Coconut Lover | J.JK.

By Thats_Lotti_

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[in pausa sino a fine revisione checkmate] Lezioni, studio, feste e di nuovo da capo. La vita di Katherine no... More

Coconut Lover | J.Jk.
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By Thats_Lotti_



Sono in quella fase del sonno in cui sono sveglia, ma ancora non voglio aprire gli occhi.
Mi volto su un fianco cercando una posizione più comoda.

Ma se avessi fatto questo movimento sul divano, sarei dovuta cadere sul pavimento... E poi la superficie su cui si trova il mio corpo è fin troppo comoda per essere quella del sofà.

Dischiudo le palpebre e sollevo il busto cercando di capire dove sono finita.

Nella penombra della stanza, data dalle tende socchiuse, comprendo di essere nel letto matrimoniale.
Sbuffo mentre mi volto verso destra.
Mi stupisco quando un muro di cuscini occupa il mio campo visivo: è una muraglia in cui sono stati impegnati almeno sei guanciali perfettamente impilati l'uno sull'altro.
Sto già ridendo prima di sporgermi oltre la catasta e vedere Jungkook addormentato dall'altro lato, completamente avvolto nel lenzuolo.

Scuoto la testa ancora con le labbra piegate in un sorriso, mentre afferro il cellulare sul comodino.
Controllo l'ora e scopro che sono le nove passate. Dobbiamo andare in ospedale.
Magari oggi papà si sveglierà.

Torno a guardare oltre i cuscini, il corvino che dorme sereno sul fianco che da verso di me.
Prima di svegliarlo decido di andare in bagno.
Mi lavo i denti, mi trucco un poco con il correttore e il mascara che tengo sempre nello zaino e infine indosso il maglione leggero e i jeans presi dall'armadio di mia madre.

~♡~

Quando rimetto piede nella stanza, noto che Jungkook non si è spostato di una virgola.

Mi avvicino al suo lato del letto e mi siedo sul materasso.
Sussurro il suo nome mentre gli sfioro la spalla.

Continua a dormire profondamente e il fatto che abbia il sonno così pesante mi provoca una risata.

«Jungkook» esclamo più forte.
Questa volta, si gira a pancia in su, ma ancora non dischiude le palpebre.
Picchietto le dita sul suo petto coperto dal lenzuolo sottile.

«Che fai?» ispira rumorosamente, dischiudendo lentamente gli occhi.
«Cerco di svegliarti nel migliore dei modi» mormoro con un sorriso.
«Questo ti assicuro che non è il modo migliore...» sussurra ammiccando, squadrandomi con gli occhi scuri luccicanti.

Rimango un attimo interdetta, sbatto le palpebre prima di riprendermi.
«Ma che hai costruito stanotte?» indico la morbida muraglia evitando completamente la sua risposta.

«Era per farti stare comoda senza che stamattina ti sentissi a disagio per aver dormito con me» spiega con la voce ancora roca, impastata dal sonno.
Non dovrei pensarlo, ma la trovo terribilmente sexy.

Si solleva sui gomiti e solo ora, che il lenzuolo gli scivola via, noto che è a torso nudo.
Mi soffermo sulle spalle ampie prima di scendere sui pettorali e i leggeri addominali che si intravedono, proprio come avevo fatto qualche settimana fa alla festa.

«Non credi che dovresti smetterla di guardarmi in questo modo?» sussurra lui con un ghigno.
Mi riprendo e guardo altrove, trattenendo un sorriso per essere stata beccata ancora.
«Non è neppure la prima volta che lo fai...» continua lui, mentre io mi allontano.
Sbaglio o nella stanza sembrano esserci duecento gradi in più?

Si alza, andando verso il bagno.
«Ti va di ordinare la colazione mentre mi preparo? Prendimi pure lo stesso che prendi tu» domanda tornando a quella voce innocente che usa solitamente con me.
Annuisco ancora un poco imbarazzata mentre lancio uno sguardo alla schiena tonica e ai pantaloncini che ha indossato a letto.

Afferro la brochure che ha scritto in copertina a caratteri cubitali "colazione" e comincio a sfogliarla.
Il croissant alla nutella attira la mia attenzione. Ho decisamente un'ossessione per quella crema spalmabile.
Decido di aggiungere un cappuccino di soia, ma mi fermo dal prendere in mano il telefono dato che non so se il corvino voglia un caffè o un cappuccio.

Mi alzo avvicinandomi alla porta del bagno. Busso, aspettando una risposta dall'altro lato.

Mi compare davanti un Jungkook, ancora a petto nudo, con uno spazzolino in bocca e un'espressione interrogativa dipinta in faccia.
«Non so cosa prenderti da bere...» farfuglio cercando di tenere gli occhi puntati sul suo viso.
«Un caffè espresso» borbotta lui con la schiuma sulle labbra.
Annuisco e richiudo la porta con una certezza: non supererò mai la settimana che mi aspetta incolume...

La scena di lui con uno spazzolino in bocca, la schiuma e l'espressione da cucciolo in totale contrasto con il suo fisico scultoreo mi ha mandato nel panico.

Chiamo velocemente la reception, che mi dice che in una decina di minuti mi avranno portato tutto.

Non appena metto giù la cornetta, il mio telefono, ancora sul comodino, si mette a squillare.

Faccio appena in tempo a leggere il nome mamma, prima di portarmelo all'orecchio.
«Ma dove sei finita?» gracchia la sua voce.
«Sto aspettando la colazione e poi arrivo in ospedale».
«Tuo padre è in un letto d'ospedale e tu passi la notte a fare chissà cosa con un depravato» continua lei imperterrita.

Le appendo in faccia non avendo voglia di continuare a discutere con lei.

Mi siedo sul divano ancora un po' giù per quello che mi sono appena sentita dire: non credevo di dover chiarire a mia madre determinate cose, ma a quanto pare non conosce più neanche sua figlia.

Jungkook esce dal bagno con una maglietta e i jeans e mi raggiunge sul divano.
«Che succede?» mi chiede dolcemente, probabilmente vedendomi sull'orlo delle lacrime.
«Hanno chiamato dall'ospedale? Dobbiamo andare?» domanda alzandosi allarmato.

Sorrido e prendo la sua mano, tirandolo a sedere nuovamente.
«Non è successo niente di grave... solo mia madre e la sua lingua fin troppo affilata» sussurro giocherellando con le sue dita.
«Vedrai che andrà meglio con lei» sussurra facendo intrecciare le nostre dita.
Annuisco, ma sono ancora un po' giù.

Qualche secondo più tardi bussano alla porta e Jungkook mi precede, andando ad aprire.

Porta dentro il vassoio con le due brioche e i caffè.
Torna a sedersi accanto a me dopo averli appoggiati sul tavolino.

Beviamo e mangiamo in un piacevole silenzio, sino a quando il dito di Jungkook non mi indica un punto in cui mi sono sporcata sotto le labbra.
«Non sono io il disastro» ridacchia facendo per passarmi un tovagliolo, ma quando evita la mia mano, intuisco le sue intenzioni.
La carta sfiora dolcemente quel punto sotto il labbro.

Mi paralizzo e osservo Jungkook concentrato a togliere qualsiasi macchia sul mio viso.
«Okay. Ora sei pulita» esclama sorridente, allontanandosi.
Sospiro alzando gli occhi al cielo.

«Andiamo?» domanda dopo aver finito il suo cornetto.
Annuisco e, pochi secondi dopo, siamo fuori dalla stanza.

~♡~

Raggiungiamo velocemente l'ospedale e il corvino posteggia la macchina nuovamente nel parcheggio sotterraneo.

Sono ormai le dieci quando faccio il mio ingresso nella piccola stanza in cui si trova mio padre.

Mamma è seduta accanto al letto a leggere una rivista.

«Buongiorno, finalmente ti sei decisa a presentarti...» esclama, sollevando lo sguardo.

«Buongiorno anche a te» cerco di mantenere il tono più neutro possibile e prendo posto su una delle poltroncine infondo al letto di papà.

Jungkook si siede sul divanetto in un angolo, tirando fuori il telefono.

Mi dispiace che non si sia seduto sulla poltrona accanto alla mia, ma probabilmente vuole mantenere una certa distanza da mia madre.

Dopo qualche minuto, passato ad osservare se durante la notte ci siano stati dei cambiamenti in papà, un paio di medici fanno il loro ingresso.

Ci alziamo sia io che mia madre, mentre il corvino rimane alle loro spalle, studiandoli.

«Buongiorno, sono il dott. Brown e lui è il mio assistente, il dott. James. Siamo qui per informarvi che durante la notte non ci sono stati delle variazioni rilevanti.
In più volevamo informarvi che, data l'allerta uragano in vigore da martedì, intendiamo spostare il sig. Jones al quarto piano per maggiori precauzioni». Non fa neppure una pausa mentre parla studiando la cartellina che ha davanti agli occhi.
«Vorremmo ricordarvi che da domani non sarà più possibile visitare i propri cari ricoverati, ma sarà l'ospedale a informare se ci saranno sviluppi» continua e io annuisco. Probabilmente lo fanno per evitare che le persone in visita restino bloccate qui.
«Anche se non si dovesse presentare una vera situazione di pericolo vi chiediamo di restare nelle vostre case per precauzione. Ci occuperemo noi del vostro parente» termina osservandoci, soffermandosi su mia madre.

Mi volto anche io nella sua direzione e mi pare un poco scettica.
«Quindi non posso vedere mio marito sino a quando non sarà cessata l'allerta?».
«Esatto. Credevo di essere stato chiaro» ha un tono di voce brusco e la guarda con sufficienza.
«La ringrazio, dottore» rispondo piccata, cercando di farlo uscire dalla stanza.
La sua attenzione si posa su di me e mi rivolge un sorriso.

«Ringrazio voi per la comprensione» si congeda, voltandosi ed esce dalla stanza seguito dall'assistente.

«Non dovresti tornare a Miami, ma dovresti restare qui a tenermi compagnia» dice mia madre non appena la porta si chiude.

La guardo un poco titubante: l'idea di passare un forte uragano in casa nostra mi terrorizza.
Mi sto tenendo informata sul percorso che sta facendo e, al momento, è disastroso.
In più, ieri sera ammetto di non aver prestato molta attenzione, ma non credo di aver visto le finestre sigillate e le varie precauzioni che prendevamo ogni anno.

«Io...» l'ultima cosa che voglio è stare in quella trappola durante il passaggio della tempesta.
«Ci sono ancora parecchie cose da fare. Potresti venirmi a dare una mano e in questi tre giorni riusciremo a preparare tutto» continua lei imperterrita.
Qui l'allerta è stata diramata un giorno dopo Miami.
Sbuffo sapendo che, da quando sono piccola, papà impiega almeno una settimana a preparare tutto.

«Perché non avete già svolto i preparativi?» domando incerta.
«Papà non voleva passarlo a casa, ma spostarsi in una zona sicura» risponde seria.

«Non riusciremo mai a prepararci per l'uragano» borbotto pensando agli innumerevoli punti sulla lista.
«Dovremmo riuscirci, altrimenti la casa sarà un disastro».
Sarà un disastro in ogni caso... ma io non voglio restare bloccata lì dentro con il fango nelle stanze.
Scuoto la testa.
«Io non voglio restare lì. Preferisco portarti in un posto più sicuro».
«E lasciare tuo padre qui da solo?» esclama lei adirata.
«Papà vorrebbe che tu fossi al sicuro...» le rispondo facendo un respiro profondo.

«E tu dove staresti?» chiede con uno sguardo indagatore.
«A casa mia». Jungkook sceglie il momento peggiore per intervenire.
«Le prometto che mi prenderò cura di sua figlia e non le succederà nulla» cerca di rassicurarla, alzandosi dal divano.

«Quindi, mi abbandoni per stare con lui» sibila guardando altrove.

Torno a sedermi sulla poltroncina e Jungkook mi raggiunge sedendosi su quella accanto alla mia.
Non riesco a guardare il ragazzo accanto a me e i miei occhi si puntano sul viso spento di papà.

Come risolvo questa situazione?
Ho detto al corvino di fianco a me che lo avrei aiutato, ma ora mi ritrovo a scegliere tra lui e mia madre...

Mi volto nella sua direzione e intreccio le mie mani con le sue.
«Possiamo parlare un secondo qui fuori?» domando speranzosa.
Annuisce e si alza, continuando a tenere le nostre mani intrecciate e conducendomi fuori nel corridoio.

Una volta uscita da quella stanza mi sembra di riuscire a tornare a respirare.
Mi allontano un poco dalla soglia, ma poi mi volto verso il ragazzo.
«Non posso tornare con te» dichiaro tutto d'un fiato.
«Non posso lasciare da sola mia madre» mi giustifico mentre mi immergo nei suoi occhi.

Lascio passare qualche secondo, ma lui non dice nulla.
Continua a guardarmi, perso nei suoi pensieri.
«Dì qualcosa» imploro, odiando il silenzio sceso tra noi.
«Non voglio lasciarti qui» dice, guardando altrove. «Sembri terrorizzata all'idea di passare un giorno in quella casa».
Vorrei urlargli che è così, ma non posso perché so che mi obbligherebbe ad andarmene con lui.

«Non è così drammatico... forse prima ho esagerato un po'» cerco di rassicurarlo, ma scuote la testa.
«Tu non resti qui» dichiara, facendomi alterare.
«E tu non decidi per me» ribatto irritata.
Questa frase sembra risvegliarlo tanto che lascia andare la mia mano e fa un passo indietro.
«Hai ragione». Si inumidisce le labbra, prima di abbassare lo sguardo sulle sue scarpe.
Lo sorpasso e rientro nella camera.

«Ero sicura che avresti fatto la scelta giusta» gongola mia madre con un sorrisetto sulle labbra.
«Dopotutto, il vostro rapporto non deve essere così forte se riuscite a litigare anche per un qualcosa di così poco conto» continua imperterrita, ma io la ignoro.

Sento gli occhi bruciare e faccio qualche passo per guardare fuori dalla finestra le nuvole bianche che si stanno addensando in cielo.
Come faccio ora con i preparativi? C'è così tanto da fare in così poco tempo.
Trattengo un grido di frustrazione. Potrebbe scemare prima di toccare Panama City.
Dovremmo spendere così tanti soldi che ci conviene andare in una delle aree sicure e sostare lì fino a quando non è passato.
Penseremo più tardi ai danni...

Dopo qualche secondo, persa a varare le varie opzioni, una domanda mi sorge spontanea: dov'è Jungkook?

Mi volto per controllare se mi abbia seguito e sia tornato a sedersi in disparte sul divano, aspettando che mi calmassi.
Non c'è.

Sono stata una stupida a trattarlo così, dopo tutto quello che ha fatto per me.
Non può essere tornato a casa senza neppure salutarmi.

Cammino verso la porta per andare a cercarlo, ma, poco prima che raggiunga l'uscio, il corvino fa la sua comparsa con tre bicchieri di caffè su un vassoio in cartone.

I miei occhi si alternano tra lui e il contenitore.
«Ho pensato che forse ti andava un caffè...» borbotta mentre lo appoggia sul piccolo mobile accanto alla porta.

«Ho preso un espresso anche per lei. Se non lo vuole, lo bevo io più tardi» si rivolge a mia madre mentre lei lo fissa stranita.

Prende i nostri due e mi porge il bicchiere più grande.
«Non ti ho preso il tuo solito cappuccino alla soia perché l'hai bevuto solo un'ora fa» mi spiega, passandomi il bicchiere.
«Quello è un frappuccino al cioccolato, con una guarnizione al cocco che non ho compreso molto bene». Mette su un espressione pensierosa mentre ancora guarda la bevanda.

«Non preoccuparti, va bene qualsiasi cosa tu mi abbia preso». Gli sorrido e ricambia, prima di tornare a prendere il suo caffè.

Vado a sedermi sul divano e, quando si volta cercandomi, gli faccio segno di raggiungermi.
Comincio a sorseggiare dal piccolo foro sul tappo e subito mi perdo nella dolcezza del cioccolato e del cocco.
Trattengo un gemito di piacere mentre ne bevo un altro sorso.

«Ti piace?» domanda il corvino osservandomi.
Annuisco e glielo passo.
Lo assaggia e ne prende subito un altro po'.
«Direi che è fatto apposta per te» dichiara e io non posso essere più d'accordo.

«Scusami per prima... ho esagerato. È giusto che tu rimanga con la tua famiglia» mormora cercando di non farsi sentire da mia mamma, che sta bevendo il caffè offerto da Jungkook.

«Però promettimi di restare al sicuro e di scrivermi spesso». Sorrido a quelle raccomandazioni e mi avvicino a lui, abbracciandolo.
Subito il suo braccio mi avvolge le spalle e i suoi muscoli sembrano rilassarsi.
«Promesso?» sussurra tra i miei capelli.
Annuisco mentre lo osservo e subito il mio sguardo si sofferma sul piercing che ha al labbro e il piccolo neo al centro.

«Se vuoi oggi posso aiutarti con i preparativi e domani mattina tornare a casa...» dice dopo un attimo di silenzio.
Mi farebbe comodo un po' di aiuto, ma anche lui deve fare un po' di cose a casa sua.
Scuoto la testa, prima di aggiungere: «Torna a casa».

Mi guarda corrucciato e sembra pronto a ribattere, ma scuote la testa e torna a guardare altrove.

Mi sciolgo dal suo abbraccio, attirando la sua attenzione.
«Devi tornare a casa e prepararti anche tu. Chiedi a tuo zio ciò di cui abbiamo parlato e ti assicuro che ti andrà tutto alla grande» dichiaro con un sorriso.
Lo vedo nel suo sguardo che è profondamente contrariato, ma non vuole dare voce ai suoi pensieri per non tornare a litigare.

«E poi ti scrivo un po' di cose che faccio io che possono essere utili anche a te» riprendo cercando in ogni modo di restare in contatto.

«Siete così sdolcinati» commenta mia madre guadagnandosi una mia occhiataccia.
«Puoi andare con lui, se ci tieni tanto» continua attirata da qualcosa sul suo telefono. «Vado a Columbus dalla nonna e dal nonno».

I genitori di mia mamma hanno sempre vissuto in Georgia, a circa quattro ore da qui; se andasse lì, sarebbe al sicuro dato che l'uragano solitamente non tocca pesantemente quel territorio.

«Rimani con tuo padre. Vado a casa a preparare le valigie e poi credo di partire stasera» annuncia con una punta di fastidio mentre recupera la borsa dalla sedia.
«Tienimi informata sugli sviluppi di oggi e come te la passerai la settimana prossima a Miami».

Mi alzo per salutarla, ma oltre ad un breve cenno non mi rivolge nemmeno un saluto ed esce dalla porta.
Rimango per un attimo interdetta.
Non riesco a capire questo atteggiamento così scontroso...

Mi pizzicano un poco gli occhi e sbatto rapidamente le palpebre cercando di evitare di mettermi a piangere.
Jungkook è subito al mio fianco e mi prende il viso tra le mani.
Quando incrocio i suoi occhi tristi, non posso far a meno di lasciarmi andare. Comincio a singhiozzare silenziosamente mentre le lacrime mi bagnano le guance.
«Non è colpa tua». Il corvino mi prende tra le sue braccia, cercando di consolarmi.

Passiamo dei minuti, che mi sembrano infiniti, in quella posizione.
Non posso credere che la mia vita sia così disastrosa... Jungkook può aggiungere anche questa alla mia lista di cose che non vanno.

«Hai un fazzoletto?» domanda e io scuoto la testa, allontanandomi.
«In questo momento devo essere un disastro». Mi asciugo gli occhi con le dita e noto le macchie scure del mascara.

«Resti sempre bellissima» sussurra il corvino passandomi i pollici sotto agli occhi.
«Che frase scontata...» scherzo mentre anche a lui si disegna un sorriso sulle sue labbra rosee.

«Aspetta qui» dichiara mentre mi sorpassa verso il piccolo mobile affianco al letto di mio padre, dove trovo un tovagliolo.
Torna da me e me lo passa sotto agli occhi, cancellando gli ultimi residui della mia tristezza.
«Ora, che ne dici di fare la lista di quello che ci servono al supermercato?» domanda cercando probabilmente di distrarmi.
Annuisco e torno a sedermi sul divano dove mi raggiunge.

«Da dove iniziamo?»
«Da quello che hai tu a casa, se ti ricordi» rispondo cominciando a riflettere su i vari cibi che dovremo comprare.
«Ho molto poco nella mia cucina, faccio la spesa quasi tutti i giorni per avere prodotti freschi».
«Okay. Allora tutto quello che hai nel frigorifero che potrebbe andare a male va cotto e messo nei tupperware» dichiaro, ma subito Jungkook si volta verso di me confuso.
«Cos'è un tupperware?»
«È un contenitore con coperchio per la conservazione del cibo. Credo che tuo zio ne abbia alcuni, ma per sicurezza possiamo comprarne un set» spiego con lui che annuisce.
«Compreremo del cibo in scatola come tonno, fagioli, mais. In più possiamo prendere il pane a fette» mentre parlo, scrive al telefono quello dico.
«Possiamo prendere la nutella con il pane e altri dolci».
Annuisco con un sorriso a questa sua proposta.

«La pasta e il riso dovrei averla a casa. Però dovremmo cucinarla prima dato che ho il piano a induzione e se staccano la corrente, non possiamo cucinare» mi informa.
«Sì, ma non preoccuparti troppo per questo... noi stiamo valutando il caso peggiore. L'energia elettrica potrebbe andare via solo per qualche ora e non per tutti i giorni» lo rassicuro mentre comincio a calcolare quanta acqua ci servirà.

«Bevi parecchio di solito?» domando, non sapendo se è una di quelle persone fissate nel bere molta acqua durante la giornata.
«No, se non quando faccio allenamento».
«Allora direi di prendere diciotto bottiglie d'acqua per sicurezza».
Annuisce segnandole sulla lista.
«Ricordati che la parte peggiore è dopo l'uragano, dato che le strade saranno un disastro e nei supermercati potrebbero non arrivare gli alimenti».
«Quindi dovrei comprare qualcosa anche per il dopo?».
«Sì, prenderemo una grande quantità di ciò che hai scritto. Aggiungi la carne in scatola, la passata di pomodoro, le uova e i cereali». Torno pensierosa: non so cos'altro potrebbe esserci utile.

«Che ne dici di comprare della farina, zucchero, lievito, cioccolato per fare una torta?»
«Ma il forno potrebbe non andare...» ridacchio guardando la sua faccia contrariata.
«Ma potrebbe anche funzionare». Segna tutto quello che ha appena detto.

Scuoto la testa, lanciando un'occhiata nella stanza: il bip regolare del monitor con i parametri perfetti mi fa sorridere.

«Comunque devo ricordarmi di chiamare mio zio, non adesso dato che là sono quasi le due di notte».
Il mio cervello comincia a fare il calcolo delle ore: 14.
«Sono moltissime ore di differenza. Riuscite a sentirvi solo... dalle otto di sera a mezzanotte, altrimenti uno dei due rimane sveglio la notte».
«Ma tu non eri brava in matematica...» ridacchia lui mentre mi osserva.
«Comunque sì. Più o meno è quell'ora lì, ma a volte rimango sveglio a parlare o a giocare alla play con i miei amici. O loro rimangono svegli» sorride al ricordo.

Torno a riflettere su ciò che potrebbe servirci.
«Segna un paio di torce a batteria e delle power banks». Scrive veloce quello che ho detto.
«Bene direi che siamo a posto» dichiaro rilassandomi sul divanetto.
«A casa cosa dobbiamo fare?» domanda.
«Se hai un balcone o un terrazzo, mettere tutto ciò che c'è fuori in casa.
Dovremmo riempire delle bottiglie o dei contenitori con acqua in più nel caso in cui andasse via, ma dubito. Solitamente non succede negli appartamenti» ripenso a ciò che facevamo a casa noi.
«Facciamo anche una lavatrice e una lavastoviglie. Dovremmo anche comprare dei piatti di plastica, dato che, se non potremo lavare quelli in porcellana, resteranno nel lavandino e puzzano con il caldo» ricordo di quella volta in cui i piatti accumulati erano rimasti sporchi per due giorni e in cucina c'era un odore terribile.
«Cucineremo tutto ciò che può andare a male, che hai ancora nel frigo. Avete una stanza dove lasciare la spazzatura?» domando anche se sono certa che la abbiano.
Jungkook annuisce: «Accanto ai garage, c'è un ripostiglio dove fare la raccolta».
«Porteremo giù tutto quello che hai in casa da buttare».

Ammetto che non ci sono poche cose da fare e spero di arrivare a casa sua per cena, in modo tale da iniziare a fare qualcosa e finire al massimo lunedì, dato che verremo colpiti qualche giorno più tardi rispetto a quello di allerta.
«Dobbiamo arrivare da te il prima possibile... che ne dici di partire presto domani mattina? Anche perché in strada potremmo trovare moltissimo traffico».
«Possiamo partire quando vuoi, anche stasera quando andiamo via da qui» risponde scorrendo ciò che dobbiamo fare.
«Non voglio che guidi la notte dopo non aver dormito neppure qualche ora» sono contraria a questa sua idea.
«Allora andiamo presto in hotel, ceniamo e andiamo a dormire. Ci alziamo presto verso le 6 e ci portiamo verso Miami. In quella zona ci fermiamo al primo distributore e supermercato».
«Possiamo fermarci anche prima a fare la spesa. I supermercati saranno presi d'assalto; quindi, il primo che troviamo con poche macchine parcheggiate fuori, ci fermiamo». Annuisce con un sorriso.
«Sono contento che tu mi stia aiutando con tutto questo».

«Comunque, dato che tu che devi incontrare Adam... ti lascio al dormitorio mentre vado a fare benzina?» domanda incerto.
«Sì, non ci metterò molto». O, in ogni caso, è quello che spero.


Angolo autrice

Per un attimo nella mia mente è balenata l'idea di separarli, ma poi non ce l'ho fatta... stanno troppo bene insieme.

Non ho molto da dire su questo capitolo... il personaggio della mamma è stato inquadrato, Kookie è il ragazzo più dolce sulla faccia della terra ed Erin si sta prendendo sempre di più.

Ci vediamo settimana prossima con un nuovo capitolo^^

Baci,

Lotti

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