Avenging Angels

By -Happy23-

22.4K 1.8K 163

Era da quattro anni che allo scattare della mezzanotte del 21 Dicembre tutti le reti, tutti i canali televisi... More

Δ
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39

Capitolo 28

542 40 4
By -Happy23-

Il castello di cristallo fondato su bugie e segreti della famiglia Blake si era appena crepato. Mia madre era isterica e mio padre nervoso. Mi avevano chiesto se sapevo che sarebbe scappato, se mi aveva contattata, se l'avevo visto...Non avevo idea del perchè, forse per alleviare il senso di colpa di tutti quegli anni ma mentii. Ormai era diventata un'abitudine. Era di famiglia. Dissi loro che non ne sapevo nulla, che Ian non mi aveva contattata e non l'avevo visto. Questo alimentò solamente la loro preoccupazione: il figlio fantasma con una grossa voglia di vendetta sulle spalle era a piede libero. Se avessi detto loro la verità sicuramente mi sarei beccata due pesanti schiaffoni da parte di mia madre, mi avrebbe rimproverato per non averli avvisati e per aver dato a lui tutti quei soldi, ma in ogni caso, non avevo idea di dove fosse andato. Era con quel ragazzo di cui ancora non sapevo il nome e sicuramente faceva ancora uso di qualche sostanza, oppure erano tutti i medicinali che gli avevano somministrato in quegli anni.

Ian era pericoloso e ora era davvero un fantasma e avevano paura. Poteva mostrarsi e disintegrare quel castello, eppure sapevo che stava preparando qualcosa. Ian era pazzo ma ragionava sempre in grande. Senza dei documenti non poteva di certo viaggiare liberamente, probabilmente si stava spostando su stradine e col volto coperto. Inoltre, non si poteva nemmeno avvisare la polizia della sua fuga perchè per lo stato, per tutti, Ian Blake era morto nell'incendio di quattro anni fa, appiccato da lui stesso. I miei genitori erano da soli, o meglio, Harold li stava aiutando. Ovviamente lui sapeva la verità. E aveva mezzi particolari, così avevo origliato dall'ufficio in casa di mio padre. Avevo raccontato a Jace il motivo del mio arrivo. Ormai sapeva la verità e volevo parlarne con qualcuno, con Winter non potevo e con Seth, mi sentivo ancora strana a parlargli di lui. Gli raccontai che l'avevo visto e dei soldi, ma ci infilai una piccola bugia e gli dissi che avevo recuperato tutti i soldi e l'incontro era filato liscio come l'olio.

Quella sera andai a cena da Jace perchè, oltre a non voler vedere i miei genitori dopo le infinite domande che mi avevano fatto, e che a parere mio avrebbero potuto farmi anche via telefonata, mi aveva inviata perchè Jasmine voleva rivedermi. Fu una boccata d'aria fresca quella cena. Mi aveva fatto piacere rivederla e soprattutto vedere che entrambi stavano attraversando il lutto del nonno con forza e con un gran sorriso. Jasmine era una ragazza dolcissima e fisicamente assomigliava molto a Jace, avevano gli stessi colori e avrebbe fatto una strage di cuori, infatti, mentre Jace andava e veniva dalla cucina per cambiare le portate, lei mi confessava qualche nome maschile che se lui l'avesse sentito probabilmente avrebbe iniziato il terzo grado.

«E tu?» Mi aveva chiesto quando Jace era andato in bagno e noi eravamo sul divano.

«Io cosa?» Sorrisi lievemente.

«Come sono i ragazzi di San Francisco?» Sussurrò maliziosa. L'unica differenza tra lei e Jace erano le graziose lentiggini sul naso all'insù.

Di New York, avrei voluto rispondere ma non avrebbe capito.

«Carini.» Dissi. «Ma non mi interessa nessuno.»

Era una mezza bugia. Nessuno di San Francisco mi interessava.

«Non ci credo.»

«A cosa non credi?» Jace tornò e subito i suoi occhi guizzarono tra me e sua sorella.

Casa di Jace non era grande, c'era il necessario su un intero piano ed era molto intima, con i muri molto sottili.

«Che a Nyx non interessa nessuno in quel college.»

Ovviamente lei non sapeva che tasti stava andando a toccare ma lo sguardo del fratello mi stava mettendo soggezione. Non avevo idea di cosa fosse successo tra lui e Seth ma volevo mantenere la promessa fatta a quest'ultimo.

Così, mentii, ancora.

«Diciamo che c'era qualcuno che mi interessava ma ha deciso di ignorarmi di punto in bianco.» Quelle parole scivolarono acide mentre speravo di essere convincente. E per farlo, dovevo anche attaccare. Saettai gli occhi su Jace e inarca un sopracciglio. «Tu ne sai qualcosa magari?»

Si indicò il petto mentre andava a sedersi sulla poltrona che ricordavo fosse il posto di suo nonno. «Io? Io non so assolutamente niente, biondina.»

C'era sicuramente qualcosa che mi stavano nascondendo.

Jasmine ridacchiò. «Be', a me non dispiacerebbe vedervi ancora insieme.»

Ed ecco il momento in cui mi sarebbe piaciuto avere il potere del teletrasporto. Schiusi la bocca senza riuscire a dire nulla e sgranai leggermente gli occhi, guardando Jace che nascose il nervosismo dietro un sospiro.

«Okay, rompiscatole, Nyxlie deve tornare a casa.»

Non dovevo tornare a casa ma a quel punto ringraziai il suo salvataggio. Jasmine comprese probabilmente la gaffe che aveva fatto ma mi salutò comunque, mi fece promettere che ci saremmo riviste presto.

Una volta in macchina la tensione era palpabile. Come avevo sempre detto, la fine della relazione con Jace non era avvenuta per motivi gravi, semplicemente c'era stata la distanza di mezzo e il mio voler sempre andarmene da New York. Piano piano si era rotto quello che c'era ma l'amicizia e l'affetto erano sempre rimasti, insieme ad altro qualche volta. Tuttavia, per quanto con Jace mi fossi sempre trovata bene non avevo mai pensato ad un nostro ritorno.

Quando raggiunse casa mia lo fece sempre con discrezione, fermandosi a qualche metro dal cancello videosorvegliato. Spense la macchina mentre mi slacciavo la cintura.

«Cosa fai domani?» Domandò.

«Vado a New York.» Gli lanciai un'occhiata sbieca. «Da Winter.»

E anche questa era una mezza bugia. Avrei visto Winter, e poi anche Seth.

Annuì e tamburellò le dita sul volante. «Torni a San Francisco da lì?»

«Si. E' inutile tornare a Boston.» Presi un profondo sospiro. «E voi? Verrete per Pasqua da vostra zia?»

«Jasmine vuole conoscerla e vuole conoscere anche i cugini.» Scrollò le spalle, confermando ciò che ci eravamo già detti.

Ci fu uno secondo di troppo nel nostro contatto visivo e lui scosse la testa con un mezzo sorriso. «Ti ha davvero sconvolto l'idea di tornare insieme?»

Arrossii e boccheggiai per quanto fosse stato diretto.

«N-no...cioè--è una cosa che non abbiamo mai affrontato ed è stato un po'...strano.» E imbarazzante.

Premette le labbra ma lo vedevo il sorrisetto e il divertimento nei suoi occhi. «Ti voglio bene, Nyx. Lo sai.»

«Lo so, anche io ti voglio bene.» Il mio petto si scaldò leggermente, così come le mie guance.

«Mi sto sentendo con qualcuno.» Confessò, distogliendo lo sguardo da me. «Da un paio di mesi.»

«Oh.» Di certo non mi aspettavo questa notizia. «Perchè non me l'hai detto prima? Voglio dire, abbiamo anche...» Non c'era bisogno di completare la frase.

«È un po' complicato con lei.»

Quasi non risi. Era la stessa cosa che sentivo di me stessa da Seth da mesi.

«E non stiamo insieme quindi non ho tradito nessuno.» Aggiunse sotto il mio sguardo inquisitorio.

«Come si chiama? Dove l'hai conosciuta? Dimmi che è simpatica. Hai una sua foto?» La pura curiosità prese il sopravvento in me.

Lui ruotò gli occhi mezzo divertito e mi lanciò un'occhiata. «Non penso possiate andare d'accordo.»

«Perchè no?»

«Siete molto diverse. Penso che non andrete d'accordo.»

«Come si chiama?»

«Non te lo dico.»

«Cosa? Perchè no?» Sbuffai.

«Perchè finchè non è qualcosa di davvero serio non voglio dire nulla.»

«Okay, quindi scopate.» Conclusi per lui. «In passato non ti sei fatto problemi a dirmi con chi andavi a letto.»

«Ma lei mi piace.» Disse e mi sembrò di vedere anche una sfumatura rossa sotto gli zigomi. «Ma, come ho detto, è complicato e devo capire bene cosa fare.»

«Sei noioso.» Mi imbronciai. «Dimmi almeno dove l'hai conosciuta.»

Contemplò diversi secondi prima di rispondermi con un sospiro. «All'Angels.»

Cristo. Perchè tutto doveva girare attorno a lui?

«Lavora lì?» Chiesi, la punta di curiosità era più alta. Conosceva Seth?

«Vuoi troppe informazioni.»

Sbuffai. «Hai paura che vada a cercarla per caso?»

«Tu e quell'altra squilibrata sareste in grado, si.»

«Quindi lavora lì.»

«Diciamo che è una frequentatrice abituale.»

Accettai quella briciola di informazione e me la custodii per domani, quando avrei fatto un po' di gossip con la mia amica.

«Questo significa che anche tu vai spesso a New York.» E cioè: vai spesso in quel locale.

Ricordavo che quando l'avevo rivisto aveva fatto una battuta in merito al sapere che molti si portavano un sacco di soldi ma pensavo fosse appunto una battuta. Quanto sapeva di quel posto? Era mai stato al piano di sopra?

«Ultimamente ci vado spesso.»

«Per lei?»

«Buonanotte, Nyxlie.» Ghignò, troncando in quel modo fastidioso la conversazione.

«Sei proprio uno stronzo.» Aprii la portiera, offesa.

«Eh già, si vede che hai bisogno di una bella dormita.»

Rimasi in piedi davanti alla portiera aperta e lo sguardo su di lui. «Da adesso non ti racconterò più niente.»

Il suo sguardo si fece più pungente ma non perse il sorriso. «Qualcosa mi dice che lo stai già facendo, biondina.»

Mi irrigidii. Cazzo. «Buonanotte, Jace!»

E tornai a casa.

Δ

«Non ti ha detto nemmeno il nome?»

«Nope

«Ma va spesso all'Angels.»

«Esatto.»

«Potrei farci un salto più spesso anche io e cercarli.»

«No.» Feci una smorfia, infilando la mano nella bacinella di popcorn caldi. «Cioè, se ti capita di essere lì e vederli va bene, altrimenti aspetto che sia lui per farmela conoscere.»

«Ti dà fastidio?» Domandò Winter.

Continuai a tenere gli occhi fissi sul film che stavamo guardando dal suo computer sdraiate sul suo letto della camera della Columbia.

«No. Ci tengo a lui ma non riesco a immaginarmi di nuovo in una relazione insieme.»

«Bene.» Si lanciò in bocca una manciata di popcorn. «Perchè io tifo per Nessuno

Ruotai gli occhi. «Tra e me e Seth non c'è niente.»

«Disse quella che tra poco uscirà con lui.» Cantilenò.

Le lanciai un'occhiata annoiata. «Non è appuntamento. Devo semplicemente uscire con lui.»

E comunque non avremmo potuto fare niente dato che ero alla fine dei giorni infernali che colpivano le donne ogni mese. Dovevo ammettere che fossi fortunata, a me non durava tanto.

«Be', io spero che tu gli esca anche altro.»

Sgranai gli occhi e le lanciai un popcorn in faccia. «Winter!»

Rise e si buttò in bocca il popcorn che le avevo lanciato.

Mi preparai in camera sua dato che avevo portato l'occorrente per non uscire in tuta e per ripartire quella sera. Avevo il volo in tarda serata e mi chiesi se anche lui partisse con me, come aveva fatto all'andata.

Indossai un lungo vestito nero a maniche lunghe, aderente ma invernale, che aveva un piccolo spacco fino al ginocchio e uno scollo a barchetta. Sopra indossai un maglioncino crop top nero e poi ci avrei aggiunto la mia giaccia puffy.

«Alla faccia del 'non è un appuntamento'.» Cantilenò la mia amica mentre mi allacciavo gli stivaletti neri.

«Sono vestita semplice.» Sbuffai, drizzandomi e passandomi le mani tra i capelli.

Lei era sdraiata sul letto e inarcò un sopracciglio con fare malizioso. «Vorrei darti io stessa una pacca su quel bel culetto che hai.»

Grugnii e lei rise.

«Ho il ciclo.» Le ricordai dato che lei stessa mi aveva prestato degli assorbenti perché li avevo dimenticati. «E comunque non è un appuntamento. Non so nemmeno dove voglia portarmi.»

«Col ciclo si fanno comunque tante cose. E a te dura tre giorni, stronza.»

«Non è vero e non ho intenzione di fare sesso con lui oggi.»

«Vuoi ancora farlo ingelosire col migliore amico?»

Ovviamente glielo avevo raccontato e lei aveva strillato cosi forte che pensavo sarebbe scoppiato l'allarme di tutto l'edificio.

«Ripeto: non l'ho fatto per farlo ingelosire.»

Lui non era geloso di me e del suo amico. Semplicemente gli aveva dato fastidio che per una volta non fosse stato scelto come primo. Era più una questione di orgoglio che altro.

Quando arrivarono le quattro, Seth mi mandò un messaggio dicendo di essere quasi arrivato e perciò salutai la mia amica e presi tutte le mie robe. Camminai a passo spedito per il campus finché non arrivai alla strada dove ci eravamo accordati di incontrarci.

E lo trovai proprio lì, appoggiato alla portiera di una Range Rover con le mani in una giacca nera e lo sguardo fisso nella mia direzione.

«Ehi.» Lo salutai.

I suoi occhi percorsero rapidamente la mia figura prima di fermarsi nei miei occhi e accennare un sorriso sbieco.

«Bel vestito, Principessa.»

«Sei ironico?»

«Scherzi?» Si accigliò aprendomi la portiera. «La mia mano vorrebbe fondersi con una certa area molto attraente e molto visibile al momento.»

Gli tirai un leggero pugno sulla spalla mentre alzavo gli occhi divertita ed entravo nella Range Rover nera.

«Quante macchine hai?» Domandai appena lui chiuse la sua portiera e si allacciò la cintura.

«Questa è di Chen.»

Quindi la sua rimaneva solo l'Audi che al momento era al campus. Pensai che avessero gusto anche nella scelta delle auto.

«Allora, hai risolto...quello che dovevi risolvere?» Chiesi.

«Non tutto.» Mi lanciò un'occhiata beffarda. «E non ti dirò niente in merito.»

Ruotai gli occhi e incrociai le braccia. «Non avevo dubbi, Nixon.»

Scosse la testa con un sorrisetto.

«Almeno puoi dirmi dove stiamo andando?»

«No.»

Perché nessuno voleva mai rispondere alle mie domande? Ero una persona curiosa, perché non volevano sfamare la mia dannata curiosità?

«Siete tutti noiosi.»

«Tutti chi?»

«Tu. Jace--»

«Che c'entra il tuo ex?»

«Niente.»

«Dimmelo.»

«Se io non ho risposte, tu non avrai risposte.» Schioccai.

Mi guardò con un'espressione che diceva 'sul serio, Blake'. Inspirò, tamburellando sul volante e continuò a guardare la strada un po' trafficata.

«Andiamo nel Bronx, Principessa.» Commentò roco.

Era scontato dire che non ci ero mai stata, nemmeno per sbaglio, ma sapevo che Seth avesse avuto un passato non semplice e probabilmente l'inizio di tutto stava proprio in quel quartiere.

Mi guardò con la coda dell'occhio. «Tocca a te.»

Non ero sicura che Jace sarebbe stato felice se avessi spifferato anche a lui la sua vita sentimentale ma mi ero incastrata con le mie stesse mani.

«Si sta sentendo con una ragazza da un po' di tempo ma non vuole dirmi nulla.» Spiegai.

«Be'.» Premette le labbra. «Posso anche capirlo.»

Risucchiai un respiro offesa. «Stai dalla sua parte ora?»

«Sei una ficcanaso, Blake.» Disse con sincerità. «Dagli tempo e ti dirà tutto.»

Contemplai in silenzio se fare la ficcanaso fatta e finita oppure se smentirlo. Vinse la curiosità.

«Ha detto che l'ha conosciuta all'Angels.» Dissi, guardandolo per una sua reazione. «Ci va spesso a quanto pare.»

Sbuffò una mezza risata. «Se stai cercando di carpire informazioni da me, sappi che non mi occupo di ciò che succede nei cessi.»

Ruotai gli occhi ma poi ribattei. «Tranne se ci sono io dentro.»

In fretta perse l'aura divertita e mi lanciò un'occhiataccia. «Non scopi nel mio locale con un altro, Peach.»

Guizzai lo sguardo davanti a me e sperai che i capelli mi scivolassero abbastanza davanti al viso per coprire lo stupido rossore delle guance.

«Non controllo tutti quelli che entrano.» Sospirò. «Ma se proprio non puoi fare a meno di rimanere nell'ignoto, posso far controllare.»

Mi morsi il labbro. «So quando non devo andare oltre limite e questo lo sarebbe.»

«Non ti ha detto nemmeno un nome?»

«No.» Sospirai. «Solo che non andremmo d'accordo e che è complicato.»

L'argomento cadde lì e guardai fuori dal finestrino. Era bella New York. Mi piacevano i grattacieli e la sua atmosfera e un po' mi mancava passeggiare per le vie insieme a Winter dopo le lezioni. Lessi il cartello stradale che annunciava l'inizio del Bronx dopo un po', era tardo pomeriggio ormai e c'era traffico. Osservai l'ampia differenza sociale di quest'area, lo si vedeva dalle costruzioni e dalle persone. Sicuramente la povertà era uno dei problemi che questo paese non riusciva a migliorare. Non ero cresciuta come Seth, io ero una privilegiata e spesso me lo dimenticavo. Le strade si fecero più strette e con tanti blocchi di case malconce e giardinetti incolti. Vidi molti gruppetti di ragazzini nei parchi giochi e mi sfuggii un sorriso. Sembravano spensierati nonostante tutto.

Quando Seth parcheggiò, alla mia destra c'era una casa a due piani con un porticato cadente, le pareti esterne erano state imbrattate con scritte e disegni e una finestra era scheggiata, come se fosse stata colpita da un sasso. Era simile a tante case popolari di quel quartiere.

Scesi perché lo fece prima lui e mi guardai attorno. Qualcuno stava camminando sul marciapiede opposto e ci scrutò più a lungo del dovuto.

«Vieni.» Seth premette una mano sul mio fianco e io camminai con lui.

«Di chi è questa casa?» Chiesi mentre superavamo il cancelletto cigolante.

Supponevo fosse sua ma volevo una conferma.

«Mia.» Rispose. «Cioè, sono nato e cresciuto qui, ma ora non ci vivo più.»

Oddio. Questa era stata casa di Seth. Il mio stomaco si strinse e affondai le unghie nei palmi mentre salivo le scale in legno del porticato.

«Dove stai quando torni a New York?»

«Io e gli altri viviamo insieme a Manhattan.»

Osservai Seth inginocchiarsi, sollevare il tappeto e raccogliere una chiave.

«Wow.» Sorrisi. «Decisamente antifurto.»

Mi guardò con un ghigno mentre infilava la chiave nella serratura. «Non c'è niente da rubare in queste vie, Principessa. Siete voi quelli che devono stare attenti.»

«Stiamo attenti, ma poi qualcuno riesce a manomettere lo stesso le telecamere.»

«Touchè.»

Aprì la porta e mi fece entrare. Non era grande il primo piano, riuscivo a vederlo tutto anche da questa visuale. C'erano delle scale a destra che portano al piano superiore, un divano consumato a due posti contro la parete di destra e davanti c'era un televisore sopra ad un tavolino. In fondo si vedeva la cucina con un tavolo. La carta da pareti color panna era sporca e rovinata. C'era un forte odore di birra e fumo. Avanzai piano e feci scorrere i miei occhi su un cartone della pizza vuoto e lattine di birra lasciate sul divano.

«Tuo padre vive ancora qui, vero?» Lo guardai velocemente.

Ricordavo che sua madre fosse morta, come e quando non lo sapevo, ma avevo intuito che non era qualcosa che avrebbe condiviso facilmente. La sua famiglia era un argomento delicato.

Annuì, aveva la mascella tesa mentre si guardava attorno.

«Non c'è molto da vedere qui.»

Abbozzai un sorriso. «È una casa. Nelle case non c'è mai molto da vedere.»

Afferrò la mia mano e mi lasciai condurre da lui. Lo seguii sulle scale che cigolarono sotto di noi.

«Vieni spesso a trovarlo?»

«No.» Rispose piatto. «Non lo vedo da tempo.»

«A lui va bene che siamo qui?»

«È anche casa mia. Non devo avere il suo permesso.»

Il secondo piano aveva quattro porte. Quella in fondo al corridoio era leggermente aperta e intravidi il bagno. Seth mi trascinò nella seconda porta sulla parete di sinistra e l'aprì. Sentivo il cuore battere forte nel petto. Ero agitata all'idea che Seth stesse condividendo un petto di lui con me. Appena fui al suo interno, posai gli occhi in ogni angolo. Non era molto grande. C'era l'indispensabile e cioè un letto privo di lenzuola contro la parete di fronte a me, una scrivania a destra e un armadio a sinistra. C'erano ancora dei poster di donne seminude sul soffitto e anche dei trofei e medaglie su alcune mensole fisse sulle pareti.

«Davvero, Nixon?» Schioccai, indicando l'immagine di una donna bionda in un costume striminzito su una motocicletta.

Sogghignò. «Cosa vuoi che ti dica? Ho un debole per le bionde.»

Arrossii e ruotai gli occhi. Mi girai mentre lui se ne stava contro il davanzale della finestra vicino alla scrivania. Sentivo i suoi occhi su di me mentre mi lasciava vagare nei suoi ricordi.

«Chissà quante ragazze avrai portato qui.» Commentai avvicinandomi a delle mensole piene di trofei.

«Non ho mai portato nessuna qui.» Disse. «Tranne Pen, ma lei è diversa.»

Tranne Pen, ma lei è diversa, gne gne...

«Non ci credo.» Mi girai verso di lui accigliata. «Sul serio?»

«Non mi piace far venire gente estranea in casa, soprattutto nella mia camera.» Scrollò le spalle. «Qui, non ho mai fatto niente.»

Aggrottai la fronte. «Non hai mai fatto sesso qui?»

«No.» Sorrise. «È cosi strano?»

«Per uno come te, si.» Schioccai. «Stavi per farlo con Katy su un biliardino con me nascosta sotto

«Farlo nel letto è troppo intimo.»

I suoi occhi mi stavano ustionando.

«Ma ti ho beccato con Chen e Katy su un letto.»

«Ma non era il mio letto.»

«Però io ho fatto sesso con Chen, sul tuo letto.»

Mi guardò più seccato. «Infatti quel letto ora si trova in una discarica mezzo bruciato.»

Ridacchiai ma quando lui non si unì a me, ebbi l'impressione che non stesse scherzando.

«Dici...dici sul serio?»

Alzò le spalle.

Spalancai le braccia. «Perchè non mi hai detto che non ti andava bene che lo facessi sul tuo letto?»

Un bagliore attraversò le sue iridi scure e inspirò a fondo. «Forse perchè non è il fatto che l'abbiate fatto sul mio letto, il problema. O forse, è anche quello.»

Deglutii. Era geloso che avessi scelto Chen e non lui? Non poteva essere vero. A lui interessava così tanto. Era solo ferito nell'orgoglio. Si, doveva essere quello. Gli dava fastidio che per una volta sarebbe stato scelto dopo il suo amico, che era proprio il mio obiettivo.

Feci cadere l'argomento perché non volevo andare a tastare cosa c'era sotto quell'acqua torbida dei suoi pensieri.

Mi voltai per studiare i trofei sulla mensola. In tutte le medaglie e coppe c'erano rappresentati sempre dei lottatori. Erano i suoi trofei di lotta. Ed erano tutti d'oro.

«Vorrei vederti in una di quelle tutine da lottatore.» Sghignazzai, sfiorando le medaglie che penzolavano.

«Perchè sei una principessa pervertita.»

«Mi vuoi dire che il tifo femminile che avrai avuto era davvero interessato alla lotta?» Lo guardai con la coda dell'occhio.

Incrociò le braccia e inclinò la testa. «Almeno loro facevano finta di esserlo.»

Scossi la testa ma non riuscii a non sorridere. Non c'era molto qui e con molto intendevo dire che non c'erano foto. Non c'erano nemmeno al piano di sotto o sulle pareti delle scale o in corridoio. Volevo vedere la sua famiglia. Volevo vedere lui da piccolo.

«Non hai foto.» Dissi, camminando per la piccola stanza.

«No.» Disse. «Ai miei non interessava fotografare me o mia sorella.»

«Non ne hai neanche una?»

«Poche.» Guardò in basso. «Sono nella stanza di mia sorella.»

Annuii. Era chiaro che non saremmo entrati. Nel guardarmi attorno notai un qualcosa a terra, a lato del letto. Incuriosita da quella che sembrava una maschera bianca. Mi chinai e la raccolsi.

Buttai fuori una mezza risata mentre me ma rigiravo tra le mani. Era impolverata. «L'hai presa per Halloween?»

Era la maschera del film V per Vendetta.

Seth inspirò a fondo e si staccò dal davanzale. «Si, qualcosa del genere.»

Mi sedetti sul bordo del letto e lasciai la maschera sul materasso. Lui si sedette vicino a me mentre io mi toglievo la giacca per sistemarla al mio fianco. Poi mi sdraiai e mi ritrovai a fissare la donna mezza nuda.

«Davvero fantasticavi su quella foto?»

Lui mi copiò e si sdraiò, piegando un braccio dietro la testa. I nostri corpi si sfioravano in quella posizione.

«No, ho una grande immaginazione.»

Lo guardai con un sopracciglio inarcato. Lui fece un sorrisetto.

«L'ho messa solo per decorare la stanza.»

«Dio, voi maschi siete tutti uguali.»

«Avevo quattordici anni.» Sbuffò. «A quell'età si è davvero tutti uguali.»

Effettivamente, ora che ci pensavo, nella stanza della confraternita non aveva poster del genere. E per fortuna.

«Mi avresti mai guardata, se fossi stata nella tua scuola?» Continuai a guardarlo.

I suoi occhi si concentrarono nei miei, alternando in uno e nell'altro.

«Sarebbe stato difficile non guardarti, Blake.»

Abbozzai un sorriso. «Dubito. Io penso mi avresti odiato come tutti.»

«Tu non sei tuo padre.»

«Mi odiavano ancora prima. Il che non è così assurdo perché era una scuola privata piena di figli di papà. Tutti finti, tutti spocchiosi, tutti superficiali...praticamente tutti odiavano tutti. Io ero odiata un po' più degli altri.» Sospirai e tornai a guardare il soffitto. «Scusa. Non ti interessa.»

«Mi interessa.» Mormorò. «Mi interesserebbero anche i nomi di quelli che ti hanno scritto quelle cose.»

Tornai a guardarlo con un mezzo sorriso confuso. «Lo dici come se vorresti fargli qualcosa e comunque erano biglietti anonimi. Nemmeno io so di chi erano.»

Lui rimase serio. «Ma potresti arrivarci.»

«Si, be', alcuni non lo facevano cosi in anonimo.»

«Visto. Puoi dirmi i nomi.»

Restai in silenzio qualche secondo, studiandolo. «Non te li dirò perché non puoi risolvere sempre le cose con la violenza. E ormai è acqua passata.»

«Non dovresti scivolare sopra a certe cose.» Mi riprese. «Le cose che ti auguravano sono orrende.»

Lo sapevo bene ma lui non sapeva che facevano bene ad odiarmi. In fondo, avevano ragione. Forse non mi ero meritata quello che mi auguravano ma non potevo tornare indietro.

«Perchè mi hai portata qui?» Sussurrai. «Non che mi dispiaccia, ma voglio solo sapere perché.»

Si leccò le labbra e per un istante le sue iridi scivolarono sulle mie leggermente schiuse.

«All'inizio non volevo portarti qui.» Mormorò. «Volevo farti vedere chi sono davvero. Ma sono egoista e non voglio ancora perderti.»

«Sei così certo che mi perderai.»

«Succederà.»

Non sarebbe successo perchè quello che stava nascendo nella nostra ombra aveva messo radici troppo grosse e profonde dentro di me. Le sentivo crescere. Sentivo la loro linfa battere ogni volta che si avvicinava. All'inizio erano state silenziose e non mi ero nemmeno accorta della loro presenza ma ultimamente erano più rumorose e non potevo ignorarle. Seth era entrato dentro di me e non l'avrei cancellato così facilmente, anzi.

«Volevo farti vedere da dove vengo.» Deglutì. «Non mi sono mai aperto con nessuno per diverse ragioni ma con te è difficile non farlo.»

Il mio petto si scaldò e sentii quelle radici stringersi attorno al mio cuore.

«Allora, fallo. Raccontami.»

Passò qualche secondo prima.

«I miei genitori erano alcolisti. A loro non gliene fregava un cazzo di me o di mia sorella. Molte volte era proprio lei che si occupava di me perchè loro erano sbronzi da qualche parte.» Il suo volto si rabbuiò probabilmente per certi ricordi. «Tu speri sempre di vedere il buono nelle persone ma non tutti sono nati buoni. Sono cresciuto senza amore in famiglia e l'unica persona a cui ho amato è morta. Sono cresciuto nella violenza per la sopravvivenza. Rubavo perchè non avevamo i soldi per pagare le bollette o per mangiare. Ho iniziato a fare gli incontri illegali perchè il mio allenatore di lotta mi ha dato un numero.»

«Un tuo professore ti ha fatto iniziare quella roba? È da denuncia.» Dissi scioccata.

Accennò un sorriso dolce. «No, è stata la mia salvezza. Ero sempre arrabbiato e in quegli incontri non ci sono regole. Potevo sfogarmi per davvero e in più guadagnavo molto bene. Guadagno ancora molto bene.»

Non riuscivo a comprendere la sua visione del mondo perchè era diversa dalla mia però potevo capire cosa significava trovare qualcosa che ti faceva stare bene. Certo, la sua fuga dalla realtà era violenta e illegale rispetto alla mia.

«Perchè Bulldog?» Chiesi.

Ora che aveva aperto il rubinetto delle confessioni non potevo non approfittarne.

Arricciò il naso. «L'ha scelto Derek, non so perchè. Ma alla folla piace quindi non vedo perchè cambiarlo.»

Mi sistemai su un fianco e i suoi occhi non si staccarono dal mio volto, nemmeno quando presi l'iniziativa di sfiorargli il viso con le dita. Gli scostai dei riccioli sulla fronte e tracciai l'arcata superiore del sopracciglio destro.

«Tutti nascono con una parte buona e una cattiva e ciò che ci circonda è sicuramente un fattore importante nella crescita di qualcuno.» Seguii il naso dritto e scesi verso le guance. «Non hai vissuto in un ambiente fatto di rose e fiori, ma questo non significa che non sia buono. Semplicemente andando avanti ti sei circondato di ciò che hai sempre conosciuto.»

«Lo fai ancora.» Gracchiò e portai l'attenzione nei suoi occhi che ogni volta mi strappavano un respiro per la loro oscurità. «Non riesci a vedere il marcio. Perchè?»

«Perchè non lo sei.» Affermai. «Te lo ripeto. Lo so che non sei il principe azzurro, Seth, ma non sei nemmeno così cattivo.»

Si bagnò le labbra e si sistemò, facendo scivolare la mano che prima era sotto alla nuca sul mio fianco. «I tuoi genitori sono dei pezzi di merda, tuo fratello è uno psicopatico e a scuola erano tutti dei figli di puttana. Sei cresciuta nelle finte rose, eppure, sei buona. Come uno cresce non ha importanza.»

«È qui che ti sbagli.» Accennai un amaro sorriso. «Non sono buona. Ho sbagliato anche io.»

«Tuo fratello--»

«Non solo con lui.» Confessai rapida e ingoiai un groppo spinoso. «Ho fatto altri sbagli a cui non posso rimediare, è troppo tardi.»

Mi scostò i capelli, liberandomi il collo e sfiorandolo con le dita. «Penseresti che non sono marcio anche se fossi un assassino?»

Le mie sopracciglia schizzarono in alto e smisi un secondo di respirare. «H-hai ucciso qualcuno?»

Aveva sempre oscillato su questo argomento. Diceva che avrebbe potuto farlo ma non era mai stato così specifico, così diretto. Ma a quel punto iniziavo a sospettare...Seth aveva davvero ucciso qualcuno?

«Se l'avessi fatto, mi guarderesti nello stesso modo?»

Il mio cuore finì in gola e ci restò mentre mi lasciavo annebbiare dai suoi occhi. «Come ti guardo?»

«In un modo che non mi fa dormire la notte.»

Non diceva sul serio. Che diavolo aveva preso oggi Seth?

«Non lo so.» Sussurrai, gli occhi tremavano nei suoi.

Probabilmente no. E questo mi faceva paura, proprio come questa sua confessione.

Incastrò una mano dietro al mio collo e strofinò il pollice contro la mia mandibola. «Me lo faccio andar bene. È pur sempre un cinquanta e cinquanta.»

Il mio istinto mi spinse a farlo. Avvicinai il volto al suo e sfiorai lo zigomo con le labbra, lasciandogli un timido bacio.

«Mi dispiace che l'unica persona a cui tenevi, ti sia stata portata via.» Allungai il collo e gli lasciai un bacio anche sull'arcata superiore sinistra. «Mi dispiace che non abbia conosciuto l'amore e l'affetto che tutti i bambini dovrebbero provare.»

Tranne il respiro quando lo osservai velocemente prima di chiudere gli occhi e lasciargli un velato bacio sull'angolo delle bocca.

«Smettila.»

Sbattei le ciglia e lo guardai. Sembrava sofferente. Mi morsi il labbro e ripresi a tracciare le linee del suo volto. La mascella scattò sotto il mio polpastrello.

«Forse avrei dovuto mostrarti davvero chi sono.» Mormorò duro.

«Perchè?»

«Perchè ora voglio baciarti fino a farti dimenticare di tutto tranne che di me.»

Ed ecco l'ondata di calore ustionante che mi fece venire voglia di strapparmi la pelle per avere un po' di refrigerio.

«In questi giorni non puoi toccarmi.» Ammisi con le guance rosse.

Si sollevò e il suo corpo mi spinse a stendermi mentre ora era lui su un fianco, col volto sopra al mio. Respirai controllata mentre l'unica cosa a cui pensavo erano le sue labbra così vicine alle mie.

«Voglio solo baciarti, Peach.» Si umettò le labbra. «E questo è il problema più grande.»

Forse lo era davvero. In certe situazioni era ancora più intimo del semplice sesso, e tra di noi era sicuramente un grande problema restare solo a baciarci.

«E mi offendi se pensi che sia uno schizzinoso.» Sorrise.

Non avevo dubbi.

Gli accarezzai la guancia e la leggera barba mi punzecchiò il palmo. Nuotai nella pozza di inchiostro nera e gonfiai la gabbia toracica appena scese con la mano nella curva del mio fianco, stringendolo. Sfiorò la punta del naso con la mia.

«Dimmelo.»

«Cosa?»

«Che vuoi essere baciata da me.»

Ignoiai la saliva e i miei occhi caddero sulle sue labbra rosse e ben disegnate.

«Baciami.»

Schiusi già le labbra sapendo che non sarebbe stato dolce e infatti appena ci fu la collisione che tanto agognavo, sentii il fuoco divampare da ogni cellula. Senza staccare le labbra dalle mie, si tolse la giacca che scivolò non so dove e mi presi la libertà di aggrapparmi alle sue spalle, ai suoi bicipiti mentre ci mescolavamo in quel bacio. Tirai e strinsi con forza i suoi capelli e il suo maglione mentre lui teneva ben salda la mano sul mio fianco, come se fosse un modo per controllarsi ma di fatto perdeva il controllo nella mia bocca. Mugolai per la forza che ci metteva ogni volta che scioglieva la lingua contro la mia e si prendeva ciò che voleva. Inclinai leggermente la testa e questo gli permise di approfondire maggiormente strappandogli un gemito di gola. Se quelle radici avessero potuto uscirmi dal petto e raggiungere il suo cuore lo avrebbero fatto, ma mi limitavo a stringerlo a me e a maledire quei giorni del mese.

Non avevo nessuna idea di per quanto tempo restammo così, sdraiati sul suo letto sfatto, a baciarci come se non ci fosse un domani. A volte diminuiva la veemenza e diventava più dolce e in quei momenti sentivo il mio volto infiammarsi perché non pensavo che potesse essere anche cosi delicato. Ma poi, come se ne avesse di nuovo bisogno, tornava il tornado impetuoso che era e mi strappava nuovamente la ragione, oltre che l'ossigeno. Ad un certo punto le mie mani si erano semplicemente fermate, una tra i suoi ricci alla nuca e l'altra contro il suo petto. Mi arrotolavo le ciocche e gliele tiravo quando mi mordeva le labbra e le succhiava per rubarne il sapore. Sembrava surreale essere in quella situazione con Seth. Era decisamente qualcosa fuori dalle righe e per questo non volevo interrompere il momento perché non avevo idea di quando sarebbe ricapitato. Credetti che anche lui fosse dello stesso parere da come restava ancorato alla mia bocca, nessun accenno a volersi fermare.

Fummo costretti a farlo però quando il suo telefono iniziò a squillare. Per i primi secondi lo ignorò, affondando e facendosi spazio nella bocca con la lingua ma quando capii che sarebbe andato avanti a lungo, premetti la mano sul suo petto e raccolsi tutte le mie forze per fermarmi.

«Devi rispondere.»

«No.» Grugnì e afferrò la mia mascella per poi spingersi maggiormente fra le mie labbra. Diventò più irruente e il mio stomaco prese davvero a bruciare come il resto di me.

Il telefono aveva smesso di squillare ma solo per pochi secondi perché poi interruppe ancora il nostro bacio.

«Seth...» Dissi tra uno schiocco e l'altro. «Rispondi.»

Si allontanò con fare brusco e puntellò il gomito nel materasso mentre con l'altra mano, che scivolò via dal mio fianco, rispose al telefono.

Rimasi ad osservare le sue labbra gonfie e ora color ciliegia mentre mi leccavo le mie bollenti.

«Che cazzo c'è?»

Non sentii la voce dall'altro capo ma dal cipiglio che si intensificò sul suo volto capii che fosse qualcosa di serio.

«Dove?» Mi lanciò una rapida occhiata. «Si, ci sarò.»

Mi morsi il labbro mentre lo ascoltavo parlare e i suoi occhi si rabbuiarono.
'Non farlo' mimò con le labbra. Arrossii ma non lo ascoltai. Invece, inclinai lievemente la testa e sbattei le ciglia. Lui inspirò dal naso.

«Ti richiamo dopo.» Chiuse la telefonata e buttò il telefono sul materasso.

«Sembrava importante, non avresti--»

Mi zittì con un altro bacio e questa volta la sua mano atterrò direttamente sul mio gluteo, stringendo una natica. Ansimai piano contro le sue labbra e ne approfittò per spingere la lingua e tornare al posto di prima.

«Stai sempre a provocare.» Grugnì sopra alle mie labbra incurvate.

«Non ho fatto niente.»

Socchiuse gli occhi. «Il tuo non far niente mi fotte la testa.»

Mi ammutolii per l'ennesima volta a quelle confessioni. Sorrise e mi accarezzò il fianco.

«Io tornerò domani. Tu a che ora hai il volo?»

«Alle nove.» Risposi. «Ho ancora un paio d'ore.»

«Chi ti viene a prendere?»

«Nessuno, tornerò tardi. Prenderò un taxi.»

«Dirò a Chen ti venirti a prendere.»

«Non ce n'è bisogno.»

«Ti aspetterà fuori.»

Scossi la testa e sospirai. «So cavarmela da sola, Nixon.»

«Avrei da ridire su questo.»

Effettivamente a volte finivo in situazioni spiacevoli ma non era colpa mia.

«Non preoccuparti, lo farà volentieri.»

Forse Chen avrebbe voluto dire la sua su questo ma non sembrava che Seth avrebbe cambiato idea perciò accettai la sua proposta.

«Grazie per avermi portata qui.» Mormorai, muovendo piano le dita tra le sue ciocche. «Mi fa piacere che ti sia aperto con me.»

«Non ringraziarmi. Non sai ancora molto.»

«Inizio a sapere abbastanza da poter comprenderti anche negli atteggiamenti più complicati.»

Si tirò su bruscamente e tossì. «Okay, basta.»

«Cos...cos'ho detto?»

«Troppo.» Si alzò dal letto, afferrando la sua giacca. «Alzati o ti faccio vedere quanto non sono schizzinoso.»

Arrossii e mi affrettai a mettermi in piedi. Infilai la giacca e tirai su la cerniera mentre lui apriva la porta della stanza.

«Dove andiamo adesso?»

«Dove le principesse non dovrebbero essere portate.»

«E cioè?»

Ammiccò. «Lo vedrai.»






S/A.

Ehilà 🍑🖤

Buona Pasqua e buona Pasquetta per domani🐣♥️

Nyxlie e Seth sembra che si stiano legando sempre di più l'uno all'altra, no? 🥹

Però, non dimenticatevi dell'accordo che Penelope ha lanciato a Seth. 👀

➡️ Non dico di tenervi pronti perché una tormenta si avvicina però... it's not so far🌪💀

Lasciate un voto e un commento se vi è piaciuto!

A presto, Xx

Profili Social🍒:

IG e TT: anonwriter23

Continue Reading

You'll Also Like

Il Diavolo e la Luce By Mari

Historical Fiction

1.5M 55.5K 51
!COMPLETA! Se avessero chiesto a Lucy Northwood con chi voleva sposarsi lei con certezza avrebbe risposto: William Sherwood. Ama quell'uomo fin da q...
36.2K 803 9
🏆WATTYS2022 🦋 DARK-ROMANCE 🖤 L'Immer Hotel è lieto di ospitarvi tra le sue mura. Sentirete respiri dietro porte murate, vedrete passaggi segreti...
96.5K 3.2K 32
Meno persone ti conoscono, meglio è. Questo è il motto di Maggie Davis, una diciassettenne che occupa il suo tempo libero lavorando al Rose's, una ca...
603K 29.3K 83
L'amore, quello che tutti conoscono, riesce a cambiarti la vita, questo amore invece è in grado di dartela. L'amore che ho provato è diverso, perchè...