MIND OF GLASS: OPERATION Y

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 54: Colpe
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 1: Bravo (Parte 1)

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By DarkRafflesia


Presente.
Ocean City, Maryland, Stati Uniti. Ore 2:37

Il porto di Ocean City era un luogo isolato dalle grande metropoli. Si respirava un'aria mite e placida, priva dell'inquinamento luminoso dei grattacieli e delle insegne pubblicitarie invadenti e sfarzose; era una piccola cittadina di pescatori, di coloro che prendevano i propri pescherecci con la speranza di tornare a casa con un'ottima abbondanza di cibo. Vantava della presenza di settemila abitanti; nulla di troppo disturbante. Le vie erano vuote. Ocean City era sempre stata vuota; tralasciando qualche abile spacciatore – ragazzini in balia di un piccolo traffico di roba leggera, che non desse nell'occhio, attirando l'attenzione delle forze dell'ordine – tutto era vuoto e spento. Le luci arancioni delle strade illuminavano quei vicoli stretti, abbandonati. In cielo non poteva intravedersi neanche una nuvola. La temperatura si era abbassata, stonando in quella che poche ore fa poteva definirsi una bellissima serata estiva. Il fruscio delle ruote che collidevano contro l'asfalto umido delle strade lasciava un eco distante, come una scia di suoni che all'orecchio risultavano rilassanti e parecchio stimolanti per il sonno. Qualche panettiere stava lavorando; per alcuni la notte era diventata il loro nuovo giorno; le vite si invertivano, dando poi alle persone ciò di cui avevano bisogno per trascorrere la giornata. A differenza di Washington, o della Grande Mela, non vi erano malviventi in agguato; ubriaconi e serial killer non erano ispirati a buchi sperduti come questo piccolo paesino. Non avrebbero trovato nulla di buono, nessun buon uomo aristocratico da derubare. Forse l'età media di quella cittadina non andava al di sotto dei quaranta/cinquant'anni. E, viste le apparenze delle abitazioni, in legno, capannine che non superavano i tre piani di altezza, lo stipendio mensile non era di certo utile a sfamare qualche ladro in cerca di fortuna. Sebbene la lista di difetti avesse potuto continuare all'infinito, Ocean City era caratterizzata da un porto immune ai controlli legali della polizia, quindi era un luogo perfetto per i criminali di un grosso giro da poter prendere di mira, usufruendo di quell'implicita calma per proseguire i loro affari nella perfetta armonia e nonchalance. Il porto, la notte, veniva dimenticato, lasciato in balia di chiunque avesse voluto fare il furbo. Proprio quel giorno era diventato, per l'ennesima volta, la zona di un mercato nero; la struttura principale era decorata da finestre illuminate, le quali avrebbero potuto attirare l'attenzione degli abitanti, se solo fossero svegli. Il silenzio era la loro arma migliore, e – per quello che commerciavano – non si muoveva nemmeno una mosca. Uomini camminavano attorno all'edificio, armati di fucili d'assalto; perseguivano una ronda distratta, utile a non dare nell'occhio, vestiti da umili pescatori pervasi dalla voglia di poter avere l'oceano tutto per loro, pescando la notte per privare gli avversari del miglior raccolto. Esaminavano la zona in cerca di movimenti sospetti; non ricevendone alcuni, si davano il cambio, confermando la sicurezza della zona per fare in modo che il loro superiore concludesse gli affari e facesse partire quelle navi con il carico che lui aveva richiesto. Quei criminali erano convinti che qualcuno avesse potuto fermarli dalla strada, avendo un lato coperto dalla distesa infinita di acqua, eppure non avrebbero mai potuto sapere, più che altro prevedere, che proprio in mezzo a quelle acque scure come l'abisso, si celavano esseri viventi.

Non pesci.
Non crostacei.
Uomini.
Uomini in tenuta da sub stavano nuotando nei fondali di quella riva poco profonda, un trenta metri, per raggiungere il porto senza farsi notare da quegli stessi criminali intenti a difendere il loro operato. Erano in quattro. Stavano nuotando lentamente in direzione del porto, verso la zona scarico di merce, un labirinto di container collegato alla struttura principale; solamente da esso vi si poteva accedere, dunque nessuno avrebbe ispezionato quella zona con la stessa meticolosità con la quale si stavano muovendo lungo i lati scoperti del porto. Oltre le onde, oltre le alghe, nuotarono, erogatori in bocca e occhialini davanti agli occhi per guardare dove stavano andando; uno di loro, colui che chiudeva la fila, teneva sulla schiena uno zaino dalle grandi dimensioni, tattico, impermeabile per tenere lontano dall'acqua qualunque cosa vi fosse all'interno. Il primo, invece, guidava i suoi compagni fino alla riva dello scarico. Avevano già ispezionato la zona dall'alto, per mezzo di quello stesso drone che stava sorvolando sopra le loro teste, proiettando nei computer di chi lo stava controllando una visuale perfetta del porto e di tutti i suoi abitanti. Nel frattempo un altro schermo mostrava quello che stavano osservando i quattro uomini, muniti di una telecamera idrofobica; fondali non tanto limpidi a causa del petrolio e del carburante delle navi attraccate, ma dalla superficie a mano a mano più luminosa, dalla quale sarebbero dovuti sbucare nell'obbiettivo del drone da un momento all'altro. Una donna dai lunghi capelli neri, legati in uno chignon alto, indossava una divisa del Navy SEAL e si era appostata proprio davanti a quel computer, agli schermi che il team del supporto tecnico aveva sotto controllo.

La Sottotenente Stella Luison aveva le mani dietro la schiena e stava camminando lungo le scrivanie della nave lontana qualche chilometro dal porto, non abbastanza pur di mantenere alto il segnale del drone; aveva seguito con gli occhi scuri il viaggio che la squadra aveva compiuto per arrivare al porto di Ocean City. Erano scesi con una scialuppa dalle piccole dimensioni in mare, e si erano diretti al porto, dopodiché avevano indossato le tenute da sub e si erano immersi per nuotare al luogo della missione che era stata assegnata loro dalla CIA. Un agente sotto copertura era scomparso da più di settantadue ore, perciò era stato attivato il protocollo di salvataggio immediato. Una manovra di competenza del Navy SEAL, specialmente se essa comprendeva un approccio via mare. La donna dalla folta esperienza, per i suoi trentanove anni portati divinamente, priva di rughe in viso, aveva una linea di stretti contatti con la CIA, quindi quando qualcosa riguardava l'agenzia di Langley, era come se riguardasse anche la sua squadra di forze speciali; erano nati per le operazioni di massima segretezza, spionaggio, contro spionaggio e antiterrorismo. Gli altri team venivano mandati sul campo per operazioni meno delicate come quella. In gioco vi erano degli ostaggi: non si scherzava con il fuoco.
Stella curvò la schiena in avanti per puntellare le mani sulla scrivania principale, non appena saltò alla sua vista la figura del leader del Team mandato in azione. Seguito dagli altri tre compagni, corse verso un container per cambiarsi ed indossare l'attrezzatura che avrebbe aiutato l'assalto via terra.
Sono dentro. Pensò seriosa, preparando il microfono per le comunicazioni via radio. Adesso doveva solo aspettare che il leader avviasse il canale; essendo in acqua, gli uomini erano stati privati di un qualsiasi tipo di messaggistica. Qualora fosse accaduto qualcosa di nefasto, Stella lo avrebbe scoperto solamente una volta attivate le comunicazioni, cioè quando uno di loro fosse riemerso e fosse stato abbastanza asciutto per mantenere funzionante la radio. Si fidava ciecamente dei suoi uomini, soprattutto di chi li guidava. Non era un soldatino qualunque, un fanfarone dalla voglia matta di fare il culo a qualche criminale.
Assolutamente no.

Chi si trovava dentro quel container erano quattro uomini che sapevano il fatto loro, che avevano passato tante di quelle guerre, e vinto battaglie, da guadagnarsi il titolo di miglior team di tutto il Navy SEAL.
Il Team Bravo aveva fatto la sua comparsa, e quando entrava in azione, nessuno lo avrebbe fermato.
Il leader del gruppo si tolse l'erogatore e gli occhialini, dopodiché passò al passamontagna della tenuta da sub, scoprendo la nuca. Si passò una mano sul viso, facendo spiccare una mascella squadrata, degli zigomi pronunciati, occhi marroni sottili e severi, e dei capelli cortissimi, ma di un colore biondo acceso, reso un po' più scuro dall'acqua. Calò la cintura della tuta per liberarsi da quell'involucro impermeabile; risaltò una divisa mimetica, caratterizzate da toppe, patch che dichiaravano l'appartenenza agli Stati Uniti d'America, al Navy SEAL, ma soprattutto al Team Bravo. Bravo Uno era proprio lui. Il capo della squadra.
Il Capitano Dave Morrison.
Il primo Capitano del Navy SEAL a rinunciare ai lavori dietro una scrivania, alla guida da remoto dei suoi uomini, per essere insieme a loro, a combattere per tenere alto l'onore del team migliore in circolazione. D'altronde era anche il più giovane capitano che vi fosse; avrebbe dovuto essere accanto a Stella, guidarla e ordinarle cosa fare, invece avevano collaborato insieme per lo sviluppo di quella manovra e aveva lasciato a lei l'incarico di salvaguardarli dalla distanza. Trentasei anni di muscoli, camminò lungo i suoi compagni per raggiungere l'enorme zaino che Bravo Quattro, il soldato di prima classe delle Forze Speciali Kyle Quinn, aveva sopportato sulla schiena per tutta la nuotata; l'energumeno aveva quattro anni in meno di Dave, ma delle braccia talmente possenti da rischiare di strappare la tenuta da sub; la nuca rasata faceva da contrasto alla barba folta che dovette asciugare con un asciugamano. Chi aveva aperto lo zaino, invece, era Bravo Cinque: il soldato di prima classe delle Forze Speciali Gavin Brown, nonché il supporto informatico del team. Aveva preso il tattico del suo leader e glielo aveva consegnato, seguito dal suo fucile. Dave allacciò le cinghie, attaccando l'arma di fronte al suo petto. Poi proseguì con il casco del Navy SEAL. L'attrezzatura passò a Bravo Due: il Sottoufficiale capo Gregory Reed, il secondo in comando del team. Coprì gli occhi verdi con gli occhialini balistici della divisa ed indossò i guanti; si appostò accanto al suo superiore e gli porse la radio che Gavin gli aveva dato. Dave l'accettò e la infilò nel tattico, portandosi l'auricolare sopra l'orecchio.
Quando tutti finirono di vestirsi, gettarono l'attrezzatura da sub dentro lo zaino e lo lasciarono in un angolo del container. Dopodiché il cotanto bramato segnale radio venne finalmente attivato.

«Bravo Uno a Comando. Siamo dentro.» informò Dave, appostandosi accanto all'entrata per sbirciare fuori con discrezione.

«Qui Comando, ti riceviamo forte e chiaro. – annuì Stella, la trasmittente a pochi centimetri dalle labbra. – L'attrezzatura ha subito danni?»

«Negativo. Siamo pronti per l'incursione.»

«Stando alle riprese del drone, la zona scarico è libera. Non rileviamo movimenti sospetti. Proseguite verso l'edificio: troverete due uomini alla guardia del posto. Sono di spalle: nessun rumore.» ordinò la donna, notando attraverso il filtro notturno due sagome luminose, in bianco, essendo tutto in scala di grigi, rimanere immobili davanti ai cancelli dell'entrata.

«Roger. Chiudo.» concluse Dave, togliendo il dito dal pulsante della radio. Si voltò verso i suoi uomini, in attesa di agire. «Usciamo e ci muoviamo a cerchio. Io e Bravo Quattro andremo a destra. Bravo Due e Bravo Cinque a sinistra. Facciamo fuori i due di guardia e ci inoltriamo sul retro. Approfitteremo del traffico del carico della nave per prenderli di spalle. Ricordatevi: l'obiettivo principale è trovare l'agente Taylor e portarla in salvo. Prendere a calci in culo i trafficanti, per il momento, non è un'opzione.»

I soldati annuirono all'unisono, fucili in mano e visori notturni davanti agli occhi. Bravo Uno avvitò il silenziatore sulla canna della sua arma e poggiò la mano sull'apertura del container; con una spinta impercettibile aprì il portellone, emettendo quanti più sommessi cigolii. Si sporse con la nuca, analizzando il percorso che avrebbero dovuto intraprendere da divisi. Nessun rumore sospetto. Niente passi e niente torce nemiche. Con un singolo cenno della mano, indicò ai suoi uomini di uscire. Libero.

«Ultimo uomo.» avvisò poi, chiudendo la porta alle sue spalle, nella quale era rimasta l'attrezzatura da sub; seguì Bravo Quattro, dandogli una pacca sulla spalla per dirgli implicitamente di essere dietro di lui.

Si scambiarono di posto. Al buio, con l'aiuto dei visori, si divisero nei due piccoli sottogruppi e, sincronizzati, passarono da un container all'altro per nascondersi, trovando il momento adatto per attraversare le vie scoperte. Dovevano fare affidamento al silenzio; doveva essere il loro migliore amico. Certo. Il rumore del motore della nave attraccata al ponte principale era elevato abbastanza da poterli coprire, ma erano ancora troppo distanti per approfittarsene; tutto dipendeva dalla Luna, dall'udito e dalla loro destrezza.

 L'agente Lia Taylor era stata scelta come spia sotto copertura per pedinare il capo di quel mercato nero e scoprirne i suoi scopi; erano state registrate delle impennate anormali nei conti in banca di un certo Raymond Emerson, quantità di soldi, le quali superavano di gran lunga le cinque cifre, totalmente opposta a ciò di cui si occupava realmente: era un semplice corriere, un uomo che avrebbe potuto giustificare la sua prolungata assenza a lavoro, o in famiglia, con la scusa di aver avuto un guasto, di essere rimasto bloccato alla dogana o di avere una grande quantità di merce da spedire in tutto il continente. In verità, ovviamente, non era mai stato così lontano come avrebbe voluto far credere se Washington distava relativamente poco, ma non di certo tantissimo, da Ocean City. Bisognava essere furbi per poter passare inosservati, e questo, a quegli uomini non mancava. Dunque Lia era stata scelta dalla Direzione del Supporto della CIA come agente sul campo; era abile nel camuffamento, e nella discrezione, in termini di segretezza. Aveva dei capelli rossi fiammeggianti, naturali, unici nel suo genere per essere un'americana. Discendeva, infatti, da una famiglia irlandese, dal padre specialmente; per la sua innata bellezza, avrebbe potuto far crollare Raymond ai suoi piedi e capire cosa facesse in realtà durante il tempo libero. Tuttavia, quando la preda era parsa vittima della sua circospezione, era stata lei a cedere alla sua trappola, sparendo per quelle settantadue ore. Zero prove sulle vere intenzioni dei trafficanti. Zero prove su dove potesse essere Lia. La sua chioma rossa non sarebbe potuta essere nascosta; se quegli uomini la tenevano prigioniera in quell'edificio a due piani, il Team Bravo l'avrebbe riconosciuta seduta stante.

Come avevano fatto a capire che fosse Ocean City il luogo dello stabilimento? Bisognava essere accorti, attenti alle chiamate che venivano effettuate durante la giornata. Soprattutto alle parole da utilizzare quando in gioco vi era una donna – così definita dallo stesso Raymond – dalle forme perfette, europea, un ottimo partito che aveva osato incastrarlo. Parole che alle orecchie di un passante potevano essere fraintese in un due di picche niente male; per le intercettazioni della CIA erano un biglietto di sola andata per l'operazione di salvataggio. Il telefono era stato rintracciato e, al calar della notte, il segnale si era fermato in quel piccolo porto; quale momento migliore per permettere al Team Bravo di scendere sul campo? Non avevano una visuale dell'interno dell'edificio, eppure secondo le cartine del cantiere che lo aveva costruito una trentina di anni fa, salvo ristrutturazioni e cambiamenti di design, l'ufficio del direttore avrebbe dovuto trovarsi al piano superiore; nell'inferiore, al contrario, vi era l'officina per i pezzi di ricambio e la revisione delle altre navi – pescherecci dalle medie dimensioni: nulla di troppo grande. Studiando nei minimi particolari la planimetria, l'unico problema rimanevano gli uomini sparsi per i corridoi; intervenire senza far scattare l'allarmismo del nemico, di numero strettamente superiore al loro, era il punto fisso della missione. Non avevano tempo da perdere; all'alba tutto quel mercato sarebbe sparito, e con esso anche l'agente Taylor, dunque avevano circa trenta minuti prima che quel teatrino calasse il sipario per trovare un altro porto dove continuare quello spettacolo.

Una volta giunti ai lati del cancello d'uscita dello scarico merci, Bravo Uno alzò un pugno per dire ai suoi uomini di arrestarsi; la sua visuale verdognola intravide i due controllori che erano stati identificati da Stella. Erano di spalle, con le torce illuminate verso la strada di fronte; dall'altro lato, proprio davanti a loro, altri commercianti stavano caricando qualcosa in delle casse su un piccolo furgoncino delle merci. Ci stavano impiegando troppo tempo per aspettare che andassero. Gesticolò con la mano sinistra, riferendosi a Bravo Due; dovevano agire contemporaneamente se volevano continuare a muoversi furtivamente. Mirarono entrambi alla testa dei loro rispettivi bersagli; spararono un colpo dietro la nuca, il quale li fece cadere come mosche. Bravo Quattro e Bravo Cinque impedirono che collidessero contro il suolo, prendendoli al volo; li trascinarono dove erano, facendoli sedere contro il muro. Tutto liscio. Oltrepassarono i cancelli e si nascosero dietro un furgone.

Gavin prese lo schermo che lo collegava direttamente al drone di Stella al quartier generale sulla nave in lontananza; non potevano parlare in territorio nemico, per il momento. Si sporse con la nuca per guardare con la coda dell'occhio; i due a bordo del furgone si allontanarono verso il ponte: rimasero tre uomini in direzione dell'entrata sul retro. Meraviglioso. Pensò il soldato. Il drone aveva avvistato altri due nemici girare dall'altro lato; se non si fossero dati una mossa, si sarebbero ritrovati contro cinque trafficanti armati. Posò lo schermo sul tattico e guardò Bravo Uno; fece il numero tre con le dita, poi roteò l'indice ed indicò il numero due. Dave annuì. Si avviarono al lato sinistro dell'edificio, attraversando la strada, ora che era libera. Corsero chinati, appostati sulla parete. Davanti ai tre uomini, Bravo Due, Bravo Quattro e Bravo Cinque spararono; Bravo Uno svoltò l'angolo, togliendosi il visore notturno, e si occupò svelto degli altri due. Vi erano dei faretti, la sua vista sarebbe stata letteralmente accecata. Tre colpi il primo, essendo troppo lontano per un'eliminazione diretta; quando questi cadde tramortito, chi gli era accanto mirò verso Dave. Troppo lento. Gli arrivarono subito due pallottole al petto. Non scoppiarono spari improvvisi, ringraziando al cielo. La situazione era ancora sotto il loro controllo.

«Bravo Uno a Comando. Siamo arrivati sul retro.» disse, puntellandosi al luogo interessato.

«Vi vedo Bravo Uno. Da questo momento in poi, però, sarete soli. – annunciò Luison alla radio. Stava facendo guizzare gli occhi sul porto. – Avete la nostra copertura dall'esterno. Fate attenzione.»

Dave mirò ai fari illuminati «Capiranno di essersi messi contro la CIA: non vedo l'ora di godermi le loro facce quado vedranno noi Navy.» sparò, facendo ritornare l'oscurità. «Useremo il buio a nostro favore per muoverci.»

«Se causassimo un blackout, ci sarà sicuramente un generatore di emergenza. Di solito accade in queste costruzioni avere continui abbassamenti di corrente per sovraccarico.» intervenne Gregory.

Dave inclinò il capo, facendo schioccare la lingua. «Usiamo il blackout per entrare. Saranno troppo focalizzati sulla corrente per vedere la porta aprirsi; se è un fatto ordinario, non si porranno interrogativi. Ma con Gavin possiamo prolungarlo per qualche minuto. Abbastanza per oltrepassare il campo aperto e proseguire per i corridoi.»

«Bravo Uno, non fare cazzate.» lo avvertì Stella.

Dave sospirò severamente. «L'agente Taylor è in buone mani, non preoccuparti.»

A collegamento chiuso, Stella roteò gli occhi al cielo, espirando rumorosamente. Non cambierà mai. Parve che i soldati del team di supporto le lessero la mente, poiché un sorriso leggero scappò dalle loro labbra per quella frase utile a smorzare la tensione. Non stavano manifestando dissenso; conoscevano Bravo Uno. Si fidavano ciecamente di lui, altrimenti non sarebbe mai diventato capitano. Aveva solo dei metodi un po'...particolari, in quanto l'espediente del blackout esteso non era parte del programma che si erano imposti durante il briefing; qualunque cosa esso avrebbe comportato, i trafficanti non avrebbero dovuto accorgersi di loro, bensì credere che il guasto fosse stato un po' più pesante rispetto alle volte precedenti.

«Quindi si va dritti al dunque?» chiese Kyle, trepidante.

«Non scaldarti troppo, bestione. Il tuo momento arriverà.» lo troncò Dave, la mano sulla maniglia della porta.

Il mitragliatore pesante stava tremando dal prurito delle mani di Bravo Quattro, i suoi compari lo stavano vedendo perfettamente. «Non fa per me tutto questo silenzio; ho bisogno di prendere a calci in culo qualcuno.»

«Eccolo che riparte.» Gregory abbassò le spalle annoiato.

«Ehi, non ti ci mettere pure tu. Non so neanche perché mi avete chiamato se sapete che la furtività non è il mio ruolo qui.»

«Tutti abbiamo un ruolo, Bravo Quattro. – Gavin controllò il numero di proiettili dentro il caricatore, senza degnarlo di uno sguardo. – Tranne te: ci servivi per fare numero. Bravo Sei è il medico e ci aspetta in nave. Mi dispiace per te.»

«Non fare il gradasso con me, fifone che non sei altro.» ringhiò Kyle, dandogli una spallata. «Ti ricordo che sei la cintura del gruppo.»

«Non per molto. Sono i vostri occhi in questo momento.»

«Alright, guys. Vi pare il momento adatto per fare la gara a chi ce l'ha più lungo? – bisbigliò ad alta voce Dave con fare sbalordito. – Focus on the mission se non volete che vi ammazzi di ripetizioni, una volta tornati alla base. E voi non volete fare cento flessioni e correre non-stop lungo il campo, vero? L'ultima volta eravate entusiasti, dico bene Bravo Quattro?»

Kyle grugnì infastidito, non proferendo verbo. Musica per le orecchie di Dave, il quale ghignò soddisfatto. Sapeva prendere quell'energumeno senza accortezza; non era così stupido, Kyle. Era solo desideroso di fare casino, intervenire quando ormai la situazione era fottuta e passare al fuoco diretto era l'unica scelta a disposizione; non era incompetente nella circospezione, ma neanche un esperto. E Dave lo stuzzicava di proposito quando entrava in escandescenze e non era in grado stare fermo. Tuttavia fare il capitano non era una passeggiata; doveva giostrarsi bene con gli uomini con cui aveva a che fare; il suo Team Bravo era in vita da anni – dieci? Otto? Non ricordava quanto, ma erano comunque tanti – e conosceva tutto dei suoi compagni. Kyle e Gavin erano stati coloro che aveva scelto dal Green Team, quando dovette formare la sua squadra d'élite; Quinn era il migliore soldato in prima linea delle reclute, poteva coprirti il culo sempre, ovunque. Dovevi solo non entrare nel raggio d'azione dei suoi proiettili: semplice, no? Gavin era il suo esatto opposto; donava supporto quando la situazione lo richiedeva; poteva bloccare le videocamere, causare un blackout, usare un piccolo drone da ricognizione, e usufruire del loro cane di fiducia, non presente in quella missione, tuttavia. Gregory, invece, era anziano quanto lui; si toglievano tre anni, ma si erano iscritti insieme al Navy SEAL. Prima del Team Bravo erano gli unici soldati più esperti delle forze speciali.

«Bravo Cinque, dove si trova il quadro elettrico?»

Gavin si guardò intorno. «Se non erro, in quel capanno in metallo. Sì, nella planimetria è lì. – indicò con il dito una piccola costruzione dalla porta blindata, oltre i due cadaveri. – C'è il generatore che illumina l'intera struttura.»

«Raggiungilo e al mio segnale spegni tutto. Puoi essere in grado di ritardare l'accensione delle luci di emergenza?»

«Potrebbe attirare l'attenzione, ma si può fare.»

«Nessun problema. Hai il drone a coprirti. Una volta spento tutto, rimani lì: ci aiuterai con l'esfilatrazione.»

Bravo Cinque annuì, dopodiché si distaccò dalla squadra per dirigersi al capanno. Una volta arrivato alla porta, notò un bellissimo lucchetto con catenaccio sigillare la porta già in metallo. Sbuffò, prendendo delle tronchesine dallo zainetto sulle spalle. Questo sì che si farà notare. Ribadì la sua testa, mentre la catena veniva fatta a pezzi. Entrò e chiuse subito la porta, facendo sparire il lucchetto e la catena per non destare ulteriori sospetti. Anzi, in maniera molto accorta, bloccò dall'interno la serratura: se non erano stati attenti ai particolari, avrebbero potuto intuire che fosse semplicemente chiusa a chiave, altrimenti...Bhe, si passava alle maniere forti. Che ottimo modo per iniziare la sua carriera da soldato del Team Bravo; già da solo e, sperò, non nei casini. Aprì il portello della corrente; il quadro principale era chiuso in una teca con tanto di avviso di pericolosità. Prese gli strumenti di scassinamento e l'aprì. Se doveva fare in modo di rendere il tutto accidentale, doveva causare un vero sovraccarico e disattivare il sistema di emergenza, affinché nell'edificio si accendessero le spie di avvertimento. Semplice, ma non facile. Prese il regolatore di voltaggio dai suoi attrezzi di fiducia ed attaccò i fili al sistema del generatore, dopodiché staccò i fili del quadro di riserva da quello principale.

«Bravo Cinque in posizione.» avvisò alla radio, il numero di voltaggio riflesso nel vetro dei suoi occhialini.

Dave afferrò saldamente il fucile, volgendosi ai suoi uomini. «Quando la luce salterà, entriamo e corriamo in fretta dietro una nave; ogni porta avrà un avviso rosso di emergenza per indicare le uscite: non sarà difficile scorgerla. Di solito ci vogliono tre secondi per ripristinare la corrente; non ci impiegheremo tanto quanto, ma non dobbiamo superare i dieci. Quindi tenete il passo. Nell'officina non deve morire nessuno: la facciata che dà al porto è scoperta, se ne accorgerebbero tutti. Raggiungere Raymond è un altro paio di maniche: ce ne occuperemo dopo aver trovato l'agente Taylor.»

Gregory e Kyle afferrarono il concetto.

«Procedi, Bravo Cinque.» disse alla radio.

«E l'oscurità incomberà su di voi tra tre...due...uno...» contò Gavin, mentre aumentava gradualmente il voltaggio.

Bastava un valore non troppo elevato; non dovevano mica spuntare le scintille. Una cifra in più, e già tutto sarebbe collassato.
Le luci si spensero. I tre uomini si introdussero celermente dentro la struttura. Come previsto, le lamentele degli operai colmarono il rumore della porta e quello dei loro passi; era facile usufruire di un evento naturale per non emettere suoni sospetti. Davanti a loro si palesarono tante di quelle casse che poterono persino stare in piedi senza farsi vedere; trovarono la via verso i corridoi. Dave fece cenno di accelerare; in meno di dieci secondi giunsero a destinazione. Senza alcun avviso, la luce ritornò ad illuminare il plesso. Si ritrovarono davanti a delle scale che conducevano verso l'alto, mentre alla loro sinistra il corridoio si allungava di circa venti metri per poi svoltare a destra, lungo altri uffici e stanze. Proprio da lì, un uomo si trovava in mezzo alla strada; aggiustando gli occhi alla luce riapparsa, sbiancò nel vedere i tre in divisa proprio di fronte a lui. Fatica sprecata, provare ad afferrare la pistola e fare dietro front per chiamare aiuto; Dave aveva già sparato due colpi diretti, prendendolo in pieno. Una mira infallibile anche a più di dieci metri.

«Muoversi.»

Camminarono veloci, appostandosi al muro all'angolo. Kyle controllò le loro spalle, assicurandosi che nessuno scendesse dalle scale o entrasse per incontrarsi con il tramortito a terra, mentre Gregory si sporse con il viso per scoccare un'occhiata di sbieco al corridoio. Le sue iridi verdi videro un uomo di spalle fare qualche passo verso il fondo, dove vi era una zona in penombra, non illuminata dai neon sul soffitto. Guardò Dave, il quale si era già avviato verso il bersaglio. Posò il fucile e prese la pistola. Braccio attorno al collo e canna puntata sulla testa del nemico quasi immediatamente.

«Don't fucking move. – bisbigliò alle spalle di questi, più basso di lui. Col fiato mozzo, il trafficante abbandonò le mani sul fucile per alzarle alla stessa altezza della nuca. Non riusciva a vedere chi vi fosse dietro, ma intuì da quegli sprazzi di mimetica di essere nella merda. – La donna con i capelli rossi, dov'è?»

«C-Cosa?» balbettò l'uomo.

Nel frattempo, Gregory lo superò per disarmarlo dal fucile, privandolo del caricatore.

«Dov'è la donna dai capelli rossi, la nuova arrivata del caro Emerson? Rispondi.» Dave gli poggiò la canna dell'arma sulla tempia.

«Nello scantinato. Là sotto» mosse la mano nella zona in penombra.

«Ci vuole una chiave?»

«No. È aperto.»

«C'è qualcuno dei tuoi insieme a lei?»

«Solo io.»

Dave lo spinse in avanti, senza abbassare la mira. «Vai avanti. Subito. Pensaci tu.»

L'uomo fece come richiesto; con cautela si inginocchiò per sollevare il portello dello scantinato, mostrando l'evidente. Dave e Gregory accesero le torce del tattico e si avvicinarono. Scesero le scale arrugginite, preceduti dal loro ostaggio per assicurarsi che non stesse mentendo.

«Accendi la luce.»

Il pulsante venne premuto.
Fu lì che i due colleghi impallidirono dall'orrore.
Lia Taylor era proprio lì, come il trafficante aveva detto. Nuda, se ne stava puntellata al muro, raggomitolata su sé stessa, sporca di terra e da qualche abrasione.
Eppure non fu questo che fece rabbrividire i soldati, bensì da chi era circondata la donna.
Poterono contarne una ventina, di ragazze. Di tutte le età – dai quindici anni ai quaranta – si ritrovavano nelle sue stesse condizioni. Urlarono dalla paura quando vennero accecate dal bagliore della lampadina, coprendosi fulminee le nudità per il pudore che avevano perduto.

«Cristo...» sospirò Gregory allibito.

Quella sì che fu una sorpresa per Dave. Si abbassò gli occhialini con una lentezza aberrante, facendo spiccare i suoi occhi costernati. Senza battere ciglio posò il dito sulla radio ed attivò le comunicazioni.

«Qui Bravo Uno. Abbiamo trovato l'agente Taylor.»

«Perfetto Bravo Uno, uscite subito da lì.» disse Stella.

«Non possiamo.»

«Cosa? Che stai dicendo?»

Dave si incontrò con Gregory, incredulo quanto la donna dall'altro lato del dispositivo. Ritornò su Lia, in lacrime di gioia nell'aver riconosciuto chi era davanti alla sua vista offuscata. Strinse le labbra in una linea sottile, ghermendo la pistola sull'altra mano con veemenza.

«Emerson commercia donne. – rivelò, collegando tutti i tasselli delle notizie che aveva visto in televisione e che gli erano arrivate tramite i collegamenti che la CIA aveva con la polizia di stato. Ultimamente non aveva fatto altro che udire di centralini della polizia invasi da chiamate, le quali testimoniavano la scomparsa di un'amica, di una coinquilina, di una collega, della figlia, o della moglie. – Le ragazze scomparse negli ultimi due mesi sono tutte qui. E forse ce ne sono anche di straniere. – Riconobbe una ragazza dagli occhi a mandorla ed una marocca, stupenda quanto le altre. – Se stanno caricando la nave, vuol dire che altre prigioniere sono a bordo, pronte per essere mandate da chissà quale pezzo di merda.»

Stella, sbatté le mani contro la scrivania, avvicinando il microfono alle labbra. «Bravo Uno, cosa ti avevo detto? Niente cazzate. La missione è recuperare l'agente Taylor: ci occuperemo del caso una volta tornati alla base.»

«E fare finta che quelle ragazze non esistano? Non se ne parla. – si rifiutò Dave, smuovendosi sul posto irritato. – Non posso starmene con le mani in mano, mentre queste povere vittime vengono maltrattate, o addirittura stuprate, usate come merce.»

«Non siamo noi incaricati a fermare la nave e a portare via le altre donne. Non siamo pronti per pensare a questo. Ci penserà un'altra squadra: siete solo in quattro.»

«Non è un problema la quantità.»

«Bravo Uno, ti ricordo che c'è in gioco la vita dell'agente Taylor. La CIA-»

«Anche io sono la CIA.» specificò il soldato, fregandosene di farsi sentire dal trafficante. «Solo perché non portano il mio stesso distintivo, non posso andarmene con la consapevolezza di lasciarle nelle loro sudice mani. Nessuno partirà da questo porto, nemmeno noi. Non fino a quando tutti i civili non saranno portati in salvo.» concluse impaziente.

«Il Capitano ha ragione. – Gregory si mise davanti a Dave, invitandolo a guardarlo in faccia. Una volta incrociatesi con il suo sguardo, annuì determinato, seguendo di pari passo la sua scelta. – Non avremmo mai potuto immaginare che Raymond commerciasse donne, ma così prendiamo due piccioni con una fava: non possiamo farci scappare questa opportunità.»

«Bravo Due, sarà impossibile scortare tutte quelle donne fuori senza avviare il fuoco.» ragionò Stella, sul punto di avere una crisi di nervi.

«Lasciamo le donne qui. Dopo le verremo a riprendere. – aggiunse Dave. – Saranno troppo impegnati a difendere Emerson e il carico, perciò-»

Suonò l'allarme.

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