Laminae [SEQUEL di OPERA]

By Dragonfly_Ren

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***ALERT*** Questa storia è il SEQUEL di OPERA. Se potete scegliere di leggere OPERA come storia autoconclus... More

DOORS TO HEAVEN
1.1 A strange place called home
1.2 And you let her go
1.3 Colorblind
1.4 Bittersweet memories
1.5 Don't play with fire
1.6 Love is Colder than Death
1.7 Someone like you
1.8 Universal tongue
1.9 Guilty pleasure
1.10 Sadness is but a wall between two gardens
1.11 Spare parts
1.12 Know who you are
1.13 As long as you loved me
1.14 All water has a perfect memory
1.15 Dancing on the edge
FIX YOU
2.1 Gazing across the wasted years
2.2 How to save a life
2.3 Trouble in Paradise
2.4 Demons
2.5 Innocence lost
2.6 Trying to get back to where it was
2.7 Happy families are all alike...
2.8 Message in a bottle
2.9 Read your Tarots well
2.10 Back to black
2.11 In need of repair
2.12 Tower's Callin'
2.13 The Star
2.14 Falling slowly
2.15 The Moon
STAND MY GROUND
3.1 Time to call your bluff
3.2 Into the darkness
3.3 Come Hell or High Water
3.4 Excuse me while I kiss the sky
3.5 The Sun
3.6 Soul has weight
3.7 Hush, little baby, don't say a word
3.8 What lies beneath
3.9 What strength I have's mine own
3.10 The driving force of all nature
3.12 Chains of silver and chains of gold
3.13 All of you
3.14 Hopefully
3.15 Pigeons
I THINK WE'RE ALONE NOW
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò

3.11 Judgement / The World

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By Dragonfly_Ren

Fuori l'aria era fresca, densa di un'umidità che la rendeva balsamo per i visi affannati, per la gola che bruciava, per i polmoni che stavano cedendo al fumo acre che aveva preso possesso di ogni meandro della casa.

Appena in tempo!

Raven non sapeva ancora se tremare o esultare di fronte a quel pensiero. Sì, aveva fatto appena in tempo. Aveva raggiunto il prato e deposto Charles sull'erba bagnata, poi si era lasciato andare con la schiena contro il terreno soffice nell'attimo stesso in cui un cupo boato aveva dato il via a una catena di rumori inquietanti.

La porta dalla quale erano usciti vomitò un getto di fuoco che, dal telaio superiore, si proiettò verso la parete esterna dell'edificio. Il ragazzo seguì il crepitare delle scintille e sollevò lo sguardo fino al cielo. Oltre il fumo e la tempesta di Eagle, oltre le nuvole scure di quella notte, avrebbe voluto trovare le stelle. Quel desiderio gli sembrò il riassunto generale della sua vita: non vederle mai, ma credere fermamente che esistessero e che fossero lì, ognuna al proprio posto.

Istintivamente affondò le dita nel terriccio molle, compensando quella mancanza celeste con il contatto noto, tangibile e meraviglioso che era capace di ricaricarlo. Si tirò su e si girò a cercare Ailleann con lo sguardo.

Lei era poco più in là, rannicchiata vicina a una grande siepe, tutt'uno con Charles. I suoi lunghi capelli arruffati coprivano quasi del tutto la schiena del bimbo, le cui braccia erano avvinte al collo della madre. Raven non poté fare a meno di pensare che, persino in quello stato e in quella terribile cornice, erano bellissimi. Somigliavano anche loro, in qualche modo, all'immagine che aveva in testa di tutto l'amore del mondo.

Il Mondo...

Quella parola accese in lui un silenzioso pensiero che lo fece sorridere. Si inginocchiò accanto alla ragazza e carezzò il braccio di Charles.

"Ehi, campione...".

La frase gli morì sulle labbra quando il piccolo si staccò dalla madre e gli rivolse il visino pesto e contratto dallo spavento. Per un istante temette di dover leggere odio o repulsione nei suoi occhi verdi. Per un istante ricordò a se stesso che, al di là di ogni buona intenzione, lui non era senza colpa.

Piegò la bocca in una smorfia e ritrasse la mano. Non era quello, il suo posto. Forse non aveva davvero nessun posto da occupare in quella scena. Fece per alzarsi, ma qualcosa gli impedì di farlo: Charles si era aggrappato al suo collo, stringendolo quanto gli era possibile.

"Zio Rav, mi perdoni?", lo sentì piagnucolare, con le labbra serrate contro la stoffa della sua camicia.

"Perdonarti?", ridacchiò sinceramente sorpreso, carezzandogli i riccioli fulvi. "E di cosa?".

"Ho avuto paura e ho rovinato tutto".

Raven lasciò scivolare le dita sulle sue braccia e lo allontanò da sé, sistemandolo dove poteva guardargli gli occhi alla stessa altezza, da uomo a uomo.

"Paura?", replicò con un sorriso. "Sei stato il bambino più coraggioso che io abbia mai visto. Sei stato persino più bravo di me, e non era facile, sai?".

֍

Eagle non aveva staccato gli occhi dalle finestre di Fulham nemmeno per un secondo. Sapeva cosa aspettarsi, ma l'attesa gli aveva ugualmente scavato l'anima.

Quando vide il fumo nero che cominciava a salire verso l'alto e i vetri colorarsi di un rosso violento, capì che il momento era arrivato. Osservò il movimento che aveva impresso alle correnti: una volta trovato il proprio equilibrio interiore, gestirle era diventato un compito semplice. La rotazione da lui imposta ai venti proseguiva per inerzia attorno al suo centro. Non doveva far altro che impartire un breve ordine cadenzato, di tanto in tanto, per far sì che non rallentasse, perdendo la forza che la rendeva uniforme.

Con quel pensiero rassicurante in testa, si mosse verso l'entrata secondaria. Appena riuscì a scorgere lo spazio antistante la villa, si sentì invadere dalla gioia: Ailleann, Raven e Charles erano sul prato. Un po' ammaccati, con i vestiti scuriti dal fumo e visibilmente scossi, ma senza dubbio vivi.

Affrettò il passo in quella direzione, in tempo per vedere un'altra lingua di fuoco che fuoriusciva dalla porta ormai semidistrutta e si arricciolava verso l'alto. Studiò per qualche minuto la traiettoria della fiamma: il suo vortice stava funzionando. L'incendio che divampava dall'interno veniva risucchiato e spinto contro il cielo dalle correnti, tornando verso la facciata esterna di Fulham senza allargarsi alle piante del giardino.

Voltò le spalle all'edificio e si concesse un rapido sospiro di sollievo, ma quel conforto fu di breve durata. Giusto il tempo di una fitta al cuore.

"Swan dov'è?", domandò, serrando il braccio di Raven quasi con violenza.

Quello schivò il suo sguardo e si girò a fissare l'ingresso, la cui sommità continuava a sputare fumo e fiamme.

"È ancora dentro".

L'altro mollò la stretta e, senza una parola, si diresse verso l'entrata.

"Eagle, che fai?".

Raven continuò a urlargli dietro, ma lui non ascoltò nemmeno una parola. La sua voce era diventata un suono indistinto, coperto dal rumore del vento che continuava ad agitarsi nella sua testa con la stessa furia che aveva impresso all'Elemento.

Che fai, gli aveva chiesto? Non lo sapeva nemmeno lui, cosa stava facendo.

Sapeva solo che non poteva restare lì a guardare.

Non poteva restare senza di lei.

֍

Swan continuava a scrutare la scena apocalittica che la circondava con crescente preoccupazione. Doveva mantenere il controllo se voleva tirarsi fuori da quell'inferno, ma la situazione sembrava peggiorare. Stava cercando di farsi strada lungo il corridoio schermandosi con l'acqua, ma il fuoco si era fatto più violento e aggressivo attorno a lei, man mano che incontrava nuove superfici sulle quali fare presa.

Le occorreva sempre maggiore energia per opporsi alla minaccia delle fiamme e lo sforzo la faceva avanzare più lentamente, dando al suo avversario il tempo per rinvigorirsi. Sembrava un serpente che si mordeva la coda, quella strana danza tra lei e il Fuoco. Una danza dove ogni minuto che passava sembrava condannarla alla sconfitta.

Il fumo aveva invaso il corridoio con le sue spire nere. Swan non riusciva a vederne la fine. I serpentelli d'acqua che la tenevano al riparo dalle fiamme avevano iniziato a scivolarle su e giù per il corpo con un movimento impazzito. Stava perdendo la calma, stava perdendo la speranza.

Di colpo si fermò. Non voleva più andare avanti. Forse i dubbi di Raven erano infondati. Forse lui aveva avuto più paura di quanto fosse ragionevole averne. Forse sarebbe scivolata una volta ancora in quell'abbraccio senza bruciare e sarebbe stata salva.

Il fuoco la corteggiava insistente con il suo calore, lo sentiva sempre più vicino alla pelle. Chiuse gli occhi e decise di farsi sovrastare dalla forza di Phoenix. Si preparò a essere investita da quell'onda e si lasciò afferrare.

Si accorse subito, con stupore, che non era la violenza del rogo, quella che l'aveva avvinghiata. Era una stretta salda e concreta, che non la stava attraversando, la stava trascinando via.

Spalancò gli occhi e istintivamente si aggrappò al braccio che le aveva cinto la vita.

"Eagle? Ma cosa...".

"Passeremo nel Fuoco!", la interruppe senza esitare, mentre la guidava verso le fiamme.

La ragazza lo trattenne tirandolo energicamente.

"Eagle, noi...", balbettò, in preda alla paura.

Lui le serrò il corpo contro il suo.

"Noi passeremo nel Fuoco", stabilì. "E ce la faremo".

La sicurezza che Swan lesse nei suoi occhi si insinuò in ogni fibra del suo essere. La loro luce dorata, amplificata dal guizzare delle fiamme, sembrò ipnotizzarla. Annuì e si strinse a lui, poi si tuffarono insieme oltre la barriera che li separava dalla notte.

֍

Rotolarono sul terreno umido ancora avvinghiati. Eagle li aveva portati fuori quasi in volo.

Swan riemerse lentamente da quell'abbraccio e si trovò il suo viso vicinissimo. Impiegò qualche secondo per rendersi conto di essere ancora intrecciata a lui, sopra il suo corpo disteso sul prato. Senza un vero perché, provò un profondo imbarazzo per quel contatto. Si sollevò sulle braccia e cercò di allontanarsi. Si ritrasse, si rannicchiò su se stessa e lo fissò sorpresa, senza dire nulla.

"Tutto bene?", domandò Eagle, puntellandosi sulle mani.

Lei piegò lievemente il collo, continuando a guardarlo come se fosse stato una qualche creatura fantastica.

"Sei impazzito?", biascicò appena riuscì ad articolare parola.

Il ragazzo non sembrò affatto stupito da quell'uscita, come se l'avesse già prevista. Si rimise in piedi con uno scatto elastico, si passò una mano sui vestiti bruciacchiati e la osservò con un'espressione scanzonata.

"Forse", scherzò. "O forse stavo solo cercando di fare colpo su di te".

Si avvicinò e le tese la mano. Swan lo studiò con sospetto. Non riusciva mai a capire perché Eagle avesse voglia di ironizzare in certi momenti. Le era sempre sfuggita quella sua necessità di combattere l'ansia, la paura o il dolore con un sorriso. Si lasciò rimettere in piedi senza protestare e si fece guidare docilmente fino al punto in cui si trovavano gli altri.

Quando Ailleann la vide, le gettò le braccia al collo e la serrò fin quasi a soffocarla. In quella stretta, Swan sentì che stava singhiozzando. Senza una parola, le cinse la vita con le braccia e lasciò che anche le sue lacrime trovassero la propria strada lungo le guance.

Rimasero avvinte in quell'abbraccio silenzioso per un tempo che a Swan parve infinito. Cercò dentro di sé qualcosa da dire, quasi con disperazione, ma la sua ragione sembrava essersi spenta. Voleva esserle di conforto, così come Ailleann lo era stata per lei in passato, ma si accorse in quel momento di non sapere come fare, di non avere le parole adatte. 

"Ailleann... io... mi dispiace".

Balbettò quelle scarne parole come se si stesse scusando. Perché lei era viva. Una volta ancora lei era quella viva. Una fortuna che, in quell'occasione, le parve solo una colpa di cui vergognarsi.

Quasi a voler lasciare un'ultima cicatrice nel loro ricordo, il cupo fragore di un crollo risuonò nella notte, accompagnato dall'ululato delle travi di legno incendiate che stridevano come violini impazziti.

In mezzo a quello straziante concerto, d'un tratto si levò una voce che sembrava venire fuori direttamente dalla bocca dell'Ade. 

"Porca miseria, Pigeon!".

Le due ragazze sollevarono la testa all'unisono e tutti si voltarono verso l'ingresso. La sagoma di Phoenix apparve sul vano di quello che, fino a poco prima, era stato un elegante ingresso. Le fiamme, alle sue spalle, lo disegnavano come una silhouette scura e gigantesca, facendogli da ala attorno alle braccia.

"La prossima volta perché non fai uno sforzo e mandi una piantina anche a me? È stato un calvario trovare l'uscita, con tutto quel fumo"

Raven gli rivolse una smorfia annoiata e si limitò a fare spallucce.

"Bastava chiedere, irlandese", rispose sarcastico. "Avrei fatto un solco sul pavimento, così ti spedivo direttamente all'inferno".

Eagle, nel frattempo, sbatté un paio di volte le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa che vedeva ma che non riusciva a spiegarsi.

"Ma che... che hai fatto?", domandò andandogli incontro.

Phoenix scese le scale senza alcuna fretta, come se dovesse fare attenzione a dove metteva i piedi, poi tese all'altro Custode il prezioso peso che stringeva contro il petto. Con sua enorme sorpresa, Eagle si ritrovò tra le braccia una bambina che riluceva di perla e che lo osservava con occhi bizzarramente sereni. Di fronte a quella presenza inaspettata, anche Raven si avvicinò, chinò lievemente il capo e la studiò con curiosità.

"Già, Phoenix...", mormorò. "Che hai fatto?".

Il ragazzo sorrise.

"Te la ricordi quella faccenda del conoscere le regole per sovvertire i sistemi? Be', avevi ragione: se impari le regole, impari pure le eccezioni. E adesso trovati un altro posto per gongolare, perché devo abbracciare mia moglie".

Raven non se lo fece ripetere due volte. Si scostò con una risatina e lasciò che Ailleann e Charles si stringessero a Phoenix. Concesse loro qualche minuto, poi chiese alla ragazza di prestargli il cellulare. Voltò le spalle all'edificio e si allontanò di qualche metro.

"112? Sì, venite subito. C'è un incendio a Fulham Palace Road... No, non so darvi altre informazioni, ma deve essere piuttosto grave, si vedono fumo e fiamme dalla strada... Sì, grazie".

Chiuse la chiamata e tornò a guardare il resto del gruppo.

"Andiamo, adesso. I pompieri stanno arrivando e non devono trovarci qui. Eagle, con il vento può anche bastare".

Si scambiarono una rapida occhiata. Non avevano tempo per altri discorsi e in quel momento nessuno di loro aveva davvero voglia di farne. Si divisero come se avessero già concordato ogni azione: solo un cenno del capo come saluto e silenzio. Un silenzio interrotto unicamente dal basso crepitio delle fiamme e dalle sirene che si udivano in lontananza.

֍

Ailleann sistemò i due bambini sul sedile posteriore della macchina, poi si sedette accanto a loro, mentre Phoenix si metteva alla guida. Swan era rimasta in piedi a pochi passi di distanza, a seguire quelle operazioni. Si accorse che Eagle li aveva raggiunti e si era fermato al suo fianco. Lo scrutò con una punta di esitazione e attese che fosse lui a parlare per primo.

"Per un po' è meglio se stai da loro. Ailleann avrà bisogno di te".

Lei annuì. Frugò nella tasca e ne estrasse le chiavi dell'altra auto. Gliele restituì senza guardarlo. Nessuno dei due, in effetti, sembrava riuscire a sostenere gli occhi dell'altro. Preferivano schivarsi per non affrontarsi.

"Tu che farai?", osò chiedergli con un filo di voce.

"Dormirò da qualche parte e poi...".

"Messico?".

"Messico, forse".

La ragazza chinò il capo con un movimento triste. Serrò le ciglia per non lasciare sfuggire una lacrima inopportuna, troppo difficile da spiegare. Eagle indugiò con lo sguardo sulla sua testa china, sui capelli d'argento, poi si obbligò a fissare un punto distante, oltre lei.

"Ti manderò un messaggio quando sarò atterrato, se vuoi", snocciolò in fretta, con un filo di voce.

Di fronte a quella concessione, Swan si lasciò sfuggire un sorriso amaro.

"Mi dovrò procurare un telefono nuovo".

Eagle non replicò. D'istinto serrò le dita attorno alle scanalature ispide della chiave, scosse il capo con uno scatto nervoso e si girò per andare.

"Te ne serviranno parecchie, di cose nuove!", esclamò, un attimo prima di allontanarsi da lei.

֍

Raven era rimasto solo, a guardare Fulham bruciare. Non avrebbe saputo descrivere bene ciò che provava e non era del tutto sicuro di riuscire a venire a patti con i suoi veri sentimenti. Non in quel momento, almeno.

Fece appena qualche passo verso quella che, per tutta la vita, era stata la sua casa. La guardò sapendo che era l'ultima volta che lo faceva.

Con un gesto lento, sfilò dalla tasca dei pantaloni l'astuccio con i sigari. Dal fondo estrasse un cartoncino piegato a metà. Lo aprì e lo fissò.

La Torre.

Sorrise scandagliando i guizzi colorati del pavone che si abbattevano sull'edificio spezzato e le facce contratte degli uomini urlanti. Prese la carta tra due dita, la sollevò e la lanciò in mezzo alle fiamme.

Si voltò, mise le mani in tasca e, senza alcuna fretta, si diresse verso la macchina.

__________________

SOUNDTRACK

Questa canzone, Radioactive degli Imagine Dragons, l'ho sempre immaginata come colonna sonora per la scena finale. Nel silenzio agghiacciante del rogo, fa da eco perfetta all'idea di apocalisse e di cambiamento.

"I'm waking up to ash and dust / I wipe my brow and I sweat my rust / I'm breathing in the chemicals
I'm breaking in, shaping up / then checking out on the prison bars / This is it, the apocalypse

I'm waking up, I feel it in my bones / Enough to make my systems blow
Welcome to the new age, to the new age / Welcome to the new age, to the new age
I'm radioactive, radioactive / I'm radioactive, radioactive

I raise my flags, don my clothes / It's a revolution, I suppose / We're painted red to fit right in
I'm breaking in, shaping up / then checking out on the prison bars / This is it, the apocalypse

I'm waking up, I feel it in my bones...

All systems go, the sun hasn't died / Deep in my bones, straight from inside

I'm waking up, I feel it in my bones..."

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