugno 2012
Capitolo 173: Mercoledì, 13 giugno 2012
Capitolo 174: Giovedì, 14 giugno 2012
Capitolo 175: Venerdì, 15 giugno 2012
Capitolo 176: Sabato, 16 giugno 2012
Capitolo 179: Martedì, 19 giugno 2012
Capitolo 180: Mercoledì, 20 giugno 2012
Capitolo 181: Giovedì, 21 giugno 2012
Capitolo 182: Venerdì, 22 giugno 2012
Capitolo 183: Sabato, 23 giugno 2012
Capitolo 185: Lunedì, 25 giugno 2012
Capitolo 186: Martedì, 26 giugno 2012
Capitolo 187: Mercoledì, 27 giugno 2012
Capitolo 188: Giovedì, 28 giugno 2012
Capitolo 189: Venerdì, 29 giugno 2012
Capitolo 192: Lunedì, 2 luglio 2012
Capitolo 193: Martedì, 3 luglio 2012
Capitolo 194: Mercoledì, 4 luglio 2012
Capitolo 195: Giovedì, 5 luglio 2012
Capitolo 196: Venerdì, 6 luglio 2012
Capitolo 197: Sabato, 7 luglio 2012
Capitolo 198: Domenica, 8 luglio 2012
Capitolo 199: Lunedì, 9 luglio 2012
Capitolo 200: Martedì, 10 luglio 2012
Capitolo 201: Mercoledì, 11 luglio 2012
Capitolo 202: Giovedì, 12 luglio 2012
Capitolo 203: Venerdì, 13 luglio 2012
Capitolo 204: Sabato, 14 luglio 2012
Capitolo 205: Domenica, 15 luglio 2012
Capitolo 207: Martedì, 17 luglio 2012
Capitolo 208: Mercoledì, 18 luglio 2012
Capitolo 209: Giovedì, 19 luglio 2012
Capitolo 210: Venerdì, 20 luglio 2012
Capitolo 211: Sabato, 21 luglio 2012
Capitolo 212: Domenica, 22 luglio 2012
Capitolo 213: Lunedì, 23 luglio 2012
Capitolo 214: Martedì, 24 luglio 2012
Capitolo 215: Mercoledì, 25 luglio 2012
Capitolo 217: Venerdì, 27 luglio 2012
Capitolo 218: Sabato, 28 luglio 2012
Capitolo 219: Domenica, 29 luglio 2012
Capitolo 220: Lunedì, 30 luglio 2012
Capitolo 221: Martedì, 31 luglio 2012
Capitolo 222: Mercoledì, 1 agosto 2012
Capitolo 223: Giovedì, 2 agosto 2012
Capitolo 224: Venerdì, 3 agosto 2012
Capitolo 225: Sabato, 4 agosto 2012
Capitolo 226: Domenica, 5 agosto 2012
Capitolo 227: Lunedì, 6 agosto 2012
Capitolo 229: Mercoledì, 8 agosto 2012
Capitolo 230: Giovedì, 9 agosto 2012
Capitolo 231: Venerdì, 10 agosto 2012
Capitolo 232: Sabato, 11 agosto 2012
Capitolo 233: Domenica, 12 agosto 2012
Capitolo 234: Lunedì, 13 agosto 2012
Capitolo 235: Martedì, 14 agosto 2012
Capitolo 236: Mercoledì, 15 agosto 2012
Capitolo 237: Giovedì, 16 agosto 2012
Capitolo 238: Venerdì, 17 agosto 2012

Capitolo 72: Domenica, 4 marzo 2012

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By MariaCorrao5

"Sei già sveglio?!".

Papà si ferma davanti alla porta aperta della mia camera e mi guarda allibito. Io sto cercando le ciabatte ma non mi ricordo dove le ho lasciate e quindi alla fine resto scalzo. Lui è appena rientrato dal suo solito giro della domenica mattina in cui va a prendere il giornale e i cornetti.

"Non sono nemmeno le 8!" esclama dopo aver guardato l'orologio. "Ed è domenica mattina!"

"Lo so" dico passandogli accanto e prendendo dalle sue mani la busta coi cornetti. "Grazie".

Prima di andare in cucina passo dalla camera di Asia e apro la porta che è socchiusa; lei è ancora a letto. "Sono le 8! Alzati, su!"

"Ma che succede?" mi domanda papà seguendomi in cucina. Accende il fornello con sopra la moka già pronta e poi mi guarda ."Io non capisco!"

"Come fai a non capire?!" gli rispondo passandomi una mano in mezzo ai capelli. "Lo sai che succede oggi, no?!"

"Aaah...!" sorride lui sedendosi a tavola e aprendo il giornale mentre io mi preparo il caffellatte. "Ma mancano ancora cinque ore, prima che vada a prendere la mamma!"

"Lo so. Ma dev'essere tutto perfetto!"; mi siedo e prendo un cornetto alla crema dalla busta. "ASIAAA!" urlo forte perché mi senta fino in camera sua, e papà che stava leggendo il giornale mi guarda male. "Dai, che ci metti mezz'ora a fare colazione!" urlo ancora.

"Prendi un piattino" sospira papà, sollevando di nuovo lo sguardo dal giornale. "Che sbricioli dappertutto."

"Fa niente, poi pulisco. ASIAAA!"

"Eccomi! Eccomi!" esclama lei mentre entra in cucina sbadigliando, stringendosi nella vestaglia. "Ti metti un po' calmo adesso, però?! Abbiamo tutto il tempo!"

"Ma per fare cosa?" ci chiede papà, sollevando per l'ennesima volta lo sguardo dal giornale.

"Cosa vuol dire per fare cosa?!" gli rispondo io prendendo il secondo cornetto dalla busta. "Ci sono un sacco di cose da fare! Tanto per cominciare, c'è da pulire la casa e metterla in ordine..."

"Ma è stato fatto ieri!" ribatte lui. "Ho pure fatto venire Nunzia di proposito..."

"Sì, ma lei mica conosce bene la mamma come noi! C'è da sistemare delle cose. Dev'essere tutto perfetto, te l'ho detto! E poi dobbiamo apparecchiare come piace a lei..., e c'è da preparare il pranzo! Tutti i suoi piatti preferiti! Il pollo arrosto con le patate, la pasta al forno fatta con la sua ricetta..., e la crostata di ricotta col cioccolato e le mandorle!"

"Non è un po' troppo?" mi chiede lui con apprensione. "Lo sai che ultimamente non ha molto appetito. Non vorrei che si sentisse obbligata a..."

"L'appetito le verrà, vedrai!" rispondo io alzandomi. "Sono sicuro che migliorerà tutto, adesso che torna a casa! Fidati!"

"Speriamo..." mormora lui tra sé e sé, e poi ricomincia a leggere il giornale.

Io inizio a sbucciare le patate ma poi mi viene un'altra idea.

"Ah!" esclamo a voce alta. "Dobbiamo comprare dei fiori! Riempirne la casa! Anzi no, piante! Ci pensi tu, papà? Vai da Grazia a prenderle?"

"Leo, ma non so se sia il caso... Ne ha già abbastanza di piante, e sono impegnative da curare."

"E allora... prendi le piante grasse! Che quelle campano da sole! E l'erica!"

"Va bene..." sospira lui. "Prenderò qualche pianta grassa."

"E un mazzo di margherite! Quelle grandi! E facci mettere pure igirasoli!"

"D'accordo..."

"E il vino che le piace!"

"È meglio se non beve, lo sai."

"Dai, un goccio, che sarà mai?! Dobbiamo festeggiare!"

"E va bene..., va bene!" annuisce lui. "Ma scordati di berlo tu".

Io alzo gli occhi al cielo sbuffando. "Beh scusa, pure io devo festeggiare!"

"Adesso però..., mi lasci leggere in pace il giornale, per piacere?"

"Sì... Guarda, ti verso pure il caffè che è pronto" dico prendendo una tazzina e riempiendola.

"Grazie. Ma guarda che non ti lascio lo stesso bere il vino".

Io sorrido scuotendo la testa e poi torno a pelare le patate. Tanto lo so che la mamma di nascosto me ne farà bere un po' del suo.

Perfetto.

Sarà tutto perfetto.


È tutto pronto, è tutto perfetto: la casa, la tavola, il pranzo; ho preparato pure la moka col decaffeinato. E la mamma a momenti sarà qui. Finalmente torna a casa. Sono così emozionato!

Sistemo meglio i cuscini sul divano e avvicino il tavolino dove ho poggiato una bottiglietta d'acqua, i suoi dvd preferiti e i telecomandi, a cui ho pure messo le pile nuove, così non c'è rischio che si scarichino mentre lei li sta usando. Direi che non manca niente. Ah no! La copertina. Non si sa mai che abbia freddo. Vado in camera sua e mi avvicino al comò per prenderla, ma prima prendo in mano la boccetta del suo profumo, la stappo e l'annuso, pensando che da oggi non avrò più bisogno di farlo perché lei torna a casa e tornerà ad usarlo, e perciò lo sentirò addosso a lei. Prendo la copertina dall'ultimo cassetto e prima di uscire dalla stanza prendo pure il suo cardigan di lana grigio che è sulla sedia. È vecchio e brutto, ma lei lo adora.

Adesso non manca proprio niente.

Metto il cardigan sul bracciolo del divano e sono indeciso se lasciare la copertina piegata o dispiegarla già, quando sento aprirela porta d'ingresso.

Eccola!

No.

C'è solo papà.

"Dov'è?!" gli chiedo allarmato mentre stringo la coperta tra le mani.

Ma magari è ancora per le scale.

"È qui al telefono..." mi dice lui con aria afflitta, avvicinandosi a me.

"Come sarebbe al telefono?! Stai scherzando?!"

"No, Leo. Tieni".

Io prendo in mano il telefono come un automa, mentre arriva anche Asia che si stava finendo di vestire.

"Mamma...?!" dico con lavoce che mi trema.

"Ciao amore."

"Che storia è questa?! Dove sei?! È uno scherzo?! Sei giù in macchina?! Perché se è uno scherzo ti assicuro che non mi piace per niente!"

"Non potrei mai farti uno scherzo simile, lo sai".

Sì, lo so.

E mi viene già da piangere.

"Perché...?"; le parole mi si fermano in gola. Ho paura di scoppiare a piangere e non voglio. Stringo la coperta nel pugno e prendo fiato. "Perché non sei qui...?".

Dovresti essere qui.

Perché non sei qui?

È tutto perfetto.

Tutto.

Ogni singolo fottuto dettaglio.

Tutto.

Ho pensato a tutto.

Non ho tralasciato niente.

Mi sono pure messo la tua camicia preferita, quella di jeans, e ho messo poco gel nei capelli, così li puoi accarezzare meglio.

E allora perché non sei qui?!

"Purtroppo mi è tornata la febbre..." mi dice lei con tono molto dispiaciuto. "E anche gli esami di stamattina non erano buoni, perciò..."; sospira e fa una lunga pausa, in cui io stritolo la coperta in una mano e il telefono nell'altra. "Pare che dovrò restare qui ancora per qualche giorno".

No.

No no no!

NO!

Io ti voglio qui!

Subito!

Adesso!

Devi tornare a casa!

Devi tornare da me!

Subito!

È tutto pronto, è tutto perfetto.

È tutto perfetto.

Perfetto.

Perfetto, cazzo!

Perfetto!

"Leo...".

Non riesco a dire niente.

Lei mi chiama ma la sua voce mi giunge come da molto lontano.

"Leo... Amore...".

Niente, non dico niente.

Lancio la coperta e il telefono sul divano, poi mi infilo al volo le scarpe che ieri ho lasciato all'ingresso.

"Leo!"; adesso è Asia che mi chiama, mentre papà recupera il suo telefono e parla con la mamma.

Non rispondo nemmeno a lei.

Non dico niente.

Prendo le chiavi di casa e il giubbotto, e apro la porta per uscire.

"Leo!"; stavolta a chiamarmi è papà. "Dove stai andando?!".

A fanculo, sto andando!


Sto andando in ospedale.

Pedalando più veloce che posso, tanto che mi bruciano tutti i muscoli delle gambe. A quest'ora di domenica non ci sono autobus e così ho preso la bici, con la folle illusione di riuscire ad arrivare in tempo, prima che termini l'orario di visita, ma lo so già che è impossibile farcela. Eppure pedalo, pedalo, illudendomi di riuscirci, e quando arrivo non ho quasi più forza nelle gambe e sono a corto di fiato.

Come temevo, l'una è già passata da un pezzo e non mi fanno salire in reparto dalla mamma.

Ho tentato di farlo di nascosto ma mi hanno bloccato subito, e adesso c'è quell'infermiera antipatica di cui non riesco a memorizzare il nome che se ne sta fissa nella postazione davanti al corridoio del reparto, e passare è proprio impossibile. Come un coglione ho pure lasciato il telefono a casa, e quindi non posso nemmeno chiamare la mamma chiedendole di venire giù da me.

Devo pensare a una soluzione.

Dev'esserci una soluzione.

Sono così incazzato che spaccherei tutto.

E così triste che potrei piangere fino a domani.

Mi lascio cadere seduto su una sedia dell'hall e mi prendo la testa tra le mani.

Non devo piangere.

E se non voglio che mi caccino via, non devo nemmeno fare scenate.

Dev'esserci una soluzione, dev'esserci!

No, non c'è.

Io voglio la mamma, voglio che torni a casa adesso, e una soluzione non c'è.

Non riesco a trattenere le lacrime e mi copro la faccia con le mani per non farmi vedere da nessuno. Il pianto prende il sopravvento, mi scuote il petto in singhiozzi, e allora mi rifugio in bagno per poter piangere di nascosto da tutti.

Voglio che la mamma torni a casa, la voglio con me, la voglio vedere seduta al suo posto a tavola, e sedermi sul divano accanto a lei mentre guarda la tv e mi accarezza distrattamente i capelli, e farle compagnia mentre fa giardinaggio, raccontandole tutto quello che succede a scuola o coi miei amici. O magari anche con Giulia.

Stava andando tutto per il meglio, si era ripresa, perché quella stronza della Lisandri non le ha dato il permesso di uscire e di tornare a casa da me?!

Non posso sopportare l'idea di altri giorni senza di lei.

Nemmeno uno ne posso sopportare.

Devo trovare una soluzione.

Devo fare qualcosa.

Ma cosa?!

Cosa, cazzo, cosa?!

Ci sono: la Lisandri.

Devo parlare con la Lisandri.

Già solo l'idea mi inquieta da morire, ma credo di non avere altra scelta se voglio che la mamma torni a casa.


"Sì, avanti".

Ho bussato alla porta dello studio della Lisandri e adesso lei mi sta invitando ad entrare, ma io avrei solo voglia di scappare a gambe levate. Che cacchio le dico?

Mi faccio coraggio e apro la porta, restando lì, senza entrare del tutto e cercando di mantenere la voce ben ferma. "Buongiorno".

Lei si toglie gli occhiali e li poggia sulla scrivania, rivolgendomi uno sguardo alquanto perplesso. "Oh... Buongiorno Leo". Io resto sulla porta e ancora non so che cavolo dire, e stringo la maniglia, e mi sudano le mani, e mi si azzera la salivazione. "Hai bisogno?" mi domanda allora lei, dato che io sono ancora fermo impalato come un cretino.

"Sì" le rispondo facendo un grosso respiro.

"Accomodati allora"; mi indica la sedia e a me sembra passare un'eternità prima che le mie gambe si decidano a muoversi, ma poi faccio il primo passo ed è fatta: in un attimo sono già seduto di fronte a lei, ma la situazione non è per niente migliorata. Questa donna mi mette non poca soggezione, e avercela davanti non è per niente piacevole. Peggio della prof. di matematica e del dentista messi insieme. "Dimmi pure. Di cosa hai bisogno?".

Raddrizzo la schiena, prendo fiato e glielo dico: "Che dimetta mia madre. Aveva detto che la faceva uscire oggi, no?".

Per un momento non capisco se si stia per incazzare o se stia per scoppiare a ridermi in faccia.

Nessuna delle due.

Si ricompone immediatamente e con noncuranza prende in mano gli occhiali. "Sì. Lo avevo detto, ma oggi il quadro clinico è cambiato e di conseguenza ho dovuto rivedere la mia posizione."

"Beh, e allora ci dovrebbe pensare bene prima di dire una cosa!".

Perché erano due settimane che io e la mamma aspettavamo questo giorno.

E che lo aspettavano anche papà e Asia.

E non si fa così!

Non può dire una cosa e poi cambiare idea.

Non è giusto.

Perché io ho bisogno che lei torni a casa.

E mi sono impegnato affinché tutto fosse perfetto.

Ed era davvero tutto perfetto.

"Mi dispiace Leo, capisco che ci sei rimasto male, ma..."

"No! Lei non capisce! Lei non si rende conto!" esclamo trattenendomi dallo sbattere la mano sul tavolo. "Non si rende conto..." ripeto con un filo di voce, mentre sfrego la mano contro i jeans.

"Mi rendo conto perfettamente, invece. Ho a che fare ogni giorno con i pazienti e con le loro famiglie. E ti garantisco che agisco sempre per il loro meglio."

"Ma cosa ne sa?!" le domando alzando la voce mentre mi viene di nuovo da piangere. Deglutisco e riprendo il controllo di me stesso, abbassando anche il tono. "Il suo meglio è tornare a casa."

"Il suo meglio o il tuo meglio?" ribatte lei sollevando le sopracciglia.

No cazzo, è sleale così.

"Il suo!" dico mentre una morsa mi stringe lo stomaco. "Non le fa bene restare ancora qua! Ma sembra che lei si diverta a tenerla prigioniera!".

Lei sospira e si accarezza la fronte. "Tua madre è una donna adulta e consenziente, e nessuno la tiene prigioniera qua contro la sua volontà, te lo assicuro. Lei è liberissima di andarsene in qualsiasi momento."

"Figuriamoci! Chissà che le avrà detto per convincerla a restare qua!"

"Le ho detto solo come stanno le cose e le ho dato il mio parere in quanto suo medico. Ma l'ultima scelta spetta a lei, e se a te non va bene, forse non è con me che dovresti parlarne. Non credi?".

Touché!

Per la seconda volta in pochi minuti.

Questa donna mi dà ai nervi.

"Perfetto" dico sostenendo il suo sguardo. "E allora mi faccia parlare con mia madre."

"Non mi sembra che qualcuno, me compresa, ti abbia mai impedito di farlo."

"Sì, invece! Io ho bisogno di parlarci subito! Ma quella specie di secondino travestito da infermiera non mi ha fatto passare!"

"Certo, perché l'orario di visita è già terminato, lo sai. Dovrai aspettare le sette."

"Non posso aspettare le sette! Ci devo parlare adesso!"

"Mi dispiace, ma adesso non è proprio possibile."

"Andiamo, non può fare un'eccezione?!"

"No. Ci sono delle regole e vanno rispettate."

"Ma non è lei che fa le regole?! Se le fa, le può anche cambiare per una volta, no?!"

"No. Non sono io che faccio le regole. O almeno non tutte, e sicuramente non da sola. Ma sta a me rispettarle, come tutti, e anche farle rispettare."

"Ho capito" dico con tono brusco, alzandomi di scatto e facendo un gran casino con la sedia. "Arrivederci."

"Buona giornata, Leo".

Ma vaffanculo!


Non so cosa fare.

Ho pedalato a vuoto per non so quanti chilometri e adesso sono stanco e ho anche fame. Ma oltre al cellulare, ho lasciato a casa pure il portafogli. Coglione due volte.

Anzi tre, dato che speravo di convincere la Strega a darmi una mano. Figuriamoci! Quella è stronza fino al midollo.

Forse dovrei tornare a casa, ma non ho voglia di sentire le prediche di papà né tutta quella roba buonista e diplomatica che dice Asia in questi casi.

Potrei andare da Mattia e stare da lui finché non è ora di tornare dalla mamma. O magari potrei chiedergli di farmi telefonare alla mamma, così che lei scenda nella hall e io possa vederla.

Ok. Vado da lui, sperando che sia in casa.

C'è.

Ed è proprio lui ad aprirmi la porta. "Leo! Ciao...! Ma che hai fatto? Sembri stravolto!"

"Lascia stare, è una giornata di merda" gli dico mentre entro in casa. "Ho bisogno di un favore."

"Certo, dimmi."

"Mi presti il telefono? Devo chiamare mia madre."

"Oh... sì..., vieni" mi dice lui incamminandosi verso la sua camera, e io lo seguo. "Ma tua madre non doveva..."

"Sì. Ma non più. E io mi sono incazzato e sono uscito di fretta per andare da lei, e ho lasciato a casa il cellulare. Solo che non me la fanno vedere, e allora magari se la chiamo... Però non ho voglia di tornare a casa a prendere il mio, perché..."

"Tranquillo fratello, tieni" mi dice dandomi il suo telefono che era poggiato sul letto.

"Grazie"; gli sorrido e poi chiamo subito la mamma.

Non mi risponde.

Non mi risponde, cazzo!

Non mi risponde!

Perché?!

Perché non mi risponde?!

Forse sta riposando e ha tolto la suoneria. Sì, è probabile, ultimamente capita spesso che dorma a quest'ora. Eccheppalle però! Come faccio adesso?!

"Niente..." sospiro restituendo a Mattia il suo telefono. "Magari riprovo dopo. Posso restare un po' qui?"

"Oh..."; lui sembra colto alla sprovvista e anche a disagio, ma poi mi sorride. "Certo. Solo che...".

Mi guardo intorno: la camera è stranamente in ordine e profumata. Il letto è rifatto, non ci sono cartacce in giro o vestiti accatastati da qualche parte, né scarpe sparse sul pavimento. Sulla scrivania ci sono pure un paio di candele accese e l'i-pod collegato alle casse.

"Stai aspettando Cecilia" dico sentendomi improvvisamente di troppo.

"Sì, ma... non ti preoccupare. Posso chiamarla e dirle di non venire..."

"No no, figurati! E poi non voglio certo farti litigare con lei."

"Ma non litighiamo mica. Se le spiego capirà. Oppure possiamo fare qualcosa insieme tutti e tre."

"E questa cos'è? Una proposta indecente?!" gli domando con un sorrisetto divertito. "Beh, del resto lei mi trova adorabile..."

"Dai, non fare il coglione. Dico sul serio."

"Grazie ma... no. Vi lascio soli che è meglio."

"Potremmo chiamare Giulia! Ci guardiamo un film tutti insieme, oppure..."; sorride malizioso e mi fa l'occhiolino. "I miei rientrano stasera. Avremmo la casa tutta per noi."

"Lascia stare. Non sono dell'umore. Piuttosto, mi ripresti un attimo il telefono?".

Mando un messaggio ad Asia, spiegandole che ho dimenticato il telefono a casa, che sto bene e che torno più tardi. Poi scrivo anche a Giulia, ma collegandomi al mio account Facebook, dicendole che ho mal di gola e un po' di febbre, e che quindi più tardi non possiamo vederci. Non ho voglia di parlarle della mamma e temo anche che se le dico semplicemente che non sono dell'umore o che sono sopraggiunti altri impegni, lei si incazzi di brutto. Meglio una bugia a fin di bene.

Riprovo a chiamare la mamma un'altra volta, ma niente.

"Grazie fratello" dico poggiando rassegnato il telefono sulla scrivania. "Adesso vado."

"Ma sei sicuro? Guarda che se hai bisogno di..."

"No, non ho bisogno di niente".

A parte la mamma.

Ho bisogno solo della mamma.


In realtà avrei bisogno anche di mangiare, ma non ho un soldo.

Mi sento proprio un coglione nell'ostinarmi a non tornare a casa, ma all'idea di tornar lì, sapendo che lei non c'è quando invece avrebbe dovuto esserci, mi sembra di impazzire.

Me ne sono andato al mare e ho corso, ho corso, ho corso, e poi distrutto mi sono lasciato cadere sulla sabbia e sono rimasto lì per un sacco di tempo, a rimuginare e a piangere, e poi a rimuginare ancora, fino a che il sole non ha iniziato a calare e l'umidità a entrarmi nelle ossa, e allora mi sono deciso ad alzarmi e sono tornato in ospedale, sperando stavolta di riuscire a vedere la mamma, e invece niente. Anche se non c'era più quell'infermiera odiosa, nemmeno Laura mi ha fatto passare e mi è toccato aspettare fino ad adesso che finalmente sono le 7.

"Leo!"; la mamma è in piedi e non faccio in tempo ad aprire la porta della sua stanza che mi sta già abbracciando. "Sono stata così in ansia!".

Mi stringe, anche se i suoi abbracci ormai da tempo non hanno più la forza di una volta, e a me viene di nuovo da piangere.

"Ma dove te ne sei stato per tutto il giorno?" mi chiede allontanandosi dall'abbraccio per guardarmi. "Hai pure preso freddo. Sei ghiacciato".

Io non riesco a dire niente. Se parlo di sicuro scoppio a piangere. Lei mi prende per mano e cammina verso il letto.

"Vieni qua, ti scaldo le mani".

Ci sediamo accanto sul bordo del letto e lei prende le mie mani e le tiene strette; come al solito non avevo i guanti e ce le ho freddissime, le sue invece sono sempre così calde...

"Amore..." dice accarezzandomi i capelli, per poi tornare subito a scaldarmi le mani tra le sue. "Come dobbiamo fare con questa testa matta?!".

Sorride, e pure a me scappa un mezzo sorriso.

"Torna a casa" mormoro cercando di non piangere.

Lei mi rivolge uno sguardo dolcissimo ma che al tempo stesso è così tanto triste, e mi accarezza il viso. "Tornerò. Promesso."

"Ora. Ho bisogno che ci torni ora."

"Ora non si può".

Mi passa una mano tra i capelli ma io mi scanso.

"Sì che si può. Chiama papà e digli di venirti a prendere."

"Leo, non è così semplice, lo sai."

"Sì che è semplice!" esclamo alzando la voce. "Metti una firma e vieni a casa."

"La dottoressa Lisandri dice che..."

"Ma cosa vuoi che ne sappia quella?!"; ho urlato e sono anche scoppiato a piangere. Lo sapevo che non avrei resistito ancora a lungo. La mamma tenta di abbracciarmi ma io mi allontano e mi alzo in piedi. "Non sei messa così male, no?! Si vede lontano un miglio che stai meglio!"

"Sì, sto meglio, ma non così meglio da poter tornare a casa oggi."

"Ma perché?!" urlo ancora, con voce straziata. "Ci prenderemo noi cura di te! Giuro che non ti disturberò e non ti farò stancare, e farò tutto quello che mi chiedi! Te lo giuro!"

"Leo, tu devi pensare alla scuola, alla pallanuoto, ai tuoi amici, non..."

"Non me ne frega niente!"

"Non fare così, ti prego..."

"Non me ne frega niente di niente e di nessuno, se non ci sei tu!".

Le sto facendo del male, lo so. Lo so che non le fa bene vedermi ridotto così, però non ci posso fare niente. Sto troppo male.

"Ma io ci sono!" dice alzandosi in piedi. "Guardami, sono qua! Un po' malconcia e costretta a restare qui per un altro po', ma ci sono!".

Io mi lascio cadere sulla poltrona e mi copro la faccia con le mani, mentre continuo a piangere e mi sento un idiota.

"Amore..., dai..."

"Sembro un piscione che fa i capricci, lo so" dico dopo un po' tirando su col naso.

E me ne vergogno a morte.

"Un po'..." sorride lei inginocchiandosi davanti a me e poggiandomi le mani sulle ginocchia.

"Ma ci avevo creduto veramente" le dico guardandola. "Che tu tornassi oggi."

"Lo so."

"Ci avevo creduto..." ripeto mentre ancora piango e mi bruciano gli occhi. "Ed ero felice."

"Lo so"; mi rivolge uno sguardo dolce e mi asciuga le lacrime con le mani. "Lo so amore mio, lo so. E so anche che avevi preparato tutto con cura per il mio ritorno. E che c'è un signor pranzo che è finito in frigo dentro ai contenitori perché nessuno lo ha mangiato."

"Non lo hanno mangiato?" le domando un po' stupito.

"No, non hanno osato. Sanno quanto amore ci hai messo e sanno che era per me."

"Mi ero superato...!"

"Ci credo" mi dice sorridendo. "Sai che facciamo? Domani sera porti tutto qui e ce lo mangiamo insieme. Io e te."

"Ma sarà tutto freddo."

"Chiederò agli infermieri di usare il microonde che c'è nella loro saletta."

"E dici che te lo lasciano fare?"

"Certo. Domani sera c'è pure di turno Ester."

"Ok allora, facciamo così". Tiro di nuovo su col naso e la mamma si alza per prendere i fazzoletti. "Grazie" le dico prendendo il pacchetto che mi sta porgendo e tirandone fuori uno.

"Ma mi dici che hai fatto per tutto il giorno?"

"Niente, lascia stare..."

"Pensavo che dopo un giro per sfogarti saresti tornato a casa... Ero tranquilla e mi sono pure addormentata. Ma quando mi sono svegliata ho trovato due chiamate di Mattia, così l'ho richiamato e mi ha spiegato che eri passato da lui e che avevi lasciato il telefono a casa. Ho provato a chiamarti, sperando che nel frattempo fossi tornato a casa, ma niente. E poi ho chiamato papà e mi ha detto che avevi mandato un messaggio ad Asia, sempre dal telefono di Mattia. Gli ho detto di avvisarmi subito appena tornavi..., ma passavano le ore..."

"Scusa" dico prendendole una mano. "Non volevo farti preoccupare. Non ci ho pensato".

Lei annuisce e poi va a sedersi sul letto. "Hai pranzato, almeno?"

"Sì..." rispondo sfregandomi un occhio, ma lei mi guarda male. "Vabbè, no. Ho lasciato a casa pure il portafogli" dico abbassando lo sguardo.

La sento sospirare e aprire il cassetto del comodino. "Vai a prenderti qualcosa al bar."

"No, adesso no. Mi è pure passata la fame. Mangio poi a casa."

"Papà stasera è in caserma, e Asia esce fuori a cena con Michele..."

"Mi cucinerò qualcosa."

"Secondo me va a finire che mangi latte e cereali".

Ed effettivamente sono così stanco che è molto probabile.

"Prendi i soldi, almeno. Così al ritorno ti fermi a prendere qualcosa."

"Ok..."; mi alzo e prendo dalla sua mano i 10€, mettendomeli nella tasca davanti dei jeans.

Lei sorride e poi si batte una mano sulle gambe. "Vieni qui."

"In braccio?" le domando ridendo. "Mi sa che ti schiaccio."

"Dai che lo sai!".

Sì, lo so.

Mi sdraio sul letto, lasciando fuori i piedi per non sporcare la coperta con le scarpe, e appoggio la testa su di lei che inizia subito ad accarezzarmela. Chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi. Mi viene di nuovo da piangere ma resisto.

"Il mio Leone con la criniera da corvo..." mormora lei passandomi le dita tra i capelli.


Ho forato con la bici e quello stronzo dell'autista non mi ha permesso di portarla sul bus. Non avendo il telefono, non posso nemmeno chiedere a qualcuno di venirmi a recuperare, così mi tocca tornare a casa a piedi, trascinandomi dietro la bici per un sacco di chilometri. Proprio quello che ci mancava per concludere al meglio questa giornata di merda.

Sono ancora nervosissimo.

Anzi, sono proprio incazzato nero.

E triste.

Triste da far schifo.

Avrebbe dovuto essere una giornata bellissima e invece è andato tutto a fanculo: il ritorno della mamma e l'appuntamento con Giulia.

Non ho nemmeno voglia di tornare a casa, ma è già ora di cena e devo pure fare tutti i compiti. Mi sa che tanto per cambiare domattina chiedo a Donata di farmeli copiare; poi le do un bacio sulla guancia per ringraziarla e siamo a posto: contento io e contenta lei.

Papà a quest'ora è già in caserma, e Asia sarà già uscita, quindi sarò a casa da solo. Meglio! Stasera è proprio quello che mi ci vuole. Non c'ho mica voglia di sentire prediche, e a dire il vero non ho assolutamente voglia di parlare con nessuno. Mangerò sul divano, davanti alla tv, e fanculo a tutti.

Mi sono fermato a prendere cinque pezzi di pizza al taglio, una vaschetta grande di patatine fritte e una lattina di coca, ché non ho certo voglia di mettermi a cucinare dopo la lavorata di stamattina; e del mancato pranzo di oggi non voglio toccare niente perché quella roba voglio mangiarla domani con la mamma. E poi, dopo una giornata così, almeno mi consolo col cibo spazzatura. Avrei voglia anche di gelato, ma sono troppo stanco per allungare la strada fino a Chocoloso.

"Ciao".

Sollevo lo sguardo dal marciapiede su cui sto lentamente trascinando i piedi, ormai a pochi metri da casa, e vedo Giulia seduta sull'ultimo gradino davanti al portone.

"Oh... ciao!" esclamo sorpreso mentre mi avvicino.

Non so se essere o no contento di vederla. Subito lo ero, ma se adesso pensa di mettersi a discutere..., può anche andarsene immediatamente.

"Stai bene" mi dice giocando con l'elastico che ha al polso quando mi fermo davanti a lei. E non era certo una domanda, né un complimento.

"Sì" ammetto con un sospiro, allargando le braccia e lasciandole ricadere. "Sto bene".

Fisicamente, almeno. Perché per il resto..., è meglio se non te lo dico.

Lei annuisce in silenzio mentre mi guarda e abbraccia stretta la sua borsa poggiata sulle ginocchia.

"Potevi dirmelo".

Il suo tono è freddo e anche un po' pungente, ma abbassa lo sguardo e più che incazzata per la mia balla, mi sembra delusa e ferita.

"No. Non potevo" le rispondo mettendomi le mani in tasca.

"Ok"; annuisce di nuovo e comincia a mordicchiarsi le unghie finché non ne rompe una. "Cazzo! Si è spezzata!"

"Eh beh... Cosa ti aspetti se..."

"Dimmi la verità!" esclama alzandosi di scatto in piedi. "Subito! Non ti credere che sono una di quelle oche che ti sbavano dietro con cui sei uscito finora!".

Ecco: pensa proprio di mettersi a discutere.

E io non penso proprio di darle modo di farlo.

"Possiamo rimandare questo discorso a domani?" le domando prendendo le chiavi dalla tasca del giubbotto. "È stata una pessima giornata."

"No. Non rimandiamo!" ribatte lei incrociando le braccia e avvicinandosi a me. "Se non vuoi più uscire con me, lo voglio sapere subito. Non muoio mica, eh re Leone?! Però lo voglio sapere! Ti sei già stancato di me e avanti la prossima?".

Mi sta dando fastidio e mi sta facendo incazzare più di quanto non sia già, e mi verrebbe da mandarla a fanculo e dirle che sì, basta, mi sono rotto e non voglio più vederla, ma non è la verità, perché mi piace sempre da impazzire e ad avercela così vicina sento già quella maledetta stretta che mi stringe lo stomaco, e non manderò tutto all'aria solo perché adesso sto di merda e ce l'ho con tutto il mondo.

"No" le dico scuotendo la testa. "Non mi sono stancato di te. Anzi..."

"Ok, almeno adesso so che non sono matta!" esclama lei con un sorriso nervoso. "Perché, insomma..., il nostro primo appuntamento è andato alla grande! E venerdì abbiamo fatto di tutto per stare insieme qualche minuto, e ieri sera alla festa, beh... Eri di ottimo umore e siamo stati benissimo! È tutto vero, non l'ho immaginato! Non sono io che mi sono fatta i film, no?"

"No. Nessun film. È tutto vero."

"E allora perché oggi hai fatto lo stronzo con me?!"

"Scusa se ti ho detto una cazzata" le dico stringendomi nelle spalle. "Ma non avevo voglia di darti spiegazioni."

"Ok". Fa per andarsene ma torna subito indietro con passo deciso. "Eri con un'altra ragazza?"

"Cosa...? No!"

"Perché se è così lo voglio sapere."

"Ti ho detto di no."

"Guarda che non pretendo mica di avere l'esclusiva su di te, eh? Lo so benissimo che non stiamo insieme! Tu sei libero di frequentare chi ti pare, e pure io! Però le bugie proprio non le sopporto!"

"No!" esclamo alzando la voce. "Non ero con un'altra ragazza! Te lo devo mettere per iscritto?! Vuoi un giuramento davanti al giudice?! Un patto di sangue?! Che cosa vuoi?! Perché io ho avuto una giornata di merda, e l'unica cosa che voglio è andare a casa, togliermi le scarpe e mangiare! E di certo non ho bisogno di qualcuno che mi rompe le palle per mezz'ora come stai facendo tu!".

No no no, sono un coglione.

Lei è bellissima, e divertente, e non c'è nessun'altra che mi interessi così tanto, e io sono un vero coglione a trattarla così.

"Bene. Suppongo che tu mi abbia appena mostrato il tuo lato insopportabile!" mi dice guardandomi dritto negli occhi. "Almeno adesso so che esiste per davvero! Ora mi tolgo dalle palle così puoi andartene a casa e fare quello che vuoi. Ciao".

No no no!

"Aspetta!" grido facendo uno scatto verso di lei e afferrandole una mano. "Aspetta" ripeto a voce bassa. "Aspetta...".

E lei si ferma e aspetta.

E adesso immagino che debba dirle qualcosa per farla restare, e probabilmente la verità è la scelta migliore.

"Ero da mia madre" le dico deglutendo, e lei mi guarda perplessa.

"Da tua... madre? E perché ti sei inventato che stavi male se dovevi vederti con tua... madre? Avevi paura di fare la figura del mammone...?!"

"Non... Non sai niente? Cecilia non te l'ha detto?"

"Cosa? Cosa avrebbe dovuto dirmi? Che hai una madre... possessiva?"

"No... Giulia non sto scherzando, è una cosa seria."

"E allora cosa? Cecilia non mi ha mai detto niente sulla tua famiglia. Forse i tuoi non stanno più insieme? Che so..., magari tu vivi qui solo con tuo padre e tua sorella, e tua madre sta da un'altra parte..."

"No..., non è questo. I miei stanno ancora insieme... Solo che mia madre adesso è in ospedale."

"Ah...". L'ho spiazzata, non se lo aspettava. Allora davvero Cecilia non le ha mai detto niente. "Quindi mi hai dato buca per andare in ospedale da lei?"

"Sì."

"Ok... Spero che non sia nulla di grave... Comunque potevi dirmelo. Avrei capito, non sono mica una stronza egoista!"

"Non avevo voglia di parlarne. Ero troppo incazzato. Oggi dovevano dimetterla, e invece no! E sono tantissimi giorni che è chiusa lì, e...".

E mi manca.

Mi manca, mi manca, mi manca.

E ho paura.

Ho paura che non torni più.

Perciò sono nervoso, e incazzato, e triste.

E vedo tutto nero.

Mi lascio cadere seduto sul gradino e sospiro, mentre stringo i pugni e cerco il coraggio per dire quelle tre parole che mi bruciano come fuoco nel petto e in gola.

"Ha il cancro".

E sono anni che queste parole fanno parte della mia vita quotidiana, eppure è sempre così difficile dirle, e fanno sempre male uguale.

Anzi, di più.

Credo che Giulia mi stia guardando, ma io tengo lo sguardo fisso sul marciapiede, perché non voglio che veda che ho gli occhi pieni di lacrime. Non so se ho fatto bene a dirglielo, sicuramente adesso sarà turbata e a disagio, e magari starà anche pensando che forse è meglio lasciarmi perdere, che non vale la pena perdere tempo con uno che oltre ad avere un pessimo carattere, c'ha pure la vita incasinata.

Lei si siede accanto a me sospirando e appoggia una mano sulla mia gamba. "Scusa..." sussurra con la voce che trema.

"Non ti devi scusare di niente" le rispondo senza guardarla.

"Sì, invece! Mi hai detto che è stata una pessima giornata, e io invece ti ho aggredito e..."

"Non lo potevi sapere quanto è stata pessima."

"Mi sento così stupida...".

Io mi giro verso di lei e accenno un sorriso. "Ma da quanto eri qui ad aspettarmi?"

"Due ore, più o meno" mi risponde imbarazzatissima. E ogni volta che ce l'ho così vicina, continuo a sorprendermi di quanto sia bella.

"Due ore?!" esclamo spalancando gli occhi per la sorpresa.

"Sì... Mi dispiaceva non vederti, e dato che tu non potevi uscire..., ho deciso di venire a trovarti. E sapendo che avevi mal di gola..., avevo portato il gelato"; mi mostra il sacchetto di plastica che ha in mano, aprendolo, e dentro c'è una vaschetta di gelato da mezzo chilo; di Chocoloso, per di più. "Ma tua sorella mi ha detto che non c'eri e che non sapeva quando saresti tornato. Stavo per andarmene, ma poi mi sono detta che magari eri andato dal dottore e poi tornavi. Poi mi sono detta che il dottore di domenica non c'è, e allora magari eri andato in farmacia... E ho cercato sul telefono la farmacia di turno più vicina, e ho visto che era lontana, e che quindi se eri andato lì ci avresti messo un po' a tornare... E ho aspettato..., ma niente. E ho provato a chiamarti..., ma non rispondevi. E allora poi mi sono arrabbiata, perché ho pensato che mi avevi solo presa in giro e che magari te ne stavi chissà dove con chissà chi! E di nuovo me ne volevo andare, ma poi ho deciso che no... Te lo dovevo dire subito, guardandoti in faccia, che eri uno stronzo! E poi...".

Sembra che Giulia non voglia più smettere di parlare. Ha cambiato non so quanti toni di voce mentre lo faceva, e mille espressioni. E tra tutte non saprei scegliere quale mi sia piaciuta di più.

Le prendo il viso tra le mani e la bacio, interrompendo così il suo fiume di parole.

"Mangiamo il gelato?" le domando poi sorridendo, cercando i cucchiaini di plastica dentro alla busta.

"Ormai sarà tutto sciolto..."

"Ah cazzo...! Hai ragione! E allora andiamo su in casa, lo mettiamo nei bicchieri, e facciamo finta che sia un frappè!"

"Un frappè disgustoso!" esclama lei ridendo. "Ho preso cioccolato e biscotto, che sono i miei gusti preferiti, e poi fragola e limone..."

"Che sono i miei..." dico sorridendole con dolcezza. Questo deve averlo chiesto a Mattia.

"Tutti mescolati mi sa che fanno schifo."

"Mi sa di sì..." annuisco io con una smorfia, ma poi mi illumino. "Però io ho la pizza!" esclamo prendendo in mano il sacchetto che avevo poggiato. "E anche le patatine! Fermati qua a cena con me".

Lei sorride e si mordicchia il labbro. "Non lo so..., i miei mi staranno aspettando..."

"Beh, chiamali no? E gli dici che ti fermi fuori a cena con Cecilia!"

"Ma in casa c'è tuo padre?"

"No no. Lui è a lavoro, ha il turno di notte. E pure mia sorella è uscita."

"Questo lo so" mi risponde lei sorridendo imbarazzata. "L'ho vista uscire, e credo anche di averle fatto una gran pena, dato che ero ancora qua ad aspettarti dopo tutto quel tempo".

Io mi accarezzo la nuca, un po' a disagio, e poi mi alzo in piedi. "Dai chiamali! Io intanto metto la bici in garage."

"O... k...".

Non mi sembra molto convinta. Forse la mette a disagio l'idea di essere da sola in casa con me.

"Giuro che non ti salto addosso!" esclamo ridendo. "Promesso!". Sollevo in alto la mano destra e lei ride.

"Nemmeno io. Promesso!"

"Ah, tu se vuoi puoi!".

Lei ride ancora scuotendo appena la testa e poi prende il cellulare dalla borsa per chiamare i suoi.


"Oooh! Finalmente!" dico addentando un pezzo di pizza, abbandonandomi contro la spalliera del divano. "Stavo morendo di fame!"

"Ma non volevi anche toglierti le scarpe?" mi domanda Giulia prendendo una manciata di patatine e mettendole sul pezzo di pizza che ha in mano.

"Sì..., ma non mi pare il caso. Sai com'è... ho indosso le scarpe da ginnastica da stamattina... Non vorrei mai farti morire soffocata o farti scappare via di corsa!"

"Addirittura?!" esclama lei ridendo. "Se vuoi me le tolgo anch'io, così siamo pari."

"Oh..., no! Ti assicuro che non saremmo pari per niente! Fidati!"

"E allora vai a lavarti i piedi..." mi suggerisce stringendosi nelle spalle. "Io ti aspetto. Giuro che non divoro tutto mentre non ci sei!".

Ma sì! Forse è meglio se ci vado davvero. Dopo mi sentirò molto meglio.

"Ok, torno subito!"; mi alzo e la guardo, puntando l'indice verso di lei. "Non sparire, eh?!"

"Non sparisco" mi risponde lei con uno sguardo dolce.

E io ci leggo molto altro.

Quello sguardo sembra volermi dire: "Tranquillo, non sparisco solo perché ho appena scoperto che spesso sei veramente insopportabile, che hai la vita incasinata e che ti porti dentro una ferita che brucia da matti ma che non vuoi mostrare a nessuno".

Non sparisco.

Io accenno un sorriso, deglutendo emozionato, e corro a togliermi le scarpe e i calzini; mi lavo i piedi velocemente e poi torno in soggiorno scalzo.

"Meglio?" mi domanda Giulia mentre io distendo le gambe strofinando i piedi sul tappeto e apro la lattina di Coca.

"Decisamente!"

"Hai dei bei piedi."

"E tu hai dei bei calzini".

Si è tolta le scarpe anche lei ed è seduta con le gambe incrociate, e io non posso non notare i suoi calzini rosa con sopra Hello Kitty.

"Mi stai sfottendo?" mi chiede tentando inutilmente di nasconderli sotto alle gambe.

"Certo che no! Se li facessero della mia misura li comprerei sicuramente!"

"Smettila."

"Giuro! Chi non vorrebbe dei calzini del genere?". Lei mi lancia addosso un cuscino e io rido; sto per bere la Coca ma poi mi viene in mente che ce n'è solo una lattina. "Vuoi?"

"Un po' sì, grazie."

"Prendo i bicchieri allora."

"Non occorre" mi dice con un sorriso bellissimo. "Possiamo dividercela così."

"Oh... ok! Tieni..." le dico porgendogliela.

"Bevi pure. Io preferisco tenermela per la fine".

Non ho mai diviso una lattina con una ragazza, pur avendone frequentate tante. L'ho sempre trovato un gesto intimo, anche se poi alla fine, pensandoci, non sarebbe cambiato molto, dal momento che comunque le baciavo...

Mi piace l'idea di dividerla con Giulia.

Riprendiamo a mangiare, mentre su Radio Deejay sta passando il video di R U Mine, il nuovo singolo degli Artic Monkeys.

Mi avvicino di più a Giulia, passandole il braccio sinistro intorno alle spalle e sorrido tra me e me.

Non lo avrei mai creduto possibile, ma nonostante tutto, questa pessima giornata è decisamente migliorata sul finale.

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