Under the same night sky

By WiseGirl_03

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«Mi serve un favore» dice all'improvviso e io inarco un sopracciglio «Mi hai detto che se avessi avuto bisogn... More

Prologo
1. Mi mancherai
2. Felice e spensierata
3. Brutta giornata
4. Rose, sei tu?
5. Questa me la paghi
6. È complicato
7. Rimanere incastrata
8. Svuotare la mente
9. Forse mi sbaglio
10. Sei al sicuro
12. Non funzionerà
13. Sono fidanzata
14. Regole
15. Sei importante
16. Sospetto
17. Consiglio da amica
18. Verità
19. Ci provo
20. Categorie
21. Dietro le sbarre
22. Comincio da domani
23. Una condizione
24. Hai ragione
25. Peggio di un fantasma
26. Caldo e freddo
27. Pagine ingiallite
28. Pensare è estenuante
29. Malfunzionamento
30. Nulla di sentimentale
31. Annie
32. Devi dire di sì!
33. Ci vediamo a Parigi
34. Chiudi gli occhi
35. A cuore aperto
36. Il Cavaliere della notte
37. Colpo basso
38. Presentimento
39. Cambio di rotta
40. Pezzi di puzzle
41. Sotto lo stesso cielo stellato
42. Il codice dei serpenti
43. L'amore fa schifo
44. Mossa sbagliata
45. Te lo prometto
Epilogo
Extra

11. Lividi

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By WiseGirl_03

Io, Catherine Jane Richardson, non sono mai stata molto brava ad ascoltare e seguire i consigli altrui, generalmente preferisco darli: è nella mia indole. Molte volte non riesco a vedere le cose dall'esterno e con lucidità, per cui, pur chiedendo consigli e suggerimenti agli altri, faccio comunque di testa mia. Mia madre mi ha sempre rimproverato per questa mia incapacità di dare ascolto agli altri, papà invece mi incoraggiava sostenendo che fosse giusto che io facessi ciò che desidero, ciò che il mio cervello sembra stimare sia la cosa migliore.

Al momento, però, penso che la decisione migliore che io possa prendere è quella di seguire il consiglio di Nicholas: fare finta di niente e tutto andrà per il meglio.
Mi piego sulle ginocchia per recuperare la tessera e approfitto del momento i cui ciocche di capelli si posano sul mio viso per fare un respiro profondo e cercare di mascherare tutte le emozioni che il mio volto vorrebbe far trapelare in questo istante. Non piangere, Catherine, non devi piangere o davvero ci sarà da farlo.

Uno...due...tre.
Conto per incoraggiarmi e poi, tirandomi su, indosso il mio sorriso migliore e vado in scena.
<<Oh...Paul!>> lui è sempre più vicino e io devo sforzarmi sempre di più per non lasciar trasparire il terrore che la sua vicinanza scatena in me.
<<Sei sparita, prima>> mi dice lui una volta difronte a me <<Quando sono tornato non ti ho più trovato e->>

Non gli do l'opportunità di concludere la frase perché lo interrompo prima che lo faccia. <<Hai ragione, mi dispiace>> cerco di rendere la mia voce più convincente possibile e spero con tutta me stessa di starci riuscendo. Accidenti! Qual era la scusa? Ah sì, la scusa, Cole. <<Mi ha chiamato Cole e mi ha chiesto di raggiungerlo immediatamente>>

<<Cole?>> domanda lui pensieroso con le sopracciglia leggermente aggrottate.
<<Esatto>> comincio a gesticolare in maniera smisurata <<Il ragazzo che ti ho presentato ieri, alto, carino, occhi scuri, capelli neri>> mimo la sua altezza a circa venti centimetri più in alto di me.
<<Cole... certo, mi ricordo di lui>> finalmente lui sembra comprendere di chi stia parlando e subito si mostra interessato. Okay, Catherine, ce la stai facendo. L'importante è continuare a mantenere la calma.

<<Come mai?>>
<<Cosa?>>
<<Come mai ti ha chiamato>> spiega lui e mi trattengo da schiaffeggiarmi la faccia con la mano. Violentemente anche.
Mi chiedo: ma si può essere così stupidi? <<Oh, certo... Che altro se no?>> sforzo una risatina.
<<Mi ha chiamato perché...>> guardo il soffitto nella vana speranza di trovarci scritta una scusa plausibile, eppure non accade e tentenno <<Perché... PERCHÉ STAVA MALE!>> il colpo di genio mi porta ad urlare il finale e ci metto qualche secondo prima di tornare al mio volume abituale. Ricomponiti, Catherine, sembri pazza.
<<Dicevo>> mi schiarisco la voce prima di continuare a parlare. <<Sta molto male, malissimo. Ieri dopo il cinema ha deciso, di nascosto da me, di andare in discoteca e ha bevuto tantissimo, troppo. Era uno straccio quando mi ha aperto la porta e poi si è accasciato sul pavimento in una valle di conati>> rido poggiandomi alla porta della mia stanza. <<Adesso fortunatamente ha buttato tutto fuori ed è nella sua stanza a riposare per riprendere le energie>> sorrido e anche lui fa lo stesso.
Ora se ne va? Qualcuno mi dica che adesso se ne va.

<<Di un po' Catherine>> del sorriso non c'è più traccia, il suo volto non cela alcuna emozione e la voce è fredda e piatta. Qualcosa mi dice che dovrei avere paura e deglutisco nervosamente mentre lui scruta attentamente il mio volto.
Non farti film mentali, Catherine, è tutto apposto. Va tutto bene.
Va tutto be-

<<Pensi che io sia un idiota?>> sputa velenoso e prima che e io me ne renda conto mi afferra dagli avambracci con una presa solida. Nel giro di pochi secondi sento la mia schiena urtare violentemente con qualcosa e capisco che sono bloccata alla parete del corridoio opposta a quella in cui si trova la porta che conduce alla mia stanza.
Corrugo le sopracciglia a causa del forte impatto e mi mordo il labbro inferiore per trattenere un gemito di dolore.
<<Lasciami, mi stai facendo male>> cerco di strattonarlo ma non ci riesco. <<E poi... Si può sapere che ti prende? Lasciami, ho detto>>
<<Non trattarmi come uno stupido... Hai capito?>> sussurra a denti stretti e il suo alito si infrange sul mio volto. La sua testa è sempre più vicina alla mia e cerco di tirarmi più indietro possibile anche se il muro dietro di me me lo impedisce. <<Il tuo amico sta benissimo, è a fare colazione ed è venuto proprio da me a chiedermi se ti avessi vista. Il mio telefono era acceso e sbloccato e tu eri completamente sparita nel nulla. Non provare a trattarmi come uno stupido!>> rinforza la presa e gemo quando la mia testa urta nuovamente alla parete.

Mi coglie un leggero giramento di testa ma dura pochi minuti. Torno subito alla realtà.
E forse avrei preferito svenire.
<<Che diavolo hai visto?>> urla a pochi centimetri dalle mie labbra mentre le sue mani stringono la mia pelle sempre di più, sempre più forte.

Il dolore e la paura si impadroniscono di me. Le lacrime si affollano sui miei occhi e comincio a vedere appannato mentre non riesco più a trattenere i singhiozzi. Una lacrima percorre la mia guancia e altre mille la seguono come una reazione a catena. E mi odio, mi odio per essermi fidata ancora una volta della persona sbagliata, mi odio perché ho chiesto aiuto a qualcuno a cui non importa niente di me. Mi odio perché ormai penso di essere soltanto in grado di sbagliare.

Piango in preda alla paura, alla stanchezza. Piango perché questa crociera doveva essere un sogno e ogni giorno che passa diventa sempre più un incubo ad occhi aperti. Piango perché ho paura di quello che potrebbe accadermi da un momento all'altro. Strizzo gli occhi per ricacciare le lacrime perché, nonostante tutto, ho la mia dignità e non ho intenzione di rinunciarvi proprio adesso.
Con un filo di voce, il corpo scosso da tremori e un senso di nausea alla bocca dello stomaco, sussurro le prime parole che mi compaiono in testa, stupendo anche me stessa.
<<Esattamente da quanto tempo è che ti fai i cazzi miei?>>
I suoi occhi si tingono di rabbia, i muscoli della mascella guizzano e la presa sulle mia braccia si rinforza al punto tale che non riesco più a contenere una smorfia e qualche gemito a causa del dolore.

<<Toglile le mani di dosso, adesso>>
Nicholas.
Immediatamente il mio cuore si contrae in un battito irregolare e mentirei se dicessi che all'improvviso non mi senta più tranquilla.
Mi volto per guardarlo e non mi sfugge il modo in cui studia le lacrime sul mio volto e i suoi lineamenti si induriscono immediatamente. Fissa gli occhi nei miei e sembra volermi rassicurare senza l'ausilio di parole.
Intanto, mi accorgo di star trattenendo il respiro e smetto di farlo, ma faccio fatica dal momento che il mio intero corpo è rigido al pari di un pezzo di legno.

<<Ehi amico! Non ti hanno mai insegnato a non intrometterti nelle conversazioni altrui?>> Nicholas distoglie l'attenzione dalla mia figura e la posa su quella di Paul. Lo guarda qualche secondo: è come se lo stesse studiando attentamente, in ogni dettaglio.

Poi sorride e io non penso di essere mai stata più confusa in tutta la mia vita.
E adesso perché sorride?

Cammina lentamente verso di noi e soltanto il suono dei suoi passi riecheggia nel corridoio.
Uno.
Due.
Tre passi.
<<Non so da dove cominciare a chiarirti le idee: dal fatto che non sono tuo amico, che a giudicare dal modo in cui la stai trattando non sono io quello a cui non sono state impartite le buone maniere oppure che, ripeto, le devi togliere le fottute mani di dosso>>

Ormai è praticamente accanto a noi e noto da qualche movimento irregolare delle sue mani che sta facendo di tutto per trattenersi.
<<Hai bisogno che te lo ripeta per la terza volta o il tuo cervello ci arriva alla seconda?>> continua e allunga la mano per circondarmi la vita, poi, applicando più forza nello stesso arto, mi avvicina a lui allontanandomi da Paul che, preso alla sprovvista, perde il contatto con il mio braccio sinistro.

Mi sfugge un sospiro di sollievo, sentendo finalmente venir meno quella morsa dolorosa.
Avverto ogni mio muscolo rilassarsi spontaneamente quando la mia schiena viene a contatto con il suo petto e forse... forse avrei dovuto dargli maggiore fiducia.
Perché in questo momento avverto calore, avverto sicurezza.
Mi sento al sicuro.
Sono al sicuro.

<<Togli. La. Mano>> scandisce lentamente le sue parole e non sposta la sua attenzione da Paul, il quale non sembra intenzionato a lasciare andare via l'altro mio braccio.
<<Non lo ripeterò una quarta volta>> lo avverte in tono serio e glaciale mentre i loro occhi sembrano sfidarsi in una gara di sguardi.
Attimi di silenzio seguono le sue parole, attimi privi di movimento.
Poi, all'improvviso, succede qualcosa.

Finalmente la presa si allenta e io ne approfitto per ritrarre in fretta il braccio libero da vincoli. Mi massaggio il punto in cui pochi secondi fa vi erano strette le sue dita e Nicholas ritira il braccio che mi teneva vicino a lui, spostandosi leggermente.
<<Finalmente!>> Una risata di scherno gli esce dalle labbra <<Cominciavo a perdere le speranze!>> esclama ironico allontanandosi del tutto da me e mi giro a guardarlo.

Con la coda dell'occhio intercetto un movimento e riesco a malapena a schiudere le labbra per metterlo in guardia quando, nel corso di un istante, il pugno di Paul è indirizzato verso il volto di Nicholas che lo tiene fermo, circondando il suo polso a mezz'aria.
Non è possibile.

Lo sguardo di Paul, proprio come il mio, è spaesato, le pupille sono dilatate e il pomo d'Adamo sale e scende quando deglutisce nervosamente.
Al contrario, Nicholas sembra quasi divertito dal suo tentativo.
<<Ma davvero?>> lo sbeffeggia lui con un sorrisino e un lampo gli illumina gli occhi. Non riesco a comprendere cosa accada subito dopo ma sobbalzo spaventata quando vedo Paul schiacciato, con il viso rivolto verso la parete, da Nicholas che gli tiene entrambe le braccia ruotate in maniera innaturale e le mani ferme dietro la schiena.
Oh mio dio...
<<Fallo un'altra volta e ti giuro che non sarai in grado di andare a raccontarlo a paparino>> lo minaccia a denti stretti mentre Paul cerca di liberarsi, vanamente, dalla sua presa. <<Ora, se hai finito con questo squallido spettacolino da due soldi, noi due ce ne andiamo>> poi si avvicina al suo orecchio e sebbene stia sussurrando, riesco a comprendere ciò che gli dice <<Ti consiglio di ammirarla bene, perché sarà l'ultima volta che i tuoi occhi si poseranno su di lei>> sentenzia velenoso.
<<L'hai già guardata fin troppo>>

Mi dedica un'occhiata e cerco di ringraziarlo con lo sguardo, ancora paralizzata dalla paura. Paul tenta di sfuggire alla sua presa ma Nicholas continua a trattenerlo.
Li osservo mentre proseguono per tutto il corridoio e, proprio quando non li vedo più, avverto un leggero capogiro che mi costringe ad appoggiarmi al muro.
Va tutto bene, Catherine, è tutto finito.

***

Il silenzio è tutto ciò che mi fa compagnia mentre, seduta a gambe incrociate sul pavimento, aspetto Nicholas fuori dalla sua stanza.
Sono trascorsi ben quarantasette minuti e trentaquattro secondi da quando si è allontanato con Paul. Trentacinque adesso.

Non ho la più pallida idea di dove possano essere, non pensavo che l'attesa potesse essere così estenuante e neanche che le mie mani potessero diventare così interessanti: il mio medio destro ha un callo grandissimo che lo fa sembrare stortissimo, tende troppo a sinistra. Probabilmente a causa nel mio ostinarmi a prendere appunti a mano o scaricare le emozioni scrivendo su pezzi di carta anziché al computer: ha un altro sapore, completamente diverso.

Inoltre ho anche deciso che dovrei fare proprio una bella manicure. Di solito litigo con mamma perché lei sostiene che dovrei curare le mie unghie una volta al mese come minimo, ma ciò che questa volta mi spinge a farle è il desiderio di renderle più lunghe e appuntite. Insomma, sarebbero una perfetta arma se fatte come si deve! Dovrei proprio prendere lezioni di autodifesa dopo questa: non ci sarà sempre Nicholas a guardarmi le spalle. E poi non voglio essere dipendente da qualcuno. Sì, una volta scesa da qui prenderò lezioni di autodifesa. Decisamente.

Tornando alle unghie... potrei farle di tutti i colori: un colore diverso per ogni unghia. Carine! E poi... chi diffiderebbe di qualcosa di così colorato?

Dei passi illuminano il silenzio e quando alzo lo sguardo incontro gli stessi occhi che circa un'ora fa mi tranquillizzavano. Mi tiro su e aspetto che arrivi esattamente vicino a me.
<<Ciao>> riesco a dire a malapena mentre lui continua a studiarmi.
<<Ciao>> risponde altrettanto a voce bassa.
<<Io...ecco... Volevo ringraziarti per quello che->>
<<Sei un'idiota>> mi attacca senza darmi modo di concludere. Idiota? Io?
Sbatto le palpebre velocemente, presa in contropiede, per capire se sto sognando.
No, sono decisamente molto sveglia.
<<Scusa?>> Chiedo un chiarimento alle sue parole.
<<Sei un'idiota>> ripete.
Ma questo è fuori come un balcone!

<<Perché?>> Domando spaesata: non capisco cosa gli prenda.
Un'ora fa era tranquillo.
Sempre se tranquillo può essere definito uno che sbuca all'improvviso, arresta le cattive intenzioni di uno psicopatico e lo blocca al muro con una mossa di qualche disciplina dal nome giapponese di cui ignoro totalmente l'esistenza.
Se "tranquillo" include anche questo, allora sì, era tranquillo.

<<Ti avevo detto di fare finta di niente e invece sei tornata in camera>>
<<Quello era il mio->> tento di ribattere ma mi interrompe, continuando a parlare.
<<Era ovvio che venisse a cercarti in camera, era l'ultimo dei posti dove saresti dovuta andare>> spiega e mi ammutolisco, abbassando lo sguardo e sentendomi in torto.
Ero così accecata dal panico che non ho pensato ad una cosa così tanto ovvia.

<<E tu perché mi hai seguito?>> Ho il coraggio di chiedere con appena un filo di voce.
<<Perché sapevo che non mi avresti ascoltato>> risponde veloce e decido di tacere una volta per tutte.
Resto in silenzio ma non mi allontano, mi appoggio al muro e lo sento cercare nella tasca del suo pantalone la chiave della sua stanza.
<<Grazie, comunque>> mormoro e non so se mi abbia effettivamente sentito.

<<Le braccia?>> mi dice e proprio in quel momento entra nella sua stanza <<Ci sono dei lividi...>> sento la sua voce constatare dall'interno.
Io abbasso lo sguardo sui miei avambracci, avevo già notato le macchie violacee che si erano venute a creare ma fortunatamente non è niente di grave. Anche loro andranno via.

<<Oh be, sì... non importa, spariranno>> lo rassicuro mentre esce e chiude la porta. Mi mordo la lingua per non chiedergli cosa ne abbia fatto di Paul.
Comincia a camminare e istintivamente lo seguo. Solo quando l'odore del sale si insinua nelle mie narici capisco che la sua meta era il ponte. Si appoggia ad una balaustra e, senza neanche darmi troppe attenzioni, tira fuori una sigaretta dal pacchetto e la accende cominciando a fumare. Trattengo una smorfia quando il fumo si volge nella mia direzione, intossicandomi a dovere.

<<Allora...>> cerco di capire da dove cominciare il mio discorso e lui sembra precedermi.
<<Non dovrai più preoccuparti di quel tipo>> rivela aspirando e allontanando la sigaretta dalla bocca subito dopo.
<<Non l'hai ucciso, vero?>> pronuncio la domanda spontaneamente e non posso non notare la nota di paura con cui l'ho fatto.
Lui mi guarda, poi fissa il mare e risponde mantenendo lo sguardo sull'orizzonte. <<Perché? Sarebbe un problema?>>
Oh cazzo, non era esattamente questa la risposta che mi aspettavo. Mio dio, ho istigato un pazzo criminale assassino contro uno stalker maniaco.
Si può sapere che razza di piega sta prendendo la mia vita?

<<L'hai ucciso davvero?>> domando pregando che non sia quello che penso.
<<No>>
<<Bene>> tiro un sospiro di sollievo e lui mi trucida con lo sguardo. <<Per te ovviamente>> scherzo <<Non vorrei mai che tu finissi dietro le sbarre>>; lui non sembra divertito e scuote la testa distogliendo lo sguardo.

<<Ti sono davvero molto grata, comunque>> gli ripeto fissando le mie mani e muovendo le dita nervosa.
Anche una delle sue entra nel mio campo visivo, si posa con delicatezza sul mio braccio e con il pollice accarezza i lividi che si sono formati. Non imprime alcun tipo di forza per non farmi male e quel gesto mi destabilizza. <<Davvero, se mai avessi bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, puoi chiedermela tranquillamente>>

Lui annuisce senza guardarmi. <<Non mi devi nulla, giusto perché tu lo sappia>> chiarisce.
<<Lo so>> alzo le spalle <<Ma se mai avessi bisogno di aiuto sarò molto contenta di offrirti il mio>> del fumo esce dalle sue labbra e mi contengo per trattenere di nuovo una smorfia disgustata.
Odio la puzza del fumo.

<<Posso farti una domanda?>> Un punto interrogativo si accende nella mia mente. Lui mi degna di uno sguardo e inarca un sopracciglio. Lo prendo per un sì.
<<Io...non capisco cosa volesse lui da me, non ho niente da dargli>> è un dubbio che mi assilla dal momento in cui ho trovato il telefono.
<<Forse tu non hai niente>> mi risponde <<Ma i tuoi genitori sì; e quando tu e il tuo socio non disponete di soldi per realizzare il progetto a cui state lavorando da anni... In quel momento ogni mezzo a disposizione va bene>> mi lancia uno sguardo eloquente e mi ammutolisco.
Soldi.
Ovviamente.

<<E se poi, proprio quando inizi a porti il problema, ti compare davanti agli occhi una ragazza che frequenta un college esclusivo...Beh, in quel caso->>
<<Voleva... Sequestrarmi e chiedere un riscatto ai miei?>> Traggo le mie conclusioni e mi sento particolarmente scossa da quest'informazione.
Sento il peso dell'angoscia gravare sempre più sulle mie spalle e diventare più insopportabile ogni secondo che passa.

<<Sì>> risponde secco <<Ma non ce l'avrebbe fatta>> sentenzia poi.
<<Perché dici questo?>>
<<Il ruolo del cattivo non è fatto per tutti>> lo guardo e mi chiedo cosa si celi dietro questa affermazione.
<<E dici questo perché...?>>
<<Perché il solo fatto che abbia lasciato quel telefono sul tavolo la dice lunga su di lui>>
<<Bisogna far sparire ogni traccia, no? Altrimenti rischi di rimanere incastrato... Era così, giusto?>> Ricordo quello che mi ha detto tempo fa e questa volta solleva completamente il viso per guardarmi, con uno sguardo che non sono capace di decifrare. Continua a muovere il pollice con delicatezza sulla zona livida e non proferisce parola.
<<Già, era così>>

<<Catherine!>> una voce si insinua all'improvviso tra di noi. È lontana, sembra quasi un sussurro, ma il mio nome si ripete ed è sempre più vicino. Come se scottato, Nicholas lascia cadere il mio braccio e all'improvviso avverto qualcosa posarsi sulle mie spalle. <<Mio dio, è tutta la mattinata che ti cerco! Vuoi farmi prendere un infarto per caso?>>

Cole e il suo lato apprensivo, mi era mancato.

<<Si può sapere che fine hai fatto stamattina? Ho incontrato quel tipo strano che mi hai presentato e...Oh...>> si blocca sul posto, concentrato a studiare il ragazzo davanti a me. <<E tu chi saresti? Dì un po', Catherine, ne cambi uno al giorno dopo quello stronzo del tuo ex?>> strabuzzo gli occhi e sento di essere completamente arrossita.

Chiudo gli occhi colta dalla vergogna e, quando li riapro, noto che Nicholas sta trattenendo un piccolo sorriso mentre scuote la testa e si passa una mano tra i capelli per camuffarlo.
D'altra parte, Cole incrocia le braccia in attesa che glielo presenti.

<<Ci vediamo, Catherine>> immediatamente il primo si dilegua con un cenno della mano e non immagina quanto vorrei ringraziarlo in questo momento.
Guardo Cole e prima che se ne accorga gli do uno scappellotto dietro la testa. <<Ti sembra il caso?>> lo rimprovero proprio come una mamma con il figlio.

<<Ahia..Ehi! E questi cosa sono? È stato lui?>> intercetta il mio braccio e mette su un'espressione preoccupata. Io lo guardo e scuoto la testa.
<<È una lunga storia questa; e io non ho neanche fatto colazione alla fine... Che ne dici se te la racconto mentre andiamo a prendere qualcosa?>>

Lui sbuffa e mi circonda le spalle con il braccio. <<Mannaggia a te, la vuoi smettere di metterti nei casini?>> mi rimprovera, poi comincia a camminare e io lo seguo.
Ho bisogno di una grande quantità di forza prima di intraprendere un'altra volta il discorso. E se a darmela è il cibo, beh, ancora meglio.










***

Amici,
Salve
Come state?
Spero vada tutto bene💓

Come ogni sabato da ben 11 settimane a questa parte siamo qui✨🌌
Pareri?
Pensieri sulla piega che la storia sta prendendo?

Per il momento possiamo stare tranquilli...
Ma quanto durerà?👀

Avvio il conto alla rovescia per il prossimo capitolo🌚
Un abbraccio ❤️

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