Ineffabilis

Door liliesbookss

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⚠️ È consigliata la lettura da parte di un pubblico maggiorenne (o, per lo meno, consapevole). Gli argomenti... Meer

Ineffabilità
Introduzione (+ Cast & Trigger Warnings)
Playlist + songs for the characters
Parte prima - Inconscio
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Door liliesbookss

I caught the L-O-V-E
How do you do this to me?
But I can't help myself
When you get close to me
Baby, my tongue goes numb
Sounds like blah, blah, bleh, blee
I don't want no one else (don't want)
Baby, I'm in too deep (too deep)
Here's a lil' song I wrote (a song I wrote)
It's about you and me
Nonsense — Sabrina Carpenter

«Lilian?»

Non gli rivolgo neanche uno sguardo mentre prendo posto sullo sgabello di fronte al bancone della cucina e appoggio la fronte sulla superficie di marmo.

«Che cosa vuoi?»
«Parlare.»

«Sono solo le sei del mattino e mi hai già tenuta sveglia tutta la notte. In questo momento dovresti solo rimanere in silenzio e lasciarmi riposare almeno cinque minuti.» borbotto, chiudendo gli occhi.

Sento che Peter smanetta ai fornelli come tutte le mattine, preparando la colazione per entrambi. «È proprio di questo che voglio parlarti. È tutta la notte che mi rigiro da una parte all'altra del letto cercando di togliermi un dubbio.» mi rivela.

Alzo la testa di scatto, improvvisamente interessata dalla conversazione. Peter indossa i pantaloni a scacchi del pigiama e la T-shirt che gli ho regalato per il suo compleanno due anni fa. Mantiene all'indietro i suoi folti capelli mori, arruffati, con una fascia per capelli rossa.

Non mi guarda, la sua concentrazione è rivolta a un foglio inserito all'interno di una bustina di plastica trasparente. È il mio piano alimentare. «Ed io cosa c'entro?»

«Voglio un tuo parere.» continua, abbandonando il foglio sul ripiano a lato.

Entrambi cerchiamo di parlare con un tono di voce basso perché Connor e Alisha stanno ancora dormendo.

Peter prende due tazze colorate tra le mani e ne posa una di fronte a me. Mi stringo nella vestaglia di flanella e circondo il recipiente con entrambe le mani, cercando di scaldare le dita gelate.

Lui beve dalla sua tazza quello che credo sia caffè caldo, mentre per me ha preparato una tazza di latte e cacao come ogni mattina. Non posso assumere caffeina, né tantomeno thè.

Mi porto la tazza vicino alle labbra e l'allontano nell'esatto momento in cui sto per berne un sorso. Le mie mani tremano. Lascio la tazza sul bancone e osservo Peter mangiare una ciambella al cioccolato mentre tira fuori alcuni ingredienti dal frigorifero.

«Da quando il mio parere è rilevante per te? Anzi, da quando ascolti i miei consigli?» gli domando, sorreggendomi il viso con la mano.

«Da sempre, Prim. Lo sai che il tuo pensiero è fondamentale per me.» mi informa dopo aver terminato il suo dolcetto. A seguire inizia a ungere quattro fette biscottate con burro fresco e marmellata di ciliegie. So che sono destinate a me. Ne sono consapevole.

«Certo. Ci credo. Che cosa vuoi?»

Con l'elastico che porto sul polso mi lego i capelli in una coda. Sono spettinati e, per quanto corti possano essere adesso, continuano a infastidirmi mentre mangio. Se proprio devo fare colazione, voglio farlo in comodità.

Guardo la tazza di fronte a me. È piena di latte marrone, è ricca di zuccheri dati dal cioccolato, è colma di grassi dovuti dal latte. Mi guarda. Mi sta giudicando. Ride di me. Si sta prendendo di gioco della difficoltà che provo e non mi sento nella posizione di biasimarla. Sono ridicola e patetica. Ogni mattino Peter si sveglia prima di me per prepararmi la colazione ed io non sono nemmeno in grado di bere una tazza di latte senza tremare. Tra meno di una settimana ho l'audizione, che cosa devo fare?

«Credi che dovrei tingermi i capelli di biondo?» mi chiede, affettando una mela verde in vari spicchi.

Le parole di Peter mi lasciano interdetta e con un velo di confusione dipinto in viso. «Che cosa?»

Dopo avermi messo davanti un piatto pieno di carboidrati e una ciotola con dei pezzi di mela, Peter prende posto sullo sgabello accanto a me con un libro sottobraccio. «Ti ho chiesto se pensi che dovrei diventare biondo.»

Riprendo la tazza di latte tra le mani, portandola alla labbra e prendendo un piccolo sorso. Scotta. «Tutto qui? È questo che ti ha tenuto sveglio tutta la notte? Perché tutto a un tratto vuoi diventare biondo?» gli domando curiosa, voltandomi verso di lui.

«Will ed Avery. Sono entrambi biondi.»

Will e Avery? Che cosa c'entrano loro due?

Non distolgo lo sguardo dal mio migliore amico mentre prendo una fetta biscottata e l'avvicino al naso. Inspiro profondamente, annusando l'odore della marmellata mista al grasso del burro. È nauseabondo.

Cerco a tentoni la sua mano e la stringo nella mia mentre mordo un estremo della fetta biscottata da dieci grammi. «E quindi?»

Peter si sporge in avanti, lasciandomi stritolare la sua mano mentre beve il suo caffè. «Non riesci a toglierti Will dalla testa e ti sei presa una cotta stratosferica per Avery. E devi ammettere di non essere un tipo semplice da conquistare, Prim. Evidentemente le loro chiome biond-»

Lo interrompo prima che possa terminare di spiegare la sua teoria insensata, lasciandogli la mano per prendere un tovagliolo. «Pete, stai delirando. Non dormire la notte fa male alla tua salute fisica e il tuo quoziente intellettivo ne risente molto. Preferisci che ti copra a lavoro questa mattina, così puoi farti una dormita?» esclamo con la bocca piena.

Mi pulisco, poi, il labbro sporco di marmellata e osservo la macchia rossa sul tovagliolo. Sembra quasi sangue. Assomiglia al sangue di cui le mie dita si sporcano ogni volta che mi scortico le pellicine per cercare di scacciare l'ansia che sento.

La fetta biscottata mi cade di mano, riempiendo di briciole il bancone della cucina. Ignorando l'accaduto, Peter continua il nostro discorso anteriore. Lo ringrazio con lo sguardo mentre parla. «Non hai negato.»

«Non ho una cotta per nessuno.» ribatto, stuzzicando le unghie della mano destra.

Lui mi rivolge un sorriso sornione. «Però non stai negando di pensare sempre a Will.»

Alzo gli occhi al cielo, alzandomi di scatto. «Basta.»

«Può piacerti di nuovo, Prim. Non c'è nulla di male. Lo sai che non devi niente a nessuno.»

Questo non è vero. Sono tutte bugie. Will non può tornare a piacermi. Non vado bene per lui. Gli farei del male e non so neanche se sono in grado di innamorarmi di lui ora che so di esserlo già stata una volta. Non so se mi concederei di amarlo. Non so se gli permetterei di amarmi. Non so cosa succederebbe se Anoressia Nervosa prendesse il sopravvento su di me. Non saprei neppure come affrontare una situazione del genere né come allontanare Will da me se Anoressia Nervosa mi facesse dipendere dalle sue azioni come con Jeremy.

Non è vero che non devo niente a nessuno. Devo tutto a mio fratello, a Peter, allo stesso Will e ora anche ad Alelí. Non posso giocare con i sentimenti di suo fratello. Non devo commettere lo stesso errore una seconda volta. Devo dimenticare qualsiasi cosa ci sia stata in passato.

Faccio il giro del bancone e mi appoggio con i gomiti sul ripiano. Io e Peter siamo una di fronte all'altro. «No, non lo so.»

«Lily...» tenta.

Lo fermo di nuovo, prendendo la tazza di latte tra le mani. Probabilmente se avessero interrotto me, sarei andata in escandescenza. Non so come faccia Peter a starmi accanto senza dare di matto. «No. Niente Lily. Sai come la prenderebbe. Forse farmi dimenticare di Will è stata l'unica cosa buona che lei... ha fatto per me.»

«Sì, ma-»

Chiudo gli occhi e prendo un sorso della bevanda. «Questa è una nuova opportunità per ridurre il nostro rapporto a quello che sarebbe dovuto essere fin dall'inizio: una semplice e sana amicizia. In questo modo non faremo male a nessuno e potremo ristabilire un'ordine.»

«E per tornare sua amica vuoi uscire con lui?»

«È una domanda retorica?» ribatto.
«Non lo so, Primula. Tu che dici?» bofonchia lui.

Raccolgo un pugno di briciole dal tavolo e glielo lancio contro. «Non è un appuntamento e lui non mi piace. Non nel modo in cui credi tu, almeno.»

Lui, per ripicca, mi sporca la guancia con un po' di marmellata. Scoppia a ridere non appena si rende conto della frustrazione della mia espressione.

Fa una smorfia annoiata quando lo riprendo con lo sguardo, indicandogli la porta della stanza di mio fratello. «Neanche tu credi a te stessa.» sussurra abbassando la voce.

Scatto sull'attenti quando mi rendo conto di ciò che ha detto. Perciò secondo lui Will ha mentito quando ha detto di non amarmi più? «Io non... credi che sia un appuntamento? Allora devo scrivergl-»

Mi interrompe, seguendomi, mentre inizio a correre verso la nostra camera da letto condivisa in cerca del mio telefono. «Aspetta, Primula.»

«Devo cancellare l'appuntamen- devo cancellare qualunque cosa sia prima che sia troppo tardi.»

Cerco il numero di Will tra i contatti ma Peter mi strappa il cellulare dalle mani prima che possa inventare una scusa per annullare il nostro incontro di questa sera. «Prim, fermati. Non penso che sia un appuntamento. Non ancora, almeno.»

«Che cosa significa "non ancora"?»
«Prim...»

«Oh, no. No. Assolutamente no.» esclamo uscendo dalla stanza e sbattendo la porta alle mie spalle, lasciandogli il mio telefono in mano e dimenticando che mio fratello e la sua ragazza stanno dormendo nella stanza accanto.

Torno in cucina, sedendomi sullo sgabello di prima, e addento uno spicchio di mela. Mi piacerebbe scoppiare a piangere ma non riesco a farlo.

Non capisco nemmeno perché mi sono arrabbiata così tanto. So solo di essere stanca di questa storia. Sono stanca di trovarmi di fronte a persone che si comportano come se mi conoscessero meglio di quanto io conosca me stessa.

«Oh, andiamo Lily. Sai anche tu che non potrete mai essere amici.» continua Peter, seguendo i miei passi.

«Come fai a dirlo?» ribatto ingurgitando metà del contenuto, ormai tiepido, della mia tazza.

Mentre Peter sfoglia il libro che aveva lasciato sul bancone, io mordo la fetta biscottata che mi era caduta. Non ho appetito, ma so che se non mangio in fretta questo supplizio non finirà mai.

«Non ti senti strana quando sei con lui? Non ti fa male lo stomaco? Non ti tremano le gambe? Non ti comporti come una bambina? Non ti senti in imbarazzo? Non ti batte il cuore all'impazzata?» sono le sue parole.

Sì, però non ho bisogno di dirlo a voce alta. Sono le emozioni della Lily che non riesco a trovare, non le mie, e di questo sono sicura.

Finisco di masticare e mi appoggio con il braccio sul bancone. «Dove vuoi arrivare?»

«Lily continui a sviare questo discorso da mesi. Perché?»

Presa da un impeto di frustrazione sistemo la tazza sul bancone con forza, alzando di un'ottava il tono di voce. «Io e Will non riusciamo a comunicare, Pete. Martedì abbiamo litigato tutto il tempo. Non mi ricordo niente di lui. Come pensi che potremmo mai stare insieme?»

«Lo superereste. L'avete già fatto una volta.» sembra fiducioso. Forse troppo.

Perché crede così tanto in noi? Cosa c'è stato di così forte con Will da ostinare il mio migliore amico? E perché io ho l'ho dimenticato?

Come abbiamo fatto io e Will a superare lo scoglio della comunicazione? Come abbiamo fatto a superare Jeremy? E Anoressia Nervosa? Come ho fatto a innamorarmi di lui senza avere paura?

«Questa volta è diverso.» ribatto.

«Questa volta c'è Avery di mezzo?»

No. Questa volta so so di essermi già innamorata di Will in passato e non ripeterò lo stesso errore. Sapere che tra di noi c'è stato qualcosa di romantico mi fa sentire una forte repulsione verso di lui. Sapere a cos'ha portato la nostra relazione mi spinge a evitare che ci sia una seconda opportunità.

Non so il perché di questa repulsione e non so nemmeno cosa sia, ma so per certo che fa al caso mio. Mi aiuterà a non fantasticare.

Grazie a questa strana sensazione farò di tutto perché l'amore non possa cogliermi impreparata e colpirmi. Non lo farà una seconda volta. Non m'innamorerò di lui, anche se dovessi aggrapparmi ad Anoressia Nervosa con tutte le mie forze e pensare solo a ciò che lei e Jeremy hanno lasciato di me.

Anche se dovessi trovare decine di distrazioni e diversivi. Manterrò la mia promessa e presto anche la parte più inconscia del mio essere si dimenticherà dei suoi sentimenti per Will.

Non so quale potere lui abbia esercitato su di me quattro anni fa, ma non posso permettere che succeda una seconda volta e che faccia del male alle persone che amo, né a se stesso.

«Mi vuoi dire che cosa c'entra Avery?» quasi urlo.

«Abbassa la voce, Prim. Vuoi svegliare tuo fratello?» mi rimprovera con un sorriso a trentadue denti.

Alzo gli occhi al cielo, bevendo il mio ultimo sorso di latte. «Non hai ancora risposto alla mia domanda.»

Peter sorseggia il suo caffè, cercando qualcosa tra le pagine del libro che sta sfogliando e non mi rivolge neanche uno sguardo. «Quale domanda? Me ne hai fatte cos... Smettila di guardarmi come se volessi spaccarmi quel piatto in testa.»

«Il punto è che ho davvero voglia di spaccarti questo piatto in testa. Aspetta... Come fai a sapere che ti sto guardando in quel modo?»

Scrolla le spalle, ridacchiando. «Pensi che non mi sia accorto della tensione sessuale che c'è? È palpabile.»

Sul mio viso compare una smorfia disgustata mentre sminuzzo in tanti frammenti più piccoli uno spicchio di mela.

Peter vede della tensione sessuale tra di noi? Sarebbe come andare a letto con Connor.

«Tra me e te? È una visione così orrenda. Come ha fatto a venir-»

Il ragazzo seduto al mio fianco m'interrompe all'istante. «Che hai capito? Parlo della tensione sessuale che c'è tra te ed Avery, Primula. Non mi piaci in quel modo.»

Mi lascio andare a un sospiro di sollievo mentre bucherello il frutto che stringo tra il pollice e l'indice con le unghie, e mi fermo a pensare alle sue parole. Perché ha fossilizzato la nostra discussione su Avery? Nulla di quello che sta dicendo è vero. Non c'è tensione sessuale tra di noi. Ci conosciamo da troppo poco tempo.

«Continuo a pensare che dormire poco faccia male alla tua salute psicofisica.» ribatto. Mi gratto la punta del naso cercando di non dare nell'occhio, però Peter sembra troppo concentrato sul suo libro per prestare attenzione a cosa sto facendo.

«Perché continui a cambiare discorso?»

«Sto cercando di troncare questa parte di conversazione solo perché stai dicendo cose che non hanno capo né coda. Ci hai viste insieme solo due volte. Di quale tensione sessuale parli?»

Poter lascia un foglio spiegazzato all'interno di una pagina del suo libro e lo chiude. Mi rivolge l'ennesimo sorriso sornione della mattina. «Sono state sufficienti per vedere che lei ti piace un sacco. Vorresti intrecciare le dita tra i suoi lunghi e lucenti capelli biondi, vero? Puoi confidarti con me. Non lo dirò a nessuno.»

Per gioco gli do una spallata mentre trattengo un sorriso. «Stai zitto.»

«Dai ammettilo.»
«Non devo ammettere nulla. Non provo niente per Avery. Voglio dire... Sì, è bella. È molto bella. È splendida. Ha una risata contagiosa. Il suo sorriso... E il modo in cui si morde l'interno guancia e-» mi blocco quando mi rendo conto dello sguardo colmo di divertimento che Peter mi sta riservando mentre sto parlando. «Hai finito?»

«Di ascoltarti elencare i mille pregi della persona per cui non provi niente? Forse. Tu hai altro da dire su di lei?»

«Pete ho un paio d'occhi e ci vedo bene. Sarei un'idiota se ti dicessi che Avery è brutta. Sei stato il primo a provarci con lei quando l'hai conosciuta, quindi lo sai che è bella. Non vedere cose che non ci sono, ti prego.»

Getto sul piatto i resti della mela che ho spappolato e metto da parte la colazione che non ho finito. Appoggio la fronte sul ripiano del bancone, chiudendo gli occhi. So che non ho finito la colazione ma non ho più voglia né di provarci, né di fingere. Per stavolta, userò la scusa che utilizzava con i miei genitori la psicologa dell'ospedale dove mi hanno ricoverata a diciassette anni, se non finivo di mangiare. Ovvero: "Non sforzatela o ne risentirà la parte psicologica. Accontentatevi per questa volta."

Ascoltando quelle parole tutti i giorni non riuscivo a non credere di essere impazzita. Perché non guarivo? Perché qualsiasi cosa mi succedesse influiva sulla mia alimentazione e perché lo faceva solo in maniera negativa? Perché mi trattavano come un fenomeno da baraccone? Perché nessuno aveva mai prestato attenzione alle mie emozioni e perché l'unica cosa davvero importante era che mangiassi e prendessi tutti quei chili che avevo perso con fatica? Perché mi trattavano come un caso senza speranza su cui insistere non sarebbe servito a niente?

Non andavo bene a nessuno. Nessuna delle versioni di me che avevo presentato era abbastanza per il mondo.

«Leggiamo il tenace soldatino di stagno?»
Alzo la testa di scatto. «Cosa?»

Peter sta indicando una pagina del suo libro illustrato. «Ti va di leggere la storia del tenace soldatino di stagno questa mattina? Abbiamo ancora un po' di tempo.»

Avvicino il mio sgabello al suo e prendo il libro tra le mani. Do un'occhiata alla pagina ricca d'illustrazioni colorate. In primo piano, al di sotto del titolo della fiaba, vi è un disegno raffigurante due statuine a forma di soldatino e ballerina. La ballerina indossa un tutù rosa confetto ed è posta su di una piattaforma a forma di cuore, proprio accanto al soldatino senza gamba.

«Prim?»
Annuisco di fronte alla sua domanda silenziosa. Ripongo tra le pagine il foglietto utilizzato in precedenza, chiudo il libro e, stringendolo tra le braccia, vado a prendere posto sul divano.

«Vaniglia?» mi domanda Peter in un sussurro, ancora seduto di fronte al bancone della cucina.
Nego. «Fragola.»

Mentre cerco la pagina della storia, sento che si alza e apre la porta del frigorifero in cerca dell'integratore che ho scelto. Quando si siede accano a me, mi porge la bottiglietta già aperta e con una cannuccia inserita all'interno. Gli poso il libro sulle cosce mentre prendo l'integratore e lo stringo tra le mani. «Grazie.»

«Cosa pensi di dire a Connor?» mi chiede mentre si accomoda e io appoggio la testa nell'incavo del suo collo.

Scrollo le spalle senza avere una risposta precisa. Non posso buttare via il cibo che ho avanzato e sia io che lui sappiamo che non lo finirò. È Peter a fare la spesa per entrambi e i soldi che utilizza sono i suoi, mentre io mi occupo di acquistare i detersivi e i prodotti per la cura del corpo. Non posso sprecare del cibo che ha comprato con il suo denaro.

«Potresti...» tento di dire ma mi blocco nel momento in cui ricordo quando mia madre l'ha cacciato dalla mia stanza d'ospedale per aver mangiato uno dei miei biscotti. «Come non detto.»

«Lily...»
«M'inventerò qualcosa, non preoccuparti.»

Se Connor dovesse arrabbiarsi dopo aver visto i miei avanzi, userò la scusa della parte psicologica danneggiata. Non c'è problema. Gli passerà come sempre.

«Sì, ma-»
Lo interrompo. «Ho tutto sotto controllo. Inizia a leggere.»

So che lo sto deludendo e che è preoccupato per me. Peter non mi fa mai pressioni di alcun tipo, legge un libro dopo l'altro che tratta la mia malattia e ho scoperto che, tramite Instagram, si scambia molti messaggi con un medico specializzato che offre consigli. Gli domanda come comportarsi con me e come supportarmi senza farmi del male. Si fa in quattro per essere un buon amico e io non sono in grado di rendergli neppure il venti percento di quello che lui fa per me.

Bevo un sorso dell'integratore alla fragola per sembrare il più sicura possibile, nonostante dentro di me io stia morendo. Non sembra convinto, ma inizia ugualmente a leggere per me la fiaba del tenace soldatino di stagno. «C'erano una volta venticinque soldatini di stagno. Erano tutti fratelli perché nati dallo stesso vecchio cucchiaio di stagno. Avevano tutti un fucile in spalla, il viso dritto in avanti e l'uniforme rossa e turchina. Un ragazzino, quando li vide, se ne innamorò perdutamente. Glieli avevano regali per il suo compleanno e lui li mise subito in fila sul tavolino. I soldatini si assomigliavano tutti come gocce d'acqua. Solo uno era diverso dagli altri perché aveva una gamba sola. Quel soldatino era stato fuso per ultimo e lo stagno non era bastato. Però, stava saldamente ritto sulla sua unica gamba come gli altri su tutte e due. Fu proprio lui ad avere una strana sorte.»

Alcuni rumori provenienti dalla stanza di mio fratello mi fanno sussultare, Alisha dev'essersi svegliata. Peter ferma la sua lettura per cercare il mio sguardo. Il mio viso si trova nell'incavo del suo collo e tra le labbra stringo la cannuccia di plastica. Bevo un po' della mia bevanda alla fragola prima di incitarlo a leggere. «E poi che succede? Continua.»

«Sì... Certo.»

Si guarda attorno prima di cercare il segno e proseguire con la sua lettura. «Dov'eravamo rimasti? Oh, sì. Certo. Sul tavolino dove fu appoggiato il soldatino, c'erano molti altri giocattoli ma quello che spiccava tra gli altri era un magnifico castello di carta. Attraverso le finestre si poteva veder dentro nei saloni, e davanti c'erano degli alberelli intorno a uno specchietto che doveva rappresentare un lago, e che rifletteva i cigni di cera che nuotavano sopra. Fin qui hai capito, vero?»

«Sembra proprio l'immagine del mio... carillon.» esclamo, evitando apposta la sua domanda, e la voce sognante che avevo all'inizio mi abbandona.

Alzo lo sguardo per puntare i miei occhi in quelli di mio fratello. Connor è di fronte a noi e ha proprio il mio carillon tra le mani. I suoi capelli castani sono completamente arruffati. È a petto nudo. Indossa solo un paio di pantaloncini da calcio neri e i calzini. Le sue braccia magre sono cosparse di brividi e ha un'espressione stanca in viso.

Mi alzo immediatamente, lasciando l'integratore tra le mani di Peter, per raggiungere Connor. Gli poso entrambe le mani sulle braccia, cercando di riscaldarlo. La sua pelle è congelata e sussulta a contatto con me. «Stai gelando, Con. Perché ti sei alzato così presto? Credevo che fosse Ali-»

«La prossima volta ricordati di spegnerlo.» borbotta senza ricambiare il mio sguardo.

Mi allontano. «Di cosa stai parlando?» gli domando confusa.

Abbassa lo sguardo sul mio carillon, quello che mi ha regalato lui, e me lo porge. «Ricordati di spegnere il carillon la prossima volta. Non siete i soli a vivere qui.»

Sgrano gli occhi all'istante. La melodia del mio carillon è troppo bassa perché lui e Alisha possano averla sentita dalla loro stanza e le pareti di casa sono piuttosto spesse. «Mi prendi in giro?»

Gli strappo il carillon dalle mani, nonostante sia lui stesso a porgermelo, e premo il piccolo pulsante che serve ad accenderlo e spegnerlo. Stringo il mio tesoro prezioso tra le braccia. So che avrei potuto spegnerlo però, quando vivevamo con i nostri genitori, condividendo la stanza, la melodia del mio carillon non l'aveva mai infastidito e lo tenevo acceso tutte le notti.

Connor mi ha regalato questo carillon a batterie color pesca quando avevo nove anni, lui ne aveva dodici. Quel Natale avevo danzato al mio primo spettacolo ufficiale. Non avevo ottenuto una parte da protagonista, del resto ero solo una bambina, però avevo avuto il privilegio di indossare un costume di scena confezionato apposta per me. Avevo indossato delle nuove scarpette e danzato in un teatro mastodontico, di fronte a una platea di persone entusiaste.

I ricordi di quel primo spettacolo sono ancora vividi nella mia mente. Sento sulla pelle gli stessi brividi provati quando io e le mie compagne ci siamo inchinate di fronte al pubblico in estasi o l'emozione di portare sul palco un mazzo di fiori da dare a Emilie, la ballerina prossima al diploma a cui volevo assomigliare e ricevere i complimenti da parte sua.

Al nostro ritorno a casa, mio fratello aveva chiesto a nostro padre di chiudermi gli occhi e impedirmi di aprirli perché, a detta sua, aveva una sorpresa speciale per me. La sorpresa era proprio il carillon che in questo momento sto stringendo a me. È un piccolo carillon sulla cui base color pesca c'è una ballerina che volteggia su sé stessa a ritmo di una melodia dolce e dai caratteri fiabeschi. Attorno alla ballerina vi sono dei piccoli alberi e un cigno bianco che danzano armoniosamente insieme alla mia ballerina.

Sono molto affezionata a questo carillon. So che può risultare infantile ma non riesco ad addormentarmi senza sentirmi cullata dalla sua melodia. È come avere Connor al mio fianco tutta la notte e, pensare di averlo vicino, mi infonde sicurezza e serenità durante il sonno.

Non mi piace essere abbracciata troppo spesso, tantomeno essere circondata da tante persone per troppo tempo. Non sono una persona affettuosa, però ho ugualmente bisogno di sentire la vicinanza delle persone che amo in un modo o nell'altro; e quel carillon è l'unico modo che ho per sentire mio fratello accanto a me senza dover stare davvero con lui.

«Non è possibile che la musica del carillon possa avervi svegliati. Non è così forte. Non esagerare.» esclama Peter, affiancandomi. Sento la sua mano sulla spalla che mi accarezza con dolcezza. Connor ignora le sue parole, guardandomi improvvisamente negli occhi. Il suo tono di voce, da quello che era un mormorio annoiato, diventa sereno e accomodante. «Per favore, fate più piano o sveglierete Alisha. Ti voglio bene.»

Mi scompiglia i capelli per poi darci le spalle e incamminarsi di ritorno nella sua stanza. Le mie mani stringono con forza il carillon «Idiota.» borbotto.

Connor deve aver sentito le mie parole perché si ferma sul posto. Stringe i pugni e il suo corpo s'irrigidisce. «Finisci la tua colazione, Lils.» è tutto ciò che mi dice prima di sparire al di là della porta della sua camera.

Mi ammutolisco all'istante e, co il capo chino, torno a sedermi sul divano. Poso il carillon sul tavolino di caffè ai piedi del divano, accanto al mio integratore ancora pieno, mentre Peter scruta ogni mio movimento. Sul suo viso c'è ancora l'ombra della rabbia provata nei confronti di mio fratello. Tasto la superficie acanto a me, indicandogli di sedersi. «Vai avanti a leggere, dai.»

Lui prende posto accanto a me e posa il libro di fiabe sulle sue cosce. «Sei sicura Prim? Possiamo rimandare.» mi rassicura mentre apre il libro e cerca la pagina a cui eravamo fermi.

Annuisco mentre appoggio il capo nell'incavo del suo collo, inebriandomi del suo profumo fresco. Non ho voglia di pensare a mio fratello ora. «Sono sicura. Continua.»

«Dov'eravamo rimasti? Cazzo... aspetta.»
«Ti aspetto.» Ti aspetterò sempre, Pete.

Quando trova il segno comincia a leggere da dove aveva interrotto. «Il castello di carta era molto grazioso, ma la cosa più bella era una fanciulla, ritta sul portone semiaperto del castello: era di carta ritagliata anche lei, ma aveva una sottanina di lino finissimo e un piccolo nastro azzurro drappeggiato sulle spalle, con nel mezzo un lustrino splendente, grande come il suo viso. La fanciulla aveva le braccia alzate, perché era una ballerina, e teneva una gamba sollevata in aria, tanto in alto che il soldatino di stagno, non riuscendo a vederla, pensò che anche lei avesse una gamba sola, come lui.»

«E poi?»

Peter cambia pagina, continuando a leggere per me. «Il soldatino pensò che la ballerina sarebbe stata la sposa più adatta per lui ma pensò anche di non essere degno di sposarla perché lei abitava in un castello ed era molto elegante, mentre lui possedeva solo una scatola, nella quale abitavano in venticinque. Era convinto che quella scatola non fosse un luogo adatto per una creatura del genere ma doveva tentare lo stesso di fare la sua conoscenza. A tarda sera gli altri soldatini di stagno entrarono nella scatola, tutti andarono a letto e i giocattoli cominciarono a divertirsi: si facevano visita, battagliavano, ballavano. I soldatini di stagno rumoreggiavano nella scatola, perché volevano far parte dei giochi anche loro, ma non riuscivano a sollevare il coperchio. Lo schiaccianoci faceva le capriole, il gesso si dava alla pazza gioia sulla lavagna. La confusione era tanta ma gli unici a non muoversi dal loro posto furono il soldatino di stagno e la graziosa ballerina. Essa si teneva ritta sulla punta di un piede con le braccia tese, ed egli, non meno tenace, stava ritto sulla sua unica gamba, senza staccare un momento gli occhi da lei.»

Un momento. «La graziosa ballerina sarei io?» mi sposto per guardare meglio Peter e rivolgergli uno sguardo truce. Lui alza gli occhi al cielo, sventolandomi una mano in faccia per zittirmi. «Taci e ascolta.»

«Ho voglia di riempirti di pugni.» borbotto consapevole che mi ha sentita e che sta ridendo.

«Suonò la mezzanotte e tac... Il coperchio della tabacchiera si spalancò: dentro non c'era però del tabacco, ma solo un piccolo troll nero, perché era una scatola a sorpresa. Il troll guardò il soldatino e lo intimò di pensare a sé stesso invece che guardare gli altri. Ma il soldatino fece finta di niente e il troll lo minacciò. Gli disse che il giorno successivo ne avrebbe pagato le conseguenze.»

«Quali conseguenze dovrebbe pagare? Stava solo guardando la ballerina di cui si era innamorato. Cosa c'è di male?»

Peter mi squadra con un sorrisino. «Infatti Prim. Se si sa di poter essere felici, cosa c'è di male nell'innamorarsi di una persona pur sapendo che ci saranno delle persone a cui non andranno bene quei sentimenti?»

Incrocio le braccia al petto, sbuffando. «Non c'entra niente. Non stiamo parlando di me.»

«Perché no?»
Mi sposto sull'angolo opposto del divano, sdraiando le gambe sulle sue cosce. «Perché preferisco sapere cosa succederà al soldatino di stagno e perché, soprattutto, sono stanca di parlare di me. Non cambierò idea.»

«Sei così convinta di poter decidere quali sentimenti provare?» continua lui.

Poso la testa su uno dei cuscini alle mie spalle, chiudendo gli occhi per pensare. «Ma di quali sentimenti parli? Pete hai guardato troppe commedie romantiche, non sai quello che dici. L'hai detto tu stesso che sono difficile da conquistare. Credi davvero che qualche incontro con Will sia stato sufficiente a farmi innamorare di nuovo di lui?»

«Non sto dicendo che sei innamorata di nuovo di lui.» rivela.

«Meno male.»

«Sono solo convinto che succederà presto.» ribatte subito dopo.

Spalanco gli occhi all'istante, rimettendomi seduta. «Quando la smetterai?»

Lui scrolla le spalle, ricominciando a leggere. «Quando fu mattina i bambini si alzarono, e il soldatino fu messo vicino alla finestra, quand'ecco, fosse il troll o fosse il vento, quella si spalancò, e il soldatino cadde con la testa all'ingiù dal terzo piano. Fece un capitombolo tremendo, con le gambe all'aria, e ricadde sul chepì, con la baionetta infilata tra le pietre del selciato. La donna di servizio e il piccolo proprietario del soldatino scesero subito giù a cercarlo, ma non lo trovarono, benché stessero per metterci il piede sopra. Se il soldatino avesse gridato, certo lo avrebbero visto, ma egli pensò che non era dignitoso gridare forte, dato che era in divisa.»

«Perché ti sei fermato?» chiedo, giocherellando con le pellicine delle dita. Sento il suo sguardo bruciarmi addosso.

Peter fa per parlare ma si blocca due volte. «No, niente. Vado avanti. Cominciò a piovigginare, le gocce cadevano una più fitta dell'altra e alla fine venne giù un bell'acquazzone. Una volta finito, sulla strada del soldatino capitarono due monelli. Uno di loro vide lo vide e propose di fargli fare un bel giro in barca. I due bambini costruirono una barchetta con della carta di giornale, ci misero dentro il soldatino di stagno, che cominciò così a navigare giù per il rigagnolo, mentre i due monelli correvano ai due lati, battendo le mani. La barchetta di carta andava su e giù, e ogni tanto girava su se stessa, facendo tremare il soldatino di stagno, che però, sempre tenace, non batteva ciglio e continuava a guardare sempre avanti a sé, col fucile in spalla. All'improvviso la barchetta finì sottoterra, in una fogna, dove era buio pesto proprio come nella sua scatola. Il soldatino era preoccupato e voleva dare la colpa della sua sciagura al troll però pensava che se la graziosa ballerina fosse stata con lui, ci sarebbe anche potuto essere il doppio del buio.»

«Non pensi che il soldatino sia fin troppo ossessionato dalla ballerina?» interrompo la sua lettura.

«In che senso?» chiede, chiudendo il libro.

Mentre parlo continuo a torturare le pellicine delle mie dita. «Voglio dire che il soldatino si trova in una fogna dopo aver passato le pene dell'inferno e pensa che essere insieme alla ballerina potrebbe rendere bello quell'incubo. Andiamo... l'ha vista una sola volta, non ci ha mai parlato e non la conosce davvero. La sta solo idealizzando. Come può far dipendere da lei o dal troll il suo stato d'animo o le sorti della sua vita? Non ha senso, dovrebbe essere lui a decidere per sé.»

Mi avvicino a Peter, tornando a posizionare il capo nell'incavo del suo collo. Ho bisogno di averlo vicino.

Lui mi circonda con un braccio, avvicinandomi a sé. «Alcune persone credono di non avere voce in capitolo nella propria storia e si afferrano a qualcuno, facendo sì che ogni suo stato d'animo, azione o reazione dipenda da quella persona.»

So che sta parlando di me. «E tu che ne pensi di queste persone?»

«Credo che non sia del tutto colpa loro. Sono persone ferite e rotte, che hanno bisogno di essere aiutate per tornare a camminare sulle loro gambe; e non importa quante ne abbiano, se una, due o nessuna. Tu?»

«Io cosa?»
«Tu che cosa pensi di queste persone?»

Faccio per parlare ma mi ammutolisco subito. Cosa penso io di quelle persone? «Penso che se una persona non vuole essere aiutata ha il diritto di essere lasciata in pace. Penso che... penso che una persona abbia il diritto di afferrarsi a qualcuno.»

«Allora perché il soldatino di stagno non può farlo con la ballerina?»

«Perché lui non conosce la ballerina!» quasi urlo.

Afferro il tessuto della parte inferiore della sua maglietta, stringendolo tra le dita della mano sinistra, mentre con la destra gioco con un braccialetto di plastica che ho sul polso. Prendo un bel respiro prima di parlare. «Il soldatino non sa niente di lei... e quando tornerà a casa sua lei sarà più diversa di prima. Lui soffrirà e lei non saprà come agire nei suoi confronti perché non ricorderà nemmeno di averlo guardato. Nulla sarà più come prima e lui la odierà per avergli fatto male.»

Peter non risponde. Mi stringe di più a sé, disegnando cerchi immaginari sulla mia schiena mentre riprende a leggere il racconto da dove si era fermato. «Dopo un litigio con un ratto, il soldatino di stagno fu inghiottito da un grosso pesce. Lì dentro era più buio che nella fogna e c'era poco spazio ma il tenace soldatino di stagno rimaneva fermo lungo e disteso, con il fucile in spalla. Il pesce si contorceva e agitava nel modo più terribile: alla fine si calmò e fu come attraversato da un lampo. La luce divenne sempre più forte e qualcuno gridò che il soldatino di stagno era stato finalmente trovato. Preso e portato al mercato, il pesce era stato venduto, ed ora era in cucina e la cuoca lo stava sbuzzando con un coltellaccio. Afferrato con due dita il soldatino, essa lo portò in salotto, dove tutti volevano vedere quell'omino singolare che aveva viaggiato nello stomaco di un pesce: ma lui non montò in superbia. Lo posarono allora sul tavolo e... ma che cose strane succedono a questo mondo! Si ritrovò nello stesso salotto di prima, vide gli stessi bambini, e sul tavolo c'erano gli stessi giocattoli. C'era il magnifico castello e la graziosa, piccola ballerina che stava ancora su una gamba sola, con l'altra sollevata in aria. Era tenace anche lei, e questo commosse il soldatino, che si sarebbe messo a piangere lacrime di stagno, se non fosse stato poco dignitoso.»

Questo soldatino di stagno è così stupido e sono stufa di ascoltare questa storia. «E se fossero color camoscio?» chiedo a Peter, riferendomi ai suoi occhi.

Lui ridacchia leggermente alle mie parole.  «Può darsi, Prim.»

Si gratta la nuca mentre continua a leggere dal suo libro fino alla fine della storia. «Egli la guardò ed essa guardò lui, ma non si dissero una parola. In quel momento uno dei maschietti prese il soldatino e lo gettò dritto nella stufa, senza nessuna ragione: tutta colpa, certamente, del troll della tabacchiera. Il soldatino di stagno vide una gran luce e sentì un gran calore; era una cosa tremenda, e lui non sapeva neppure se fosse la fiamma del fuoco vero o quella dell'amore. Aveva perso i suoi colori, ma nessuno avrebbe potuto dire se fosse successo durante il viaggio o se fosse causa la pena del suo cuore. Guardò ancora la cara fanciulla, ed essa guardò lui, che si sentì come disciogliere, ma rimase tenacemente immobile, col fucile in spalla. In quel mentre si spalancò la porta e una ventata afferrò la ballerina, che volò come una silfide sin dentro alla stufa, accanto al soldatino, e sparì in una fiammata. Il soldatino di stagno si sciolse allora completamente, e quando, il giorno dopo, la donna di servizio tolse la cenere, trovò un piccolo cuore di stagno: era tutto quello che restava di lui; della ballerina invece rimaneva solo il lustrino, ma tutto bruciacchiato e nero come il carbone. Fine.»

Rimango a bocca aperta quando lo sento pronunciare la parola fine. Come "fine"? «Finisce così? Davvero?»

«Sì Prim, questo è il finale.» dice lui, chiudendo il libro e posandolo sul tavolino. Dl mio canto mi alzo dal divano e mi dirigo in camera nostra per potermi cambiare e preparare per la giornata lavorativa di oggi. Peter mi segue.

«Che razza di finale sarebbe? Qual è la morale?» esclamo mentre apro l'anta dell'armadio in cerca di un paio di jeans, mentre il mio migliore amico si spoglia per indossare i vestiti scelti il giorno precedente.

«Credo che la morale di questa storia cambi a seconda dell'interpretazione che le da chi l'ascolta. Siamo tutti diversi ed è un racconto piuttosto particolare, no?» dice infilando un dolcevita bianco con la zip, al di sopra di una maglietta di cotone nera e a maniche lunghe.

«Anche troppo particolare.» ribatto. Trovo i pantaloni che volevo e mi spoglio in fretta di quelli del pigiama. Indosso i jeans e mi rimetto in cerca del mio maglione preferito.

«Dipende dai punti di vista. Io penso che sia stato bello vedere come la determinazione del soldatino è riuscita a portarlo dalla sua amata ballerina. Penso che il racconto voglia far capire che vale la pena di lottare se alla fine si avrà la felicità tra le proprie braccia.»

Sbuffo infastidita. Non riesco a trovare il maglione che voglio mettere. «Mi prendi un reggiseno senza spalline pulito e gli occhiali? Sono sul comodino. Comunque il tuo ragionamento fa acqua da tutte le parti. Alla fine entrambi sono morti, perciò la fatica del soldatino non l'ha portato a nulla di positivo.»

Dopo pochi secondi mi sventola davanti agli occhi l'indumento che gli ho chiesto e i miei occhiali da vista. «Tieni Prim.»

«Grazie.» gli sorrido e infilo gli occhiali. Il maglione che voglio mettere lascia le spalle scoperte, per questo motivo ho chiesto a Peter di portarmi proprio un reggiseno senza le spalline. Torno a cercare il maglione nel suo lato di armadio. Devo averlo messo tra i vestiti di Peter mentre sistemavo la biancheria di entrambi che lui aveva piegato.

Trovo finalmente quello che cercavo. Mi tolgo la maglietta del pigiama e, una volta agganciato il reggiseno di pizzo bianco, lascio che la lana del maglione color panna mi scaldi la pelle.

Peter è vestito e mi sta aspettando sull'uscio della porta con un sorriso sornione sulle labbra. «Vale la pena di fare un percorso accidentato, pieno di difficoltà e incertezze, pur di trascorrere anche solo pochi secondi di pura felicità. Non trovi?»

Mi fermo accanto a lui appena prima dell'uscita della camera. «In tutta onestà?»

Annuisce.

«No.» dico con sincerità mentre lo sorpasso e mi dirigo verso il piccolo bagno dell'appartamento per lavarmi il viso e i denti. Dopo pochi secondi Peter è accanto a me con uno spazzolino in bocca.

Tra un gargarismo e l'altro mi fa altre domande riguardo il racconto che ha letto per me, come ogni volta. Ripone la sua fascia per capelli nel nostro cassetto e mi passa la mia spazzola. «Almeno ti è piaciuta?»

«No.»
«Fai schifo a mentire come tutti i canadesi.»

«Sono scozzese.» borbotto mentre applico l'ombretto chiaro sulle palpebre.
«Appunto.»

🌷🌷

Oggi è stato un giovedì come tutti gli altri. Peter mi ha svegliata, abbiamo fatto colazione, ci siamo preparati, siamo andati in tintoria e ci siamo impegnati a non perdere il posto di lavoro.

Oggi sono andata a provare per l'audizione di mattina perché alle quattro sarei stata io a coprire Peter: aveva appuntamento in biblioteca per leggere una storia ai bambini, come ogni giovedì pomeriggio.

Oggi è un giovedì come tutti gli altri. È un giovedì normale. Standard.

E allora perché mi sento mancare il respiro? Perché sto girando a vuoto da quaranta minuti in cerca di qualcosa da mettere? Perché sento che questo giovedì come tutti gli altri, non è poi così tanto normale e standard?

Sento una strana sensazione che non so interpretare. Ho una morsa allo stomaco ed è come se avessi dimenticato qualcosa di importante, ma cosa?

Sbuffo sonoramente e mi siedo sulla sedia di legno che si trova accanto alla porta della nostra camera.

«Che c'è?»
Do una scrollata di spalle per fargli capire che non è nulla di rilevante. «Che ore sono?»

Peter, sdraiato sul mio letto e con un libro aperto in grembo, lancia uno sguardo allo schermo del suo cellulare. «Le sei e quarantadue. A che ora dovrebbe passare Will?»

«Alle sette e mezza.» dico mentre cerco qualcosa da indossare tra i vestiti appesi nell'armadio.

Esamino tutto il mio guardaroba ma non ho la benché minima idea di cosa mettere. Questa sera ho voglia d'indossare un vestito, però non voglio che Will si faccia strane idee. È così complicato avere a che fare con me stessa. Vorrei smettere di pensare a tutte le possibili variabili e interpretazioni relative alle mie scelte di vita.

Tramite lo specchio che si trova nell'anta dell'armadio vedo che Peter inarca un sopracciglio mentre chiude il suo libro e cerca una posizione più comoda sul mio letto. «E hai ancora il body addosso?»

«Perspicace.» ribatto mentre cerco qualcosa tra i miei vestiti.

Nel frattempo estraggo dall'armadio un abito di seta lungo fino alle caviglie, color panna. Le spalline sottili s'intrecciano tra loro nella parte posteriore e il vestito s'adagia perfettamente alle forme del corpo di chi lo indossa, anche alle mie. È il mio abito preferito.

L'alternativa equivarrebbe a una gonna nera lunga fino alle caviglie, proprio come l'abito, abbinata a una maglietta color Borgogna a maniche lunghe.

«Lo so, è una delle tante cose che ami di me. Ad ogni modo, perché indossi ancora il body? Oggi hai provato di mattina.» dice mentre smanetta con il proprio cellulare.

«Oh, vedi... Io-»
M'interrompe. «Lily!»

Nello stesso momento mi scaglia contro un cuscino che riesco a schivare. «È il mio nome. Che cosa c'è?»

«Avevi promesso di darti tregua con le prove o arriverai esausta al giorno dell'audizione.»

«Puoi aiutarmi?» indico i vestiti che ho scelto, ignorando il suo tono preoccupato e il cipiglio infastidito sul suo volto.

Peter, con disappunto, si alza dal letto e mi raggiunge. Gli lascio i miei vestiti tra le mani per poter sistemare quelli che ho tirato fuori dall'armadio mentre sceglievo cosa indossare.

Mi lascio andare a un respiro profondo. «Lo so che ho promesso, ma se non provo a sufficienza non ho speranze di essere ammessa. La mia vita dipende da questa audizione.»

«La tua vita non dipende da quest'audizione.»

Chiudo l'armadio e mi dirigo verso la porta della stanza con Peter alle spalle.

«Ne sei così convinto?»
«Non molto, ma non è questo il punto.»

Mi restituisce i vestiti per poi appoggiarsi allo stipite della porta. Nel suo sguardo c'è sempre la stessa emozione: preoccupazione.

«Secondo te il bagno è occupato?» gli chiedo fingendo di non ricordare che siamo soli in casa.
«Mi stai ignorando?»

Sì e no. Sto solo evitando la conversazione.

«Hai ragione, è meglio andare a controllare. Sono già abbastanza in ritardo.»

«Sì, mi stai ignorando.»

Mi trattengo dallo scoppiare a ridere mentre esco dalla stanza, in sottofondo i lamenti di Peter, e percorro il breve percorso tra la porta della mia camera e quella della bagno.

Quando apro la porta mi aspetto di non trovarci nessuno. Connor e Alisha sono usciti a cena fuori, volevano provare un ristorante thailandese, mentre Peter è in camera nostra. Invece ci trovo Tara in canottiera nera e pantaloni della tuta grigi, intenta a tingersi i capelli, che sussulta non appena spalanco la porta.

«Io non... Devi scusarmi, pensavo che non ci fosse nessuno e allora ho aperto senza bussare.» come al solito ho iniziato a blaterare e parlare a ruota libera.

Dal canto suo, Tara lascia sul lavandino la ciotola e il pennello che stava utilizzando per stendere la miscela, e mi riserva un timido sorriso. «Non preoccuparti. È tutto okay.» mi rassicura.

«Sono mortificata.»

«Lily non è successo niente, davvero. Non dev-» tenta ma viene interrotta da Peter che fa il suo ingresso in bagno.

«Non potrai ignorarmi ancora per molto! Oh, Tara. Ciao. Che ci fai qui, amore? Bell'acconciatura.»

Peter chiama "amore" chiunque.

«Beh, grazie Pete.» ribatte lei e sul suo viso si dipinge un sorriso ironico. È la prima volta che la vedo cambiare espressione. Di solito è sempre chiusa in sé stessa, quasi come se fosse spaventata all'idea di parlare o di mostrare delle emozioni che potrebbero tradirla.

Mentre lei e Peter scambiano due chiacchiere, io concentro la mia attenzione sul suo corpo. I pantaloni della tuta fasciano le sue gambe snelle. Non ha le braccia ossute e la maglietta con le spalline che indossa aderisce alle sue belle forme come un guanto. Ha il collo sporco di tinta rossa e un bel colorito roseo sulle gote mentre ride a una battuta di Peter. I suoi capelli, nonostante ora siano pieni di tinta e raccolti in uno chignon sporco, di solito sono folti e lucenti. Nulla a che vedere con i miei pochi capelli sfibrati. Le clavicole di Tara sono in bella vista, ma non così tanto da permettere a degli idioti di paragonarla alle ossa morsicate dai cani.

Non c'è niente di sbagliato in Tara; è perfetta così com'è e non ha nemmeno bisogno di impegnarsi per esserlo a differenza delle ragazze come me. Le ragazze come me non hanno fortuna e devono impegnarsi per evitare di sputare di fronte al proprio riflesso allo specchio. Le ragazze come me non piacciono a nessuno per davvero e se per caso una persona si prendesse una cotta per una di loro, lei non ci crederebbe o non saprebbe darsi una spiegazione del perché.

Le ragazze come me non sanno cosa si prova ad essere come Tara e vorrebbero vivere la sua vita. Vorrebbero non essere loro stesse. Vorrebbero capire di non essere buone solo per essere usate. Vorrebbero amarsi e permettersi di accettare l'amore altrui.

Non riesco a smettere di squadrare Tara e ne sono consapevole, ma cosa devo fare? Vorrei avere di nuovo i capelli lunghi per poterli strappare uno a uno e calmarmi. Abbasso lo sguardo, osservando i vestiti che sto stringendo tra le braccia pur di non guardare lei e disprezzare la fortuna che non si rende conto di avere.

«Lily,» è la sua voce e si rivolge a me.

Alzo lo sguardo quando la sento. «Cosa c'è?»

Non volevo sembrare così scocciata ma è stato più forte di me. Sul viso di Tara si dipinge un'espressione preoccupata e Peter, stranito, si avvicina a me. Mi posa una mano sulla schiena e inizia a riempirmi di carezze per farmi rilassare. Non mi ero resa conto di aver iniziato a tremare come una foglia. «Va tutto bene, Primula. È tutto okay. Prendi un bel respiro. Concentrati sul respiro, con calma.» mi sussurra Peter all'orecchio.

Annuisco mentre lascio i miei vestiti sul mobile accanto al lavandino e mi porto una mano sul petto. Prendo un bel respiro, per poi rilasciare tutto. Inspiro ed espiro. Lo faccio un'altra volta, e un'altra, e un'altra ancora. Inspiro ed espiro profondamente fino a che non sento il mio cuore battere a un ritmo normale. Peter non ha smesso di accarezzarmi la schiena e le mie mani ancora tremano, anche se meno di prima.

«Lily vuoi che liberi il bagno? Ne hai bisogno? Tanto ho quasi finito, ora è solo questione di attendere che passi un'ora.»

Tara è così gentile e io sono solo un'idiota. Anche se probabilmente lei è gentile con me solo perché sono la sorella del suo ragazzo e mi vuole dalla sua parte. Oppure è solo una brava persona che vuole avere un bel rapporto con me. Non lo so. Non mi fido di lei. In fondo ha sempre evitato al massimo i contatti con me, quindi perché dovrei pensare di piacerle e che non vuole solo utilizzarmi per tenersi Connor?

Le mostro un sorriso tirato e a denti stretti. «Non devo fare molte cose, vorrei solo cambiarmi e truccarmi. Devo uscire alle sette e mezza, perciò non ci metterò molto.»

«Non preoccuparti. Ascolterò un po' di musica sul divano mentre aspetto che passi il tempo. Devo ancora recuperare l'ultimo album di Sabrina Carpenter.»

Sabrina Carpenter? Un momento.

«Come puoi non aver mai ascoltato Sabrina Carpenter? Dimmi che scherzando.»

Da quando io e Peter ci siamo trasferiti insieme a Connor e Will, un anno fa, ho stretto amicizia con Tara, la ragazza di mio fratello. Sono la sola da cui si lascia fare la tinta ai capelli e stare insieme è l'unica scappatoia alla presenza di testosterone in casa che ci accerchia.

In diciannove anni non ho mai avuto una vera amica femmina; avevo preso un impegno serio e fisso con la danza e non avevo tempo di fare amicizia. Per non parlare dei ricordi che ho legati alle compagne di corso che avevo nella scuola di danza in cui mi sono diplomata; ricordi che ancora mi tormentano in modo perenne e che hanno marchiato a vita le mie azioni e il mio carattere.

«In questo momento preferirei che fosse solo uno scherzo, Lils. Mi stai minacciando con quel pennello da cinque minuti.»

Scoppio in una fragorosa risata mentre applico un po' della miscela colorante su una sezione dei suoi capelli. «Prometti di iniziare ad ascoltare Sabrina Carpenter e non ti minaccerò più.»

«Preparami una playlist con le canzoni migliori.» ribatte ridacchiando mentre continuo a tingerle i capelli. Sorrido vittoriosa.

«Non sapevo ti piacesse Sabrina Carpenter. L'ascolti da molto?» domando con confusione mista a eccitazione. Le mie tempie pulsano e improvvisamente ho mal di testa.

Almeno ho smesso di tremare.

«Fino a tre anni fa non sapevo chi fosse. Per fortuna la mia migliore amica ha creato una playlist fatta apposta per me. Come tradizione, mentre lei mi fa la tinta, ascoltiamo proprio quella playlist finché non abbiamo finito.»

«Che ci fai qui allora? Perché non sei dalla tua migliore amica?» ribatto.

«Ecco... È molto impegnata in questo periodo e non riusciamo a vederci spesso.»

Annuisco. Tara mi rivolge un sorriso timido e si dirige verso la porta del bagno per lasciarci soli. Peter, nel frattempo, si è seduto su uno sgabello accanto al cestino del bagno e ci sta osservando.

Dal mio canto mi avvicino al lavandino. È sporco di tinta. Prendo un lungo respiro e apro il rubinetto per pulire quello che Tara ha sporcato.

«Tara?» la richiamo.
Sento i suoi passi fermarsi. «Dimmi pure,»
«Avresti potuto pulire almeno.»

«Lily!» mi riprende Peter, alzandosi.

Non mi chiama mai Lily. Dev'essere arrabbiato. Perché la sta difendendo? Perché anche lui? «Che cosa c'è? Questa non è casa sua. Non sapevamo nemmeno che fosse qui.»

«Ma Lily,»

«Pete,» s'intromette Tara. «È colpa mia. È vero, Lils. Ti chiedo scusa. Ora pulisco subito.»

In una frazione di secondo è accanto a me. Mi ritraggo all'istante quando il suo gomito si scontra com il mio braccio. Tara, munita di uno straccio, inizia a pulire tutta la superficie del lavandino.

Quando ha finito si volta verso di me e mi rivolge un sorriso. «Fatto. Ora puoi finire di prepararti, Lils.»

Non mi lascia dire una parola e sparisce dalla stanza in pochi secondi con lo straccio sporco in mano.

Il primo a dire qualcosa è Peter. «Era il caso di trattarla in questo modo?»

Sbuffo mentre chiudo la porta del bagno e inizio a togliermi il body. «Perché la difendi così?»

«Non la sto difendendo. Dico solo che Tara non ti ha fatto niente. Era solo un po' di tinta. Alisha ha fatto molto di peggio con il curry la settimana scorsa e non hai battuto ciglio. Perché con lei te la sei presa in questo modo?»

So che era solo un po' di tinta. So che non mi sarei dovuta arrabbiare così.

Mi tolgo anche le calze, rimanendo completamente nuda di fronte al mio migliore amico. Lui mi passa la biancheria che avevo ammassato su un mobile bianco accanto al lavandino. «Perché... Perché... Non lo so il motivo. È forse un crimine?»

«Non lo è però...»

Mi volto, dandogli le spalle, facendogli capire di dovermi aiutare a chiudere il reggiseno bianco. «Sei tu a dirmi che devo imparare a non farmi andare bene ogni cosa, perciò qual è il problema adesso?»

Peter mi sistema le bretelle del reggiseno e, prima di tornare a sedersi sullo sgabello, mi lancia la gonna d la maglietta che ho scelto di indossare. Penso di scartare il vestito. Non voglio che Will si faccia strane idee.

«Il problema è che sfoghi la rabbia che provi per qualcun altro su chi non c'entra niente. Eri davvero arrabbiata con Tara per aver sporcato il lavandino con la tinta?»

Sistemo «Vuoi lasciarmi stare?»
«Ogni volta che qualcosa non ti va bene ti comporti come una bambina.»

«Lo fai anche tu.» ribatto.
«Lo so. È per questo motivo che sei la mia anima gemella.»

Sorrido divertita mentre indosso la gonna nera e, poi, la maglietta borgogna. «La tua anima gemella, eh? Sogni di passare le dita tra i miei capelli morbidi e setosi, Pete? Vuoi assaggiare il sapore delle mie labbra?»

«Lascerò a Will e Avery quest'opportunità disgustosa.»

«Stai zitto.»
«Altrimenti?»
«Altrimenti nulla. Stai zitto e basta.»
«Okay.»

I successivi cinque minuti non sono altro che un susseguirsi di sbuffi e versi lamentosi di Peter.

«Che diamine hai?» sbotto, applicando il mascara nero sulle ciglia.

«Chi? Io?»

Attraverso lo specchio vedo che ha un finto sguardo pieno d'innocenza.

«Vuoi dire qualcosa. Ti conosco.»
«Pensavo avessi detto che dovevo stare zitto.»
Chiudo il tubetto di mascara e applico un po' di blush sugli zigomi. «Non ti sopporto più. Che cosa vuoi?»

«Vuoi davvero indossare quei vestiti, Prim?» mi domanda.
«Cosa vorresti dire?»

«In camera hai guardato l'abito per più di dieci minuti con gli occhi a cuoricino. Sei sicura di non volerlo mettere?»

Sposto la mia attenzione sul vestito che sta indicando con il dito. È meraviglioso ma non mi sta così bene. Non importa cosa io dica quando penso di stare bene. Quel vestito non mi sta bene. Starebbe bene a Tara. Lei è bella e pure Peter l'ha difesa. Mio fratello è innamorato di lei proprio per questo. No. Non posso permettermi di indossare quell'abito.

«Sì. Sono sicura.»
«Prim....»
«Ho detto che sono sicura. E poi, fuori fa troppo freddo per mettere quel vestito.»

È una scusa patetica visto che sto indossando una gonna.

«Mi aiuti con i capelli?»
«Voi canadesi avete dei capelli orribili ma cercherò di fare del mio meglio.»

Sorrido alle sue parole. È il mio migliore amico. È la mia anima gemella e cercherò di godere ogni momento con lui finché non si renderà conto che ad essere orribili non sono i miei capelli ma lo sono io.

«Sono scozzese, Pete.»
«Peggio ancora.»

🌷🌷

«Lasciami.»
«No.»
«È ora di andare.»
«Non riesco.»
«Ma Will è giù che aspetta.»
«Lascialo aspettare.»

Cerco di divincolarmi dalla sua presa ferrea attorno alla mia vita ma è difficile. Siamo fermi davanti alla porta di casa e lui è seduto sul pavimento, attaccato a me e non vuole lasciarmi andare.

«Peter Samuel Smith perché fai così adesso?»
Lui stringe la sua presa su di me, affondando il viso nel tessuto della mia gonna. «Perché è il tuo primo appuntamento. Stai crescendo troppo in fretta.»

Vorrei ricordargli che sono più grande di sette mesi e che ho fatto molto più sesso di quanto ne ha fatto lui, ma non avrebbe senso discutere della mia vita sessuale sul pianerottolo di casa. «Lasciami andare.»

«No.»
Sono disperata. «Perché no?»
«Ti accompagno giù.»

Sono così disperata che annuisco. Quando finalmente Peter decide di alzarsi e ci incamminiamo verso le scale, dalla porta di casa fa capolino il viso di Tara. «Lils?»

Mi volto di scatto verso di lei. «Sì?»
«Sei bellissima.» mi sorride con dolcezza e non riesco a respingere un sorriso.

Di riflesso le faccio un occhiolino e un'espressione di nostalgia le si dipinge in volto. «Grazie.»

Non lascio che risponda e inizio a scendere le scale del condominio con Peter alle calcagna. Quando oltrepassiamo il portone d'uscita, scorso la figura di Will. È appoggiato alla fiancata di una macchina nera, tiene le mani in tasca per scaldarsi dal freddo d'Ottobre e il suo sguardo è rivolto al marciapiede.

Mi avvicino lentamente. «William,»
Quando il suo sguardo si posa su di me, un sorriso gli si dipinge in viso e le gote gli si colorano di rosso. «Wow.»

✍🏻

Ciao a tutti! Come state? 🤍

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Inizialmente doveva essere molto più lungo e l'appuntamento di Will e Lily sarebbe dovuto essere in questo capitolo ma ho deciso di dividerlo in 2 parti.

Ci vediamo al prossimo aggiornamento 🫶🏻

Get the best of both worlds !! 🤍

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