Sanem
Quando il sole tramonta oltre la costa dall'altra parte del Corno d'Oro ritorno pian piano alla realtà. Sono stata ore seduta su una poltrona imbottita in giardino ad osservare la luce cambiare sui tetti e sulle facciate del quartiere di Balat che è posizionato più in basso rispetto a quella che dovrebbe essere da oggi la mia nuova casa.
Mi guardo intorno rendendomi conto che ormai è il crepuscolo ed ecco le luci automatizzate del giardino che si accendono come per magia ad illuminare alberi e arbusti. Mi alzo dalla poltrona su cui ho trascorso il pomeriggio intero a pensare e ripensare a quello che è successo in questi giorni. Averlo sempre intorno a me mi aveva impedito di focalizzarmi su ciò che provo veramente e quali sono le alternative che mi si pongono davanti, non credo di averne molte, ma voglio essere ottimista, saprò trovare la mia strada.
Rientro in casa, faccio una doccia veloce ed indosso un abito comodo di cotone variopinto, lego i capelli in una coda alta e torno ad affacciarmi sotto il portico per ammirare la costa punteggiata da mille luci nella notte. Credo fermamente che la vista da questo giardino riesca ad essere incredibile ad ogni ora del giorno e della notte e con ogni condizione di tempo. Una folata di vento gelido mi fa rabbrividire, è aprile, le notti sono ancora fredde special modo in un posto così esposto ai venti che arrivano dal Bosforo.
Torno in camera per prendere un cardigan e mi rendo conto dell'ora: le 21.30. A quanto pare Can ha di meglio da fare che tornare a cena a casa dalla sua neo- sposa, prendo la borsa e senza accendere la luce mi muovo per la casa che grazie alle ampie finestre è ben illuminata dai lampioni del giardino. Accendo la luce sono quando arrivo all'ingresso, sul mobiletto vicino alla porta c'è un mazzo di chiavi, le prendo e provo ad aprire il portone di casa, immagino che l'altra sia quella del cancello. Le metto in borsa ed esco prima in giardino e poi in strada. Ad occhio e croce il centro di Balat non deve essere lontanissimo, mi fa piacere fare una camminata dopo essere stata tante ore immobile.
Comincio a scendere per le vie di un quartiere elegante che pian piano lascia spazio a case più semplici dallo stile inconfondibile per questo quartiere. Anche alla luce dei lampioni posso apprezzare i colori brillanti delle tipiche costruzione di legno addossate l'una all'altra in un'alternanza di colori e grandezze che le rendono allegre, quasi eccentriche nella loro unicità. Arrivo in un vicolo pieno di vita dove un piccolo locale ha allestito dei tavolini sulla via, l'odore che arriva dalle cucine è invitante e decido di fermarmi a mangiare qualcosa. Una volta ordinato prendo il telefono per fare la telefonata che sono giorni che vorrei fare e la risposta è quella che mi aspettavo:"Arrivo subito".
Non faccio in tempo a finire neanche i ricchi antipasti proposti dalla casa che eccolo qui, il mio amico di sempre, colui che probabilmente mi conosce meglio in questa vita. Osman si siede davanti a me osservandomi con attenzione mentre distrattamente ordina qualcosa da mangiare anche per sé. "Ok Sanem, spiegami cosa ci fai a cena da sola, a quattro giorni dal tuo matrimonio, per i vicoli di un quartiere sull'altra sponda del Bosforo ". Mi sento sull'orlo delle lacrime e non mi sembra il momento e il luogo per lasciarmi andare. "Facciamo invece che ti racconto quanto è meravigliosa Venezia? Che ne dici?" Osman mi fissa intensamente per qualche istante poi annuisce "Tamam, sono tutto orecchi, racconta". Così la cena trascorre serena, con lui posso finalmente lasciarmi andare all'entusiasmo per una città che mi ha incantato ad ogni passo e ad ogni scorcio. Mi sembra passata un'eternità dall'ultima volta in cui ho potuto parlare liberamente, mi sembra quasi di essere tornata la vecchia Sanem, quella spensierata e sognatrice che voleva scrivere il suo romanzo e andare a vivere alla Galapagos per osservare il volo degli albatros.
Una volta terminata la cena passeggiamo per i vicoli del quartiere pieni di vita, donne sedute sui gradini di casa a chiacchierare mangiando semi di girasole, uomini ai bar a giocare a backgammon fumando il narghilé e bambini urlanti che si rincorrono per le strade. Scendiamo fino alla costa dove c'è un lungomare molto simile a quello vicino al nostro quartiere, ci sediamo su una panchina e Osman ripete la domanda che chiaramente lo tormenta da quando mi ha raggiunta. "Sanem, che ci fai qui da sola? Dov'è Can?" Ed ecco di nuovo quelle stupide lacrime venirsi ad affacciare inopportune quando vorrei spiegare tutto con calma e razionalità, ma di razionale c'è poco in quello che ho vissuto in queste ultime settimane quindi mi lascio andare ad un pianto troppo a lungo represso che solo il suo abbraccio riesce a placare. Mi ricompongo a fatica e cerco di spiegare ciò che è successo dall'albatros alla notte al capanno, dalle macchinazioni di Emre al matrimonio. Mi fermo solo quando arrivo alla notte di matrimonio, ho troppa vergogna a raccontare com'è andata veramente quindi gli racconto solo ciò che è accaduto la mattina dopo.
"Puoi essere soddisfatta, hai raggiunto il tuo scopo, sei diventata la signora Divit ed ti sei assicurata di vivere di rendita per il resto della vita. Probabilmente è stata tutta una macchinazione sin dall'inizio, hai voluto di proposito trascorrere la notte con me al capanno in modo poi da costringermi a sposarti per averti compromessa".
Quelle parole ancora bruciano terribilmente, non mi conosce e non ha neanche tentato di farlo veramente, non lo ha ritenuto necessario come non ha voluto sentire le mie ragioni riguardo a ciò che ho fatto per conto di suo fratello.
Osman mi ascolta in silenzio tenendomi la mano stretta nelle sue finchè non è chiaro che ho detto tutto ciò che c'era da dire, mi sento come svuotata, sfinita per la miriadi di emozioni che mi provoca ripercorrere gli eventi che mi hanno portato fino ad oggi. A quel punto mi mette un braccio sulle spalle e mi attira a sè. "Cosa intendi fare ora?". Sospiro. "Per ora tutto dovrà sembrare normale, i miei genitori e Aziz non devono sospettare nulla. Solo una volta che le macchinazioni di Emre saranno svelate dovremo aspettare che suo padre si riprenda per poi cominciare a parlare con loro dei problemi e delle incomprensioni tra noi in modo che non si stupiscano quando poi divorzieremo".
Si allontana da me quel tanto che serve per scrutarmi in viso. "Sei sicura Sanem? Non pensi di poter provare a dargli una chance? In fin dei conti tu stessa hai detto che quell'audio, estrapolato ad arte dal contesto, sembrava condannarti senza alcun dubbio".
"Si è vero, ma vedi Osman tante cose sono successe ed io... non credo di riuscire a superarle. Devo solo tenere duro, aspettare il tempo che sarà necessario per non sconvolgere i nostri genitori, poi ognuno prenderà la propria strada".
"Non lo so Sanem, non mi sento tranquillo a saperti in una situazione del genere. Sei sola, così lontana da noi e dalla tua famiglia. Sei sicura di non voler venire a casa con me e Ayhan?".
Scuoto il capo risoluta. "No Osman, sarebbe uno scandalo peggiore che se non mi fossi sposata dopo che Melahat mi ha visto rientrare a casa il mattino presto in compagnia di Can. Ho dato la mia parola e non mi tirerò indietro. Va bene così, non ti devi preoccupare. Come vedi mio marito ha già deciso di tenersi alla larga da me e quella casa è bellissima, starò benissimo lì da sola tutto il giorno, stai tranquillo".
Rimaniamo ancora un po' a parlare di Venezia e degli ultimi pettegolezzi del quartiere poi, quando ormai è l'una di notte, si offre di accompagnarmi a casa. Casa, che strano pensare che ora casa mia sia quassù, su questa bellissima collina immersa nel verde, lontano dai miei cari e vicina ad un uomo che non vuole avere niente a che fare con me.
Entro nel cancello e decido di fare il giro della casa attraverso il giardino per raggiungere il lato che si affaccia sul mare ad ammirare ancora una volta la vista spettacolare che si gode da quel punto, mi sembra di non averne mai abbastanza. Una voce roca mi richiama dal buio. "Sanem?" Sembra sorpreso, mi giro ed eccolo lì, con una tuta e una maglia ampia è già pronto per la notte. Distolgo lo sguardo per tornare a posarlo verso le luci in lontananza rimanendo in silenzio.
Sento che si avvicina fino ad affiancarmi per poi sussurrare. "Pensavo te ne fossi andata, che mi avessi lasciato". Qualcosa nella sua voce mi colpisce, sembra rivelare un'emozione molto vicina alla paura, qualcosa che certo non mi aspettavo. Ma ora non è il momento di pensare ai suoi sentimenti quanto piuttosto di cercare di sopravvivere a questa situazione salvando quel poco d'amor proprio che ancora mi rimane.
"I motivi per cui alla fine ci siamo sposati sono sempre validi, dobbiamo portare ancora avanti questa farsa per il bene dei nostri genitori, poi potremo divorziare. Ti ho dato la mia parola e non sono tipo da tirarmi indietro".
"Mi dispiace per essere tornato tardi". Mi giro verso di lui di scatto. "Non mi devi alcuna spiegazione Can Divit come io non ne devo a te, iyi geceler , buonanotte" Detto questo giro sui tacchi e lo lascio lì, non voglio ascoltare le sue scuse, è chiaro non ha nessun piacere a stare con me come io non ne ho a stare con lui. Ora che siamo tornati a Istanbul non c'è bisogno di trascorrere del tempo insieme. Nessuno ci vede, possiamo vivere tranquillamente esistenze separate in questa grande casa.
Questa è l'idea con cui mi addormento quella prima notte, e in effetti è ciò che succede nei due giorni successivi. Can esce la mattina presto per poi tornare a sera tardi, molto tardi. Io ho deciso di approfittare di questo tempo fuori dal tempo per riprendere a scrivere il mio romanzo, un romanzo che era nato come un sogno romantico, ma che ora sta prendendo tutta un'altra direzione. La mia protagonista sta diventando sempre più come l'Araba Fenice, un uccello mitologico che rinasce dalle proprie ceneri dopo la morte e, proprio per questo motivo, simboleggia anche il potere della resilienza , la capacità di far fronte in maniera positiva alle avversità, coltivando le risorse che si trovano dentro di noi. Ecco quindi che nel mio romanzo la protagonista deve affrontare prove sempre più ardue trovando in sè la capacità di non lasciarsi abbattere dalle difficoltà della vita, di reagire e di rialzarsi più forti di prima. Si può imparare ad adattarsi al vento e alle tempeste come fanno gli alberi sviluppando radici forti e rami flessibili, così da mantenersi ancorati a terra, ma nello stesso tempo imparare ad adattarsi ai cambiamenti. Ed è proprio quello che ho intenzione di fare io, devo adattarmi temporaneamente alla situazione in cui mi sono venuta a trovare, per poi rinascere dalla distruzione lasciata da questo matrimonio nella mia vita sotto una forma nuova, una nuova Sanem.
Questa sorta di pacifica tregua viene interrotta bruscamente durante la telefonata quotidiana che mia madre ha iniziato a farmi da quando sono tornata a Istanbul.
"Sanem, muoio dalla voglia di vedere la tua nuova casa. Che ne dici se veniamo domani sera? Preparo tutto io, tu non devi preoccuparti di niente, invitate anche Aziz, farà piacere anche a lui vedere dove siete andati ad abitare".
Allah Allah e ora? Cerco di trovare una scusa. "Anne, mamma, Can ha tanto lavoro in questi giorni io non so..." Uno sbuffo mi interrompe"Bah, dovrà tornere per cena no? Dai anche tuo padre è molto curioso di vedere dove vivi". Non posso controbattere in nessun modo, non è normale in effetti che non siano mai venuti a vedere dove ci siamo trasferiti. Ci accordiamo quindi per il giorno dopo ed io mi chiedo come faremo a fingere per tutta la serata di essere una coppia felicemente sposata.
Dovremo fare del nostro meglio perché mia madre è in grado di captare ogni minimo dettaglio, a tal proposito penso che devo far sparire ogni traccia dalla mia camera perché sarebbe in grado di trovere anche il minimo indizio capace di svelarle che dormo lì piuttosto che nella camera padronale. Sospirando prendo il telefono e compongo un numero che dovrebbe essermi familiare e che invece compongo forse per la terza volta da quando l'ho registrato in memoria.
"Sanem? E' successo qualcosa? Tutto bene?".
Certo dire che Can è sorpreso di ricevere la mia chiamata è dire poco. "Sì tutto bene, solo ecco, vedi ti ho chiamato per dirti che... abbiamo un problema"