Cinquanta sfumature di un'amn...

By Andromaca27

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I primi capitoli di questo racconto sono la traduzione, abbastanza fedele ma non letterale, di una ff in ingl... More

Capitolo primo
Capitolo secondo
Capitolo terzo
Capitolo quarto
Capitolo quinto
Capitolo sesto
Capitolo settimo
Capitolo ottavo
Capitolo nono
Capitolo decimo
Capitolo undicesimo
Capitolo dodicesimo
Capitolo tredicesimo
Capitolo quattordicesimo
Capitolo quindicesimo
Capitolo sedicesimo
Capitolo diciassettesimo
Capitolo diciottesimo
Capitolo diciannovesimo
Capitolo ventesimo
Capitolo ventunesimo
Capitolo ventiduesimo
Capitolo ventiquattresimo
Capitolo venticinquesimo
Capitolo ventiseiesimo
Capitolo ventisettesimo
Capitolo ventottesimo
Capitolo ventinovesimo
Capitolo trentesimo
Capitolo trentunesimo
Capitolo trentaduesimo
Capitolo trentatreesimo
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50

Capitolo ventitreesimo

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By Andromaca27

In ospedale troviamo mio padre nella sua stanza, sta leggendo la pagina sportiva. È su una sedia a rotelle, ma mi ha mostrato come cammina con le stampelle. È in forma, nonostante il gesso, e di buon umore. Christian mi aveva detto che stava bene ma finché non l'ho visto non sono riuscita a tranquillizzarmi del tutto. Appena mi vede mi abbraccia stretta, cosa insolita per lui che è abbastanza schivo e riservato, ma questa volta il pensiero del pericolo che ho corso lo ha commosso al punto di fargli venire le lacrime agli occhi.

«Oh, Annie, piccola mia...» Esclama con voce rotta dall'emozione.

«Papà!...» Non riesco a dire altro, anch'io do sfogo al pianto, un pianto liberatorio con il quale mi alleggerisco di tutta la tensione e la preoccupazione per le sue condizioni.

Ad questo punto Christian esce per andare a parlare con la madre, ma sospetto che l'abbia fatto per lasciarci soli.

Ray mi passa le mani sulle spalle, sulle braccia come per accertarsi che io stia davvero bene fisicamente, quindi mi prende il viso tra le mani e scruta nei miei occhi.

«Come stai, Annie?» È apprensivo.

«Sto bene, papà. E tu?»

«Sono in forma, davvero... solo non vedo l'ora che mi tolgano l'ingessatura...» Gli rivolgo uno sguardo di solidarietà.

«Ma ora che ti vedo sto davvero meglio: sono stato molto in pensiero per te. Come... tu... hai ricordato qualcosa?» Esita, non sa se sta facendo bene a chiedermi una cosa del genere.

«Sono riaffiorati dei ricordi, fatti di poca importanza, ma sono un segno di ripresa, Christian è così contento ogni volta che mi ricordo qualcosa.»

«E lui come sta?»

«È sempre così in ansia per me, è ossessionato dalla mia sicurezza...»

«Tuo marito è un uomo generoso e ti ama moltissimo... quando mi ha chiesto la tua mano...»

«Ti ha chiesto la mia mano? Un gesto d'altri tempi.»

«Sì, l'ha fatto. È stata una mazzata per me: tu sei così giovane. Ho voluto discuterne con te prima di acconsentire, e tu sai come mi hai risposto?... mi hai detto "Lui ama me, io amo lui; non ci sarà mai nessun altro per me" e alla fine hai aggiunto: "lui è il mio e vissero felici e contenti"...» Sento un nodo alla gola a sentire quelle parole, anche Ray mi sta dicendo che ero tanto innamorata di Christian.

Poi mi racconta come trascorre le sue giornate, che ha fatto amicizia con un altro paziente con il quale guarda il baseball in televisione dal momento che tifano per la stessa squadra.

Quando torna a parlarmi di Christian, mi consiglia di trattarlo bene perché è un bravo ragazzo e ribadisce che mi ama moltissimo; ha aggiunto che mio marito sta sostenendo tutte le spese per la sua degenza, compresa la camera singola con tutti i comfort. Sarei rimasta con lui per il resto della giornata, se non fosse stata l'ora del giro di visite e se Ray non mi avesse detto che dopo doveva fare il suo abituale riposino. Ci siamo abbracciati di nuovo e dopo avermi dato un bacio sulla fronte ci siamo salutati con la promessa da parte mia di riguardarmi e di andare a trovarlo prima possibile. Così Christian e io torniamo a casa. Quando usciamo dall'ospedale, piove, è un acquazzone di quelli con tuoni e fulmini, perciò dobbiamo fare una corsa per arrivate al suv sul quale ci aspetta Taylor che per fortuna è in sosta a pochi metri dall'uscita. Appena il tempo di sederci e allacciare le cinture che la pioggia diventa ancora più forte e batte incessante sul parabrezza dove il tergicristalli alla massima velocità non riesce a riceverla. Mi sembra che sia passato un secolo dall'ultima volta che ho visto un temporale come questo. Mentre Taylor si è inserito nel flusso di macchine per condurci a casa, Christian, voltato verso di me, si sporge in avanti e, dopo aver scostato i miei capelli, con un fazzoletto di stoffa asciuga le gocce di pioggia dal mio viso. Mi tratta come se fossi uno di quegli oggetti preziosi in cristallo sottilissimo che si frantumano per un nonnulla, posa con estrema delicatezza il fazzoletto su un tratto della mia pelle, poi come una carezza continua finché non è certo che non ci sia più neanche una goccia. E io... io sono talmente ipnotizzata da quei suoi gesti lenti, misurati, pieni d'amore che mi dimentico di tutto eccetto noi due, eccetto la sua dedizione, il suo amore, la sua adorazione per me. Restiamo occhi negli occhi, i suoi emanano una luce così intensa e brillante che sembrano riflettere il colore del cielo in tempesta.

Ti amo... ti amo, Christian Grey.

Il mio cuore vorrebbe urlarlo, ma la mia mente è paralizzata dal terrore e la mia bocca tace, rimanendo serrata. Sono pervasa da un sentimento profondo e totalizzante, così potente che riesce ad abbattere tutte le barriere e a superare le tenebre dell'amnesia fino ad affiorare nella mia coscienza. Lo amo. Sì, lo amo. So di averlo sempre amato. Il mio primo uomo, il mio primo amore, il padre della creatura che sta crescendo dentro di me.

A stento una parte di me, quella più razionale, con molta fatica riesce a ridestarsi e così, prendendo dalle sue mani quello stesso fazzoletto, gli ricambio il favore. Tampono dolcemente la sua fronte, un orecchio, uno zigomo, la punta del naso, il mento; rimane una gocciolina sul labbro superiore e, prima di avere il tempo di pensarci su, mi ritrovo ad asciugargliela con un bacio, e poi un altro e un altro ancora, sul mento, sul naso, sugli zigomi, sulle palpebre. Per un po' mi lascia fare restando immobile, poi emette un lieve sospiro che sembra quasi un gemito e si impossessa delle mie labbra, baciandomi prima molto lentamente, poi con passione sempre maggiore. Sento un rumore che mi disturba, un suono lontano che mi richiama a me stessa. Ci stacchiamo, ancora interdetti per la brusca interruzione: è lo squillo del cellulare di Christian. Infastidito, mi chiede scusa, dicendomi che è una chiamata dall'ufficio e che deve rispondere dal momento che aveva dato disposizioni di contattarlo solo in caso di vera necessità. Annuisco.

«Grey... va bene, passamela... Ross, che succede?... E tu mi chiami solo per questo? Sapevi che... capisco, in questo momento non posso... lo farò tra pochi minuti. Ti richiamo io.» Come sempre, diretto, conciso, efficiente e... brusco, quasi sgarbato, con chi lavora con lui... per lui. Rimango a fissarlo, stordita dalla sua metamorfosi: stento a credere che quell'uomo così delicato, dolce, premuroso fino a pochi istanti fa sia lo stesso che ha appena sbraitato contro le persone all'altro capo del telefono. Si rivolge di nuovo a me, mi sfiora il collo con la punta delle dita. «Mi dispiace, è una faccenda che richiede il mio intervento. Appena arriviamo a casa dovrò scappare alla sede della Holding.»

Faccenda... faccenda...

«Spero non sia niente di grave.»

«No, solo un partner in affari che fa i capricci e pretende di parlare personalmente con me... mi dispiace doverti lasciare sola, ma...»

«Christian, non ti preoccupare. Io sto bene, mi troverò qualcosa da fare.»

«Finalmente ti libererai di me, almeno per qualche ora. Sarai contenta.» Non riesco a capire se stia scherzando o se dica sul serio.

«Niente affatto!» Io sono inequivocabilmente seria, se rispondessi con una battuta ironica, lui continuerebbe a rimuginarci sopra e non voglio che accada. Le sue labbra si piegano leggermente in un sorriso.

«Bene, farò prima possibile e, se vuoi, riprenderemo da dove siamo stati interrotti.»

Intanto siamo arrivati all'ingresso del posteggio sotterraneo dell'Escala. La pioggia continua a battere incessantemente, per la prima volta da quando mi sono svegliata dal coma, l'autunno si manifesta in pieno.

Faccenda... faccenda...

Rimango da sola e decido di fare una doccia tonificante e quella parola continua a ronzarmi in testa. Deve essere legata a qualche avvenimento che non ricordo. L'acqua della doccia mi avvolge in un caldo abbraccio e mi rilassa. Poi, dopo aver indossato degli abiti comodi e dopo un pranzo veloce con un'insalata di pollo preparata da Gail, vado in camera a riposare un po'. Riesco a dormire per mezzora e mi sento piena di energie e di voglia di fare qualcosa, perciò decido che preparerò la cena per me e per Christian, chiederò a Gail quali sono i suoi piatti preferiti, mi darò da fare più tardi, adesso ho voglia di prendere visione dei due manoscritti che si trovano sulla mia scrivania in biblioteca. Comincio a leggere il primo, mi fermo alla fine del primo capitolo e accendo il mio computer portatile per cercare tra i file qualche documento che contenga la schedatura del manoscritto; dopo qualche minuto riesco a trovarlo e man mano che leggo mi sembra un lavoro ben fatto. Penso che potrei riprendere a lavorare senza molte difficoltà, in fondo la lettura è sempre stata la mia passione e l'amnesia non ha minimamente scalfito le mie competenze in tal senso. Il vero problema sarà fronteggiare l'ansia di Christian, mi ha promesso che mi permetterà di condurre una vita relativamente normale, per quanto possa essere normale con delle guardie del corpo sempre al seguito. Stasera gli chiederò di accompagnarmi alla Sip, domani, per incontrare i miei colleghi e prendere un po' confidenza con quel posto. Continuo a leggere il manoscritto per qualche ora ancora finché non sento bussare alla porta, è Gail: è venuta ad avvisarmi che Taylor ha chiamato per dire che Christian arriverà tra un'ora e mezza. Così decido di andare insieme a lei in cucina per cominciare ad organizzare la cena.

La cena è pronta, tenuta in caldo dentro il forno, la tavola è apparecchiata per due con eleganti piatti di finissima porcellana, con preziosi bicchieri di cristallo, con posate non meno raffinate. Con l'aiuto di Gail ho fatto portare un piccolo bouquet di fiori di campo come centrotavola e ho preso anche un candelabro in argento con candele bianche. Appena arriverà Christian, abbasseremo le luci e resteremo al lume di candela. È tutto pronto e lui dovrebbe essere qui a breve. Do un ultimo sguardo alla mia opera e, soddisfatta, vado a mettere un po' di musica, scelgo un brano di musica classica che lascio ad un volume non troppo alto. Vado un momento nel bagno più vicino al salone e osservo il mio riflesso: ho i capelli sciolti con morbide onde che mi cadono sulle spalle; ho indossato un abito color prugna che ho trovato nella cabina armadio su un paio di scarpe con il tacco alto. Da quando mi sono svegliata dal coma non ho indossato vestiti eleganti, ma solo jeans e indumenti comodi, stasera vorrei essere più carina, più curata. Chissà se piacerò a Christian? Mentre mi liscio il vestito sui fianchi, passo la mano destra sulla pancia: non si vede, ma io mi sento diversa, c'è un esserino che sta crescendo dentro di me, il figlio mio e di Christian. Il solo pensiero mi fa salire il magone: come sarà? Assomiglierà a lui? Sarà maschio o femmina? Spero che abbia i suoi occhi, quegli occhi grigi luminosi e profondi, così belli...

Una voce dal corridoio mi riscuote dalle mie fantasticherie, Christian è tornato, faccio un respiro profondo e mi preparo ad affrontarlo. Appena apro la porta del bagno mi trovo di fronte a lui.

«Ehi!» Mi saluta con molta dolcezza e rivolgendomi un sorriso raggiante.

«Ehi!» Rispondo con un sorriso che riflette il suo. Mi si avvicina, mi prende la mano e la bacia. «Sei bellissima... mi sei mancata. Quel vestito...»

«Ti piace?»

«Moltissimo.» E la sua mente sembra vagare da qualche altra parte.

«L'ho già indossato, vero? In qualche occasione particolare.»

«Sì.»

«Me lo racconterai un'altra volta. Adesso dobbiamo cenare. Mi bastano cinque minuti per ultimare.»

«Ok. Ti raggiungo subito.» Torna a sorridere.

Il tempo di mettere in tavola gli antipasti e accendere le candele ed è vicino al tavolo, dietro di me, sempre più vicino, mi volto e mi abbraccia con un trasporto che mi fa vacillare per l'emozione che provoca in me.

«Ho pensato di farti una sorpresa.»

«Sei un tesoro, mi hai preparato la cena, i miei piatti preferiti.» Parla sussurrando vicino al mio orecchio e mi fa venire un brivido di eccitazione lungo la colonna vertebrale. Poi mi bacia con estrema dolcezza e a lungo.

Le nostre labbra si staccano, Christian strofina il suo naso sul mio, tenendo gli occhi nei miei, tenerissimo.

«Mr. Grey, la cena...»

«Sì.» La sua bocca si allarga in uno splendido sorriso, poi tira indietro una sedia, invitandomi a sedermi: «Signora.»

«Grazie, signore.» Mi posa un bacio sulla sommità della testa e va a prendere posto a sua volta, accanto a me. Mentre ceniamo facciamo conversazione su argomenti semplici, come persone normali.

«Come è andata oggi in ufficio? Sei riuscito a far ragionare quel tuo cliente?»

«Si è rivelato un osso più duro del previsto, ma penso di essere riuscito a convincerlo che la nostra è un'offerta che non può rifiutare... mhm... è buonissimo... hai cucinato tutto tu, da sola?»

«Sì, Gail mi ha solo rivelato i tuoi gusti. Ti sembra incredibile?»

«Assolutamente no. So bene quanto sei brava... è davvero tutto squisito.» Il suo viso è vicinissimo al mio, una mia gamba è incrociata con la sua: quando siamo vicini, non riusciamo a fare a meno di un contatto fisico, come se fosse necessario alla nostra vita.

«Vino, signora?»

«Sì, grazie. Solo un po'. Sai... il bambino.» Mi ricordo che sono incinta, ma so che qualche dito di vino non potrà farmi male.

«Certo, solo due dita.» Sembra felice che io sia così attenta al mio stato.

«A cosa brindiamo?»

«A noi tre.»

«A noi tre.» Ripeto mentre facciamo tintinnare i nostri calici, sempre occhi negli occhi. Dopo aver mandato giù un sorso di vino, ci baciamo assaporandoci a fondo. La sua bocca sa di saltimbocca con speck e fontina, una ricetta che Gail ha imparato da un'amica italiana, e di vino, è delizioso. Continuiamo a baciarci ancora.

«Potrei restare a baciarti per tutta la notte, ma devi nutrirti e poi non mi piace che si sprechi il cibo.» Mentre parla le sue labbra quasi sfiorano le mie, il suo fiato si mescola con il mio. E tutto questo mi dà un'emozione così forte che sento le farfalle allo stomaco. Entrambi a malincuore torniamo alla nostra cena.

«E tu cosa hai fatto oggi quando sei rimasta sola?»

«Ho mangiato...»

«Bene.»

«Ho dormito un po' e poi sono andata in biblioteca e ho dato un'occhiata ad un manoscritto di cui avevo già preparato una scheda.» Per un istante Christian sembra bloccarsi con la forchetta a mezz'aria, ma si riprende subito. L'idea del mio lavoro lo preoccupa, ma non mi dice niente. Io faccio finta di non avvertire la sua tensione e continuo con un tono neutro.

«Domani leggerò anche l'altro. È un lavoro che mi piace. Tu domani devi tornare in ufficio?»

«No, non credo che ce ne sarà bisogno... ti piacerebbe andare alla Sip per riprendere i contatti con i tuoi colleghi e con il tuo capo? E magari cominciare gradualmente a lavorare?»

Non posso crederci! Le sue domande mi rendono felice oltre ogni immaginazione, e io che mi aspettavo di dover far fatica a convincerlo.

«Mi accompagni?»

«Certo... se vuoi.»

«Davvero? Certo che voglio.» Il mio sorriso va da un orecchio all'altro e il suo riflette il mio.

«A dire il vero ci sarei rimasto molto male se tu mi avessi chiesto di andare da sola.»

«Ma io ho bisogno del tuo sostegno, di sentire la tua mano nella mia e il tuo sguardo protettivo.»

«Non sai quanto mi renda felice sentirlo.» A questo punto mi sporgo verso di lui e gli do un bacio a fior di labbra.

«Tu conosci il mio capo?» Annuisce. «Come si chiama?»

«Jerry Roach»

«E c'è qualcun altro di cui dovrei conoscere il nome?»

«La tua assistente, Hanna.»

«Ah, ho anche un'assistente?»

«Certo che sì. Te l'ho detto, sei brava e in poco tempo sei diventata direttore editoriale. Poi c'è la receptionist, Claire, con la quale mi è sembrato di capire che ci fosse un rapporto abbastanza amichevole.»

Finita la cena, mi alzo per portare i piatti verso la cucina, ma Christian mi abbraccia da dietro, stringendomi e sussurrando sensuale vicino al mio orecchio.

«Lascia tutto qui, ci pensiamo dopo oppure lo farà Gail.» Il suo fiato caldo sul collo mi fa ribollire il sangue, vorrei ribattere che mi piace fare da me, ma il calore del suo corpo, la sua erezione che preme sul mio fondoschiena, la sua bocca che mi posa baci infuocati sul collo sono una distrazione così forte. Abbandono la testa sulla sua spalla, dandogli facile accesso al collo che lui continua a baciare trasmettendomi brividi deliziosi per tutto il corpo.

«Con questo vestito e queste scarpe sei sexy... più sexy del solito. Mi fai impazzire.»

Io? Sexy, io?

«Oh, Christian.»

«Ana... dove? Vuoi che restiamo qui o andiamo in camera?»

«Qui... dove...?»

«Sul tavolo, per esempio.»

«Ok, vada per il tavolo... ma dobbiamo pulirlo...»

«Non c'è tempo, e poi c'è tutto lo spazio che ci serve.»

Non ha ancora finito di parlare che mi ha già sfilato il vestito di dosso. Dio, è talmente eccitato che mi fa tremare, anch'io ho fretta, anch'io non vedo l'ora di averlo dentro di me. Gli tiro i lembi della camicia fuori dai pantaloni, la apro facendo cadere i bottoni, mentre lui mi solleva come se fossi una piuma e mi deposita sul piano del tavolo. Faccio scivolare senza alcun riguardo la camicia dalle sue spalle e gli slaccio la cintura, poi il bottone e la lampo dei pantaloni. Anche lui riserva la stessa foga alla mia biancheria intima, mi strappa gli slip e il reggiseno di pizzo, rimango con le autoreggenti e con le scarpe.

Christian mi rivolge uno sguardo come se volesse mangiarmi.

«Hai idea di quanto tu sia arrapante solo con queste addosso?»

E mentre gli avvolgo le gambe attorno ai fianchi, lui si abbassa su di me e mi penetra senza tante cerimonie, con un colpo secco e deciso, facendo tintinnare i piatti, i bicchieri e le posate rimasti sul tavolo.

Dio! È fantastico!

«Oh, Ana, sei sempre pronta per me...»

Poi esce per affondare di nuovo dentro di me, lentamente questa volta. Come se si fosse ricordato di qualcosa, comincia a moderare il ritmo dei suoi movimenti, cercando di essere delicato, ma andando a fondo più che può.

«Più forte, per favore...» Le parole emergono dal mio inconscio prima che la mia ragione riesca a valutarle. Christian si blocca di colpo, mi guarda attentamente negli occhi.

«Più forte, più forte, Christian, per favore...» Fermo il mio sguardo nel suo per comunicargli la mia determinazione.

«Ana...» È combattuto: vorrebbe, ma ha paura di far male a me o al bambino.

«Per favore, è così bello!» Chiude le palpebre, le riapre con un sospiro e riprende a muoversi con un affondo più deciso. Forse sono riuscita a convincerlo. Sì, ci sono riuscita: ad ogni colpo lo sento sempre più in profondità, sempre più grosso e duro e io lo accolgo con entusiasmo, stringendolo sempre più a me con le gambe e con le braccia. Ad un tratto mi immobilizza le mani, intrecciando le sue dita con le mie e impedendomi, mio malgrado, di abbracciarlo, di accarezzarlo, di dimostrargli quanto mi piace. Non è mai stato così intenso, così martellante e così... Oh, Dio! Me lo sbatte dentro... senza pietà, facendomi urlare ogni volta per la sorpresa. La musica in sottofondo è sovrastata dal tintinnare delle stoviglie rimaste sul tavolo, dai suoi gemiti gutturali e dai miei ansimi che si fanno sempre più concitati man mano che mi avvicino all'orgasmo, e ci sono quasi, mi sento irrigidire tutte le membra.

«Christian!» Grido, supplicandolo... non so di cosa... di farmi venire, di continuare con questo ritmo sfiancante che mi fa impazzire.

«Sì, piccola... mi ecciti da morire! Te ne rendi conto?... Ti rendi conto di quello che mi fai?»

«Christian, per favore!»

«Adesso.» E a quella parola esplodo in un orgasmo così violento e così lungo che continua con spasmi e con tremori fino a quando non sento che anche lui viene, pronunciando il mio nome con voce roca e crollando su di me.

Dio mio, che esperienza! Non è mai stato così, almeno che io ricordi. Finora è stato un amante appassionato ed ha sempre usato tutta la gentilezza e la pazienza di cui era capace e mi è sempre piaciuto talmente... ma questo nuovo approccio più duro e irrefrenabile mi piace ugualmente. È come se facessi l'amore con un altro uomo. Non che non apprezzassi abbastanza il primo, ma questo mi fa convincere che Christian Grey è un dio del sesso. Anche se non ho conosciuto altri uomini, mi convinco sempre più che lui sappia il fatto suo, sa come dare piacere ad una donna. E questo pensiero mi fa venire in mente quella donna, Elena: lei conosce le 'doti' di mio marito e questo la rende ancora più pericolosa; penso che potrebbe essere pronta a tutto per riaverlo nel suo letto.

Dopo qualche minuto riprendiamo fiato, esce da me e mi aiuta a sollevarmi, si rialza boxer e pantaloni, tirando su la lampo. E all'improvviso lo vedo cupo, preoccupato, il suo sguardo si oscura.

Un altro cambiamento d'umore! Cos'è successo adesso

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