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By zaystories_

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! TW: violenza, abuso sessuale, morte/omicidio, dipendenze, disturbi psichici, aborto, autolesionismo. «Non m... More

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Informazioni e TW
Playlist
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 8
EXTRA - La lettera di Nate Cross
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30 (pt. I)
Capitolo 30 (pt. II)
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
EXTRA - Ava
Capitolo 37
Capitolo 38
EXTRA - Nora (pt. I)
EXTRA - Nora (pt. II)
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
EXTRA - Lewis
Capitolo 44
EXTRA - Dom
Capitolo 45
Capitolo 46
EXTRA - Lydia
Capitolo 47
Epilogo
Ringraziamenti
Tematiche trattate
Notizia importante!
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Capitolo 7

977 54 56
By zaystories_

Rylee

«Grazie, piccola R». Il signor Rogers arrise con dolcezza quando gli servii il solito cheeseburger fumante. Ricambiai quel gesto e sparii un'altra volta dietro il bancone.

Era una serata come le altre, al Kenmore. Lewis cucinava le portate ordinate dai pochi clienti presenti e io le consegnavo ai tavoli. Niente di nuovo, niente di estremamente faticoso.

Il tintinnio del campanello alle mie spalle era raro, a segnalare la scarsa quantità di persone che varcavano la soglia per gustarsi un pasto caldo benché scadente. Accadde anche in quel momento, così mi voltai, avvicinandomi mentre ero intenta ad asciugare un boccale lavato poco prima.

Il mio campo visivo fu occupato dalle figure di Ava e Blake che, chiacchierando fra loro, mi salutarono con un gesto della mano e scelsero un tavolo fra i tanti disponibili. Recuperai due menu dai bordi rovinati e li raggiunsi, dedicando loro un sorriso come se non vedessi la mia amica da troppo tempo.

Ava portava i capelli sciolti, che si adagiavano sulle sue spalle con leggerezza. La mandibola appena definita era nascosta dalle ciocche anteriori, che le contornavano il viso esaltando la perfezione dei suoi lineamenti. Le lentiggini erano visibili a malapena, evidenziate dall'abbronzatura lieve di inizio estate e, quando chiudeva gli occhi, le ciglia le sfioravano le guance. Di fronte a lei, Blake era la sua copia in versione maschile. La mascella disegnava le linee dritte del suo volto, con i capelli più lunghi rispetto alla media dei ragazzi. Sulle sue gote, le lentiggini non erano poi così numerose, ma il colorito era il medesimo della sorella. Due gocce d'acqua.

«Non mi avevi detto che saresti venuta» commentai, lasciando i menu sul tavolo.

«Blake voleva uscire e staccare un po' la spina, quindi eccoci qui» sorrise.

Suo fratello alzò le mani dichiarandosi colpevole, ma non staccò lo sguardo dalla lista dei piatti proposti. «Mi prendo tutta la responsabilità», rise.

Mi chinai in avanti e feci aderire i palmi alla superficie del tavolo. Guardai fuori alla finestra e notai che il cielo stava iniziando a tingersi delle sfumature del tramonto. «Dovreste venire più spesso, mi terreste compagnia», ridacchiai.

«Rylee, c'è un altro cliente!» mi urlò Lewis dalla cucina.

Distratta dalla presenza dei miei amici, non avevo nemmeno sentito il campanello. Seduta al tavolo più vicino all'ingresso, infatti, si era accomodata una ragazza sola, che guardava il calar del sole attraverso il vetro spesso e non faceva trapelare emozioni. I capelli scuri e ricci erano nascosti nel cappuccio di una felpa bianca e all'apparenza pesante, tanto da farmi interrogare su come fosse possibile indossarla a giugno inoltrato.

Allontanatami da Ava e Blake, mi sporsi verso l'interno del bancone per recuperare un altro menu, poi mi diressi nella sua direzione. Quando entrai nel suo campo visivo e porsi i miei saluti, lei non li ricambiò; mi guardò rivelando le sue ciglia perfette e con una mano accantonò il menu. Le sue labbra erano contornate da un rosso scuro e spento, che si sposava perfettamente con la sua carnagione ambrata.

«Una porzione di patatine fritte va benissimo», mi comunicò. Aveva un tono deciso, ma non freddo. «Senza sale» specificò.

Annuii senza porre ulteriori domande e mi avviai verso la cucina. Annotai la comanda sul primo foglietto capitatomi sotto tiro e lo appesi accanto agli altri ordini, richiamando l'attenzione di Lewis.

«Patatine fritte senza sale, capo».

«Chi diavolo vuole una porzione di patatine insipide?» mi chiese confuso. Il suo sguardo saettò dalla friggitrice a me.

Feci spallucce. «Una ragazza che non ho mai visto prima».

«Senza sale siano», rise. «Ava e Blake hanno ordinato qualcosa?»

«Non ancora» risposi prima di lasciare quella stanzetta, odorante di carne cotta alla piastra e frittura.

Mi recai nuovamente nella sala. Notando che i due fratelli avevano appoggiato i loro menu sul tavolo ed erano intenti a chiacchierare di frivolezze, mi avvicinai e presi i due cartoncini in mano.

«Cosa vi porto?»

«Non siamo particolarmente affamati, quindi due milkshake vanno più che bene. Uno alla fragola e uno alla vaniglia» ordinò Blake.

«Perfetto, grazie». In risposta, abbozzai un sorriso.

Tornai, ancora una volta, sul retro del bancone. Afferrai due grandi bicchieri in vetro e iniziai a preparare i milkshake, seguendo tutti i passaggi che mi aveva insegnato Lewis la prima volta che avevo messo piede qui. Non che io non ne fossi stata capace anche prima, ma la mia esperienza come cameriera a Brownsville si limitava alla preparazione di panini che mi facevano desiderare di mangiarli, invece di servirli. Una volta pronti, li posizionai su un vassoio scuro.

«Lee, le patatine» mi chiamò Lewis.

Mi avvicinai alla cucina e afferrai il contenitore di plastica delle patatine. L'odore raggiunse le mie narici e il mio stomaco brontolò un'altra volta, ma sapevo di dover aspettare ancora un po' prima di cenare, come al solito, nella mera compagnia del mio migliore amico.

Aggiunsi quella portata al vassoio e tornai in sala. Lasciai le patatine sul tavolo della ragazza, augurandole una buona cena, ma lei non fece caso a me. Mi recai, infine, da Blake e Ava per consegnare loro i milkshake. Fragola a lei, vaniglia a lui, quindi abbandonai il vassoio sul bancone.

Ava si guardò intorno per scrutare l'ambiente circostante. «Hai altri clienti o qualcosa da fare?» mi chiese.

Scossi il capo in negazione. «Ristorante scadente, poche persone». Feci spallucce con noncuranza.

«Vieni qui» mi invitò, di conseguenza, a occupare il posto libero accanto a sé.

I tavoli al Kenmore erano rettangolari, e al posto delle sedie vi erano dei divanetti rossi consumati, tipici delle tavole calde. Scivolai al suo fianco, tenendo d'occhio il locale per assicurarmi che nessuno avesse bisogno di me, poi riportai l'attenzione sui due ragazzi.

«La divisa ti dona» commentò Ava, indicando la camicetta e il grembiulino che nascondeva la gonnellina. Era un'uniforme semplice: il nero si abbinava in maniera perfetta con le linee bianche cucite in corrispondenza degli orli di ogni singolo capo.

«Soprattutto le macchie di ketchup» replicai sarcastica. «Perlomeno non sono in tanti a vedermi, qui».

«È un peccato, il locale è carino» constatò Blake.

«Pensavamo di organizzare una serata cinema drive-in, sfruttando il parcheggio». Rammentai che Lewis mi raccontò di quando suo padre ebbe la medesima idea e del successo che essa riscosse. Il cinema all'aperto piaceva a molti, specialmente se potevano essere serviti e riveriti in termini di cibo davanti a una bella proiezione.

Ava alzò una mano ridacchiando. «Presente!»

«Ricordati del lavoro» puntualizzò suo fratello.

«Blake Mitchell, sei sempre così serio» finse di lamentarsi. «Oh, a proposito». Lo sguardo di Ava tornò a brillare quando si voltò verso di me. Prima di parlare, mandò giù un'altra sorsata di milkshake. «È molto probabile che da questo weekend io e Blake lavoreremo al luna park estivo. Se otteniamo il permesso di aprire lo stand del tiro a segno, saremo là tutte le sere. Potresti venire, a volte, magari la domenica...» propose.

Fui scossa da un brivido interiore e controllai le mie braccia per assicurarmi di non avere la pelle d'oca in bella vista. Sfregai le mani l'una contro l'altra in un gesto dettato dal nervosismo, ma mi sforzai di sfoggiare un sorriso cordiale. L'idea di essere vicina a una fonte di spari non mi allettava, ma Ava era pur sempre una mia cara amica e volevo supportarla anche nel campo lavorativo.

«Hai mai provato qualche arma da fuoco?» mi chiese Blake, rigirando nel bicchiere ormai vuoto la cannuccia bianca adornata da una spirale rossa.

«No, mai. Non saprei neanche come classificarle» ridacchiai.

«Lee, potresti venire ad asciugare i bicchieri?» In quel momento mi accorsi che Lewis non era più in cucina, bensì in piedi sul retro del bancone.

«Scusate, ragazzi» sussurrai alzandomi.

Raggiunsi il mio amico e, prima di fare quanto richiesto, gli presi il viso tra le mani e gli lasciai un bacio sulla guancia. «Grazie» sussurrai, nella speranza che nessuno mi sentisse, se non lui.

Ero consapevole che l'avesse fatto per tirarmi fuori da quella conversazione scomoda, con l'intento di evitare il mio disagio. Essergli grata fu banale.

Accennò un sorriso che si affievolì l'istante successivo. Afferrai un bicchiere senza distogliere l'attenzione dal suo viso. «Va tutto bene?» gli domandai.

Lui annuì, ma continuò a non convincermi. Lo guardai mentre strofinavo il vetro con un canovaccio asciutto. «Vuoi andare a fare due chiacchiere con Ava? Sei stanco, Lewis...» insistetti.

«Sto bene, Lee, davvero» tentò di rassicurarmi.

«Hai bisogno di riposo» sentenziai. «Che ne dici se domani ci concediamo una chiusura e restiamo a casa? Posso anche saltare l'allenamento, una volta tanto».

Il suo sguardo pareva ancora perso nel nulla, e nella mia testa si formò l'ipotesi che potesse essere successo qualcosa. Quella possibilità vagò nella mia mente, sempre più forte e insistente, ma cercai in ogni modo di accantonarla per non preoccuparmi senza ragione. Forse al mio migliore amico serviva davvero una giornata per staccare da tutto in buona compagnia. Avremmo passato le ore a poltrire sul divano con una merenda improvvisata e qualche programma imbarazzante trasmesso in televisione.

«Va bene» dichiarò infine. Sorrise per rassicurarmi, ma non bastò ad attirarmi nella sua trappola.

Fui distratta da un gesto che captai con la coda dell'occhio: la ragazza con la felpa bianca appoggiò una banconota sul bancone. «Tenete il resto», ci concesse.

Senza che io potessi ribattere per dirle di aspettare un momento, lei uscì dal locale e la porta pesante si chiuse alle sue spalle. Notai che Ava la stava guardando, dai suoi occhi sprizzavano mille punti interrogativi e regnava sovrano un senso di preoccupazione che non riuscii a decifrare. Nell'agitazione del momento aveva stretto il polso di suo fratello, ma lui si divincolò prontamente dalla presa.

Afferrai il denaro per passarlo a Lewis, quando qualcos'altro catturò la mia attenzione. Sotto la banconota da cinque dollari, infatti, faceva capolino un piccolo pezzo di carta stropicciato, che ricordava tanto l'involucro di un cioccolatino o una caramella. Lo studiai per qualche secondo, e sulla sua superficie scorsi una lettera scritta in inchiostro indelebile rosso. N, recitava.

Feci spallucce e gettai quella cartaccia del cestino accanto ai miei piedi, poi passai la banconota a Lewis, che la inserì fra le altre nel registratore di cassa.

«Cosa c'era oltre ai soldi?» indagò.

«Un bigliettino con una N. Niente di che» replicai.

Ma anche se quella lettera non mi diceva niente, con la coda dell'occhio notai lo sguardo allarmato di Ava che cercava, invano, di comunicare con Blake.

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