Choni one shot

By emma_choni

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one shot sulle choni More

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non è una one shot ma una domanda
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È una domanda.
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By emma_choni

«Pensi che al mondo ci sia qualcuno a cui siamo destinati?» Toni domandò, interrompendo la quiete notturna. Eravamo sedute sulle scale davanti al portico della casa di Betty, mentre sorseggiavamo una birra nella più totale tranquillità, cercando di goderci gli ultimi giorni disponibili delle vacanze di natale.

Il battito del cuore aumentò a dismisura, inducendomi a trattenere il fiato per qualche istante mentre le emozioni mi sovrastarono interamente. Come avrei fatto a rispondere ad una domanda del genere?

«Si. Credo che ognuno di noi sia stato creato per una persona in particolare.» Contestai, tenendo lo sguardo fisso sulle ginocchia mentre percepivo il suo bruciarmi addosso.Quella vicinanza, mischiata all'intimità della domanda che era stata posta, mi fece rabbrividire vagamente, mentre i pensieri scorrevano con ferocia, senza darmi tregua. Eravamo state costrette a lasciarci da ormai quasi un anno, a causa dell'astio proveniente dalle nostre famiglie, ma nonostante tutto avevamo deciso di rimanere in un rapporto pacifico, non riuscendo a rinunciare definitivamente all'altra.

«Tu a chi credi di essere destinata?» Chiese in un mormorio, piegando leggermente il volto per potermi osservare meglio, incitandomi a voltarmi nella sua direzione, permettendo ai nostri sguardi di incontrarsi. I suoi occhi erano scuriti da emozioni nascoste, e troppe parole non dette, mentre un leggero sbrilluccichio ornò le sue pupille.
«Non penso che sia necessario rispondere a questa domanda.» Risposi, utilizzando lo stesso volume della voce, cercando di forzare un sorriso mentre l'amarezza conquistava il mio corpo.

«Già, hai ragione...» Sussurrò, rimanendo in silenzio per qualche secondo, come se stesse meditando in merito alla situazione.
«...Eppur sarebbe bello sentirtelo dire.» Proseguì, posando una mano sulla mia coscia, facendomi sobbalzare. Mi incantai a guardarla, mentre la nostalgia provata a causa di tutto quello che avevamo passato iniziava a diramarsi in ogni meandro del mio organismo, inondandomi di un profondo stato di tristezza. Lei era tutto ciò che avevo sempre desiderato, ma il mondo era così crudele da permettermi di starle vicina, ma non abbastanza per sfiorarle il cuore.

«Non possiamo Toni, lo sai.» Ribattei, cercando di non lasciarmi sopprimere dalle emozioni, non volendo sembrare debole davanti a lei, non avevo più la possibilità di farmi vedere in quel modo.
«Lo so, ma starti lontana è fottutamente difficile.» Affermò, iniziando ad accarezzarmi dolcemente la gamba, facendo attivare tutti i miei nervi.

«Io, io non riesco a vivere in questo modo, Cheryl. Non riesco a starti così vicina e sentirti cosi distante.» Aggiunse, rilasciando un sospiro pesante, creando una nuvoletta di fumo nell'aria.
«Questo è tutto quello che possiamo fare per ora.» Risposi, serrando strettamente le palpebre nel tentativo di trattenere le lacrime che minacciavano di venir fuori da un momento all'altro.

«Tu sei felice?» La guardai sbigottita. Come poteva domandarmi una cosa simile? Come poteva anche semplicemente pensarlo? Non riusciva a percepire quando dolore sentissi da quando lei non era più con me?
«Guardami. Ti sembro felice? Te lo dirò io se proprio non riesci a capirlo da sola. Non ho mai compreso cosa fosse effettivamente la felicità fin quando non sei piombata nella mia vita, con quel fottutissimo sorriso che ha subito abbassato le mie difese, permettendoti di entrare rapidamente nel mio cuore, fino a conquistarlo. Penso di non aver mai provato così tanta gioia come quella che percepivo quando stavamo insieme, e poi tutt'a un tratto mi è stata strappata violentemente dalle mani, e in uno schiocco di dita ho perso tutto quello che mi teneva al mondo. Quindi no, Toni. Non sono felice, ho smesso di esserlo da quando sei stata catapultata fuori dalla mia vita, perché da quel momento nulla è più stato come prima.» Confessai, sentendo il petto bruciare da una sofferenza imminente, che mi fece tremare tutti i muscoli.

«Nemmeno io lo sono. Da quando ci siamo separate non riesco più a provare nulla.» Ammise, posando dolcemente la fronte sulla mia. Percepivo il calore del suo respiro infrangersi contro le labbra, lasciando che un esorbitante desiderio si manifestasse all'improvviso. Quel che stavamo facendo era sbagliato, le nostre famiglie erano rivali, eppure non possedevo la forza di respingerla se rimaneva così vicina.

«Vorrei che le cose potessero essere diverse.» Sussurrai, lasciando che una lacrima amara solcasse la mia guancia, percependo immediatamente la morbidezza del pollice di Toni contro la pelle, mentre tentava di asciugare completamente qualsiasi segno derivato dal pianto.
«Lo vorrei anche io.» Mormorò con difficoltà, sovrastata dalle emozioni schiaccianti che ci avevano raggiunto.

Percepii la punta del suo naso sfregare contro il mio, inducendomi a sussultare, mentre il buonsenso iniziava ad abbandonarmi.

«Vorrei baciarti» Confessò, tenendo la bocca a pochi millimetri dalla mia.
«Non possiamo.» Affermai, portando dolcemente una mano sul suo volto per accarezzarle la gota, gelida a causa della bassa temperatura presente all'esterno.

«Io non posso proseguire così. Non riesco a starti così distante.»
«Devi.» Contestai, guardandola profondamente negli occhi, prima di lasciarle un lungo e soffice bacio sulla guancia. Mi alzai con riluttanza, senza riuscire a guardarla un'altra volta, prima di tornare dentro l'abitazione, avendo bisogno di qualche minuto per riprendermi.

«Toni?» Domandò Veronica non appena mi vide rientrare da sola, inarcando confusamente le sopracciglia.
«Ha detto che voleva rimanere fuori un altro po'.» Mentii, non volendo dare alcuna spiegazione, mentre mi avviavo verso il bagno. Rimasi ad osservare la mia figura riflessa nello specchio, provando un innato disgusto.

Odio.
Ecco tutto quello che riuscivo a percepire quando esaminavo la mia immagine. Il volto gonfio, la vita troppo spessa rispetto al normale, e le cosce estremamente voluminose per i canoni imposti. Non avevo mai imparato ad accettarmi, e all'età di ormai diciotto anni dubitavo che fossi mai riuscita a farlo. Nella mia famiglia l'amore non era mai stato un habitat comune e d'altronde quando si cresce in un ambiente in cui l'odio sgorga da ogni angolo, fino ad arrivare a sommergerti, è impossibile formarsi senza determinate problematiche; il comportamento dei genitori incide sempre sul modo in cui si sviluppano i loro figli.

Volevo urlare, cercare di manifestare in ogni modo lo stato in cui mi trovavo, ma dalla mia bocca non uscì nulla, se non un debole sospiro, sintomo dello sfinimento a cui ero giunta.

Mi struccai velocemente, cercando di levare perfettamente tutto il trucco che si era oramai sbiadito. Passai lentamente i dischetti sul viso, prima di buttarli nel piccolo cestino posto accanto alla porta.Mi diedi una veloce sciacquata al volto, avendo bisogno di riacquisire un po' di lucidità, prima di tornare nel salone, andandomi a stendere nel sacco a pelo dove avrei dovuto passare la notte.

I pensieri continuarono a scorrere ininterrottamente nella mia mente, impedendomi di dormire. Fui successivamente costretta a chiudere gli occhi, fingendo di essermi addormentata, non appena Toni rientrò in casa. Non sarei stata capace di sostenere un'altra conversazione, e cercare di fuggire dal problema, in quel momento, era la soluzione più valida.

Sentii il rumore dei suoi passi che scattavano contro il pavimento divenire sempre più vicini. Riuscivo a sentire il suo sguardo pungente fisso sul mio copro, e fui costretta a trattenere qualsiasi sospiro non appena la sentii inginocchiarsi accanto a me.

«Prometto che lotterò per te. Prometto che lotterò per riaverti.» Sussurrò, lasciando scivolare lentamente le dita contro il mio cuoio capelluto, sapendo quanto lo trovassi rilassante, prima di lasciarmi un delicato bacio sulla fronte. Proseguì le sue azioni per una quantità di tempo che sembrò interminabili, fin quando tutte quelle attenzioni non mi indussero a scivolare veramente in un sonno profondo.

Mi svegliai di soprassalto. Il sole filtrava attraverso i fori delle serrande, e un imminente silenzio circondava la stanza. Allungai una mano verso il telefono, controllando l'ora. Erano solo le sette del mattino.

Mi rigirai nel sacco a pelo, tentando di riuscire nuovamente a prendere sonno, senza ottenere alcun risultato. Rilasciai un sospiro pesante mentre lentamente mi alzavo, cercando di non far rumore, non volendo svegliare le altre.

Mi recai in cucina, estraendo la macchinetta del caffè da uno dei grandi cassettoni al di sotto dei fornelli, conoscendo il posto in cui mia zia era solita a riporla. La posizionai sui fornelli, attendendo che la bevanda si preparasse.

Tenni lo sguardo puntato verso il salone, cercando di sorvegliare la situazione. Inevitabilmente lo sguardo mi cadde su di Toni. Aveva i capelli sparsi su un piccolo cuscino, mentre un espressione estremamente rilassata spiccava sul suo viso, inducendomi involontariamente a sorridere. Era così dannatamente bella...

«Non se ne parla! Non ti lascerò frequentare con una Topaz! È già tanto che ti lascio la libertà di uscire con le ragazze, ma ora basta! Hai superato ogni limite! Come potevi credere che avrei approvato la tua relazione con questa stupida ragazzina? Le nostre famiglie sono rivali da sempre.» Io e Toni eravamo tranquillamente nella mia stanza, quando mia madre decise di irrompere al suo interno, sorprendendoci completamente.

Strinsi fortemente le palpebre, cercando di scacciare i ricordi di quel dannato giorno dalla mia testa. Era passata ormai una quantità di tempo infinita eppure ricordavo ancora ogni singolo particolare. Rammentavo perfettamente il rumore del proiettile che usciva dalla canna della pistola prima di giungere con ferocia contro la spalla di Toni.

Rammentavo del modo in cui ero stata costretta a chiamare l'ambulanza con estrema fretta, mentre le grida avevano preso il sopravvento su Thistle House. Ricordavo del modo in cui lei giaceva inerme tra le mie braccia, provando un'estrema fatica a tenere gli occhi aperti.

«Pronto! Ho bisogno di un ambulanza, è un'emergenza.» Gridai contro la cornetta del telefono, mentre le lacrime scendevano con ferocia dai miei occhi.
«Signorina si calmi. Mi dica cosa è accaduto, e mi dica dove si trova in questo momento.» Il medico parlò dall'altra parte del telefono, facendomi agitare ancora di più. Come potevo tranquillizzarmi se ero ad un passo da perdere la persona che più amavo al mondo?

«Hanno sparato alla mia ragazza, sta perdendo una grande quantità di sangue. Mi trovo a Thistle House, in via Roderigo 17, vi prego mandate una vettura al più presto, non so per quanto riuscirò a farla rimanere sveglia.» Piansi fortemente, arrivando a singhiozzare, mentre stringevo il suo corpo minuto sempre più vicino al mio.
«Non deve assolutamente farle perdere i sensi, mi ha capito? Stiamo arrivando.»

Rammentavo con lucidità il momento in cui ero giunta in ospedale, e ancor di più l'attimo in cui sua nonna ci aveva raggiunte.Ricordavo perfettamente il modo brusco in cui si era rivolta nei miei confronti, prima di cacciarmi dall'ospedale e obbligarmi a stare lontana da sua nipote. Non aveva importanza quanta fatica avessimo fatto io e Toni per cercare di far ragionare le due donne, loro non volevano sapere assolutamente nulla della nostra relazione.

La nonna di Toni aveva minacciato di portarla via da Riverdale se solo avessi provato ad avvicinarmi romanticamente a lei, ancora una volta, mentre mia madre aveva minacciato di ucciderla se solo ci fossi tornata insieme, e così la paura aveva finito per impossessarsi dei nostri corpi, inducendoci a respingerci continuamente, nonostante tutto quello che desideravamo fosse stare l'una al fianco dell'altra.

Il gorgoglio della macchinetta mi fece risvegliare dai miei pensieri. Mi affrettai a chiudere il fuoco, passando successivamente le mani sul mio volto, cercando di asciugare le lacrime che erano inconsapevolmente sfuggite.

Toni era la cosa più preziosa che avevo mai incontrato, e se solo le fosse successo qualcosa, soprattutto per causa mia, non me lo sarei mai perdonata. La situazione in cui ci trovavamo stava mandando entrambe allo stremo. Forzarsi a stare distante da chi si ama è deleterio, eppure al momento era tutto quello che potevamo fare.

Rovesciai il caffè in una tazzina, prima di infilarmi una giacca e uscire sul porticato, avendo bisogno di stare completamente da sola, dando sfogo alle ingerenti preoccupazioni. Per quale ragione non potevo avere una vita normale come quella degli altri adolescenti? Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto quel dolore?

«Ehi, che ci fai qui?» Mi girai immediatamente non appena sentii la voce di Veronica provenire dalle mie spalle.
«Questa mattina i pensieri sono soffocanti.» Ammisi, distogliendo immediatamente lo sguardo, non volendo che notasse l'imminente tristezza che si era ancorata alle mie pupille.
«Riguarda Toni, non è così?» Domandò, sedendosi accanto a me, cercando disperatamente i miei occhi.
«Non riesco più a starle così lontana. Non ce la faccio più Ronnie.» Singhiozzai, nascondendo il volto contro le ginocchia, mentre le mie spalle si alzavano e abbassavano freneticamente.

«Vorrei solo che per una volta, per una fottutissima volta le cose potessero andare bene. Non riesco a vivere così, non posso farlo, e non voglio. Non ho la capacità di starle così vicina senza poterla sfiorare, senza poterla amare. Io ho bisogno di lei, ho bisogno delle sue coccole, dei suoi baci, delle sue carezze. Ho bisogno delle sue attenzioni perché sono le uniche fottutissime cose che mi fanno sentire ancora in vita. Senza di Toni non sono nulla se non un morto che cammina. Per quanto continuerà questa situazione? Quando riuscirò ad avere la libertà di amarla senza subire delle minacce?» Ormai ero un fiume in piena, mentre le parole che fuoriuscivano dalle mie labbra erano più veloci del flusso dei pensieri.

«Sai che lo stesso vale anche per Toni, Cher, lei ti ama. È una situazione orribile, e lo riconosco, e la state affrontando con tutto il coraggio e la forza esistenti, ma per quanto pensate di continuare così? Siete maggiorenni ormai, finite questa cazzo di scuola e poi andatevene, senza dire nulla a nessuno. Prendete e trovate una città isolata dal mondo in cui poter stare insieme, in cui poter riniziare la vostra vita. Mancano sei mesi alla fine dell'anno scolastico, contando anche gli esami. Cercate di frequentavarvi segretamente, mostrandovi amiche davanti agli altri, e tenendo i vostri momenti in privato, e poi andatevene, scappate lontano. Vi amate troppo, non potete essere tenute distanti, siete due magneti che si attraggono costantemente, la vostra forza è troppo potente per poter essere bloccata.» Rimasi di stucco davanti alle parole di Veronica, mentre il cuore iniziò a batter ancor più forte, scattando ripetutamente contro la gabbia toracica.

«Se solo mia madre dovesse scoprirlo la ucciderebbe, Ronnie. Non posso correre questo pericolo, non posso rischiare di perderla definitivamente.» Singhiozzai fortemente, iniziando a sentire delle difficoltà respiratorie.
«Ogni tanto bisogna avere il coraggio di rischiare. Dovete semplicemente essere il più attente possibile, ma potete farcela.» Sussurrò, avvolgendo le braccia attorno alle mie spalle, stringendomi in una abbraccio confortante. Iniziai a piangere ancora più forte, dando sfogo al dolore asfissiante che avevo tenuto dentro per così tanto tempo, arrivando a logorarmi interamente.

«Ti lascio qualche altro minuto per riprenderti, le altre sono sveglie. Ti aspetto dentro.» Aggiunse, lasciandomi un casto bacio sulla guancia prima di tornare nell'abitazione.

Presi un lungo respiro, fermandomi per qualche attimo ad osservare la cittadina dinnanzi a me. Era domenica mattina e le strade erano completamente vuote. Un leggero venticello si alzava nell'aria, mentre il cinguettio degli uccelli era l'unico rumore udibile.

Mi alzai con riluttanza dalla scomoda sedia di plastica, avvolgendo coraggiosamente le dita attorno alla maniglia, prima di girarla e tornare dentro casa. Richiusi la porta alle mie spalle, attirando l'attenzione dei presenti, e prima che potessi accorgermene lo sguardo di Toni si ancorò alla mia figura.

Sapevo che si era accorta che avevo pianto, lo compresi dal modo in cui il suo sguardo si riempì di tristezza e tenerezza. Percepii il fiato iniziare a diminuire mentre la vedevo muovere dei passi nella mia direzione, fin quando le sue braccia non si strinsero attorno ai miei fianchi, tirandomi fortemente contro il suo copro.

Senza pensarci due volte avvolsi le braccia attorno alle sue spalle, nascondendo la testa nell'incavo del suo collo, mentre mi beavo di quel contatto che avevo tanto desiderato.

Era inutile nasconderlo, Toni aveva un effetto calmante su di me. Sentii i nervi rilassarsi, mentre mi lasciavo andare nella sua presa, desiderando di rimanerci per sempre.

Nessuna delle due ebbe il coraggio di proferire alcuna parola. Ci limitammo semplicemente a rimanere in silenzio, ancorate in un saldo abbraccio, nel bel mezzo del salone.

«Ce la faremo, okay? Te lo prometto.» Sussurrò, posando il mento sopra la mia cute, inducendomi ad annuire contro il suo petto, cercando di stringermi ancor più forte contro di lei, non avendo le forze per lasciarla andare, non ora che era così vicina.

La mattinata passò molto velocemente, fin quando non arrivò l'ora di pranzo. Ci sedemmo tutte in tavola, in un meticoloso silenzio. E proprio quando mi venne servito il piatto di pasta sentì la terra mancarmi da sotto i piedi.

Lanciai varie occhiatine attorno a me, volendo assicurarmi di non essere osservata. Presi la forchetta, percependo un ingerente tremolio della mano mentre iniziavo a giocherellare con le orecchiette che avevo nella scodella, non avendo il coraggio di mangiare .

Il mio stomaco brontolò, mentre percepivo un forte bruciore attanagliarsi alle pareti dello stomaco, impedendomi di ingerire anche un misero boccone. Cercai di darmi forza osservando il modo in cui le altre si nutrivano con spensieratezza, ma non riuscii a trovare il coraggio. Mi alzai lentamente sotto le occhiate di tutte, senza rispondere alle numerose domande che mi vennero poste, mentre mi avviavo verso il bagno.

Mi appoggiai al lavandino, facendo forza sulle braccia, mentre osservavo la mia immagine, sentendo le lacrime iniziare a venir fuori. Ero così tanto presa da tutta quella situazione che non mi accorsi nemmeno dell'ingresso di Toni nella stanza.

«Mi spieghi cosa sta succedendo?» La sua voce mi conquistò, attirando completamente la mia attenzione. Ormai ero in trappola, non potevo più scappare.
«Non ce la faccio più. Non ce la faccio più, Toni» Sussurrai, sentendo le gambe iniziare ad afflosciarsi, rischiando di cadere contro il suolo se solo un paio di mani non si fossero ancorate ai miei fianchi, tenendomi in equilibrio.

«Da quanto è che non fai un pasto completo?» Domandò. L'espressione che aveva era colma di preoccupazione, mentre i suoi occhioni mi scuravano con un dolore imminente, a cui non sarei mai stata capace di dare una definizione.

Ingoiai il groppo che mi si era formato in gola, mentre cercavo di trovare il coraggio per poter rispondere a quella dannata domanda con estrema sincerità.

«Da un po'.» Mormorai, puntando lo sguardo verso il suolo, fissando la punta dei miei piedi, non avendo il coraggio di guardarla negli occhi.
«Perché?» Sussurrò silenziosamente, cercando di avvicinarmi ancor di più.
«Perché piccola?» Quel soprannome...quel dannato soprannome.

Puntai i miei occhi nei suoi. Mi stava implorando quietamente di spiegarle quel che stava accadendo, mi stava pregando di non lasciarla fuori dalla mia vita. Mi stava implorando di lasciarle nuovamente spazio per inserirsi completamente nel mio cuore.

«Mi odio. Mi guardo e tutto quello che riesco a provare è il disgusto. Guardami! Sono un disastro, non riesco a fare bene nemmeno una minima cosa, mando sempre a puttane tutto. Non lo merito il cibo, non merito niente Toni! Nulla. Sono un fottuto tornado, distruggo tutto quello che incontro, e sarà sempre così. Non ci sarà mai nulla che farà cambiare le cose.» Sbottai, iniziando a tremare tra le sue braccia, sentendo le emozioni diventare troppo intense.

«Sono un disastro. Sono un disastro, Toni. Sono un disastro.» Affermai ancora, iniziando a singhiozzare, mentre la forza scivolava dal mio corpo. Le mie gambe si afflosciarono ancora una volta, prendendo Toni alla sprovvista che quella volta non riuscì a sostenermi, e così finì con le ginocchia piantate al suolo, mentre il panico si estese in ogni meandro del mio corpo.

«Non ho fatto altro che metterti in pericolo. Non riesco ancora a togliere dalla mente quel che ti ha fatto mia madre, non riesco ancora a togliermi dalla testa la sua minaccia e quella di tua nonna. Non riesco a liberarmi dal fottutissimo terrore che ho di perderti. Non riesco a starti così vicina ma non quanto basta per amarti liberamente.» Ormai non avevo più nulla da nascondere.

Sentii il battito del cuore aumentare a dismisura non appena una sua mano si posò dolcemente sul mio volto, indicendomi ad alzare il viso nella sua direzione. Incontrai immediatamente il suo sguardo, perdendomi al suo interno, e desiderando di rimanerci per l'eternità, non riuscendo a sopportare nemmeno un misero istante senza la sua presenza.

«Non é colpa tua, okay? Devi ascoltarmi, devi capirlo. Tu non c'entri nulla Cheryl, tu non hai alcuna colpa. Sei così fottutamente perfetta, e non sai quanto vorrei che potessi accorgertene. Se ne avessi la possibilità ti darei i miei occhi per farti vedere come ti vedo io, per farti capire che persona incredibile sei. Se le nostre famiglie sono rivali non è colpa tua. Quel che abbiamo passato non è accaduto a causa tua. Va bene?» Sussurrò con voce tremante, tenendo il mio viso stretto nella sua presa, accarezzandomi dolcemente le gote. Le sue carezze mischiate con le parole che aveva pronunciato mi indussero a piangere ancora più forte, mentre un dolore imminente si ancorava al mio petto, impedendomi quasi di riuscire a respirare.

«Cher se continui così ti sentirai male.» Affermò dolcemente, cercando di tranquillizzarmi, ma ormai la situazione era precipitata troppo in profondità per poter essere sedata. Persi un battito non appena vidi il suo volto divenire ancor più vicino, prima che le sue labbra si posassero dolcemente sulle mie, indugiando lentamente.

Spalancai gli occhi dalla sorpresa, prima di richiuderli mentre posavo le mani sulla base del suo collo, tirandola vicina mentre lasciavo insinuare la lingua nella sua bocca, dopo ormai un anno. Sentii le farfalle svolazzarle nel mio stomaco, mentre l'adrenalina scorse ferocemente nelle vene; non volevo che quel momento giungesse al termine.

Respirai pesantemente quando si tirò indietro, posando gentilmente la fronte sulla mia, non volendo allontanarsi. Abbassai lo sguardo sulle nostre dita non appena le sue si strinsero fortemente alle mie, scaturendo la medesima reazione anche al mio cuore.

«Non abbandonarmi, ti prego. Non riesco più a starti lontana.» Confessai, stringendo le braccia attorno al suo collo non appena mi sentii tirare verso di lei posizionandomi a cavalcioni sulle sue gambe, beandomi delle innumerevoli attenzioni che mi concesse.

«Non vado da nessuna parte, resto qui. Resto qui...»
«...per sempre»

——-
Spazio autrice
Marzo è il mese di prevenzione dei disturbi alimentari, motivo per cui ho voluto inserire un accenno dell'argomento in questa one shot, senza addentrarmi però troppo in profondità. Per chiunque stia combattendo contro questo mostro più grande di lui/lei sappiate che ce la farete, so che riuscirete a vincere.

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