Lascia che ti racconti la sto...

By Jamie_Sand

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Nell'agosto del 2005, la preside McGranitt nota lo strano nome di un nato babbano che doveva iniziare a frequ... More

Prologo
Capitolo 1. Estate 1993
Accoglienza scozzese
Adoro la magia
Una botta di verità
Il giorno in cui si innamorarono
La partenza
Natale e dichiarazioni
Notizia inaspettata
Chiacchiere tra amici
Il dio degli inizi
Torneo Tremaghi e altre disgrazie
Grimmauld Place
Harry
Chiarimenti
Fuga
Distacco
La mattina più buia
Andare avanti
Ritorno al presente
Alla scoperta di un nuovo mondo
Primo settembre
Vorrei che fossi qui
Il tipo ideale
Il passaggio
Non sai un bel niente
Avanti
Strani eventi all'Ufficio Misteri
Esprimi un desiderio
Confusione
Una presenza ingombrante
La signora quasi-Weasley
Non mi arrenderò mai con te
Faccia a faccia
Ritorno a scuola
Normalità
Guanti di lana verdi
Gelosia
Vacanze di Natale (parte 1)
Vacanze di Natale (parte 2)
Kamilah
Slipping Through My Fingers
Something In The Way
L'ultima notte
Andiamo a casa
La lista

Sostituto

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By Jamie_Sand

Capitolo 27

Verso sera, la Tana si era svuotata. Gli unici rimasti, a parte Janus e sua madre, erano i tre figli maggiori di Molly e Arthur: Bill e Fleur, con la loro prole al seguito, che vivevano in Francia e che sarebbero rimasti lì fino a capodanno, Charlie, che era tornato a casa per star vicino ai suoi genitori già da qualche anno, e Percy, insieme a Molly e Lucy, che non poteva di certo smaterializzarsi a Londra con due bambine di sette anni.

Janus era stato sistemato in una camera dalle pareti arancioni, che la signora Weasley gli aveva detto essere quella in cui, molti anni prima, aveva dormito Ron e, a fianco ad essa, c’era quella in cui avrebbe dormito sua madre. Il giovane non sapeva dove avrebbe dormito Percy, ma una cosa era certa: lui lo avrebbe tenuto d’occhio. 

Sì, Janus sarebbe rimasto sveglio tutta la notte, per controllare che non si avvicinasse nemmeno per sbaglio a sua madre, con le orecchie ben appizzate, pronte a captare ogni singolo passo fuori da quella stanza. 

Verso mezzanotte però, i suoi occhi avevano cominciato a farsi pesanti, così decise di mettersi a leggere, tanto per tenersi occupato. Lesse, cercando di concentrarsi sulla storia, finché alla fine non crollò con la faccia premuta sulle pagine del suo libro e, la mattina dopo, il giorno della vigilia di Natale, aprì gli occhi, confuso e ancor più stanco della sera precedente. 

Sdraiato nel letto una volta appartenuto a Ron, rimase fermo a fissare il soffitto arancione per qualche minuto, prima di voltarsi su un lato. Sotto la finestra chiusa, da cui però filtrava abbastanza luce da illuminare tutta la stanza, era stato abbandonato il suo baule, mentre su una sedia c’erano i vestiti che avrebbe indossato quel giorno. 

Dopo aver raccolto ogni briciola di forza di volontà che aveva in corpo, il giovane si mise a sedere, pur rimanendo a contemplare il vuoto per un’altra manciata di secondi.

Da fuori alla porta arrivavano i rumori della Tana che si svegliava: Janus sentì la voce di sua madre, alcuni passi e poi la voce di Percy, che gli provocò una dolorosa fitta allo stomaco. 

Lo odiava. 

Odiava tutto di lui, ma la sera prima aveva fatto del suo meglio per trattenersi dal gridargli contro ogni volta che apriva bocca. Odiava che avesse sempre le sembianze di uno che si aspettava un invito dal presidente degli Stati Uniti da un momento all’altro, anche mentre indossava il pigiama, odiava il suo modo di parlare e soprattutto odiava tutta quella complicità che aveva con sua madre. 

Percy lo aveva sostituito su tutti i fronti: Hazel andava con lui alle mostre o a teatro, guardava insieme a lui i suoi film preferiti e dal modo in cui si rivolgevano uno all’altra si poteva notare lontano un miglio il fatto che avessero ormai molta confidenza. Sua madre non era mai stata così con nessuno, mai. 

Chissà cosa avrebbe pensato suo padre se li avesse visti insieme… 

Come colto da un’illuminazione, Janus si alzò in piedi, raggiunse il baule, lo aprì e tirò fuori la vecchia scatola in cui conservava tutti i biglietti che Sirius aveva scritto per lui prima di andarsene. Ce n’era uno per ogni situazione, anche per la più strana o improbabile, dunque doveva aver scritto qualcosa anche nell’evenienza in cui Hazel si fosse rifatta una vita. 

Come previsto, infatti, Janus si ritrovò tra le mani una busta da lettera con su scritto “per quando conoscerai il nuovo fidanzato di tua madre”. La aprì con cura, ben attento a non strappare o stropicciare troppo la carta, posando gli occhi sulla calligrafia ormai conosciuta di suo padre. Come al solito si trattava di poche righe, quasi scritte di corsa: 

Quindi tua madre si è trovata un uomo, eh. In questo caso ho una sola parola da dirti: uccidilo (ovviamente sto scherzando, anche se… )  

Ad ogni modo, se stai odiando quest’uomo, se pensi che sia indegno e non abbastanza per lei, smettila subito. La tua mamma è giovane e bellissima, e si merita un po’ di felicità, anche se non insieme a me, soprattutto dopo tutto quello che ha passato. Tu assicurati solo che lui sia una brava persona, che la tratti bene e che la rispetti come merita e in tal caso cerca di dare una possibilità a questo povero coglione... a quest’uomo!

Comunque spero sia un mago, magari uno dei figli di Molly e Arthur, ad esempio Bill ma posso capire anche se dovesse scegliere Charlie (insomma, quello alleva draghi, anche io mi innamorerei di lui!). Ma se proprio devo fare il tifo per qualcuno allora direi che Remus è il primo della lista, anche se mi sembra improbabile dato che lui è pazzo di Tonks e Hazel lo considera come una sorta di padre. 

Comunque chiunque sarà l’uomo fortunato che le starà affianco sono certo che sarà una gran brava persona: mi fido di Hazel e anche tu devi fare lo stesso.  

Fai il bravo ragazzino, Jan, non farla arrabbiare troppo.

Mi manchi.

Papà. 

Janus sospirò, ripose il biglietto nella busta da lettera e poi rimise tutto in ordine nel suo baule. Dunque suo padre, più o meno, approvava il fatto che sua madre fosse andata avanti. Certo, Percy non era bello come Bill e nemmeno lontanamente interessante come Charlie, ma era pur sempre uno dei figli di Molly e Arthur. Janus non aveva ancora capito se fosse o meno una brava persona, ma decise che lo avrebbe scoperto presto. 

Si preparò con la solita cura, per poi scendere di sotto, ritrovandosi in una cucina meno affollata rispetto al giorno prima. Rimase fermo sulla soglia della porta per qualche secondo, osservando la scena da fuori: la signora Weasley e Ginny si stavano dilettando con i primi preparativi delle pietanze che avrebbe servito durante la cena della vigilia: in una pentola la zuppa di pesce si mescolava da sola, mentre alcune stoviglie sembravano avere vita propria e, dalla radio, arrivava la voce di Celestina Warbeck che cantava una struggente canzone d’amore. Nell’angolo vicino al camino, Charlie e Bill, che teneva in braccio Louise, si stavano intrattenendo con gli scacchi dei maghi mentre Percy osservava la scena con l’aria tronfia di chi era certo di poter chiudere la partita in due mosse.

Al tavolo di legno, invece, Hazel si stava nel frattempo occupando di sbucciare una montagna di patate con l’aiuto di Molly, Lucy, Victoire e Dominique. 

Delle quattro piccole Weasley, la più svglia era sicuramente Molly che, al contrario di sua sorella, non scappava via arrossendo ogni volta che lui gli rivolgeva la parola. Come previsto, infatti, quando il giovane si avvicinò, Lucy sgranò gli occhi, si alzò e corse fuori dalla cucina con la faccia rossa quanto i suoi capelli, abbandonando il pelapatate sul tavolo. 

Janus sbuffò, prendendo il suo posto. - Ma perché fa sempre così? - Borbottò infastidito.

- Non è ovvio? - Fece Molly saccente. - Lucy è innamorata di te. - 

Anche Hazel rise, adocchiando l’espressione del figlio, che rimase impassibile e del tutto disinteressato. - Sai, credo che Janus sia un po’ troppo grande per lei. - Commentò.

Molly annuì. - Sì e poi, dato che tu e papà state insieme, sarebbe… come dire… ah sì, sconveniente. - 

Hazel rimase perplessa, non tanto per il fatto che una bambina di sette anni conoscesse il significato della parola “sconveniente”, sapeva che Molly era una sorta di piccolo genio, ma più perché sembrava a conoscenza della relazione che legava lei e Percy. - Quindi tuo padre ha parlato a te e tua sorella? - Le domandò. 

La bambina scosse la testa. - No, ma io e Lucy lo abbiamo capito da sole, non siamo mica stupide, sai? - Spiegò con un che di altezzoso. - Comunque tu ci piaci molto, Hazel. Sei meglio del fidanzato di mia mamma. - 

- Oh. Ehm… grazie. Anche tu e Lucy mi piacete. - 

- Quindi adesso dobbiamo chiamarti zia? - Intervenne Dominique.

Hazel alzò un sopracciglio, fissandola. - No, perché dovresti? - Chiese a sua volta. 

Dominique alzò le spalle. - Perché tu e zio Percy state insieme. - Disse, come se ciò spiegasse tutto. 

- Be’, sì, stiamo insieme ma non siamo sposati... - 

- E non lo sarete mai. - Si mise in mezzo Janus. 

- E perché no? - Domandò Victoire, guardandolo male. - Secondo me invece sarebbe assolutamente splendido! Quando zia Herm e zio Ron si sono sposati, lo scorso anno, lei aveva un vestito tutto ricamato ed era semplicemente splendida! E anche zio Ron! - 

Janus ricambiò quell’occhiata torva in un modo talmente intenso che Hazel quasi temette di vedere la bambina prendere fuoco da un momento all'altro.

- Janus sa che io non ho mai apprezzato troppo i matrimoni. - Intervenne. - Non si può mai sapere ma ora è troppo presto per pensarci. - 

Prima che la bambina potesse dire altro, Ginny si lasciò cadere sfinita nel posto vuoto accanto a Hazel, facendo cadere quell’imbarazzantissima conversazione. Aveva i capelli rossi legati in una coda ed indossava un grembiule da cucina. - Non ne posso più. - Sbuffò con l’aria stremata. - Sono incinta di cinque mesi, ma sono in piedi dalle sette di questa mattina per aiutare mamma in cucina. Ma indovina un po’ chi invece è ancora in camera sua a dormire? - 

Nessuno parlò, in attesa che Ginny continuasse la sua invettiva, quando sulla soglia apparve la figura aggraziata e longilinea di Fleur Delacour in Weasley. 

- Bonjour. - Cinguettò, entrando in cucina e subito Hazel capì a chi Ginny si riferisse. 

Nonostante indossasse ancora il pigiama e fosse palese che si fosse svegliata da meno di dieci minuti, era talmente bella da oscurare qualsiasi cosa avesse attorno. A Janus non piaceva molto avere a che fare con lei, si sentiva strano ogni volta che Fleur gli rivolgeva la parola e c’era qualcosa in lei che gli faceva venire voglia di comportarsi in modo molto stupido. Fu per questo che, quando la donna si sedette proprio davanti a lui, dall’altra parte del tavolo, si sentì arrossire all’istante.

- Stai bene, Janù? - Gli domandò Fleur, con il suo accento francese molto marcato. 

Ginny alzò gli occhi al cielo e nello stesso momento il giovane sentì la sua gola farsi improvvisamente secca. - Ehm… io… non lo… io… - 

- Fleur, cara cognata. - Intervenne Charlie, raggiungendo il tavolo con aria disinvolta e divertita insieme. - Tu non hai idea del turbamento che puoi provocare in un ragazzino all’inizio della pubertà, vero? - 

Hazel aggrottò la fronte e poi rivolse uno sguardo perplesso al figlio, che effettivamente sembrava piuttosto scosso e confuso, mentre Fleur sorrise come un angioletto. - È solo un bombino, Charlì, di cosa parlì? - Obiettò, prima di rivolgersi a Janus. - No sei turbato, vero Janù? - Gli domandò zuccherosa. 

Lui, in tutta risposta, arrossì ancor di più e si affrettò a scuotere la testa, lasciando Hazel senza parole. Da quando il suo bambino era diventato una sorta di adolescente?

- A me sembra turbatissimo. - Osservò Charlie. 

- Dai, Charlie, lascialo stare. - Lo difese Percy, dall’altra parte della stanza. 

Janus si voltò in quella direzione, scambiando con l’uomo un’occhiata raggelante. Sempre in mezzo, quello, pensò. - Perché non ti fai gli affari tuoi?  - Si lasciò sfuggire, pieno di stizza. 

- Janus! - Lo rimproverò subito sua madre. - Chiedigli subito scusa! - 

Janus la guardò con la stessa durezza con cui aveva guardato Percy solo un momento prima. - No. È da quando vi ho visti mentre vi sbaciucchiavate che lui non fa altro che parlarmi e mettersi in mezzo nonostante io invece non faccia altro che ignorarlo! Tu hai sostituito papà, non io! Io non ci voglio parlare con lui! - Le disse con rabbia.

Hazel vide Percy, ancora dall’altra parte della stanza, boccheggiare imbarazzato e poi alzarsi goffamente dalla poltrona su cui era seduto, avvicinandosi a loro. - Non volevo che… - Tentò di dire, ma Janus non gli diede nemmeno il tempo di dire un’altra parola. 

- Non volevi cosa? Guarda che è inutile che ti sforzi di piacermi, perché tanto non mi piacerai mai. Chi ti credi di essere? Mettiti in quella testa che quando mio padre tornerà allora mamma ti lascerà per tornare con lui perché lei lo ama. Mamma non ti amerà mai, lo capisci? Amerà sempre lui, non te! Tu sei noioso… e sei… sei una cattiva persona! Dimmi, ne è valsa la pena lasciare la tua famiglia e far soffrire tanto tua madre per diventare uno dei tanti dipendenti anonimi del Ministero della Magia? - 

In quel preciso momento, mentre il silenzio stava cominciando a dilatarsi su tutta la cucina, Hazel desiderò sparire nel nulla o scappare via. Da quando in qua suo figlio si comportava in quel modo? Dov’era finito quel ragazzino educato che aveva visto partire il primo settembre? 

Percy, proprio come lei e tutti gli altri presenti, era rimasto senza parole davanti a tutta la rabbia di Janus, che in quel momento si alzò dalla sedia su cui era seduto, producendo il rumore sordo del legno che scivolava sulla pietra grezza del pavimento e poi, sotto gli occhi increduli di tutti i presenti, corse al piano di sopra.

Era consapevole di aver appena combinato un vero disastro: sua madre ora di sicuro lo odiava e magari lo avrebbe abbandonato per stare dalla parte di Percy; Molly e Arthur l’avrebbero cacciato via dalla Tana e tutti, dal primo all’ultimo Weasley, ce l’avrebbe avuta con lui. Solitamente era molto più bravo di così a reprimere o controllare le sue emozioni ma, di tanto in tanto, qualcosa gli esplodeva dentro, incontrollabile. Era come se un essere oscuro riuscisse a prendere il controllo del suo corpo e dei suoi pensieri, una creatura cattiva che desiderava solo far soffrire chi a sua volta lo stava facendo soffrire. Janus era sempre stato convinto che ci fosse qualcosa di sbagliato in lui, ma in quei momenti ne era certo. 

Tornò nella stanza una volta appartenuta a Ron, sbatté la porta e la sigillò con la magia, fregandosene della traccia, dato che in fin dei conti era circondato da maghi e da streghe. Si buttò sul letto, ancora tremante di rabbia, facendo dei lunghi e profondi respiri come sua madre gli aveva detto di fare quando aveva paura o era troppo agitato. Voleva andarsene di lì, voleva scappare via, sparire e non essere più costretto a guardare in faccia nessuna delle persone al piano di sotto. Forse sarebbe stato meglio così, sua madre sarebbe stata meglio dato che lui non aveva fatto altro che darle problemi fin dall’inizio. 

Sei un pessimo figlio, si ripeteva, quasi come a volersi punire.

Rimase lì, immobile su quel letto, per ore, senza fare un fiato, sperando che qualcuno venisse a bussare alla sua porta ma, allo stesso tempo, grato per il fatto che nessuno sembrasse averne intenzione. Arrivò l’ora di pranzo e nonostante si sentisse affamato non si azzardò ad uscire, domandandosi se Kreacher potesse portargli un panino.  

Qualche ora più tardi, al piano di sotto, nel silenzio sonnacchioso del primo pomeriggio, nella cucina vuota, Percy Weasley era seduto davanti al camino osservando il fuoco con aria meditabonda.

Non si aspettava di certo che Janus scoppiasse dalla gioia nello scoprire la relazione che legava lui e Hazel, ma sperava almeno che fosse abbastanza maturo da capire che era giusto che sua madre era ancora molto giovane e che non sarebbe di certo stato giusto farle passare l’intera vita da sola. In quei mesi, grazie ai racconti di Harry, Ginny, Ron e Hermione, Percy aveva immaginato Janus come un ragazzo educato, timido, piacevole e intelligente, mentre a lui era apparso come il bambino più egoista, cattivo e viziato che avesse mai conosciuto. Non era sicuro di desiderare che quel ragazzino stesse in contatto con le sue figlie. Insomma era pieno di problemi irrisolti dopotutto.

Hazel era piena di problemi irrisolti, a dirla tutta. 

In tutta probabilità Janus aveva ragione: se Sirius fosse tornato all’improvviso era certo lei non ci avrebbe impiegato più di una manciata di secondi per tornare da lui. 

Percy sospirò e nello stesso momento, sulla poltrona più vicina a camino, si sistemò Charlie. I due fratelli si guardarono senza dire una parola per qualche istante, beandosi di quel momento di rara calma.  

Ogni membro della sua famiglia, secondo il parere di Percy, che da sempre si considerava un ottimo osservatore, aveva una qualità spiccata che li caratterizzata: Bill, ad esempio, era bello; lui era ambizioso; Fred e George erano divertenti e Ron era un ottimo amico, mentre Ginny era forte e tenace più di chiunque altro. Charlie, invece, era un vero empatico e un grande ascoltatore, lo era stato fin da bambino. Era sempre stato in sintonia con tutto e tutti, riusciva a capire i sentimenti altrui solamente con uno sguardo, e questo lo aveva reso un ottimo capitano quando giocava a quidditch a scuola e, probabilmente, lo questo lo rendeva anche un ottimo allevatore di draghi. A contrario di lui, Percy non ci aveva mai saputo fare con le creature magiche, anzi, con le creature in generale, soprattutto se queste creature erano esseri umani.  

- Secondo me dovresti andare a parlarci. - Esordì il più grande, rompendo il silenzio. 

Percy staccò gli occhi dalle fiamme per posarli su suo fratello. - A chi ti riferisci? - 

- Devi parlare con Janus. - Si spiegò meglio Charlie. - Devi parlargli per due motivi: il primo è che quest’aria tesa non si adatta affatto al Natale, il secondo è perché sono certo che sia essenziale piacergli se vuoi continuare a frequentare Hazel. - 

Percy non rispose. Sospirò e poi tornò a guardare il fuoco. 

- A cosa stai pensando? - Insistette Charlie. 

- Non mi va di parlare. - 

- Questa sì che è una cosa molto strana detta da te. - Sogghignò l’altro. - Dai avanti, Perce, confidati con tuo fratello maggiore. - 

Percy sospirò di nuovo, poi unì le mani davanti a sé, poggiandole sulle ginocchia in una posa composta e un po’ tesa. - Sto riflettendo su ciò che ha detto Janus. - Ammise. - Il fatto che se Sirius dovesse uscire da quel velo allora lei tornerebbe da lui, il fatto che non mi amerà mai come ha amato lui. - 

- E con questo? - Fece Charlie, senza capire. - Sappiamo che purtroppo Sirius non uscirà mai di lì, inoltre nemmeno tu amerai mai Hazel come hai amato Audrey e per un motivo molto semplice: sono due donne completamente diverse, tu sei completamente diverso. - 

- Con Hazel è sempre tutto difficile. - Buttò fuori Percy, muovendosi a disagio su quel divano e con il tono di chi stava navigando nel senso di colpa. - Vive la nostra relazione con timore, delle volte mi sembra di fare un passo avanti e poi, dal nulla, si torna indietro. Inoltre tutti non fanno altro che chiamarla signora Black ogni volta che mette piede nel mondo magico, è così irritante! È come se io non esistessi. Forse Janus ha ragione, forse sono solo un sostituto… - 

- Di cosa parlate? - Intervenne Ginny, alle sue spalle, facendolo sussultare. 

- Percy è in crisi. A quanto pare si è accorto che Hazel è una persona a cui è difficile stare accanto. - Spiegò Charlie alla svelta, mentre la sorella si sedeva accanto all’altro. 

Ginny fulminò Percy con lo sguardo. - Sei un idiota. - Sentenziò dura. - Dimmi che non vuoi lasciarla solo perché le cose tra voi non sono facili e scontate come con Audrey. - 

- No che non voglio lasciarla ma… -  

- Ma pensa che Janus abbia ragione sul fatto che lei non lo amerà mai come ha amato Sirius, si lamenta che per tutti lei sia la signora Black e teme di essere solo un sostituto. - Concluse Charlie. 

- Che cosa ridicola. - Sentenziò Ginny.

- Quale parte? -

- Ogni cosa, ma soprattutto la parte del sostituto. - Rispose lei. - Tu e Sirius siete due persone totalmente opposte, Perce. Lui era meno controllato di te, più lunatico e decisamente molto più attraente, ora che mi ci fai pensare. - 

- Grazie, Ginny. Mi sento molto meglio adesso. - 

- Il sarcasmo non ti si addice affatto, un’altra cosa che ti differenzia da lui. - Continuò la ragazza. - Tutto questo per dirti che, se Hazel avesse voluto sostituire Sirius, non credi che avrebbe scelto uno più simile a lui? -  

Percy non rispose. Fare discorsi del genere con Ginny era faticoso per quella sua tendenza di andare sempre dritta al punto.  

- Se adesso tu vuoi chiudere con lei solo perché un bambino confuso e pieno di rabbia ti ha detto che Hazel non ti amerà mai, allora sei un coglione. -

- Ti ho detto che non voglio lasciarla. - 

- Allora devi parlare con Janus. - Ribatté Ginny. - Devi andare d’accordo con lui se vuoi continuare a vederla. È suo figlio, se c’è qualcuno di cui devi preoccuparti allora è lui, non Sirius che non c’è più. - 

Percy sbuffò e incrociò le braccia sul petto. - È un bambino maleducato e viziato! - Sbottò indispettito. - Anzi, è proprio cattivo! Avete sentito cosa ha detto? Io sono l’adulto e quindi è lui che deve venirmi a parlare per scusarsi. -

Charlie alzò gli occhi al cielo e poi scoccò un’occhiata alla sorella. - È lui l’adulto, dice. - Sospirò con sarcasmo, scuotendo la testa con disapprovazione. 

- Proprio perché sei tu l’adulto devi andarci a parlare. - Spiegò Ginny a Percy. - Sul serio non riesci a metterti nei suoi panni? Tu sei spuntato dal nulla quando per anni sua madre era stata solo per lui. Erano loro due contro tutto il resto del mondo, per non parlare del fatto che spera ancora di veder tornare suo padre. - 

- E io cosa posso farci, scusa? - Chiese Percy, infastidito. - Sono passati anni, possibile che non sia ancora arrivato a capire che è morto? - 

- Certo che ci è arrivato, non è per niente stupido. - Questa volta a parlare fu Charlie, più serio che mai. - Secondo me per lui ammettere che Sirius è morto equivale a scendere a patti con il fatto che suo padre lo ha lasciato. Si attacca alla speranza che Sirius, dall’altra parte di quel velo, stia lottando per tornare da lui, solo perché accettare la realtà lo farebbe sentire abbandonato e solo. - 

- Resta il fatto che io non so cosa dirgli, non so cosa fare. - 

- Innanzitutto comincia a smettere di sforzarti in quel modo patetico di piacergli. - Iniziò Ginny. - Vai su, bussa alla sua porta e parla con il cuore in mano. Sii te stesso. -  

- A nessuno piace quando sono me stesso. - Sostenne Percy. 

- Povero Percy l’incompreso. - Lo canzonò sua sorella. - Forza alza il culo da questo divano, togliti quell’espressione affranta dal viso e vai a parlare con lui. -

- No. - 

- Percy, vai a parlare con lui, adesso. - Replicò Ginny, coriacea. - Non farmi arrabbiare, ti ricordo che sono incinta e che il bambino prova tutto ciò che provo io. - 

Il mago sbuffò e si alzò in piedi. - E va bene, va bene! - Urlò infastidito. - Farò questa cosa stupida e insensata che non mi porterà a nulla. - 

- Mi raccomando, deve essere una chiacchierata a cuore aperto. - Gli ricordò Charlie. - Mostrati umano e pronto al dialogo, ma non cercare di fartelo amico. - 

- Sii te stesso! -

Seduto sul letto della camera di Ron, Janus aveva appena iniziato a mangiare un grosso panino che Kreacher gli aveva portato direttamente da Hogwarts, con gli occhi puntati su quell’elfo che, a sua volta, ricambiava intensamente il suo sguardo. 

- Il padrone desidera altro? - Gli domandò Kreacher, rompendo il silenzio con la sua voce gracchiante da rana.

Janus si prese tutto il tempo necessario per rispondere. Diede l’ennesimo morso al panino, masticò con calma e poi si alzò, abbandonando il piatto sul comodino per dirigersi verso il baule, aprendolo. - Ho una cosa per te. - Disse, tirando fuori il finto medaglione di Serpeverde appartenuto a Regulus.  

Quando lo mostrò all’elfo, Kreacher gemette addolorato e gli occhi iniettati di sangue gli diventarono lucidi. Perché quel ragazzino mezzosangue doveva essere così crudele con lui, mostrandogli ciò che gli aveva tolto? 

- Tieni. È per ringraziarti per avermi portato qualcosa da mangiare. - Disse il giovane, porgendoglielo. - Volevo tenerlo fino alla fine delle vacanze di Natale o buttarlo nel Lago obbligandoti a guardare mentre affondava ma… prendilo, prima che cambi idea. -  

Kreacher allungò la mano tremante verso il medaglione e, sebbene Janus avesse ancora la tentazione di tenerselo per farlo soffrire un altro po’, gli permise di afferrarlo. 

L’elfo guardò quell’oggetto con gli occhi pieni di lacrime e poi se lo infilò al collo come una medaglia e, un attimo prima che potesse aprire bocca, la porta alla loro sinistra bussò e la voce di Percy arrivò soffocata dall’altra parte della soglia.

- Che cosa vuoi? Vattene via! - Esplose Janus con sdegno. 

- Devo parlarti. - Disse Percy. - E poi avrai fame. Ti ho portato qualcosa da mangiare. - 

Janus esitò. A quanto pareva Percy non lo odiava, quindi, forse, nemmeno gli altri. Ma allora perché sua madre non l’aveva raggiunto in camera per consolarlo, come faceva ogni volta in cui si arrabbiava? 

- Dov’è mamma? - Domandò avvicinandosi alla soglia, ma senza aprirla. 

- Nel capanno con mio padre. - Rispose Percy. - Lì è pieno di tutti oggetti babbani molto strani e… c’è anche la moto di Sirius. Vorresti vederla? - 

- No. - Disse seccamente Janus. 

Percy sospirò, poggiando sconsolato la fronte sul materiale legnoso della porta. Perché quel ragazzino doveva essere così impenetrabile? Non sapeva cosa dire, cosa molto rara per lui, si sentiva in difficoltà. Devi parlare con il cuore aperto, gli ripeté la voce di Charlie nella sua testa, ma come poteva da dietro quella porta? 

- Senti… ti va di farmi entrare? - Gli chiese, dopo un sospiro.

- No. - Ripeté Janus, inflessibile. - Vattene via. - 

- Non me ne vado finché non mi apri. - 

Janus sbuffò, rivolse uno sguardo sfuggente a Kreacher e gli ordinò di andarsene via, e poi spalancò l’uscio, ritrovandosi davanti ad intimorito Percy Weasley, che teneva in mano un vassoio con sopra poggiati due piatti, uno con del pasticcio di carne e l’altro con una fetta di torta al cioccolato. 

L’uomo diede un’occhiata all’interno della stanza, constatando che il giovane aveva già mangiato. - Dove hai preso quel panino? - Gli domandò, curioso. 

- Me l’ha portato il mio elfo. - Rispose Janus in tono ovvio. - Kreacher era l’elfo della famiglia di mio padre. L’ho incontrato a Hogwarts, lunga storia, fatti gli affari tuoi. - 

Percy aggrottò le sopracciglia e poi sospirò. - Posso entrare? Giusto per posare il vassoio sulla scrivania. - 

Janus annuì meccanicamente e lo fece passare, scrutando attentamente tutti i suoi movimenti. - Allora? - Imbeccò poi, incrociando le braccia sul petto. - Che cosa vuoi? - 

L’uomo prese un lungo e profondo respiro, con tutta l’aria di chi si era preparato un elaborato discorso. - Mi dispiace, siamo partiti con il piede sbagliato e non doveva andare così. - Iniziò, sforzandosi di parlare con sincerità. - Volevo solo dirti che so che sei arrabbiato e lo capisco; se ce l’hai con me io posso comprenderlo. Ti manca tuo padre, pensi che tornerà e che dunque tua madre debba aspettarlo ma… lo so, te l’avranno detto già in tanti, questo non può accadere. Non pensi che se fosse possibile tirarlo fuori di lì qualcuno l’avrebbe già fatto? Sono passati nove anni... - 

- Smettila! - Ringhiò il ragazzo, folgorandolo con lo sguardo. - Tu dici così solo perché sai che mamma ti lascerebbe se ciò dovesse accadere! - 

- No, io dico così perché è la verità, per quanto orribile essa  sia. - Ribatté Percy. - Pensi che se fosse possibile riportarlo indietro allora Harry non l’avrebbe già fatto? Oppure il Ministro… erano amici, no? Per non parlare di Silente, che era ancora vivo quando tuo padre è venuto a mancare… sai perché nessuno ha fatto niente? Perché non si può. Non si può tirare nessuno fuori da quel velo. -    

Janus tacque, continuando a rivolgergli occhiate feroci. 

- È difficile, so che l’idea di arrenderti ti procura tanto dolore perché è come accettare il fatto che lui se ne sia andato per sempre, che non lo conoscerai mai, che ti chiederai per tutta la vita se ti amava o meno. - Tornò a parlare Percy. - Io non l’ho mai conosciuto, ma ho due figlie a cui darei la mia stessa vita, però non credo che avrei la forza necessaria per rinunciare a loro pur di proteggerle. Tuo padre ce l’ha avuta ed è stato molto coraggioso. Tutto quello che ha fatto l’ha fatto per te, per tenerti al sicuro e per permetterti di vivere in un mondo migliore di quello di allora. Credi che adesso vorrebbe vederti così, triste e arrabbiato come sei? - 

- Tu non sai un bel niente di quello che vorrebbe lui. - 

- Invece lo so, nessun genitore vorrebbe questo per i propri figli. - 

Janus strinse gli occhi, che si stavano facendo man mano sempre più umidi. No, non avrebbe mai pianto davanti a lui. - Vattene via, per favore. - Disse con voce spezzata, voltandosi per nascondere le lacrime. - Lasciami in pace. -

- No, non posso lasciarti qui da solo in lacrime. - Decise l’uomo, e poi si sedette sul letto. 

Janus non rispose, ma lo guardò in un modo un po’ strano e Percy ebbe l’impressione che volesse chiedergli qualcosa. Ci fu silenzio per almeno due o tre minuti, finché il ragazzo si sedette al suo fianco, ma ben distante, sospirò e poi guardò il vuoto. 

Janus si sentiva strano, come se il tappo che teneva chiuso il contenitore in cui custodiva ogni briciola del suo dolore fosse saltato, liberandolo da quel macigno di sofferenza. Meditò sulle parole di Percy a lungo e poi dovette ammettere a sé stesso che quel mago irritante aveva ragione praticamente su tutto. Erano passati nove anni da quando suo padre era caduto oltre quel velo e, in effetti, era strano che nessuno l’avesse ancora riportato indietro. Forse Percy aveva ragione, forse lui era… morto. Quel pensiero gli strizzò violentemente le viscere come se fosse dotato di una mano invisibile. 

- Vorrei tanto che ci fosse una tomba, anche se non abbiamo il suo corpo. - Mormorò quasi impercettibile. - So che è una cosa stupida. - 

- Ti farebbe sentire un po’ meglio? - 

Janus annuì, con le labbra piegate verso il basso. 

- Allora non è una cosa stupida. - Rispose Percy. - Secondo me si può fare. Magari puoi seppellire qualcosa di suo, qualcosa che te lo ricorda, al posto della sua salma. In molti lo hanno fatto dopo la guerra… tante persone scomparse in quei mesi, non sono mai state ritrovate ma i loro cari hanno trovato conforto facendo comunque un funerale. -  

Janus voltò il viso nella sua direzione. In quel momento quello strano ragazzino sembrava molto più grande della sua età, come se la tristezza lo avesse invecchiato di qualche anno. - E come… come si fa? Bisogna andare in un cimitero? Tu mi puoi aiutare? - Chiese arrossendo. 

Percy annuì e poi un piccolo sorriso piegò le sue labbra. Quelle domande potevano forse considerarsi una piccola crepa nella corazza che il giovane indossava? 

Seguì un altro lungo attimo di silenzio. C’era di nuovo la calma in quella stanza ma, al piano di sotto, si sentivano di nuovo le voci degli abitanti della Tana. 

Poi Janus sospirò e parlò di nuovo: - Che intenzioni hai con mia madre? - Domandò. 

- Intenzioni molto serie, te lo assicuro. - Chiarì Percy, sincero. 

- Sei innamorato di lei? - 

L’uomo sgranò gli occhi e esitò. Per un istante sentì le sue guance e le sue orecchie farsi molto più calde, sintomo del fatto che era arrossito. - Sì, credo di esserlo. - Rispose con sincerità. - Però fammi il favore di non dirglielo. - 

Janus mugugnò con disapprovazione. - Comunque… io credo di doverti delle scuse. - Disse alla fine. - Forse, in fondo, non è vero che sei solo un sostituto di papà. Insomma magari per qualche oscuro motivo mamma prova davvero qualcosa per te e poi… - E poi mio padre non tornerà più, si disse nella sua testa, ma non riuscì a pronunciare quelle parole ad alta voce. 

Faceva male, malissimo lasciare che un pensiero così lo sfiorasse. 

Janus sbuffò e si alzò in piedi; passò nervosamente la mano tra i capelli e poi scoccò a Percy uno sguardo indecifrabile. - Non è che le hai versato dell’amortentia nel tè? - Gli chiese a denti stretti. 

Percy aggrottò la fronte, incredulo. - Certo che no! - Esclamò sconvolto dal fatto di doverlo sottolineare. - Come ti viene in mente una cosa del genere? - 

- Allora hai la mia benedizione, anche se comunque preferivo Charlie. - 

L’uomo fu, se possibile, ancor più sorpreso. - Davvero? -  

Janus annuì come se gli costasse una gran fatica. - Ma se la farai soffrire… se la tradisci o la maltratti giuro che ti farò male, molto male! -  

Percy non stentò a crederci. C’era qualcosa di molto inquietante in quel ragazzino, nel suo sguardo torvo e in quel suo atteggiamento, ma in un certo senso gli faceva anche tenerezza. - Non la farò soffrire. - Assicurò. 

- Sarà meglio. - 

Seguì un lungo attimo di silenzio nel quale i due si limitarono a guardarsi negli occhi, con meno difese rispetto all’inizio della conversazione. E poi sulla soglia della porta apparve timidamente la figura di Hazel, attirando l’attenzione di entrambi. 

Janus la scrutò con apprensione, cercando di capire quanto fosse arrabbiata con lui ma, quando poi finalmente sua madre sorrise, il giovane tirò un sospiro di sollievo. 

- Mamma, scusa. - Sussurrò piano avvicinandosi. 

- Va bene così, Jan. - Gli disse, abbracciandolo. - Ma sei in punizione fino alla fine delle vacanze. - Aggiunse, guardandolo nuovamente negli occhi. 

Il ragazzino sbuffò ma non ribatté; di certo non voleva peggiorare la situazione.

- Che ne dici di scendere giù adesso? - Continuò sua madre. - È appena arrivato Teddy. - 

Janus annuì, guardò nuovamente Percy come se volesse dirgli qualcosa e poi uscì da quella stanza, lasciandoli da soli, anche se gli sembrava una pessima idea. 

- Abbiamo la sua benedizione. - Disse il mago, guardando Hazel. Aveva l’aria di uno che era appena sopravvissuto a una terribile battaglia. 

- Lo so, ho sentito. - 

- Stavi origliando? - Le domandò divertito e imbarazzato. - E che altro hai sentito? - 

Hazel sorrise e poi si morse il labbro inferiore. - Be’ sai… le tue intenzioni molto serie. 

Percy avvampò. - Non intendevo dire che… - 

- Qualsiasi cosa tu intendessi dire mi sta bene. - Lo fermò lei, facendo un passo nella sua direzione. 

L’uomo tergiversò per una manciata di secondi prima di annullare la distanza che lo divideva da lei, premendo delicatamente le labbra su quelle di lei. Quando si staccarono, pochi secondi dopo, Percy la fissò e poi fece un passo indietro, sul suo viso era comparsa un’espressione molto seria. - Janus vorrebbe una tomba per Sirius. Mi ha detto che lo farebbe stare meglio. - Rivelò. 

Hazel apparve sorpresa. - Oh… sul serio ti ha detto questo? - Domandò piano. - Una tomba vorrebbe dire accettare che è morto… e lui non ci ha mai veramente creduto. -  

- Magari sta finalmente cominciando ad elaborare il lutto. - 

Hazel sospirò sonoramente e poi annuì accennando un sorriso e cercando di non far caso alla dolorosa fitta che la sua anima stava provando in quel momento. Se perfino Janus si stava arrendendo, allora forse era finita anche la speranza. - Va bene. - Sentenziò. - Sirius avrà una tomba. Potrebbe essere un modo per mettere un punto. -

- Lo penso anche io. Potrebbe aiutarvi a lasciarlo andare. - 

Hazel si limitò ad annuire ancora, mentre qualcosa dentro di lei gridava di non cedere, di tenersi stretta, aggrappata a quel briciolo di speranza e fede che aveva ancora nel vederlo tornare. 

Confesso che questo capitolo funzionava meglio nella mia testa che ma tutto sommato posso anche ritenerlo mezzo soddisfacente. Forse ci sarebbe stato bene un po’ più di dramma, non lo so, ditemi voi. Comunque… dal prossimo in poi ci sarà un “piccolo” salto temporale che potrebbe risultare fastidioso ma alla fine ho deciso di azzardare un po’, quindi preparatevi! 

Grazie per l’attenzione e per essere arrivati fin qui,

J-

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