Fiamme Gemelle, amore e desti...

By caiapirolo

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•ANSIA• /àn•sia/ Dal latino ANXIA, femminile sostantivo di... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23/A
Capitolo 23/B
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Epilogo

Capitolo 6

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By caiapirolo

Il giorno dopo, non appena aprì gli occhi (che erano stati chiusi solo per una manciata di ore) Samantha prese il telefono, cercando assonnata un segnale di lui.

Alcune notifiche apparivano sullo schermo.

Dopo una veloce scorsa, lesse una notifica alla volta, rassegnata al fatto che di Fadi non ce ne fosse traccia.

Due messaggi erano di Nina che, a quanto pareva, non aveva dormito molto più di lei.

"Saaaaam sei sveglia?? Solo io non ho chiuso occhio? Quanto è fico Erik?"

"Niente, dormi come un ghiro. Beata te. Quando ti svegli fammi sapere se il manzo egiziano ti ha scritto qualcosa! Sarei felice di diventare il tuo cupido personale!" tante faccine sorridenti.

Samantha segnò "cupido" come un'altra delle parole che non si spiegava come Nina avesse imparato.

Troppe serie tv, forse.

Con un occhio aperto ed uno chiuso, rispose:

"Nessuna notizia all'orizzonte. Destino crudele" nessuna faccina sorridente, due faccine tristi.

Dopo essersi assicurata, di nuovo, che l'altra notifica fosse una semplice e-mail della sua assicurazione, che l'avvisava gentilmente che la sua polizza stava per scadere, fece cadere il cellulare sul letto, rituffò la testa sul cuscino e si coprì con la coperta fin sopra il mento.

Fissando il soffitto, come da abitudine, inziò con il porsi le classiche domande pre-esaurimento nervoso.

Possibile che non gli importi?

Trovarmi su instagram è così facile. Forse non usa i social? Eppure avrebbe potuto benissimo chiedere ad Erik di domandare a Nina il mio numero, dato che LUI gliel'aveva chiesto.

Forse semplicemente non gli interesso e sono solo una delle tante a cui è facile sorridere e fingere interesse, per una sera. Una da usare per fare da spalla all'amico.

Passò ancora mezz'ora, prima che controvoglia si alzasse dal letto, per prepararsi all'ennesima giornata di solitudine, senza niente di nuovo, se non qualcosa di negativo.

####

Nonostante il pensiero di Fadi fosse diventato un chiodo fisso per lei, Samantha riusciva ad andare avanti dignitosamente, se non ci si soffermava a guardare da vicino quanto fossero lucidi i suoi occhi di smeraldo. Non era tanto il ragazzo di per sé, quanto la considerazione che si era fatta di se stessa. Si rimproverava di essere stata così debole da aver creduto anche solo per un momento che ci potesse essere una luce in fondo al tunnel che era diventata la sua vita sentimentale negli ultimi tempi.

Convivendo con l'ansia da anni, si era ormai fatta il callo all'idea che le sue giornate fossero composte da momenti sì, e momenti no.

Principalmente da momenti no, a ben pensarci.

Grazie alla sua adorabile (nella maggior parte dei casi) psicologa, aveva imparato a pensare all'ansia come ad una bambina antipatica e desiderosa di attenzioni. La sua strategia era quella di provare a lasciarla piangere, urlare e sbattere i piedi a terra senza assecondarla.

Una bellissima metafora, certo, ma era una strategia assai complicata da mettere in atto.

Per non alimentarla, soprattutto in quel momento di particolare fragilità interiore, Samantha cercava di riempire le sue giornate di più cose piacevoli possibili.

Quella settimana, fatalità, ebbe la fortuna di poter andare con la madre a fare shopping, cosa che di solito la rilassava, se si ricordava di cambiarsi i vestiti senza che Lisa le vedesse i piercing ed avesse il pretesto per rimproverarla, come si ostinava a fare fin dal giorno che ne scoprì l'esistenza.

Il martedì, il giorno libero per lei che lavorava come cuoca in un ristorante abbastanza frequentato di Marina, fu proprio Lisa a chiederle di accompagnarla nel grande centro commerciale a Castello, la prima vera città che si poteva incontrare usciti da Bosco, a quasi trenta chilometri di distanza.

Setacciarono almeno tre negozi in cerca di un giubbotto invernale per entrambe, ne provarono almeno una decina a testa, finendo con il sudare copiosamente, senza rimanere soddisfatte nemmeno una singola volta.

"Senti, mamma, se ci concedessimo il lusso di una pausa caffè?"

La piccola donna era affannata e paonazza in viso, per le camminate da un negozio all'altro e il fatto di doversi provare i giubbotti in fretta e furia, a causa dell'elevata affluenza nei camerini.

"Ma proprio oggi dovevamo decidere di venire qui?" rispose con il fiato corto.

La vista di una caffetteria-pasticceria dietro l'angolo fu come un miraggio per tutte e due.

"Vada per la pausa. Non posso farla a lavoro, almeno durante lo shopping posso permettermela!"

La piccola donna era alquanto orgogliosa, un po' come la figlia, e detestava farsi vedere fragile.

"Però non demordo, figlia mia. Tra andata e ritorno avremo fatto almeno sessanta chilometri di strada, mi rifiuto di tornare a casa a mani vuote! A costo di sudare sette camicie! Anzi, sette giubbotti!"

"Mamma ma oltre al naso grande, non potevo prendere da te anche simpatia e determinazione?"

Risero entrambe, dirigendosi alla caffetteria colme di sollievo.

Ordinarono due cappuccini e due mega-biscotti al cioccolato. Lisa non mancò di giustificarsi con il cameriere, spiegandogli che avevano camminato molto quel giorno ed avevano bisogno di reintegrare le calorie perse.

Al cameriere, che probabilmente non era ancora a metà del turno di lavoro, non sembrava interessare molto, ma fece lo stesso un finto sorriso di circostanza.

"È davvero buonissimo!"

"Sì beh... spero che il cameriere non ci abbia sputato dentro!"

"Oh Dio! Perché avrebbe dovuto?"

"Beh penso che avrebbe preferito essere stanco per lo shopping piuttosto che per sgobbare dieci ore qua dentro, mamma. E tu sei stata così gentile da averglielo fatto notare" disse Samantha con un mezzo sorriso.

Non era davvero intenzionata a rimproverare la madre, anche perchè si sentiva particolarmente contenta di essere in sua compagnia, quel giorno.

Semplicemente le piaceva prenderla un po' in giro, come facevano sempre tra loro.

"Sappiamo entrambe che finiremo all'inferno, Samy, non serve che me lo ricordi sempre!

Comunque... parlando d'altro. Ti vedo un po' distratta ultimamente. Va tutto bene?"

Fatti da parte, istinto materno!

"È successo qualcosa a lavoro? Non avrai mica litigato con quella tua amica tanto simpatica?"

"No, mamma, tranquilla. A lavoro tutto ok, con Nina tutto ok. Sono solo un po' stanca. Mi hanno messa nel turno di mattina questa settimana, quindi sono sveglia dalle quattro, ho dormito poco, tutto qui."

"Giusto... forse non avrei dovuto chiederti di fare questa sfaticata oggi! Ma chi avrebbe immaginato..."

"Tranquilla, mami. Vorrà dire che oggi salterò palestra, non preoccuparti... anzi, sono felice di essere venuta. Ultimamente non stiamo molto insieme, da quando Olivia è tornata all'Università."

Samantha capì di aver toccato un tasto dolente quando la madre, seppur sorridendo, tuffò la faccia nella tazza del cappuccino e guardò altrove.

Perlomeno, era riuscita a scampare l'argomento uomini.

Dieci minuti dopo, madre e figlia erano già tornate alla carica, ma con molta più calma. Rassegnate all'idea che ormai mancassero solo un paio di negozi da mandare all'aria in cerca dei loro tanto agognati giubbotti, camminavano con aria sfatta ma serena nella galleria del centro commerciale, passando davanti ad una moltitudine di negozietti inutili.

L'illuminazione arrivò poco più tardi, quando si ritrovarono davanti ad un' enorme libreria.

Da accanite lettrici di Sparks e King, (non è necessario specificare chi fosse appassionata di uno o dell'altro), rizzarono entrambe le antenne, scambiandosi uno sguardo complice.

"Mamma, pensi anche tu quello che penso io?"

"Penso che probabilmente spenderemo più di quanto avremmo speso in giubbotti, ma che almeno non avremo fatto un viaggio a vuoto!"

Risero e si diressero a braccetto verso la libreria.

Come previsto, la permanenza tra gli scaffali durò più di mezz'ora. Si separarono al bivio Romanzi Rosa e Horror.

Dopo aver passato in rassegna tutti i libri di Stephen King, Samantha si mise sotto braccio un paio di titoli, gli ultimi usciti, pregustandosi la lettura ed immaginando come sarebbero stati bene una volta aggiunti alla sua collezione, nello scaffale centrale della sua enorme libreria, che occupava gran parte delle pareti della sua cameretta.

Si immerse poi nella lettura dei titoli di qualche libro classico, che da poco aveva scoperto di adorare. Prese altri due libri e per poco non le venne un attacco di cuore.

A poco più di due metri da lei, un uomo bellissimo le dava le spalle. Lo aveva riconosciuto subito. Pelle scura e capelli neri come la notte, Fadi teneva in mano "Il ritratto di Dorian Gray, Oscar Wilde".

Svariate emozioni scaturirono in lei, nel giro di pochi secondi.

Stupore e sorpresa, nel vederlo lì.

Curiosità, nel realizzare che probabilmente anche lui amava leggere.

Orgoglio, nel pensare che lei, quel libro, l'aveva letto almeno tre volte.

Disappunto, nel vederlo sereno, al contrario suo.

Panico, doveva andarsene.

Lui non si era accorto di averla dietro e lei non voleva certamente che se ne accorgesse.

Individuò sua madre.

"Mamma, io pago, ci vediamo fuori"

"Sì, ma..."

Sua madre non fece in tempo a rispondere, che lei era già in cassa.

Battendo nervosamente la punta del piede a terra, diede mentalmente l'ordine alla cassiera di darsi una mossa, con un tiratissimo sorriso in volto, che pareva più una smorfia.

Non si girò ed incrociò le dita nella speranza che Fadi avesse trovato un altro titolo interessante che lo tenesse impegnato per almeno altri cinque minuti.

Una volta uscita, girò l'angolo e si sedette su una panchina, affianco ad un vecchio che si gustava un enorme gelato.

Finse di leggere un libro, lanciando ogni tanto qualche occhiata all'ingresso della libreria dalla sua posizione strategica.

Tirò un sospiro di sollievo quando sua madre uscì, con una borsetta piena di libri che minacciava di rompersi da un momento all'altro.

"Samy, perché sei scappata? Guarda qui, Sparks ha scritto un nuovo libro! Parla di questo uomo che..."

"Mamma, mi manca un po' l'aria. Che dici se usciamo? Questi libri pesano, meglio fare in fretta!"

"Hai ragione, sono stanca anche io. Via, andiamo. Tuo padre mi uccide se sa che ho speso così tanto per dei libri!"

Camminando, Sam le fece l'occhiolino.

"Papà non capisce l'importanza della cultura, mami. Se vuoi posso dirgli che sono miei! Tanto non credo abbia idea di chi siano quegli autori..."

Il cuore di Samantha battè all'impazzata per almeno metà tragitto di ritorno a casa.

Quando la madre la vide taciturna, non chiese spiegazioni, quasi come se sapesse che non era il caso di farlo.

D'altra parte, Samantha non le avrebbe dato altro che vaghe risposte, come sempre. Nonostante le due si volessero molto bene, non c'era mai stato tra loro quel rapporto di confidenza che ci si potrebbe aspettare da madre e figlia. Fu per questo che Samantha passò tutto il tempo con il naso a due centimetri dal finestrino, guardando quasi apatica le case ed i cartelli stradali camminarle davanti.

Scoraggiata, pensava al fatto che tutte le giustificazioni che aveva ipotizzato al comportamento di Fadi (tipo una fuga improvvisa in Egitto per qualche improbabile ragione) non avessero senso, perché se uno ha il tempo di scegliere un libro in libreria, ha il tempo anche di inviare un semplice messaggio.

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