Al terzo giorno di vacanza, finalmente mi decido ad andare a pranzare. Ho pianto fino a tardi e mi sono svegliata quando l'orario della colazione era ormai trascorso da un pezzo. Ho cancellato ogni traccia di pianto dal mio viso e mi sono preparata per riempire il mio povero stomaco. Giuro che non ti farò più aspettare così tanto.
Oggi fa molto caldo. Il programma migliore che la mia mente mi abbia suggerito è quello di gettarmi in piscina e dissimulare il mio pianto con gli schizzi che i bambini fastidiosi sono soliti fare. Di solito non li sopporto proprio, in questo momento mi sembrano quasi necessari.
Non so quanto tempo riuscirò a trattenermi, anzi, al solo pensiero sento gli occhi farsi lucidi, lo stomaco chiudersi e la voglia di tornare in cabina a deprimermi salire a livelli massimi.
"Sarà divertentissimo" "Non vedo l'ora" "Ci divertiremo insieme e porteremo avanti il bellissimo ricordo di questa avventura insieme". Quante cazzate.
Mi sento davvero una stupida perché forse vorrei tornare indietro a quei momenti, quando ancora pensavo di avere tutto sotto controllo e di stringere a piene mani le redini della mia vita. Rivivere per la prima volta le risate con la mia migliore amica, i pomeriggi con il mio ragazzo.
Una lacrima solca la mia guancia. Non faccio niente per nasconderla mentre continuo a camminare per i corridoi. Non è niente di cui io debba vergognarmi, non sono io la cattiva di questa storia.
Meglio fuori che dentro. Forse il pianto sarà utile per sfogarmi, forse più tempo soffro oggi, meno lo farò domani. Forse passerà presto, lo spero. Mi sento impotente. Non voglio essere triste, non mi va, loro due non lo meritano, io non me lo merito. Allo stesso tempo, però, non riesco a smettere di pensarci e rimanerci puntualmente male.
E la cosa peggiore è che, nonostante io ben sappia che l'errore sia stato di entrambi, io non so con chi avercela di più. Noah? Violet?
Forse sono io il problema.
<<Catherine>> qualcuno mi afferra dalle spalle facendomi spaventare. Mi giro e vedo Cole che mi sorride raggiante ma il suo sorriso si spegne quando si ferma un attimo ad osservare il mio viso invaso dalle lacrime. Si abbassa per arrivare alla mia altezza e si sfila gli occhiali da sole, forse per assicurarsi che abbia visto bene. <<Che ti è successo?>>
Smetto una volta per tutte di porre freni alla mia tristezza e lascio che gli stessi tremori e singhiozzi di ieri prendano il sopravvento. Odio farmi vedere così, soprattutto da persone che non mi conoscono: non mi piace che pensino che io sia una piagnucolona. Non voglio che qualcuno mi ritenga debole, perché poi c'è il rischio che mi etichettino tale, ma in questo momento non riesco a fermarmi.
<<Cole, lo so che non ci conosciamo>> cerco di parlare tra le lacrime. <<Ma in questo momento avrei proprio bisogno di un po' di affetto. Posso abbracciarti?>>.
Lui mi guarda leggermente preoccupato, poi annuisce e allarga le braccia. <<Vieni qui>> mi dice. A piccoli passi mi lascio circondare dai suoi arti e appoggio la testa sul suo petto alla ricerca di un po' di calore.
Lo so che non lo conosco, che non dovrei fidarmi di lui, come non dovrei dare confidenza a un qualsiasi sconosciuto, ma in questo momento non mi va di pensare. A nulla. Voglio solo spegnere il cervello e sperare che le ultime emozioni non si siano salvate. Un po' come quando il computer si blocca e lo spegni. Poi riaccendi e tutto funziona come prima. Esattamente così.
Con il passare del tempo, questo potrebbe peggiorare le condizioni del computer, o di una persona come me, ma noi umani siamo essere estremamente semplici e spesso preferiamo dimenticare le angosce e tardare il più possibile il momento della tristezza.
Poi ci pentiamo ma ormai è troppo tardi.
Inoltre, arrivata a questo punto, preferisco infliggermi del male da sola che lasciarmi distruggere dagli altri. Cole mi stringe forte, come se anche lui ne avesse il bisogno, o forse lo fa solo per rincuorarmi. Non mi importa. Mi piace restare così, cullati dal suono delle onde che si infrangono sullo scafo della nave.
Quella che doveva essere l'avventura più bella della mia vita si sta trasformando nel peggiore dei miei incubi. Se dovessi formulare un pensiero sulla scorta di quello che è successo negli ultimi tre giorni, mi viene in mente solo una cosa.
Non vedo l'ora che finisca. E spero che fino a che non arrivi quel momento non ci siano altri, o almeno troppi, colpi di scena.
***
<<Allora>> ho smesso di piangere. Il mio stomaco ha cominciato a brontolare quindi abbiamo rimediato due piadine dal bar e siamo usciti per poterle mangiare su una panchina. Il vento, che si sta alzando sempre di più, non mi è d'aiuto. Infatti, avendo i capelli lunghi e sciolti, continuano a finirmi sul viso, negli occhi, in bocca e devo fermarmi dal mangiare per spostarli.
<<Ti hanno mai detto che esistono gli elastici o in America non sono contemplati?>> domanda Cole tirando un morso alla sua piadina. Mi giro a guardarlo fingendo di essere offesa <<Ma dove pensi che io abiti? In una palafitta?>> domando ridendo.
<<No, in realtà stavo pensando di più alle piramidi Maya se devo essere sincero. Usi gli elastici colorati per comunicare?>>
<<Ehm...No!? E poi quelli erano gli Inca!>>
<<Non essere così fiscale, ragazza americana. Porta rispetto per chi ti ha scoperto>>
<<Cristoforo Colombo?>>
<<Un italiano. Ricorda che mi devi un favore, se non fosse stato per uno di noi, chissà dove saresti tu oggi>>>
<<Ma non ha senso>> rido davanti alle sue assurde convinzioni. Poi dicono che le donne sono difficili da capire! Questo ragazzo è praticamente impossibile da decifrare, ne ha sempre una per la testa.
<<Nella mia testa ha senso...Ah, mi raccomando, ricordati di me la prossima volta che mangi una pizza>> aggiunge orgoglioso delle sue origini.
<<Non mi serve una pizza, non sei un tipo che si dimentica facilmente>>
<<Modestamente. Quale sarà il primo ricordo che avrai impresso di me? Il fisico da modello? Oppure questo bel faccino?>> muove la testa a destra e sinistra per darmi piena visione del sul profilo. Glielo concedo, non è niente male.
<<Il momento in cui, ubriaco fradicio, ti sei tuffato in una piscina e poi hai osato darmi della cogliona perché avevo temporaneamente tralasciato il dettaglio che non so nuotare>>
<<Dettaglio dici? Aspetta...>> mi punta il dito contro <<Avevi detto che te ne saresti dimenticata!>>
<<Tranquillo, non serbo rancore. Forse avevi ragione, forse lo sono davvero>> mi giro a guardare la distesa di acqua che ci circonda, anche se in pochi secondi torno a vedere sfocato e il mare e il cielo non sembrano più avere un confine. Adesso sono soltanto un'indistinta massa azzurra.
Stupida, Catherine. Devi smetterla di pensarci.
Vorrei, ma non è così facile. È come se la mia testa si allontanasse dall'argomento, ma poi senza rendermene conto mi trovo nuovamente ferma lì con il pensiero.
<<Non è niente di che, tranquilla. Cioè, potevi morire affogata, ma non è successo. Non c'è bisogno di piangere. Se mai dovesse succedere una cosa del genere ci sono io a salvarti. Cole l'impavido si getta tra le acque piene di squali e porta in salvo la povera Catherine>> mi sorride rassicurante, ma evidentemente non ha capito a cosa siano dovuti i miei occhi lucidi.
<<No, no>> tiro su con il naso e stringo forte le palpebre. Quando le riapro sento la zona subito sotto le ciglia inferiori leggermente umida, ma almeno riesco a distinguere nuovamente tutti gli oggetti attorno a me. <<Scusami, non volevo. Non c'entra niente quello... è altro, ma adesso è passato>> mi sforzo di fargli un sorriso ma non sembra convinto.
<<Sei sicura? Se ti va possiamo parlarne>> mi propone gentile.
<<No, tranquillo. Voglio solo smettere di pensarci e svagare un po'>> ricomincio a mangiare la mia piadina.
<<Se vuoi possiamo fare un giretto al bar una volta finito di mangiare>> sorride malizioso.
<<Non passerò il resto dei miei giorni qui in hangover! Ti concedo una bevuta alla settimana>>
Lui si abbassa gli occhiali da sole per concedermi uno sguardo incredulo. <<Sei impazzita? Mi abbandoni? E io con chi bevo? Mi lasci solo?>>
<<Non ti preoccupare>> lo rassicuro <<Staremo insieme, dobbiamo solo trovarci un passatempo>>
<<Hai qualcosa in mente?>> mi domanda.
***
<<Lavorare a maglia? Seria? Vai in crociera e ti associ a delle vecchiette che lavorano a maglia. Mi prendi in giro, vero? Dimmi che è uno scherzo!>>
<<Shhhh>> una delle signore zittisce Cole che mi fulmina con lo sguardo. Che ho fatto di male io?
Ho letto che qui c'erano dei laboratori creativi e ho pensato che sarebbe stato divertente. Non è colpa mia se le uniche persone che si sono presentate sono ultrasessantenni che desiderano lavorare a maglia.
Però non è poi così male.
<<Secondo te come mai non c'è nessun ragazzo?>> domando a Cole continuando a girare i ferri per cercare di ottenere qualcosa.
<<Perché sono tutti a bere fino a stare male, in piscina o a prendere il sole. Non al club della maglia!>> urla e le dieci signore si girano a guardarci male.
<<Non ti scaldare Cole, attiri tutta l'attenzione su di noi. Comunque adesso devi stringere l'anello e poi tirare il filo, così farai la tua prima maglia>> spiego e mi sembra vederlo perdere la pazienza.
Si alza facendo strisciare la sedia e producendo un rumore assordante. Gli occhi erano già fermi su di noi. <<Signore, è stato davvero un piacere trascorrere questi quaranta minuti assieme a voi. Siete tutte molto simpatiche e di una gentilezza unica, ma adesso io e la mia amica ce ne andiamo a fare cose da giovani. Okay?>>
Spalancano tutte la bocca oltraggiate. Una fa cadere il suo lavoro dalle mani, un'altra sbianca mentre la terza su cui pongo lo sguardo si affretta a sgridarlo. <<Ma lei è uno spudorato!>> Una delle signore parte in quarta <<Non si esplicano queste cose in pubblico, per rispetto suo e della ragazza accanto a lei. E poi, le sembra il caso di dire una cosa del genere davanti a noi? Siamo persone anziane, ci deve portare rispetto!>>
Cole mi guarda confuso, poi capisce la gaffe e tenta di rimediare. <<Assolutamente signora, forse non mi sono spiegato bene. Per "cose da giovani" non intendevo quello che ha pensato lei>> si ferma prima di continuare ma il suo discorso prende una piega diversa <<Anzi, sa cosa le dico? È lei, o meglio, voi siete le pervertite spudorate della situazione. Fate la predica a noi giovani, ma il vostro pensiero è corso immediatamente là. Ma come vi permett->>
Capisco che è arrivata decisamente l'ora di andare, scatto in piedi e pongo il mio lavoro sulla sedia dove era seduta.
<<Bene signore, noi andiamo. Buona serata, buona maglia e buona vita>> afferro il polso di Cole e lo trascino via da quel posto prima che le vecchiette gli conficchino i ferri da maglia in tutte le parti del corpo.
<<Le hai sentite Catherine? Sono delle malpensanti!>> esclama indignato e scoppio a ridere. <<Non ridere, questa è colpa tua. Lo avevo detto io che dovevamo andarcene in piscina, sei stata tu che non mi hai ascoltato e mi hai portato lì>>
<<Sc-scusami ma->> un'altra risata mi interrompe e vedo Cole annuire mentre sorride sadico. Immediatamente mi interrompo. <<Volevo dire>> mi riprendo <<Scusami ma->> ha dato a delle vecchiette che lavoravano a maglia delle pervertite. Torno a ridere più forte di prima. Non è possibile, ma con quale coraggio lo ha fatto?
<<Ridi, ridi Catherine. Tanto questa me la paghi>> ghigna guardandomi.
<<In che senso?>> torno immediatamente seria.
<<Che questa sera andiamo a cena insieme e, una volta terminato di mangiare, ti faccio vedere io come ci si diverte. Ovviamente, un concetto di divertimento più adatto alla nostra età>> spiega.
<<Non verrò a bere con te>>
<<Chi ha parlato di bere?>> domanda furbo catturando la mia attenzione. <<Forza, andiamo a prepararci>> mette un mano sulla mia schiena prima di guidarmi verso le nostre camere. Vorrei chiedergli cosa ha in mente ma mi interrompe ancora prima che io possa domandargli qualcosa.
<<Non ti dirò niente di niente, inutile che mi domandi qualcosa>> mi dice <<Ah e ricordati di metterti in ghingheri>>.
***
Amiciiiii
Quanto amo il sabato❤️
Come state?
Cosa pensate che abbia in mente Cole?
Spero che questi due siano stati in grado di strapparvi una risata🧚🤍
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