Choices ||Jegulus/Wolfstar |...

__pads tarafından

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Tutti commettiamo errori. Ma facciamo anche delle scelte. È importante per James, questa differenza. Ce la me... Daha Fazla

Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitoli 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51

Capitolo 52

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__pads tarafından

Note autrice:

TW: Uso / dipendenza da droghe (tramite pozioni)

TW: Alcool

TW: Attacchi di panico

TW: Disturbo alimentare (non so se questo va messo qui perché è un effetto collaterale delle pozioni più che un disturbo alimentare consapevole, ma mi sembrava giusto metterlo comunque)

Il canon continua ad essere un concetto vago, come se fosse ancora in giro, ma a volte facciamo finta che non ci sia davvero, capite cosa voglio dire?

Note traduttrice: OH SI CAPIAMO ASSOLUTAMENTE COSA VUOI DIRE.

Questo capitolo  AAAAH BELLISSIMO STUPENDO DOLCISSIMO IO LO AMOOO



Capitolo 52



PARTE I REGULUS


La guerra era una cosa strana. Si piegava alle regole della vita normale. Alla normale moralità. Distorceva tutto così che tutto ruotasse attorno ad essa. Regulus non aveva mai pensato che un corpo potesse essere usato come arma. Aveva in qualche modo pensato che, come società, fossero tutti d'accordo sul fatto che certe cose fossero sacre.

Si era sbagliato.

Il Ministero si rifiutava di restituire i corpi dei Mangiamorte morti alle loro famiglie senza un elenco completo di nomi che descrivesse in dettaglio tutti coloro che avevano preso parte al tentato colpo di stato. Nessuno, ovviamente, accettò di fornire un elenco del genere e quindi decine di corpi non vennero reclamati. insepolti. Senza lutti.

Ed Evan Rosier era uno di loro.

Sua madre aspettò una settimana prima di decidere di fare lo stesso un funerale. Decine di persone vestite di nero che frequentavano la casa dei Rosier dove un grande ritratto di Evan era sospeso al centro del soggiorno, che strizzava l'occhio e sorrideva a tutti quelli che passavano. Regulus aveva difficoltà a respirare ogni volta che lo vedeva. Faceva del suo meglio per evitarlo 

In qualche modo finì sulle scale con Barty, mentre si passavano avanti e indietro una fiaschetta di whisky incendiario. Non parlavano. Non avevano niente da dire. C'erano stati discorsi tutto il giorno, da parte di familiari, amici. Né Regulus né Barty si alzarono da quelle scale. Regulus non aveva alcun desiderio di mostrare il suo dolore. Inoltre, riconosceva a malapena l'Evan di cui parlavano tutti gli altri - il figlio perfetto, lo studente perfetto, l'amico perfetto - Regulus amava Evan. Lo amava davvero. Ma "perfetto" non era la parola che avrebbe usato per descriverlo.

La signora Rosier aveva supplicato Regulus di raccontarle gli ultimi momenti di suo figlio. E così lo aveva fatto, le mani gli tremarono in grembo per tutto il tempo. Le aveva parlato di quanto avesse combattuto bene Evan, di come avesse salvato Regulus, di quanto fosse stato coraggioso (non idiota, o delirante, o egoista) ad affrontare Alastor Moody. Come aveva quasi vinto. Come fosse morto rapidamente e pacificamente, anche se non era del tutto sicuro che l'ultima cosa fosse vera. Niente di quel momento era sembrato tranquillo per Regulus.

Non le disse che teneva Evan tra le braccia quando morì. Che lo aveva lasciato andare. Lo aveva lasciato indietro.

Quella era la cosa che faceva più male. Beh, oltre a tutto il resto. Il fatto è che non pensava che Evan l'avrebbe fatto. Lasciarlo indietro, intendo. Non l'aveva 0mai fatto prima.

Stava passando la fiaschetta in silenzio a Barty quando apparve Cerci. L'aveva persa qualche tempo dopo che erano riusciti a superare la fila di persone che le porgevano le condoglianze. Aveva detto "Condoglianze" così tante volte quel giorno che non era più sicuro di sapere cosa significasse quella parola ormai.

"Come state?" chiese, con gli occhi dolci, spostando lo sguardo dall'uno all'altro. Non era sicuro di come si sentisse. Probabilmente patetico. Si sentiva patetico.

Barty alzò la mano, con il palmo rivolto verso il basso, e la fece oscillare. Cerci gli fece un piccolo sorriso.

"Mi sembra giusto. Perché non usciamo di qui eh? Andiamo a prendere del cibo? Offro io".

"C'è del cibo qui", disse Barty, anche se non sembrava nemmeno che stesse facendo polemica, più semplicemente stava affermando un fatto.

"Sì, ma sento che voi due potreste trarre vantaggio dal non essere più qui."

Barty fece un verso che sarebbe potuto essere una risata o uno scherno, Regulus non poteva esserne sicuro. Gli occhi di Cerci lo trovarono, gli stavano facendo una domanda.

"Reg?"

Sostenne il suo sguardo per un momento prima di guardare la porta del soggiorno, solo il bordo del ritratto di Evan era visibile.

"Sì," disse alla fine, con voce ruvida. "Sì, andiamocene."

Non stava prestando attenzione a dove li stesse portando Cerci, non pensava che lo stesse facendo Barty, i due dormivano praticamente in piedi. La morte era una di quelle cose su cui non potevi avere un'opinione diversa. 

Evan era morto.

Era morto.

Era morto.

Era morto.

Regulus lo sapeva. Lo sapeva dal momento in cui era successo. Aveva visto lo sguardo vuoto negli occhi del suo amico. Ma comunque... non riusciva proprio... a capire cosa significasse.Fu solo quando Cerci lo spinse su un divanetto di pelle insieme a Barty che Regulus si rese conto che erano finiti al Paiolo Magico. Per lo più era vuoto, le persone non uscivano molto in quei giorni, non era sicuro.

Per colpa tua, sibilò la voce nella sua testa.

La soffocò meglio che potè. Poteva gestire pochi sensi di colpa alla volta.

"Cosa posso portarvi gente?"

Regulus sbattè le palpebre verso la strega eccessivamente allegra che era appena arrivata al loro tavolo. Sorrise loro, blocco di carta e piuma fluttuavano accanto alla sua testa.

"Whisky," disse Barty con voce piatta. Era appoggiato allo schienale del divanetto, con un'espressione vuota come il suo tono, "tanto wisky".

Il sorriso della cameriera scivolò via, sostituito dalla confusione: sembrava che stesse cercando di capire se prenderlo sul serio o meno.

"Portaci direttamente la bottiglia", disse Regulus, soddisfatto quando vide la penna finalmente muoversi.

"Anche una brocca d'acqua per favore," intervenne Cerci. "E tre hamburger con patatine".

Quando la cameriera si girò verso di lei, il suo viso si illuminò. "Oh mio dio, Cerci! Non ti avevo nemmeno riconosciuta0000, come stai?"

La faccia di Cerci divenne rossa all'istante. "Sto... sto bene... benissimo... beh", guardò velocemente Barty e Regulus e poi di nuovo la cameriera. "Non benissimo, ovviamente...siamo appena tornati da un funerale, quindi sono un po' triste in realtà, ma anche, anche... bene,in questo momento, beh, ecco, per le patatine e... tu o... il cibo," tutte quelle parole uscirono più o meno in un unico respiro, lasciando che Cerci sembrasse piuttosto senza fiato alla fine della frase, e leggermente ansante.

"Oh", la cameriera chiaramente non sapeva cosa rispondere a tutto quello. "Beh, mi dispiace per il funerale..." ci fu una pausa molto imbarazzante. "Vado a prendere il vostro ordine, ok? Una bottiglia di whisky, acqua e tre hamburger, in arrivo" offrì loro un sorriso leggermente meno sicuro di quello che aveva originariamente, si voltò rapidamente dall'altra parte, chiaramente felice di scappare dal loro tavolo.

"Vieni qui spesso?" chiese Barty in tono piatto.

Cerci alzò gli occhi al cielo. "È il Leaky, tutti vengono qui spesso."

Cosa che Regulus non pensava fosse esattamente vera - nessuna delle cameriere conosceva il suo nome - ma non aveva intenzione di dirlo.

Cerci stava fissando il ristorante con uno sguardo quasi struggente sul viso, i denti che le mordevano il labbro inferiore. "Spero che non dimentichi le patatine. Pensi che lo farà? Non li ha detti alla fine, ma forse stava solo abbreviando "hamburger e patatine" in "hamburger", no? Per risparmiare tempo?" guardò Regulus dall'altra parte del tavolo. "Cosa ne pensi?"

Regulus ricambiò lo sguardo. "Penso che probabilmente hai ragione."

Cerci annuì ma non sembrava per niente convinta, le unghie battevano nervose sul tavolo. "Sai cosa?" dichiarò dopo pochi secondi. "Vado solo a controllare: non posso avere un hamburger senza patatine".

"A quanto pare," Regulus la guardò alzarsi e dirigersi verso il bar. In sua assenza un silenzio più evidente si stabilì intorno a lui e Barty. Era spesso, stagnante e scomodo.

"Non funziona senza di lui, vero?" chiese Barty, senza guardare Regulus  ma fissandolo vagamente in lontananza.

"Cosa non funziona?" chiese Regulus, anche se, ovviamente, lo sapeva.

Barty rispose alzando la mano e facendola roteare tra di loro.

"No", concordò Regulus dopo una breve pausa, "No, non funziona"

Barty si limitò ad annuire. "Era un cazzo di fastidioso", il che fece sbuffare Regulus. "Ma penso che fosse anche la mia persona preferita, sai?"

"Sì," disse Regulus troppo in fretta. Era innegabile che Evan avesse lasciato un buco nella vita di Regulus. Uno di quei buchi che porta con sé forse più di quanto immaginasse.

"È stato davvero veloce?"

Regulus lampeggiò. "Che cosa?"

"Hai detto a sua madre che è stato veloce. Era vero?"

Dritto al petto.

Regulus potè rivedere la scena come se stesse ancora accadendo davanti a lui. Gli ci volle un po' prima che tutti i suoi ricordi tornassero dopo il trauma cranico, ma ora li aveva.

Evan era in piedi lì, sorridente, così fottutamente presuntuoso. Così fottutamente sicuro di sé. Fino a quando la sua schiena non aveva toccato terra.

"Sì," Regulus si schiarì la gola. "Sì, è stato veloce."

"Un Avada?"

Lui annuì. "Credo di si."

"Bene."

Non potè fare a meno di pensare agli occhi senza vita di Evan. Qualcuno così pieno di... tutto, improvvisamente era solo un guscio.

Bene non era la parola che avrebbe usato Regulus.

"Wooph okay", disse Cerci mentre tornava verso di loro, le guance leggermente arrossate e un sorriso sul viso che stava chiaramente cercando di nascondere. "Non ha dimenticato le patatine e ho anche preso da bere!" teneva una bottiglia in una mano e tre bicchieri nell'altra.

"Finalmente, cazzo", mormorò Barty sottovoce e, onestamente, Regulus non potè dire di non essere d'accordo.



"Attento... attento c'è ancora un gradino, alza il piede e... perfetto, ok," Cerci era leggermente senza fiato mentre salivano le scale, Regulus si appoggiava a lei quasi completamente.

Era ubriaco.

Assolutamente fuori di testa, ubriaco marcio.

"Dov'è Barty?" biascicò, senza preoccuparsi di lasciare spazio tra le sue parole.

"L'abbiamo lasciato a casa sua, ricordi?"

"Oh sì", non lo ricordava, per niente, ma non riusciva a pensare a nessun motivo per cui Cerci avrebbe dovuto mentire su una cosa del genere.

Inciamparono nella sua camera da letto, tutte le luci erano spente, Cerci rovesciò goffamente Regulus sul materasso. Neanche un secondo dopo ci fu un crack.

"Padron Regulus è ferito?" arrivò una voce graffiante che fece gemere Regulus mentre si teneva su la testa. Pensò che il suo post-sbornia fosse appena iniziato.

"No Kreacher, sta bene, è solo... stanco..."

"Sembra malato!"

"Mhm, pensi di poter essere così gentile e portargli un bicchiere d'acqua e una pozione per i postumi di una sbornia, se ne ha?"

"Sei sicura che non sia ferito o malato?"

"Sicura" Regulus non riuscì a vedere Cerci dalla sua posizione supina in mezzo al letto, ma era abbastanza certo che stesse sorridendo. "Ma domani mattina sarà senza quella pozione."

Ci fu una pausa.

"Ah," disse infine Kreacher. "La prendo allora."

Ci fu un altro crack e Regulus gemette, forse fu più un lamento, ma non voleva ammetterlo a se stesso. E all'improvviso venne colpito dal ricordo di essere sdraiato sul tavolo della sala da pranzo, mentre si teneva la testa quando Kreacher entrava e usciva dalla stanza.

E James.

E James.

E James.

"Era qui", disse prima di potersi fermare. Troppo ubriaco.

"Chi era qui?"

"Era qui nel mio letto," Merlino, cosa ne avrebbe pensato l'undicenne Regulus? "Ed era così carino."

Cerci prese posto accanto a lui, le gambe incrociate sotto la gonna. "Regulus," disse lentamente, lui la guardò. Sembra molto grande così, con lui sdraiato di schiena. "Hai un fidanzato?"

Non sapeva come rispondere a quella domanda. Non voleva dire di no anche se era vero. Per lo più era vero. Non sapeva cosa fossero lui e James, a parte un casino. I suoi occhi si chiusero e dissee l'unica cosa che sembrava reale in quel momento.

"Lo amo."

"Che diamine!" Cerci gli diede un pugno giocoso sul braccio e Regulus mise il broncio anche se lo sentì a malapena. "Perché non me l'hai detto! Devo incontrarlo! Devo fargli Il Discorso!"

"Il discorso?" chiese Regulus, le sopracciglia alzate.

"Si, assicurati che sappia che se ti ferisce dovrà avere a che fare con me."

"Oh, molto spaventoso", disse Regulus in modo piatto, spingendo Cerci a prenderlo di nuovo a pugni. "Ow! - ok, ho capito."

Lei sorrise.

"Comunque, non puoi parlargli, se n'è andato." Fu uno sforzo far uscire le parole completamente formate.

"E'andato via, tipo, per sempre?"

"Se ne è solo andato."

Regulus sospirò, fissando il soffitto.

"Sono così stanco di essere lasciato indietro", disse alla fine, con voce bassa, "anche se è colpa mia".

"Ah, Reg. Non verrai mai lasciato indietro. Sono qui, no?"

La guardò di nuovo, cercando di ricambiare il suo sorriso. "Sì, sì, sei qui", riuscì a dire alla fine.

Passarono alcuni istanti e Regulus iniziò un po' ad andare alla deriva quando Cerci disse: "Non stiamo... ehm... parlando di Evan giusto? Non è lui di cui sei innamorato, vero?"

Questo fece ridere Regulus, era un suono sbuffante, giovanile e sconveniente. "Merlino no. L'avrebbe adorata, però, l'idea che io fossi segretamente innamorato di lui". E poi Regulus sentì qualcosa che gli si bloccò nel petto. "L'avrebbe adorata...se fosse stato qui a sentirla", si corresse, l'improvvisa pressione calda delle lacrime dietro gli occhi. Merlino, odiava essere ubriaco. Si portò le mani al viso, nascondendolo.

"Cazzo," sibilà, la voce tremante. "Mi manca così tanto."

"Lo so," disse Cerci sottovoce.

"Mi mancherà per sempre."

"Probabile. Ma questa è una buona cosa".

Regulus emise una risata bagnata prima di abbassare le mani. "Come potrebbe essere una buona cosa?

Cerci alzò le spalle, sistemandosi i capelli dietro l'orecchio. Regulus non poteva davvero vedere la sua faccia al buio, quindi non era esattamente sicuro di quale fosse la sua espressione.

"Questo è il modo più significativo per ricordare qualcuno: la sua mancanza. Significa che era importante. Significa che lo hai amato. Sono cose buone".

Regulus si sentì un po' sfocato, quindi ci volle un momento prima che affondasse davvero, ma quando lo fece  qualcosa nel suo petto si rilassò un po'.

"Grazie," dice alla fine, con voce ruvida. "Questo... questo aiuta."

E pensava che forse lo intendesse davvero.



Regulus non ricordava quando fosse tornato di Kreacher. O di essersi addormentato, se è per questo.

 Indipendentemente da ciò, la mattina dopo si svegliò nascosto nel letto con un bicchiere d'acqua e una pozione per i postumi sul comodino accanto a lui . Con un certo sforzo fu in grado di sedersi, la bocca stantia e asciutta, la testa che sbatteva. Fece oscillare le gambe oltre il lato del letto e poi si fermò, aspettando che le rotazioni cessassero e che il suo stomaco smettesse di minacciare di purgarsi. E poi prese la pozione.

Era a malapena scesa in gola che iniziò già a provare sollievo, una sensazione fresca aleggiò su di lui, come se gli fosse stato messo un panno umido sulla fronte. Bevve l'acqua e si alzò, entrando in bagno. Si sentì più umano dopo la doccia e dopo essersi lavato i denti, si sistemò i capelli allo specchio prima che la sua mano si protendesse verso la sua dose di pozione giornaliera - per istinto, abitudine - e si bloccò quando si rese conto di cosa stesse facendo, improvvisamente sorpreso a fissare il proprio riflesso.

Dopo tutto questo.

La voce di James risuonò forte nella sua testa.

Dopo tutto il dolore che hai causato per poter sopravvivere, ecco che CHE TI STAI UCCIDENDO DA SOLO, CAZZO.

Continuò a fissare il suo riflesso, la mano iniziò a tremare. Sicuramente, dopo aver rivisto James, dopo che gli era stato dato uno scopo, un modo per riscattarsi, poteva lasciar perdere. Lasciar andare i fantasmi. Sicuramente poteva concentrare la sua attenzione interamente sul suo nuovo piano. E farlo da sobrio.

Davvero?

Regulus fece una smorfia alla voce nella sua testa.

Ti dimenticherai di me eh?

Sembrava che Evan fosse in piedi dietro di lui, con la testa inclinata, un sorrisetto che pendeva dalla bocca.

Oh andiamo Reg, non puoi essere davvero sorpreso di vedermi, no? Voglio dire, se non fosse per te sarei ancora vivo.

"Lo so," gracchiò, gli occhi improvvisamente chiusi. Il fatto era che non sembrava proprio Evan. Forse la voce, ma le parole, la cadenza crudele... Evan avrebbe potuto parlare così ad altre persone, ma mai Regulus.

Credi che mia madre riavrà mai il mio corpo?

La mano di Regulus si strinse attorno al bordo dello specchio.

O pensi che marcirò per sempre al Ministero? Dove tu mi hai lasciato?

"Dio, smettila."

La voce rise. Non sembrava Evan. Ma allo stesso tempo era esattamente come lui.

No.

Non puoi fare richieste. Non adesso. Non dopo quello che mi hai fatto.

E quello era tutto. Quello era tutto ciò che c'era in lui, aprì lo specchio e allungò la mano verso una delle bottiglie.

Evan rise di nuovo.

Maledetto Reg. Sapevo che eri debole, ma non sapevo che fossi così patetico.

Reulus non discusse. Non era sicuro di poter mai sprofondare abbastanza in basso da sorprendersi.

I suoi pensieri erano più spenti quando scese le scale pochi minuti dopo. Le voci si zittirono.

 Nient'altro che mormorii indistinti negli angoli della sua mente. Sapeva che non sarebbe stato in grado di continuare così, specialmente con James. Ma almeno per ora... aiutava.

Si sarebbe fermato quando necessario.

Quando doveva  assolutamente farlo.

"Sei sveglio, signore!" disse Kreacher mentre Regulus entrava in cucina, gli odori della colazione lo avvolsero come un caldo abbraccio: caffè, salsiccia e uova. 

Regulus era appena arrivato al tavolo quando Kreacher gli fece scivolare un piatto pieno verso di lui. Regulus non prese posto, guardò in basso e poi tornò indietro.

"Cerci?"

"La signorina Greengrass è in biblioteca," l'elfo domestico indicò con enfasi il piatto.

 "Mangia."

"Non ho fame."

Non fu abbastanza veloce da scansarsi quando Kreacher gli lanciò uno strofinaccio in faccia.

"No! No, no, no!" cantò Kreacher, alzando le braccia in aria mentre Regulus si toglieva lo strofinaccio dalla testa. "Lo mangerai!" C'era qualcosa di simile alla violenza nei suoi occhi.

"Va bene, va bene, cavolo," Regulus alzò le mani in segno di resa, facendo del suo meglio per non ridere perché Kreacher sembrava davvero molto serio. "Lo mangerò, lo prometto, voglio solo vedere prima cosa sta combinando Cerci."

"Portalo con te allora!"Regulus inarcò la fronte. 

"Hai intenzione di farmi mangiare in biblioteca?"

"Sono disperato!" e Regulus ebbe la sensazione di essere ad un'altra domanda dal farsi lanciare un altro strofinaccio.

"Lo mangerò, lo prometto!" prese un morso da uno dei pezzi di pane tostato per dimostrare che dicesse sul serio.

Kreacher incrociò le braccia sul petto, ancora fissandolo. "Tutto il piatto, padron Regulus."

Regulus alzò gli occhi al cielo, raccogliendo il piatto mentre deglutiva. "Va bene. Ma lo mangerò in biblioteca", e poi, per indispettirlo "e farò briciole dappertutto."

Kreacher fece una smorfia. "Sei molto simile a tuo fratello in questo momento, signore."

Questo fece inciampare Regulus, ma quando si girò indietro Kreacher era rivolto altrove, a lavare i piatti. Sapeva che Kreacher voleva solo dire che stava facendo i capricci. Ma quel paragone non era mai stato facile da mandare giù per Regulus e semplicemente non se lo aspettava.

Alla fine riuscì a rimettersi in piedi.

Cerci era seduta in fondo alla biblioteca in uno dei vecchi chesterfield di velluto, le gambe sollevate ei piedi infilati sotto, un libro aperto in grembo. Regulus lasciò cadere il suo piatto di cibo sul tavolino da caffè in mezzo a loro prima di crollare sull'altra sedia.

"Ti ho portato del cibo."

"Già mangiato", disse allegramente. "Le uova alla Benedict di Kreacher potrebbero essere la cosa più incredibile che abbia mai messo nella mia bocca.

Regulus le fece un debole sorriso anche se lei non riusciva a vederlo, si sporse per prendere il suo piatto ora che non c'era possibilità di darlo a Cerci. Riuscì a prendere qualche altro boccone prima di arrendersi, poggiandosi allo schienale della sua sedia.

"Mi dispiace per... ieri sera."

Cerci alzò lo sguardo, gli occhi dolci. "Uno dei tuoi migliori amici è appena morto Reg, puoi essere un po'... sconvolto."

Non era sicuro del motivo per cui questo gli fece stringere il petto così tanto, ma annuì rigidamente. "Grazie", e poi, disperato per cambiare argomento. "In quale stanza hai dormito allora?"

"Quella viola", guardò di nuovo il suo libro.

Regulus potè praticamente sentire sua madre urlare dalla Scozia all'insinuazione che ci fosse una stanza viola in casa sua. "Quale?" chiese, leggermente divertito.

Lei agitò la mano in aria in modo sprezzante. "Sai, quella al secondo piano con la carta da parati floreale e i fiorellini viola."

"Ah, la stanza di zia Mildred."

Lei lo guardò di nuovo. "È la camera da letto di qualcuno? Pensavo fosse una camera degli ospiti"

Regulus fece spallucce. "Beh, adesso lo è."

"Cosa è successo a Mildred?"

"È morta."

Gli occhi di Cerci si spalancarono. "Per favore, dimmi che non è morta in quella stanza"

Regulus non riuscì a trattenere il sorriso lontano dalla sua faccia. "Non preoccuparti, Kreacher ha cambiato le lenzuola. Beh, almeno penso che l'abbia fatto".

"Dio mio! Sei il peggiore!" Cerci cercò di scalciargli le gambe, ma Regulus le tirò su sul sedile della sua sedia, ridendo.

Maledicendo il suo nome sottovoce, Cerci tornò al suo libro. Era molto grande e rilegato in pelle, con lunghe pagine di scrittura corsiva che Regulus non riusciva a leggere da dove era seduto.

"Cosa stai leggendo ?" chiese.

"Registro di Hogwarts."

Inarcò la fronte. "Alla ricerca di Voldemort?" fece un suono affermativo. "E come farai esattamente a trovare un nome che non conosci?"

"Beh, immagino che debba provenire da una delle Sacri Ventotto, giusto?"

"Sembra probabile."

"Ma conosciamo tutte quelle famiglie, quindi mi chiedo se sia l'ultimo della sua stirpe, sto cercando nomi che sono scomparsi - Gaunt, Peverell, Shafiq - per vedere se salta fuori qualcosa".

Regulus annuì pensieroso. "Hai avuto fortuna?"

Lei emise un respiro, spazzandosi via i capelli dalla fronte. "Non proprio. Non aiuta il fatto che non sia esattamente sicura di quanti anni abbia, quindi sto solo indovinando quali anni dovrei guardare. E tu?"

Regulus lampeggiò. "Io?"

"Hai detto che avresti indagato su Voldemort," e quando lui continuò a fissarla con aria assente, continuò "Il nome? Le sue origini? Vedere da dove partito?" non disse "duh" alla fine della frase, ma sembrava che fosse implicito.

"Giusto", le pozioni stavano rendendo i suoi pensieri troppo pigri  e poteva già vedere la preoccupazione che si insinuava negli occhi di Cerci. "Ehm... nessuna menzione di Voldemort in nessun tipo di mitologia o storia che riesca a trovare. La mia ipotesi migliore è che sia di origine francese. Sembra che siano tre parole messe insieme: vol—de—mort."

Ora era il turno di Cerci di sembrare senza parole. "Scusa, dovrebbe significare qualcosa per me? Perché sono abbastanza sicura che tu abbia appena solo fatto uscire un mucchio di suoni dalla tua bocca".

Regulus alzò gli occhi al cielo, anche se era difficile farlo trattenendo il suo sorriso. "Potresti tradurlo in un paio di modi diversi. Potrebbe significare fuga dalla morte o fuga della morte o rubato alla morte. Scommetto più sul primo, però."

Cerci si stava mordendo il labbro inferiore, strofinandosi il mento. "Quindi forse è francese allora? E anche il suo nome, quello vero, potrebbe essere francese?"

Regulus fece spallucce. "Voglio dire, potrebbe essere. Ma io sono francese e mi chiamo Regulus Black quindi..."

Lei fece una smorfia. "Giusto." Sembrava un po' abbattuta, cosa a cui Regulus non poteva rimediare, quindi allungò il piede e diede una colpetto a quello di lei.

"Ehi", disse, "hai un altro di quei registri da farmi controllare?"

Sorrise, allungandosi accanto a lei dove ora Regulus poteva vedere una pila di libri quasi identici accatastati sul pavimento vicino alla sua sedia. "E quando non ne ho".



Il registro della scuola di Hogwarts era interessante quanto si potesse immaginare. Elenchi di nomi, date, firme. Regulus cercò di mantenere gli occhi concentrati, cercò di non lasciare che la sua mente andasse alla deriva. Questo era importante. Aveva bisogno di capire cosa stesse usando Voldemort come Horcrux e dove lo teneva. E per farlo aveva bisogno di sapere chi cazzo fosse in realtà Voldemort.

"E se tutto questo fosse inutile", disse dopo circa un'ora passata a scorrere elenchi di nomi. "E se scegliesse il suo oggetto e la sua posizione in base ad una strategia e non al... sentimentalismo?"

Cerci fece un suono sprezzante. "Per favore, uno egocentrico come Voldemort? Tutto ciò che fa ruota attorno a se stesso, non posso credere che abbia fatto qualcosa di diverso".

Regulus in realtà sentì la bocca spalancarsi e quando non riuscì a rispondere Cerci alzò lo sguardo.

"Cosa c'è?"

"E' solo che..." si sforzò di riavere la sua voce, ridendo a metà. "Non posso credere che tu l'abbia appena detto."

"Perché no? È vero."

Ora rise davvero, breve e incredulo. "Be', per esempio, perché lui è... lui è quello che è. E due, perché penso che molte persone non sarebbero d'accordo con te."

Lei lo guardò con aria interrogativa. "Riguardo a cosa?"

"Che fa tutto per se stesso. È il leader della rivoluzione, vuole che i Maghi siano riconosciuti come al di sopra di tutti gli altri esseri umani, per proteggere la loro magia. Questo è... molte persone ci credono."

Ma Cerci alzò gli occhi al cielo. "Queste persone sono degli idioti. A Voldemort non interessa il mago. Gli importa di Voldemort."

Regulus trovò i suoi occhi che rimbalzarono per la stanza, improvvisamente paranoici che in qualche modo venissero ascoltati, perché quelle parole, anche se le si pensavano davvero, la  sa era meglio non dirlo ad alta voce. Almeno a Grimmauld Place.

"Beh..." disse Regulus alla fine. "Non ho mai sentito nessuno dirlo così".

"Questo perché sono più intelligente di tutti gli altri, ovviamente," gli fece l'occhiolino, girando alla pagina successiva del suo registro. Regulus la guardò per un momento.

"Le opinioni dei tuoi genitori sono cambiate? L'ultima volta hai detto che non gli importava molto della guerra, non volevano essere coinvolti?"

Cerci alzò gli occhi al cielo. "E' letteralmente l'unica cosa in cui mia madre non ha mai voluto essere coinvolta. Ma no, non hanno cambiato idea. Voglio dire, non si sono schierati con nessuno e accoglieranno chiunque vinca".

"Sembra che tu non sia d'accordo con loro"

Sospirò, rinunciando per un momento al registro e tornando a sedersi sulla sedia. "Penso... penso che ci siano molte cose che non capisco. La politica non è il mio forte. Ma... mi piaceva Timmy Finchley."

Regulus sbattè le palpebre, sentendosi come se gli fosse sfuggito qualcosa. "Timmy Finchley?"

"Era il mio partner in Erbologia al quinto e sesto anno ed era simpatico. E divertente. E mi ha aiutato quella volta in cui non conoscevo le risposte ad un test".

Niente di tutto quello chiarì le idee a Regulus. "Non capisco... cosa c'entra Timmy Finchley con la guerra?"

Cerci ricambià lo sguardo. "È un nato Babbano."

Ci fu un battito di silenzio.

"Oh."

"Ed era brillante in Erbologia", continuò Cerci. "Probabilmente il migliore della classe. Meglio di me. Quindi non so come qualcuno possa dire che non era un vero mago. Che non meritava di essere lì. O che la sua magia non fosse forte come quella di tutti gli altri, perché lo era. Oh... e che mi dici di Mary Macdonald?"

Regulus provò qualcosa di simile alla nausea alla menzione di Mary Macdonald. "Cosa intendi?"

"Era tipo la giocatrice di Quidditch più incredibile che avessi mai visto."

Regulus le diede un'occhiata. "La più incredibile?"

Cerci alzò gli occhi al cielo. "Sì, sì, dopo di te, ovviamente."

"Grazie."

"Ma era fantastica, puoi negarlo?"

"No, non posso."

"Ed era nata Babbana e se Voldemort avesse fatto a modo suo non avremmo mai potuto vederla giocare e sarebbe stato un peccato. E' come risucchiare un po' della bellezza del mondo".

"Pensi davvero che Mary Macdonald sia così importante?" chiese Regulus prima di potersi fermare.

Cerci sbattè le palpebre. "Penso che tutti siano importanti", e poi, mentre Regulus stava ancora cercando di capirlo; "Quindi non pretendo di capire tutte le complessità di quello che sta succedendo. Ma so che i nati Babbani meritano di essere trattati meglio di come sono stati trattati. E non ho mai incontrato nessun Babbano, ma sono sicura che lo stesso vale per loro".

 Era così semplice per lei. Esseri premurosi. Non era così per Regulus. C'era questa cosa aggrovigliata, difficile da trascinare in superficie, da sistemare. Per Regulus la cura era una risorsa limitata, come se dovesse stare attento a chi scegliere di darla o sarebbe finita subito. Non era sicuro del perché. Non era sicuro di cosa ci fosse che non andava in lui.

"Non mi hai mai detto niente."

Le sopracciglia di Cerci si unirono. "Cosa intendi?"

"Sai cosa sono," riuscì a dire Regulus, alzando l'avambraccio sinistro senza nemmeno pensarci.

 Vide gli occhi di Cerci scattare sul suo braccio e poi di nuovo sulla sua faccia. "Ma non hai mai detto niente"

Le ci volle un momento, i suoi occhi erano pensierosi, Regulus poteva praticamente vedere la sua mente girare. "Pensi che Timmy Finchley sia meno mago di te?"

Regulus colpì e pungolò quel pensiero. "No."

"Anche se i suoi genitori sono Babbani?"

Regulus annuì lentamente. "Sì", perché non era altro che razionale, e razionalmente sapeva che i nati Babbani avevano ottenuto il massimo dei voti in molti dei suoi corsi, non solo Timmy Finchley.

"Allora perché esattamente hai quella cosa sul braccio Regulus?"

Aprì e chiuse la bocca. Non era sicuro di cosa dire. C'erano tanti motivi. Così tanti che non riusciva a credere che quello che uscì dalla sua bocca fu: "Avevo paura".

E ne aveva avuta, qualunque cosa ne pensasse James. Ne aveva avuta davvero.

Paura di tante cose.

Ancora ne aveva.

Cerci gli rivolse un sorriso triste. "Come ho detto, non capisco tutte le complessità."

Era una lezione che sapeva di non meritare. Che si sentiva sporco per avergliela fatta dire. Voleva dirle che non ne aveva bisogno, che non valeva la pena piegare la sua morale, ma proprio mentre stava aprendo bocca, la casa tremò.

Regulus alzò gli occhi al cielo anche se tutto il suo corpo divenne teso, le mani si aggrapparono strettamente ai braccioli della sedia.

"Merlino," Cerci si affrettò ad impedire che il libro le scivolasse via dalle ginocchia. "Sta ancora cercando di entrare?"

Regulus strinse i denti. "Sì."

"Ed io che pensavo avesse capito l'allusione."

Regulus le fece un debole sorriso. "Capire i suggerimenti non è la specialità di Lucius"

Ci fu un'altra scossa, alcuni libri caddero dagli scaffali intorno a loro. Di solito non andava avanti a lungo—Lucius cercava spesso di rompere le sue barriere—era come se stesse semplicemente bussando alla sua porta, ricordando a Regulus che era lì. Che voleva entrare.

"Non sarebbe... voglio dire, non credi che sarebbe più semplice solo vedere quello che vuole?"

 chiese Cerci incerta, chiaramente consapevole di non capire l'intera situazione.

"No," non riusciva a spiegarsi di più, ma Cerci si limitò ad annuire, senza costringerlo a farlo.

"Non sei preoccupato per quello che farà quando ti vedrà di nuovo? Perchè ti vedrà alla fine, giusto? Se Voldemort ti convoca?"

"Lucius non farà nulla in pubblico, soprattutto non di fronte a Voldemort", o almeno questo era ciò su cui puntava Regulus. Non aveva visto né parlato con Lucius dal giorno dell'attacco al Ministero.

Un'altra scossa fragorosa increspò la casa.

A quel punto li aveva rinchiusi tutti fuori dai suoi cancelli: Lucius, Narcissa, Bellatrix. Fanculo la famiglia. Inoltre, l'ultima cosa di cui aveva bisogno era che uno di loro si presentasse e capisse a cosa stavano lavorando lui e Cerci.

"Aspetta," Cerci sbattè il dito al centro della pagina che stava leggendo. "Conosco quel nome."

Regulus alzò lo sguardo. "Che nome?"

Ma Cerci non stava prestando attenzione, si stava già arrampicando sulla pila di libri al suo fianco e ne stava tirando su uno relativamente piccolo.

"Cerci, quale nome?"

"Tom Marvolo Riddle," mormorò, continuando a sfogliare il libro.

Regulus arricciò il viso. "Riddle? Quella non è una famiglia purosangue".

"No, non è quello il nome che conosco," borbottò Cerci.

"È Tom? Perché odio dirtelo, ma è un nome piuttosto comune."

"No io... ah ah!" disse trionfante, prima di alzare il libro per mostrarlo a Regulus.

Si sporse in avanti, strizzando gli occhi. Era un libro sulle Sacre Ventotto, e lei gli stava mostrando una pagina che dettava i membri di una particolare famiglia, il dito  indicava un nome.

"Marvolo Gaunt," Regulus lesse ad alta voce prima di guardare Cerci. "Pensi che ci sia una connessione?"

"Tom potrebbe essere un nome comune, ma Marvolo no."

Regulus non poteva davvero ribattere a quello.

Cerci aveva iniziato a scansionare la pagina per informazioni sulla famiglia Gaunt. "Ehi, sono discendenti di Salazar Serpeverde", guardò Regulus. "Voldemort non parla il Serpentese?"

"Sì esatto."

"Questa è un'abilità piuttosto rara, i discendenti di Salazar sono alcuni degli unici maghi noti ad averlo."

"Okay," Regulus fece un respiro profondo, cercando di non fare il passo più lungo della gamba "Ma da dove diavolo viene Riddle? Non ho mai sentito parlare di qualche Riddle."

Cerci scosse la testa, sfogliò l'indice del suo libro e sfogliò velocemente l'elenco di parole e nomi. "No, comunque non fanno parte delle Ventotto."

"Quindi significa", disse Regulus lentamente. "Ciò significa che se questo è Voldemort allora..." non riusciva a dirlo ad alta voce, certo che se lo avesse fatto il Signore Oscuro sarebbe apparso all'improvviso e avrebbe inviato una striscia di luce verde sul suo petto.

"Scriverò a Madama Pince, chiederò alcuni registri più vecchi, vedo se riesco a trovare qualche Riddle ad Hogwarts prima di questo. E magari qualche altra targa o riconoscimento - albi d'onore, squadre di Quidditch - vediamo cos'altro possiamo scoprire su Tom".

"Controllerò i libri di storia", Regulus indicò gli scaffali dietro di loro. "Vedrò se ci sono riferimenti ai Riddle lì."

Cerci annuì, apparentemente ancora immersa nei suoi pensieri. "Avrebbe senso però", disse alla fine.

"Cosa?"

"Voldemort è un mezzosangue."

Regulus rise, perché non aveva mai sentito niente che aveva meno senso.

"No, pensaci bene però," continuò Cerci. "Se fosse stato un purosangue saremmo cresciuti con lui, o sua madre o sua zia. Saremmo andati a casa sua per il tè o per le feste. Ma nessuno sembra conoscerlo o imparentato con lui. Significa..."

"Che non è uno di noi," concluse Regulus e poi, prima che potesse trattenersi, rise di nuovo. "Cristo. Il Signore Oscuro, portavoce della purezza del sangue, potrebbe avere un padre Babbano".

"O mamma," aggiunse Cerci velocemente.

Regulus abbassò la testa in segno di riconoscimento, sentendosi ancora completamente confuso dall'intera faccenda. Era ancora certo che avessero sbagliato. 

"Merlino", disse, passandosi una mano sulla faccia, "è tutto molto più complicato adesso".



Non prese alcuna pozione prima di andare a letto. Ci stava provando. Per essere migliore. Per James. Stava cercando di non arrendersi. Era il minimo che potesse fare. Sfortunatamente ciò significava che non dormiva molto. Un dannato incubo dopo l'altro.

No, per favore, per favore, per favore. Sono un brav'uomo. Lo giuro. Devo sposarmi, per favore.

Regulus, voglio che tu sappia che la nostra porta è sempre aperta, ok? Se mai ne avessi bisogno.

Forza Reg, abbi un po' di fiducia in me, sì?

Erano implacabili. I fantasmi. Stare nella sua testa era come essere su una barca nel mezzo di una tempesta. Non importava quanto ci provasse, continuava a prendere acqua. Ogni volta che pensava che i suoi pensieri gli avessero mostrato il peggio succedeva qualcosa di più doloroso e stava affondando di nuovo.

Alla fine rinunciò a dormire. Tremante e sudato, giaceva nel suo letto, aggrappandosi al regalo di James. Ora lo indossava sempre, non lo toglieva mai. A volte parlava alle stelle, altre volte lo teneva semplicemente in mano, lasciando che la magia di James ronzasse nel palmo della sua mano.

Primavera.

Primavera.

Primavera.

Aiutava. Non risolveva nulla. Ma aiutava.

Ci fu un crack e all'improvviso Kreacher era ai piedi del suo letto.

"Bene, padron Regulus è già sveglio", disse mentre Regulus si alzava a sedere. "La signorina Cerci lo sta aspettando."

Regulus sbattè le palpebre, strofinandosi il sonno dagli occhi. "Cerci? È qui?"

"Si signore."

"Adesso?" guardò fuori dalla finestra, non poteva essere più tardi delle otto del mattino.

 "Perché?"

"Non conosco i rituali di corteggiamento delle streghe, ma lei è qui."

Regulus alzò gli occhi al cielo. "Quante volte devo dirti che non ci stiamo corteggiando, Gesù".

"Beh, corteggiando o non corteggiando, lei è qui e aspetta, quindi il signore dovrebbe alzarsi dal letto."

Regulus si gettò drammaticamente le coperte di dosso. "Sì, sì, dille che scendo tra venti minuti."

Kreacher arricciò il viso. "Non dovresti far aspettare le donne così a lungo."

"Beh, allora le donne dovrebbero chiamare prima di passare", disse mentre entrava nella doccia.

Venti minuti dopo Regulus stava scendendo le scale, ancora caldo e morbido per l'incantesimo di asciugatura che aveva usato. Cerci era in piedi in fondo alle scale ad aspettarlo, ancora con indosso il cappotto.

Inarcò la fronte. "Non resti?"

"Stiamo andando in gita", annunciò vertiginosamente.

"Una gita in campagna? Dove?"

"Bath."

Regulus si fermò in fondo alle scale, con un sorriso confuso sul volto. "Perché?"

"Perché", disse, con gli occhi che brillavano, "è lì che si trovano gli Archivi Serpeverde."

"Gli archivi Serpeverde?" ripetè lentamente. "Che cazzo dici?"

Cerci alzò gli occhi al cielo. "È dove tengono i registri storici della famiglia Serpeverde. Hanno un'intera stanza dedicata solo a Salazar: le sue carte, libri, lettere, alcuni oggetti personali a cui i suoi parenti erano disposti a rinunciare... oa vendere. Stavo pensando di andarci anche prima di ieri, ma ora che sappiamo che Voldemort potrebbe essere un discendente di Salazar, penso che ci siano buone probabilità che l'Horcrux abbia qualcosa a che fare con lui".

Regulus assimilò tutte quelle informazioni, la mano andò inconsciamente al medaglione intorno al collo. "Quindi andiamo a Bath", disse alla fine, facendo sorridere Cerci.

"Quindi andiamo a Bath."



Si materializzarono sui gradini di un edificio piuttosto modesto, alto e sottile, fatto di una pietra bianca, con un tetto in ardesia e un gigantesco camino. Faceva freddo quel giorno, era quasi dicembre, e Regulus si avvolse le braccia intorno mentre i suoi denti iniziarono a battere. C'era un batacchio decorato a forma di serpente sulla porta, ma invece di usarlo, Cerci si rivolse al piccolo citofono sul muro accanto e premette un pulsante. Ci fu una lunga pausa, Regulus saltellava avanti e indietro con i piedi cercando di riscaldarsi, prima che una voce gracchiante parlasse loro.

"Pronto?"

Cerci si sporse in avanti. "Salve! Sono Cerci Greengrass, ho appuntamento con Madam Wormstahl per esaminare degli archivi?"

Ci fu un'altra pausa e poi un ronzio quando la porta di fronte a loro si aprì con un clic. Cerci camminava senza esitazione, apparentemente senza paura, Regulus, d'altra parte, si infilò la bacchetta nel palmo della mano. Non gli piaceva molto entrare disarmato in strani edifici.

Entrarono in quella che sembrava essere una reception, con moquette bianca sporca e un po' di musica generica in sottofondo. La strega dietro la scrivania di fronte a loro non alzò lo sguardo dalla rivista che aveva in grembo.

"Accomodatevi" salutò vagamente verso le sedie traballanti spinte contro il muro. "Wormstahl sarà da voi a breve."

"Okie dokie", disse Cerci felice.

Nel momento in cui furono seduti, un'ondata di esaurimento colpì Regulus, ricordandogli che non aveva dormito. Non aveva neanche preso le pozioni quella mattina. Il che era un miglioramento. Avrebbe dovuto essere un miglioramento. Se non per il fatto che lo aveva lasciato... vulnerabile. Un po' debole. Un po' traballante. Era così dannatamente stanco. Sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia e appoggiando la testa al muro.

"Ehi", sentì Cerci chiedere a bassa voce, "stai bene?"

"Hmm," rispose. "Solo stanco."

Avrebbe riposato gli occhi solo per un secondo.

Solo un secondo.

Solo-

Evan era sdraiato tra le sue braccia, il suo corpo pesante, gli occhi fissi davanti a sé.

Oh no.

Oh no.

Oh no.

Non di nuovo.

Per favore, non di nuovo.

Regulus tenne il corpo più stretto a se', strinse la presa, la promessa di non lasciarlo andare. Non questa volta.

Gli occhi morti e ciechi di Evan iniziarono improvvisamente a muoversi, era innaturale, gli mandavano brividi lungo la schiena quando si incastrarono in quelli di Regulus.

Non lasciarmi.

Non lo farò.

Non lo farò.

Prometto che non lo farò.

Non lasciarmi qui.

Mi dispiace.

Mi dispiace.

Mi dispiace tanto.

Non lasciarmi qui Regulus. Non lasciarmi indietro. Non voglio stare da solo. Non lasciare che mi prendano.

Non lo farò.

Non lo farò.

Ho vinto-

Ma le mani uscirono dal nulla. Apparvero da qualche parte nel buio. Raggiunsero le dita che avvolgevano le caviglie di Evan, i suoi polsi.

Regulus lottò scalciò e si dimenò ma non servì a nulla. Portarono via Evan dalle sue mani.

NO!

No!

No!

Ed era così concentrato su Evan, sulla perdita di peso del suo corpo tra le braccia che anche lui non si rense conto di essere stato trascinato sotto.

Almeno non fino al momento in cui smise di respirare.

"Regulus!"

Si svegliò di soprassalto, quasi cadendo dalla sedia e sussultando per la mano di Cerci sul suo braccio. Si ritrasse all'istante, la preoccupazione scarabocchiata sul viso mentre Regulus si sforzava di ricordare dove si trovasse. La donna dietro la scrivania stava finalmente alzando lo sguardo e c'era una nuova donna: era piccola, avvolta in uno scialle verde, i capelli raccolti in una crocchia.

Regulus lasciò cadere la testa tra le ginocchia e cercò di respirare, le unghie che gli affondavano nelle cosce. Fanculo.

Cazzo, non andava bene.

Stava tremando, il sudore gli copriva ogni centimetro della pelle. Era sembrato così reale.

"Regulus?" La voce di Cerci era morbida mentre si accovacciava accanto a lui, senza provare a toccarlo di nuovo.

"Scusa," ansimò, odiandosi per questo. Odiandosi per tutto quanto.

"Va tutto così bene che non ho nemmeno una parola per quanto vada bene."

Questo fece ridere Regulus. O almeno gli suscitò qualcosa di simile ad una risata.

"Siamo a Bath", disse, sapendo in qualche modo che ricordarsi di ciò che era reale e che stava accadendo avrebbe aiutato. "Agli archivi, mi preparo a fare qualche investigazione."

Inspira.

Espira.

Inspira.

Espira.

Dio, si stava stancando di tutto questo. Non ricordava di aver mai avuto attacchi di panico così frequenti prima d'ora.

Inspira.

Espira.

Inspira.

Espira.

Smettila, gridò a se stesso. Smettila adesso. Stai diventando ridicolo.

Si costrinse a stare seduto dritto anche se stava ancora tremando. Anche se probabilmente aveva bisogno di più tempo. Non sopportava la sensazione di avere tutti nella stanza che lo fissavano. Lentamente rilassò le mani, tirando fuori le unghie dalle cosce.

Inspira.

Espira.

"Okay," la sua voce era roca ma almeno uscì dalla sua bocca.

"Meglio?" chiese Cerci, e Regulus annuì. Lo osservò ancora per qualche secondo, come se gli stesse dando il tempo di riprendersi, e quando vide che non ci riusciva, si girò verso la donna in piedi dietro di loro - Wormstahl, immaginò Regulus. "Bene", disse Cerci più chiaramente, "siamo pronti".

La donna sembrò un po' sorpresa, "Possiamo riprogrammare se non ti senti... in forma, oggi"

Cerci tornò a guardare Regulus che scosse la testa. Erano già lì e inoltre non avevano molto tempo. Non era esattamente sicuro di cosa avrebbe fatto Voldemort una volta venuto a sapere del bambino di James, ma non voleva aspettare e scoprirlo.

"Beh," la donna aggiustò la sua postura, sembrando accettare che non si sarebbe liberata dei due ragazzi, non che Regulus la incolpasse per averci provato. "Seguitemi allora."

Si diresse verso il corridoio davanti a loro, Cerci si alzò e porse la mano a Regulus. In realtà dovette prendersi un minuto, preparandosi al coro di

debole

debole

debole

che gli scorreva per la testa prima che potesse costringersi a prenderle la mano. Sapeva che ne aveva bisogno.

"Vuoi che lasciamo stare?" sussurrò Cerci mentre seguivano la loro guida, le dita ancora intrecciate.

Strinse i denti. "No." Perché aiutava. Avere qualcosa di solido. E reale. Avere qualcosa di cui si poteva fidare.

Stava peggiorando. L'ansia, il panico... stava peggiorando. Le pozioni aiutavano, ma avevano i loro effetti collaterali, Regulus lo sapeva, lo sapeva bene. Sapeva che le persone ne diventavano dipendenti. Forse lui era una di quelle persone, non poteva dirlo con certezza, non sembrava così semplice. Sapeva solo che non poteva andare da James in questo modo. Aveva bisogno di trovare un modo per tenersi sotto controllo.

"Gli archivi qui coprono un'ampia varietà di aree", disse la donna di fronte a loro prima di estrarre la bacchetta e aprire la porta alla loro destra. Tutto in quell'edificio era blando e uniforme. Regulus non era sicuro di cosa si aspettasse esattamente, ma dopo essere cresciuto a Grimmauld Place non poteva fare a meno di pensare che Salazar non avrebbe apprezzato che la sua eredità fosse conservata in un ambiente così squallido.

"La famiglia Serpeverde ha una storia lunga e complicata che dura da molti secoli", aprì la porta e li condusse in una stanza con un soffitto basso, luci dure e file e file di scaffali. "Ma leggendo la vostra lettera ho capito che siete particolarmente interessati a Salazar?"

"Sì è vero," disse Cerci allegramente, guardandosi intorno.

"Lo sono sempre tutti", con un tono di voce che non poteva essere descritto come nient'altro che sprezzante. "Un peccato, visto che la famiglia ha fatto molto di più che aiutare a costruire una scuola".

Regulus guardò la donna, un po' colpito dal fatto che fosse stata appena in grado di rendere insignificante la fondazione di una delle scuole magiche più famigerate dell'intera storia umana.

"Laggiù abbiamo i manufatti", indicò una fila di armadi vicino alle finestre. "Sono bloccati, ma l'esterno è etichettato con il contenuto, quindi se desideri visualizzare uno qualsiasi degli elementi me lo dite e li prenderò io per voi. Non vi è permesso toccare niente da soli, capito?"

Cerci lanciò un'occhiata a Regulus prima di sorridere alla donna. "Assolutamente."

Ricevettero un brusco cenno del capo in risposta. "Gli scaffali davanti a noi sono tutti i documenti cartacei che abbiamo. Questi", pose grande enfasi sulla parola, "potete toccarli ma non potete scriverci sopra o accanto, non dovranno esserci angoli piegati o sottolineature di alcun tipo, capito?"

"Assolutamente", rispose di nuovo Cerci, costringendo la donna a fissarla per un minuto, come se stesse cercando di capire se la stessero prendendo in giro o meno.

"Molto bene, sentitevi liberi di dare un'occhiata in giro e chiedetemi pure se avete qualche domanda."

Cerci si girò verso Regulus, sopracciglio alzato. "Beh, cosa ne pensi?"

Guardò la montagna di cose di fronte a loro, non era sicuro di come esattamente avrebbero passato al setaccio tutto per trovare qualcosa di utile. Alla fine fece spallucce: "Tu inizi da una parte, io inizio dall'altra?"

Cerci sorrise. "Perfetto."



Probabilmente sarebbe stato d'aiuto avere un'idea di cosa stessero cercando. Per lo più Regulus stava solo cercando di vedere se ci fossero luoghi o oggetti che Salazar amava molto. Anche se la maggior parte dei suoi scritti sembrava essere puramente accademica. Discussioni sule diverse scomposizioni del materiale nelle pozioni - che, sì, ok, Regulus in realtà trovava interessante - e paragoni sulle varie tecniche di tritatura e preparazione della birra. Aveva scritto una lettera ad un amico in cui descriveva per tre pagine lo spessore appropriato per i fondi dei calderoni.

Scriveva anche molto sulla necessità dei Maghi di proteggersi dai Babbani. Non pensava che dovessero tentare di costruire relazioni politiche con loro, non credeva che ci si potesse fidare dei Babbani affinchè onorassero gli accordi che avevano prese. Aveva scritto lettere molto forti ai leader di spicco del mondo magico dell'epoca. Non tanto ai politici quanto ai piccoli lord, ciascuno con i propri minuscoli feudi e schieramenti di vassalli.

Il che era affascinante.

Inutile.

Ma affascinante.

Regulus sospirò, spingendosi via i capelli dalla faccia mentre tirava fuori un'altra pila di lettere. Si aspettava più o meno la stessa cosa - politica e teoria sulle pozioni - ma poi lesse la prima riga:

Ma moitié

Regulus si fermò. Si strofinò gli occhi. Rilesse la riga.

Ma moitié

La mia altra metà. La mia metà migliore. Questo era ciò che significava, aveva sentito suo padre usarlo quando si riferiva a sua madre una o due volte. Era una parole che usava per qualcuno di speciale. Amici, amanti—

Ma moitié,

L'altro giorno stavo facendo una passeggiata, nella foresta intorno a casa mia, e non ho potuto fare a meno di pensare a quella volta in cui eravamo giovani. Quindici? Sedici anni? E hai dichiarato che ne avevi abbastanza del lavoro agricolo e d'ora in poi volevi invece essere un avventuriero. Lo sguardo sul viso di tuo padre, pensavo per certo che ti avrebbe ucciso. Ma poi, sei sempre riuscito a farla franca più del resto di noi (non provare nemmeno a negarlo, sai che è vero). Quindi ti ha detto di andare avanti, di provare ad essere un avventuriero, di sopravvivere da solo nella natura selvaggia senza tutte le comodità della fattoria. Eri l'unico di noi a non sapere esattamente come sarebbe andata a finire.

Sarei stato felice di lasciarti fare, ma, ovviamente, non era così. Ovunque tu andassi, io dovevo seguirti. Quindi abbiamo caricato le nostre sacche con alcune provviste e una mappa che riuscivamo a malapena a leggere, e siamo partiti per quello che sarebbe stato inevitabilmente un fallimento assoluto. Quella prima notte, fuori nel deserto, piovve, ti ricordi? Ha iniziato a piovere e nessuno di noi conosceva alcun incantesimo per mantenersi asciutti, quindi alla fine abbiamo trovato una grotta, beh, o almeno un punto in cui le scogliere pendevano quel tanto che bastava per offrirci un riparo.

Hai acceso un fuoco, ci siamo spogliati entrambi dei nostri vestiti bagnati e li abbiamo stesi ad asciugare, fino a ridurci a nient'altro che ai nostri indumenti intimi. Non c'eravamo ancora baciati a quel punto e vederti, in piedi lì in tutto il tuo splendore giovanile, è stata un'agonia assoluta. Eri bello anche allora, prima che diventassi davvero te stesso, prima che diventassi l'eroe che sei oggi. Le guance rosse per il calore del fuoco, i capelli incollati alla testa dalla pioggia. Ero piuttosto impressionato di non essere caduto a pezzi proprio in quel momento.Poi. Hai avuto l'audacia di rivolgerti a me e fare un cenno. Un semplice gesto, un movimento del polso. "Dovremo dormire insieme", dicesti, così sicuro di te, come se fosse la cosa più naturale del mondo, "per allontanare il freddo". Ah. Ma Merlino, aiutami, ero impotente contro quelle parole. Noi due sdraiati, l'unica coperta che avevamo portato avvolta intorno a noi. Giuro che il mio povero cuore aveva quasi bruciato nel sentirti contro la mia schiena, il tuo braccio intorno alla mia vita, la bocca sulla nuca.

Ricordi cosa hai detto allora? Ti ricordi? Il fuoco che si spegneva, il suono della pioggia tra gli alberi che ci circondavano, mi addormentai lentamente tra le tue braccia mentre mi dicevi: "Voglio stare sempre così per sempre, vicino a te".

Non sono sicuro di essermi mai ripreso da quelle parole. Anche dopo tutti questi anni.So che c'è molta vita che ci separa ora, che le cose non sono così semplici come quando avevamo quindici anni. Ma non posso fare a meno di sperare che tu desideri ancora i giorni in cui ci siamo addormentati l'uno nelle braccia dell'altro. Non posso fare a meno di sperare che dopo tutto ciò tu voglia ancora essere così vicino a me. Perché non passa giorno che non senta la tua assenza al mio fianco.

Un giorno forse sentirai il bisogno di essere di nuovo un avventuriero. E troverai la strada per tornare da me.

Tuo per sempre,

S.

Regulus fissò a lungo quell'ultima riga.

S.

Non era possibile. Non lo era. Prima che potesse trattenersi, iniziò a sfogliare le altre lettere. La maggior parte di loro iniziava allo stesso modo "Ma moitié", alcune iniziavano semplicemente con "Love" altre non avevano alcun indirizzo di inizio ma iniziavano invece come se fossero già nel mezzo di una conversazione. Era quasi alla fine quando trovò quello che sta cercando, tirò fuori la lettera dalla pila

Ciao G,

iniziò a leggere, e Regulus sentì il suo cuore correre a capofitto nelle sue costole.

Perché era impossibile. Impensabile. Eppure... eppure...

G&S

Sempre fissando la pagina davanti a lui, Regulus si alzò e incespicò verso Madam Wormstahl.

"Salazar Serpeverde era sposato?" chiese intontito, guardando la donna più anziana. Posò la pergamena che stava leggendo.

"No, lui-"

"ERA UN FAMOSO UN EREMITA!" disse Cerci da qualche parte negli archivi. "Te l'ho detto la prima volta che ci siamo viti Reg GEEEESUU."

Regulus alzò gli occhi al cielo, la donna di fronte a lui sembrava alquanto scontenta. "Divenne un recluso nella sua vecchiaia", continuò quando si fu ricomposta, "si trasferì in campagna e socializzava solo quando costretto".

"Ma la sua linea non finisce con lui" disse Regulus.

"No, è stata portata avanti da uno dei suoi cugini."

"Non aveva fratelli o sorelle?" Regulus potè sentire Cerci camminare verso di loro dal fondo della stanza.

"No, la sua famiglia e la maggior parte dei parenti di sua madre sono stati uccisi quando la loro casa è stata attaccata dai Babbani".

Cerci sussultò. "Oh mio dio, è terribile."

La donna annuì sobriamente. "Sì, lo è, ne è stato ossessionato per la maggior parte della sua vita. Fortunatamente, però, la famiglia di suo padre viveva al sud e quindi la stirpe dei Serpeverde è riuscita ad andare avanti".

"Ma questo significa che non ci sono discendenti diretti di Salazar Serpeverde?" Cerci era al fianco di Regulus adesso, un po' preoccupato.

Wormstahl annuì di nuovo. "Corretto."

"No," Cerci scosse la testa. "No, non è possibile. Ho letto le storie delle Sacre Ventotto, la linea Gaunt rivendica il lignaggio diretto di Salazar."

Wormstahl non alzò gli occhi al cielo, ma Reg pensò che ci fosse vicino. "Sì, beh, le persone rivendicheranno molte cose se pensano che farà guadagnare loro status e potere. Ma ora ti sto dicendo che Salazar non ha mai avuto figli, o se li ha fatti, erano illegittimi e non riconosciuti."

"E che dire di Godric Grifondoro?" Regulus intervenne, sentendosi un po' impaziente. Non gli importava di meno delle linee di sangue in quel momento.

Sia Wormstahl che Cerci si rivolsero a lui con espressioni sorprese sui loro volti. "Godric Grifondoro?"

"Si è sposato?"

Ancora confuso, Wormstahl annuì, lentamente. "Sì, Godric si è sposato, ha avuto diversi figli. Anche se più tardi nella vita credo che lui e sua moglie abbiano concordato amichevolmente di vivere separati. E si è trasferito nei boschi, stanco di essere sotto gli occhi del pubblico".

"Si è trasferito in campagna", ripetè Regulus, quasi ridendo. "Come Salazar?"

"Beh, dubito fortemente che fosse la stessa campagna."

"Ma non lo sa con certezza"

Si sistemò sulla sedia, chiaramente a disagio ammettendo che c'era qualcosa che non sapeva. "No, non credo che le posizioni esatte di nessuna delle loro case siano mai state scoperte."

"Quindi avrebbero potuto vivere insieme allora?" Cerci si intonò, suonando incuriosita.

Wormstahl le lanciò uno sguardo di disapprovazione. "Ne dubito fortemente. Non riesco a capire perché voi due vorreste saperlo".

No, pensò Regulus, guardando di nuovo le lettere nelle sue mani, sono sicuro che non puoi capirlo

Allora rise, perché James aveva ragione. Il ridicolo, illogico, assurdo James Potter aveva ragione. Passò delicatamente il pollice sulla S in fondo alla pagina davanti a sé.

"Non sono sicuro di cosa ti diverta," Wormstahl si avvolse più strettamente intorno alle sue spalle.

"Niente," Regulus scosse la testa, cercando di tenere sotto controllo la sua espressione. "Solo... ho pensato a qualcos'altro. Mi scuso. Un'altra domanda: queste lettere," le sollevò, "le loro controparti sono da qualche parte? Sembra che siano stati scritti tutti per la stessa persona".

Wormstahl si spinse gli occhiali fino alla punta del naso e gli fece cenno con la mano di passarglieli. Con riluttanza, Regulus lo fece.

"Ah sì", disse mentre iniziava a sfogliarle. "Le lettere d'amore".

"Lettere d'amore!" disse Cerci eccitata, scuotendo le spalle. "Che scandalo."

La donna la guardò male. "Non c'è assolutamente nulla di scandaloso in loro, era perfettamente adatto per un uomo della sua età scrivere lettere alla donna che stava corteggiando".

"Ma non si è mai sposato", disse Regulus mentre gli restituiva le lettere.

"No."

"E non sappiamo a chi stava scrivendo?"

"Queste lettere sono state trovate in giro per il mercato nero, vendute ad un prezzo molto alto. Le famiglie più anziane a volte cadono in difficoltà e iniziano a vendere cimeli di famiglia", il disgusto che provava per quella situazione era chiaro sul suo volto. "Ma le controparti non erano con loro, né sono state trovate da nessun'altra parte. È possibile che Salazar le abbia bruciate, gli amanti abbandonati quasi sempre danno la priorità a se stessi rispetto ai documenti storici".

Cerci iniziò a ridere e poi si trasformò rapidamente in un colpo di tosse quando la donna oscillò nella sua direzione.

"Capito", disse Regulus, trattenendo il proprio sorriso compiaciuto. "Grazie," si girò e diede una piccola spinta a Cerci. "Comportati bene", sussurrò mentre tornavano verso gli scaffali.

"Gli amanti abbandonati danno la priorità a se stessi rispetto ai documenti storici", ripetè, trattenendo a malapena le sue risatine.



Regulus trascorse il resto del tempo negli archivi leggendo spudoratamente le lettere. Andava piano, alla disperata ricerca di ogni dettaglio, desiderando di avere l'altra metà della conversazione, così da poter sapere cosa stava dicendo Godric. Ce n'erano così tante  che quando andarono via, diverse ore dopo, non era ancora riuscito a leggerle tutte.

Madam Wormstahl li scortò alla porta principale e Cerci la ringraziò gentilmente per il suo aiuto mentre uscivano nel pomeriggio invernale.

"Dove stai andando?" chiese Regulus mentre Cerci iniziava a scendere i gradini e a mettersi in strada. "Possiamo materializzarci da qui."

"Pfft," disse, fissandolo dal marciapiede. "Forza Reg, siamo a Bath", allungò le braccia. "Facciamo un giro turistico."

Regulus fece una smorfia disgustata. "Vuoi che io faccia il turista?"

"Oh andiamo snobetto, assecondami. Inoltre, passi comunque troppo tempo chiuso in casa tua.

"Non è vero."

"E' vero."

Regulus alzò gli occhi al cielo. "Va bene. Cosa vuoi vedere esattamente allora?"

Lei gli sorrise. "Sapevo che avresti ceduto. C'è un'ottima gelateria proprio in fondo alla strada."

"Gelato? Cerci si gela!"

"Oh, tranquillo", disse mentre iniziava a camminare, le mani infilate nelle tasche del cappotto. "Forza, andiamo!"

Seguì il brontolio Regulus, anche se non ne era felice.

La gelateria era piccola e carina, tutta rosa con balze bianche. Cerci fece due chiacchiere con il cassiere, fermandosi solo per chiedere a Regulus che gusto volesse. Quando insistette ancora una volta che faceva troppo freddo per il gelato, lei gli ordinò semplicemente uno al cioccolato.

"Questo è assurdo", i suoi denti battevano mentre si spingevano indietro nel freddo, stringendo i loro gelati, dato che non c'era un posto dove sedersi nel negozio.

"Stai facendo il drammatico", disse Cerci, guidandoli verso una panchina con vista sulla strada.

 Erano tutti vecchi edifici e ciottoli. Era innegabilmente carina, anche se Regulus si rifiutava di ammetterlo ad alta voce.

"Non posso mangiarlo Cerci", disse mentre si siedono. "Morirò di ipotermia o qualcosa del genere."

Cerci alzò gli occhi al cielo, tirando fuori la bacchetta e dandole un piccolo movimento. Un secondo dopo, Regulus sentì l'inconfondibile sensazione di un caldo incantesimo discendere su di lui. Si girò verso di lei, sarcasticamente inorridito.

"E' illegale!"

"Sì, beh" leccò il gelato. "Il Ministero ha cose più grandi di cui preoccuparsi invece di un incantesimo riscaldante"

E, beh, Regulus non aveva una risposta a quello.

Era tranquillo, probabilmente a causa del freddo, alcune persone camminavano per strada con i sacchetti della spesa in mano, le spalle unite, la testa china contro il vento. Era metà pomeriggio, le nuvole si spostavano davanti al sole e occasionalmente gli bloccavano la vista, anche se i raggi che scivolavano giù brillavano e si riflettevano sulle finestre degli edifici su entrambi i lati della strada.

"Allora", disse alla fine Cerci, "le hai finite?"

La guardò, c'era una macchia di gelato sul suo naso di cui voleva dirle, ma alla fine decise di non farlo.

"Ho finito cosa?"

Cerci alzò gli occhi al cielo: "Oh andiamo, sei stato incollato in quell'unico punto per ore: le lettere! Le hai finite?"

"Oh," prese una leccata del suo gelato, che doveva ammettere, era molto buono. "No, ce n'erano centinaia, sembrava che parlassero da anni. Ma non dovrebbe volerci troppo tempo per finirle tutte".

"Hai intenzione di tornare?" chiese Cerci, sembrando sorpresa, e fu compito di Regulus non fare una smorfia. Probabilmente avrebbe dovuto tenere per sé quell'ultima frase. Scelse di non rispondere e di concentrare invece una ridicola quantità di attenzione sul suo gelato, ma poteva sentire gli occhi di Cerci su di lui.

"Regulus..." disse il suo nome lentamente. "Hai... non hai... rubato le lettere, vero?"

Ancora una volta, non rispose, ma le lanciò uno sguardo a cui Cerci alzò le mani in aria e quasi lanciò il suo gelato dall'altra parte della strada.

"Ma stai scherzando! Sai che è un crimine, vero?"

Regulus si leccò le labbra, scrollando le spalle. "Sì beh, come hai detto, penso che il Ministero abbia problemi più grandi in questo momento".

"Sinceramente," mormorò, scuotendo la testa. "Non posso portarti da nessuna parte", anche se c'era un sorriso che le tirava l'angolo della bocca che suggeriva diversamente.

"Oh andiamo, non potevo lasciarle lì con quella donna, meritano di meglio."

"Quindi hai orchestrato una missione di salvataggio per delle lettere d'amore?"

"Beh, se la metti così sembra ridicolo."

Cerci aveva iniziato a ridere, cosa che Regulus non apprezzò, il rumore riempì la strada vuota intorno a loro, rimbalzando sui muri di pietra. "Sei una tale schifosa."

Regulus alzò gli occhi al cielo, riportando la sua attenzione al suo gelato e rifiutandosi di guardarla di nuovo finché non si fosse calmata. Non era un fannullone. Assolutamente no. Potevano chiedere a chiunque.

"Sai", disse, una volta che si era rimessa in sesto, leccando il gelato sciolto dalla mano. "Mi piace l'idea di scrivere lettere d'amore."

Regulus si girò verso di lei, sentendo il cambiamento nel suo tono - e tutta la sincerità che stava cercando e non rusciva a nascondere. -  "Sì?"

Cerci annuì, senza incrociare il suo sguardo. "È davvero intimo leggere una lettera sui sentimenti che qualcuno prova per te. È come stargli vicino, dare loro una parte di te, non si tratta di..."

"Sesso?"

Sospirò, suonando stanca. "Esatto. È solo che, a volte, quando stai in una stanza con qualcuno e cerchi di essere vulnerabile, sembra... un mezzo per raggiungere un fine. Ma con le lettere d'amore è diverso... provi tutti questi sentimenti e lo stai dicendo a questa persona e tutto questo ci connette l'un l'altro e nessuno si aspetta di più. Il punto di una lettera d'amore è solo sentire, provare".

Si morse nervosamente il labbro inferiore. "È una cosa stupida da dire?"

Regulus scosse la testa. "No."

"Semplicemente, ho tutti questi sentimenti nel petto e voglio darli a qualcuno ma... non so come farlo senza lasciare che desiderino di più."

Regulus guardò per un momento la strada, pensando. Cercando di capire cosa dire. Alla fine, dopo aver ingoiato l'ultimo pezzo di gelato, parlò: "C'è... qualcuno in particolare di cui stiamo parlando?"

Le guance di Cerci arrossirono. "Potrebbe esserci."

"Va bene, è...ok. Questa è una cosa bella. Uhm..." Merlino, non era bravo in questo. "È... gentile?"

"È fantastica."

Regulus annuì, ridendo un po'. "Beh, va bene, non per, sai, affermare l'ovvio qui, ma, hai provato...a parlarle?"

"Certo che le ho parlato", disse Cerci, ma la sua voce era un po' troppo stridula per essere credibile. Ci vollero circa tre secondi in cui Regulus la fissò in silenzio prima che Cerci si spezzasse. "Le ho parlato", disse di nuovo, "molto. Della scuola e del suo lavoro, di dove vuole viaggiare e di come la sua verdura preferita sia la zucca perché è decorativa e gustosa".

Regulus inarcò la fronte. "Hai parlato della sua verdura preferita?"

Cerci lo guardò male. "È una cosa perfettamente ragionevole da chiedere a qualcuno."

"Scusa, le hai davvero CHIESTO del suo ortaggio preferito?"

Cerci alzò le braccia in aria. "Non puoi prendermi in giro adesso!"

"Va bene, va bene, scusa," Regulus si morse il labbro, cercando di trattenere la sua risata. "Okay, quindi avete parlato... di... verdure", Cerci sembrava pronta a prenderlo a pugni di nuovo, quindi si mosse rapidamente, "Ma avete, sai, parlato di quello che... provi?"

Lei continuò a fissarlo e Regulus alzò le mani in segno di resa. "Senti, sto solo dicendo che non può leggerti nel pensiero... beh, a meno che non sia brava in Legilimanzia, nel qual caso immagino che forse non devi dirle niente."

Cerci alzò gli occhi al cielo. "Lei non sa leggere nella mia mente."

"Bene allora..."

Cerci gemette, prendendo un grosso boccone dal suo cono gelato e poi, a bocca piena: "Cofa defo fare?"

Regulus fece una smorfia: "Hai modi terribili a tavola, lo sai?"

Cerci gli calciò il piede. "Prima di tutto", disse una volta che aveva ingoiato correttamente il gelato, "Non c'è nemmeno un tavolo qui. E poi, stai passando troppo tempo con Kreacher, stai iniziando a parlare come lui."

Regulus le restituì il calcio.

"Dì solo alla tua stupida cotta che hai una stupida cotta per lei."

"Lo dici come se fosse semplice", parte del divertimento era svanito dalla sua voce, e Regulus sapeva che aveva altro da dire, quindi lascil che il silenzio indugiasse, le lasciò trovare le sue parole. "Io solo..." iniziò e poi si fermò, sospirando frustrata. "Voglio solo stare con lei tutto il tempo."

"Okay, quindi dille che... voglio dire, forse non esattamente quello, sembra un po' come se potesse svegliarsi e trovarti ai piedi del suo letto mentre la guardi dormire o cose del genere, togliendole ciocche di capelli dal viso o che. Ma una versione più casual di quello".

Cerci fece un verso scontento. "Non so come essere casual."

Cosa che secondo Regulus sarebbe potuta essere effettivamente vera.

"Forse prova a chiederle un appuntamento?" suggerì, abbastanza certo che fosse qualcosa che le persone normali facevano in modo casual.

Cerci sembrò di nuovo incerta, mordendosi il labbro. "Ma non sarà tipo guidarla in quella direzione? Gli appuntamenti normalmente non finiscono con due persone che, sai, scopano?"

"No," disse Regulus, e poi, "Voglio dire, non credo? Onestamente non sono mai stato ad un appuntamento."

La testa di Cerci scattò verso di lui. "Che cosa! Nemmeno con il tuo boy toy? Avrò davvero bisogno di parlare con lui".

Regulus alzò gli occhi al cielo, odiando il modo in cui il colore scorreva sulle sue guance. "Non ho... ugh, non posso nemmeno dirlo."

"Boy toy?" lei sorrise mentre lui la spingeva. "Troppo tardi per rimangiartelo Reg, da ubriaco hai già sputato tutti i fagioli. Anche se hai trascurato di menzionare che questo ragazzo non ti ha portato ad un appuntamento!"

Regulus scosse la testa, distolse lo sguardo e cercò di tenere sotto controllo la sua espressione.

 "È complicato", e poi, poiché era sconsiderato, "In realtà, immagino che siamo stati ad un appuntamento. Più o meno."

"Oooh, dimmi di più, ho bisogno di idee."

"Siamo andati a nuotare" Merlino, era stato tanto tempo fa. Aveva dei piccoli bagliori - luce solare calda, James che gli sorrideva dall'acqua.

"Tipo in spiaggia?"

"No, era... una specie di... una cascata."

"Mi scusi!!!" sentì Cerci sedere accanto a lui ma si rifiutò con veemenza di guardarla, il viso già troppo rosso. "Il tuo appuntamento è stato ad una cascata! È tipo la cosa più romantica che abbia mai sentito!"

"Sì, beh", Regulus fece del suo meglio per mantenere la voce vuota, "lui è uno stupido."

"Stupido nel senso di romantico, vuoi dire?"

"Ok, possiamo andare avanti adesso per favore? Pensavo stessimo parlando della tua vita amorosa?"

"Non ho una vita amorosa", disse, abbastanza forte da spaventare alcuni dei piccioni che si erano radunati non così lontano da loro.

"Beh, chiedi a questa ragazza di uscire e l'avrai", e poi, quando lei iniziò a brontolare sottovoce, lui battè le loro spalle insieme. "Ascolta... sii onesta, è tutto ciò che chiunque può volere", si sentì un fottuto ipocrita mentre le parole uscivano dalla sua bocca.

E poi gli venne in mente qualcos'altro. "Hai... parlato con tua madre di...tutto questo?"

Un altro gemito uscì dalla bocca di Cerci. "No, ogni fine settimana invita ancora scapoli idonei a cena. È una tortura".

Regulus fece una smorfia. "Ho sempre odiato le cene."

"Non sarebbe così doloroso se qualcuno di loro fosse per metà decente, se almeno potesse piacermi uno di loro, sai? Ma sono tutti orribili".

Regulus poteva immaginare com'era essere costretto a stare in stretto contatto con i figli di famiglie purosangue per la maggior parte della sua vita. Barty ed Evan erano sempre gli unici due che poteva sopportare. O forse stava travisando le cose, perché erano anche gli unici due che lo trovassero accettabile. Tutti gli altri volevano giocare con Sirius. Regulus non poteva biasimarli. Anche lui voleva giocare anche con Sirius.

"E tua madre?"

Sbattè le palpebre, tornando al presente. "Mia madre?"

"Non sta cercando di farti sposare?"

"Ah", con tutto il resto, il desiderio di sua madre di trovargli una moglie era in qualche modo sfuggito al suo radar. "Ad essere onesto, non le ho davvero... parlato."

Cerci sembrava sorpresa. "E non si è nemmeno presentata al Grimmauld?"

"Penso..." Regulus si schiarì la gola. "Penso che mio padre sul letto di morte stia occupando molto del suo tempo in questo momento", non riusciva a dirlo senza che la sua voce si spezzasse.

"Oh Reg," Cerci allungò una mano, stringendogliela "Mi dispiace."

"Va tutto bene, davvero," fece un respiro profondo. "È passato molto tempo, è solo che..." distolse lo sguardo. "Mi sento male perchè non vado a trovarlo, ma non voglio farlo preoccupare. Voglio solo... non sono... in questo momento non è proprio un buon momento".

Lui riuscirebbe a vedermi dentro.

Gli spezzerei il cuore.

Regulus emise un respiro tremante. "Okay, cambio di nuovo argomento, hai trovato qualcosa di utile lì dentro?", fece un cenno di nuovo verso gli archivi.

Cerci fece una smorfia. "Non proprio, solo che nella loro collezione non manca nulla, niente preso in prestito o rubato."

"Quindi se Voldemort sta usando qualcosa collegato a Serpeverde, non l'ha messo lì."

Lei annì. "Apparentemente i membri della famiglia Gaunt sono ancora vivi e hanno alcuni cimeli che non hanno venduto, o almeno questo è quello che ha detto Madam Wormstahl. Mi ha dato il loro indirizzo così possiamo provare ad andare da loro, vedere se sanno qualcosa."

Regulus si passò una mano sul viso sentendosi un po' sopraffatto da tutte le cose che non sapevano. "Dovremo anche capire come distruggere la cosa una volta trovata."

"Non c'era niente nel libro che hai letto?"

Regulus emise un sospiro frustrato. "Non ho niente nei miei appunti, ma è possibile che non stessi prestando abbastanza attenzione in quel momento, che mi sia sfuggito qualcosa. Solo che ora non posso tornare indietro e controllare perché..."

"Ce l'ha Voldemort," finì la frase per lui e Regulus annuì. "E l'unica altra copia è a Hogwarts."

"E non credo che Silente lo consegni a nessuno di noi due."

"No," concordò Cerci. "Mettiamo da parte questo per ora, ci deve essere un altro libro sugli Horcrux là fuori. Ma prima dobbiamo capire cosa stiamo cercando e dove si trova. Va bene?"

Regulus sospirò. "Va bene."

"Forza squadra!"

Sbuffò mentre lei alzava la mano in aria come se fossero ad una partita di Quidditch. "Non credo che questo sia un momento da 'forza squadra' "disse, ma Cerci emise solo un suono incredulo, guardando Regulus molto seriamente.

"Ogni momento è un momento di "forza squadra" se ci provi abbastanza".

E, beh, Regulus non aveva intenzione di discutere.



Nell'istante in cui tornò a casa, si precipitò in camera da letto e iniziò a studiare le lettere. Mangiando avidamente ogni riga. Da quello che potè dire, erano state scritte almeno un decennio dopo che Salazar aveva lasciato Hogwarts e sembravano andare avanti per un altro decennio prima di fermarsi.

Perché alla fine era arrivato Godric, sussurrò la voce infantile nella sua testa. Perché Salazar finalmente lo ha fatto entrare. Perché dopo aver trascorso quasi tutta la vita in orbita l'uno intorno all'altro, era finalmente giunto il momento. Da soli nei boschi avevano trascorso insieme la loro vecchiaia. Nascosti dal mondo.

O almeno era così che Regulus stava decidendo la storia.

Non era disposto ad accettare nient'altro.

Si sentì un po' stordito, la testa piena di pagine e pagine di parole. Parole che non erano le sue eppure a volte gli erano così vicine al cuore che era certo di averle pensate lui stesso. Voleva disperatamente dirlo a James. Sapeva che avrebbe riso una volta saputo, sapeva che la sua testa sarebbe cresciuta di almeno altre due taglie.

Avrebbe detto qualcosa del tipo "Certo che avevo ragione Non posso credere che tu abbia dubitato di me."

Prima che Regulus potesse trattenersi, si alzò dal letto e prese posto alla scrivania, tirando fuori un nuovo pezzo di pergamena e una penna d'oca. Qualcosa in lui sembrava più leggero di quanto non lo fosse da giorni, settimane, anni e sapeva che era sciocco, sapeva che era un mezzo nella sua testa. Ma forse... forse se Salazar Serpeverde e Godric Grifondoro erano riusciti a ritrovarsi dopo tutto quello che avevano passato, dopo tutto quello che era successo, forse avrebbero potuto farlo anche Regulus e James.

La sua penna disegnò elegantemente sulla pagina, le prime parole gli strinsero il cuore.

Caro J.



PARTE II REMUS

Era mattina, e Remus stava fissando spudoratamente un Sirius Black accasciato, sveglio abbastanza da tenere la testa fuori dalla sua tazza di caffè. I suoi capelli erano un vero disastro: sparati in tutte le direzioni, statici e probabilmente bisognosi di una bella lavata. La luce del sole era morbida e faceva brillare l'intero appartamento di una sorta di giallo caldo, ma soprattutto faceva brillare Sirius, che sembrava quasi dorato. E per un momento, proprio in quel momento, la vita di Remus era bellissima.

"Ehi," spinse il piede di Sirius sotto il tavolo e Sirius alzò lo sguardo, gli occhi ancora socchiusi, i segni sul viso dovute alle lenzuola. "Ti amo."

Qualcosa di quasi... triste, sembrò sfarfallare sul viso di Sirius prima che lo pulisse. "Ti amo anch'io," gracchiò, non proprio in grado di incontrare gli occhi di Remus.

I campanelli d'allarme risuonarono debolmente nelle orecchie di Remus mentre le sue sopracciglia si unirono. "Pads cos-" ma venne interrotto da alcuni colpi estremamente rumorosi e scortesi sulla finestra. Si girò e vide un gufo appollaiato sul davanzale fuori dal loro soggiorno, in attesa di essere fatto entrare. Risparmiò un'altra occhiata a Sirius che aveva di nuovo la testa bassa, prima che si alzasse per far entrare l'uccello.

"Ecco a te" gli porse un pezzo di pancetta dal suo piatto mentre iniziava a staccare la lettera dalla sua zampa. Nel momento in cui il rotolo di pergamena fu libero, l'uccello decollò, lasciando Remus a fissarlo, un po' sorpreso. "Non ti aspetti una risposta, allora?" borbottò a nessuno in particolare mentre chiudeva la finestra e tornava al tavolo.

"Da chi è?"

Remus scosse la testa, facendo scivolare il dito sotto il sigillo di cera e srotolando la pergamena. "Non ho riconosciuto l'uccello", borbottò. Tuttavia, nel momento in cui vide la calligrafia, sapeva chi fosse.

Caro Remus,La richiesta che hai fatto è stata eseguita. Ti aspetteranno da un giorno all'altro.Spero che tu stia bene,

A. Silente

Rilesse le righe ancora un paio di volte prima di ricominciare a respirare normalmente. Si preoccupava sempre quando riceveva posta da Silente.

"Moons? Rem? Oh! Cosa dice?"

Alzò lo sguardo e vide Sirius completamente sveglio, che lo fissava con un'espressione preoccupata. Doveva essere uscito di scena per un secondo. "Scusa, stanno tutti bene, promesso, non è niente del genere," vide le spalle di Sirius rilassarsi leggermente. Si aspettavano sempre cattive notizie in quei giorni.

"Vuoi uh," Remus si schiarì la gola. "Vuoi venire da una parte con me?"

"Ovunque," ​​Sirius rispose così velocemente che Remus pensò che il suo cuore potesse davvero sciogliersi. Sirius arrossì, distogliendo lo sguardo come se fosse imbarazzato, ma continuò a dire: "Sai che andrei ovunque con te".

A Remus ci vollero alcuni minuti per riprendersi.

Un bel po' di minuti.

Quando il suo cervello ricominciò a funzionare, ripiegò la lettera e la fece scivolare nella tasca del suo pigiama, alzandosi e avvicinandosi a Sirius, baciandogli la sommità della testa. "Grazie," mormorò tra i suoi capelli prima di andare a vestirsi.

Ovviamente a Sirius gli ci vollero anni per prepararsi. Passò almeno trenta minuti sui suoi capelli, anche se Remus non aveva dubbi, dopo tutti questi anni. Quando finalmente Sirius uscì dal bagno e trovò Remus appoggiato alla porta con le braccia incrociate e la fronte alzata, alzò gli occhi al cielo.

"Sì, sì, lo so, lo so", prese la sua giacca di pelle dallo schienale del divano dove l'aveva lanciata il giorno prima.

"Fa troppo freddo per quella," disse Remus mentre Sirius andava verso di lui.

"Non puoi lasciare che il meteo influenzi la tua vita Moons, devi mostrargli chi comanda," fece un sorriso a Remus mentre uscivano dalla porta, chiudendola dietro di loro con il movimento delle loro bacchette.

"È una cosa folle da dire, lo sai vero?"

"Lo spero. Mi dispiacerebbe iniziare a dire cose sane. E' dannatamente noioso".

Scuotendo la testa, Remus spinse Sirius in direzione del Paiolo Magico.

"Non ci materializzeremo", spiegò quando vide lo sguardo confuso sul viso dell'altro ragazzo. Si fecero strada attraverso la via, che non era così trafficata come sarebbe stata un anno fa, o due anni fa. Gli attacchi e i rapimenti tenevano lontane le persone. "Prenderemo l'autobus Babbano."

"Capito" disse Sirius con cautela. "Hai intenzione di dirmi dove stiamo andando o è più una sorpresa?"

"Stiamo andando in un orfanotrofio," Remus fece del suo meglio per mantenere la sua voce disinvolta, come se fosse una cosa perfettamente normale da fare. Non era sicuro di riuscirci.

"Un orfanotrofio?" ripetè Sirius. "Perché?"

"C'è qualcuno che voglio vedere."

Per un lungo momento Sirius non parlò, abbastanza a lungo che Remus gli diede una sbirciatina con la coda dell'occhio. Non sembrava arrabbiato, il che era positivo, anche se Remus non era del tutto sicuro di cosa sembrasse.

"Sei molto criptico," disse alla fine Sirius.

Remus fece una smorfia. "Lo so. Mi dispiace," ma non era sicuro di quanto gli fosse permesso dirgli, sapeva che stava già andando contro Silente portando con sé Sirius, solo che...non era sicuro di poterlo fare da solo.

Ci fu un'altra lunga pausa prima che Sirius parlasse di nuovo. "Sono felice che mi porti con te questa volta," la sua voce era più bassa del solito, e spezzò un po' il cuore di Remus.

Si allungò, offrendo la sua mano, e Sirius immediatamente aggrovigliò le loro dita.

"Vorrei sempre portarti con me, lo sai vero?" disse, guardando Sirius correttamente.

Vide lo stesso sguardo triste di prima. "Forse," disse infine Sirius. "È bello sentirlo però."

Remus gli strinse forte la mano. "Vorrei portarti sempre con me", ripetè.

Si guardarono a lungo prima che Sirius parlasse: "Grazie".

Remus alzò le loro mani, baciando il palmo di Sirius. "Cristo Sirius, non hai dei cazzo di guanti, stai congelando."

E questo fece ridere Sirius, rompendo la tensione. Sirius liberò la mano in modo che potesse far oscillare il braccio intorno alle spalle di Remus e tirarlo al suo fianco. "Cosa ti ho detto sul mostrare al tempo chi comanda, eh?"



Sirius era irrequieto sull'autobus. Non aveva pazienza, il che rendeva sempre il processo di viaggiare ovunque un lavoro ingrato. In modo ridicolo, Remus si sentì un po' nostalgico, ripensando a tutti quei viaggi in treno quando Sirius non riusciva a stare fermo. Batteva i piedi o dondolava le ginocchia o, da giovane, correva tra le auto provocando il caos.

Alla fine, ci vollero solo trenta minuti prima che si incamminassero lungo il viale di un edificio di mattoni dall'aspetto austero. C'era una recinzione di metallo nero intorno, il prato era più fangoso che altro.

"Questo posto mi dà i brividi," sussurrò Sirius mentre salivano i gradini principali.

"Non sei letteralmente cresciuto in una casa infestata?" chiese Remus mentre teneva la porta aperta.

Sirius sembrò considerare quella frase. "I fantasmi erano letteralmente la cosa meno inquietante di Grimmauld, ma condivido il tuo punto."

Entrarono in una piccola reception con pavimenti in piastrelle bianche e luci fluorescenti dure. Di fronte a loro sedeva una donna dai capelli castani dietro una scrivania, con un naso da carlino e un paio di occhiali da lettura con una catena al collo. Remus si sentì improvvisamente incerto, la lettera di Silente era stata piuttosto vaga e non era esattamente sicuro di cosa avrebbe dovuto dire una volta lì.

La donna li guardò e sorride. "Beh, salve" gli fece cenno di andare avanti. "Non essere timido, non essere timido, mi chiamo Aileen, come posso aiutare voi due bei gentiluomini oggi?" aveva una voce amichevole.

Non fu fino a quando Sirius gli diede una gomitata con il gomito che Remus si rese conto che doveva essere lui a gestire questa situazione. Si schiarì la gola, sentendosi completamente fuori dal coro. "Sì, ehm, siamo qui per visitare Charlotte?"

"Sei sulla lista?"

Remus sbattè le palpebre. "La lista?"

"Di visitatori approvati?"

"Ehm... sì?" Silente aveva detto che era tutto sistemato...

"Eccellente, dammi solo il tuo nome così posso ricontrollare."

"Va bene, ok, sono Remus Lupin."

"Ooh, questo è nuovo, non ho mai incontrato un Remus prima", disse mentre si avvicinava agli schedari dietro di lei e iniziava a sfogliare le cartelle.

Sirius si avvicinò a lui, le loro spalle si sfiorarono. "Charlotte?" chiese piano, ma Remus si limitò a scuotere la testa. Non riusciva a spiegare chi fosse, soprattutto non lì.

"Ah! Fatto!" Aileen tirò fuori un pezzo di carta, gli occhi lo scrutarono, il cuore di Remus gli martellava nel petto. "Oh, sei suo zio, adorabile. Ti dispiace mostrarmi un documento d'identità?"

"Uh", sì, in realtà lo aveva. "Io, ehm..." Merlino, era un idiota. Certo, avevano bisogno di un documento d'identità. E ora era solo lì in piedi, con l'aria ottusa e sospettosa. Gesù Cristo. "Io-"

"Oh, scusa amico," rise Sirius, frugando nella tasca del cappotto. Remus vide la bacchetta nella manica, vide il colpo mentre trasfigurava i suoi occhiali da sole in una piccola carta di plastica. "Devo averlo preso io per errore mentre uscivamo," porse la carta a Remus e poi lanciò ad Aileen un sorriso eccezionalmente affascinante. "Mi dispiace."

"Oh, nessun problema," ricambiò il sorriso prima di allungare la mano a Remus per la carta.

"Oh, giusto," armeggiò un po', consegnandolo goffamente. Quando la sua testa si fu abbassata, Remus pronunciò le parole "grazie" a Sirius, che gli fece l'occhiolino.

"Eccellente, beh, tutto sembra essere in ordine," restituì la carta a Remus. "Vado a prenderla, ok? Sono così felice che tu sia venuto, è stata così triste da quando è stata lasciata."

Lo stomaco di Remus si strinse e fece del suo meglio per respingere la sensazione. Per allontanare i suoi ricordi di Lupercal e di tutto ciò che la vita di Charlotte sarebbe stata d'ora in avanti.

"Allora," disse Sirius dopo che Aileen era scomparsa. "È... è tua?"

Remus sbattè le palpebre, voltandosi a guardare Sirius che lo stava fissando molto intensamente. 

"È... lei... la mia cosa?" ripetè lentamente.

"Tua figlia".

E quella domanda era così assurda che per un minuto Remus fu del tutto incapace di capirla. E poi rise. Si piegò, stringendosi le ginocchia, ridendo. "Che cosa?!" quello fu tutto ciò che riuscì tirare fuori. "Come? Cosa! Sei fuori di testa?"

"Beh, cosa diavolo dovrei pensare?" disse Sirius in tono burbero.

"Qualsiasi altra cosa," Remus stava ancora lottando per riprendere il controllo di se stesso. Si raddrizzò, asciugandosi le lacrime di allegria dagli occhi. "Letteralmente qualsiasi altra cosa. Come potrei mai avere un figlio?"

"Beh, non so cosa stai combinando, no?"

C'era una verità in questo che Remus non voleva toccare in quel momento. Che voleva fingere di non sentire.

"Ha tipo cinque anni."

Sirius fece spallucce. "Le persone fanno figli quando hanno quattordici anni."

"Sfortunatamente, non io", non riusciva nemmeno ad immaginare la cosa: non sapeva nemmeno da dove cominciare con il sesso a quattordici anni.

Sirius fece un ronzio, vedendo potenzialmente il senso di quella risposta, avendo conosciuto Remus durante i suoi quattordici anni. 

"Non è il tuo figlio illegittimo che è stato nascosto in un orfanotrofio Babbano per anni, allora? " non riusciva del tutto ad impedire alle sue labbra di contrarsi.

Remus sbuffò: "No, non lo è."

Ci fu una pausa ma Remus potè dire che Sirius non aveva finito. Riuscì a sentire le parole dentro di lui.

"Allora chi è?" chiese alla fine.

Remus deglutì con una certa difficoltà. Non sapeva cosa dire. Non sapeva come spiegare senza svelare tutto. Si ripeteva ogni giorno perché è importante. Perché si fidava di Sirius.

Lo faceva.

Lo faceva.

Lo faceva.

Solo che...

C'ero anch'io, in ufficio, quando James ha detto che Sirius sorrideva, quando gli aveva detto cosa aveva fatto.

Remus rabbrividì alla voce. Ai ricordi. E vide le sopracciglia di Sirius avvicinarsi. Lo vide allungare la mano. 

"Rem-"

"Remus!"

Non fu un urlo quantopiù  uno zampillo, come se tutta l'aria fosse volata via da lei nel momento in cui aveva pronunciato il suo nome. Remus e Sirius si girarono entrambi per vedere Charlotte, che teneva la mano di Aileen e camminava verso di loro. Divertente, Remus non era sicuro di averla mai sentita dire il suo nome a Lupercal. A dire il vero, non era nemmeno sicuro che si sarebbe ricordata di lui.

Ma non solo ricordava, stava correndo verso di lui. Fu l'istinto che lo fece chinare in modo che lei potesse schiantarsi tra le sue braccia. In modo che potesse seppellire il suo visino nel suo collo.

"Aw guarda che, che teneri", disse Aileen, appoggiandosi alla sua scrivania.

Remus tenne stretta Charlotte. "Ehi," disse piano, senza sapere cos'altro fare.

Quando lei rispose, la sua voce era così calma che lui la sentì a malapena anche se gli parlava direttamente nell'orecchio; "Sei venuto a prendermi?"

Dovette chiudere gli occhi per un momento per l'eccitazione nella sua voce. Non aveva mai voluto mentire a qualcuno così tanto.

"No," disse infine. "Mi dispiace."

Tirò su col naso e lui era preoccupato che stesse per piangere, ma tutto ciò che fece fu annuire contro il suo collo e stringerlo più forte. Con più sforzo di quanto avrebbe voluto ammettere, Remus si alzò in piedi con Charlotte tra le sue braccia, le gambe avvolte intorno alla sua vita.

"Ti è stato dato il permesso di portarla fuori dal parco, ma abbiamo bisogno che i bambini tornino per le sette, quindi ti chiederò di essere consapevole del tempo", spiegò Aileen, guardandoli con affetto. "Oh... ed ecco la sua giacca, ho provato a mettergliela addosso, ma non era così sicura che volesse venire con te. Oserei dire che ha cambiato idea, però."

Sirius allungò una mano e prese la giacchetta rosa, ringraziando Aileen mentre Charlotte sussurrava: "Pensavo potessi essere lui".

Greyback. Intendeva Greyback.

Fanculo.

Non riusciva ad immaginare come poteva essere. Circondato da un gruppo di adulti che non possono mai farti sentire al sicuro perché non ci si può fidare della verità. Remus ricordava di aver avuto paura dopo l'attacco, ricordava le notti trascorse nel letto dei suoi genitori. Ma almeno loro avevano le bacchette. Almeno sapeva che avrebbero combattuto Greyback se l'avessero visto e non l'avrebbero invitato a prendere il tè.

"Non verrà qui vero?" una promessa che Remus si sentì abbastanza sicuro di poter fare ora che era nella cerchia ristretta di Greyback. Greyback non aveva alcun interesse per i bambini a cui si rivolgeva finché non erano abbastanza grandi per combattere con lui.

"Beh," disse Sirius, avvicinandosi, mentre Aileen tornava alla sua scrivania. "Partiamo per quest'avventura?"

Charlotte girò la testa per guardarlo, la guancia ancora premuta sulla spalla di Remus. Riuscì a sentire il momento in cui lo vide, vide il suo sorriso, i suoi occhi danzanti e il suo bel viso. Sirius Black, l'ottava meraviglia del mondo.

"Ciao tesoro", disse. "Dobbiamo metterti il ​​cappotto, va bene?"

Remus non si aspettava che lei parlasse, lo aveva fatto così raramente alla fattoria. Ma poi: "Ho troppo caldo", disse a bassa voce.

"Ah," disse Sirius saggiamente. "Come lo zio Moony, allora." Remus non era sicuro che Sirius avesse ancora capito quanto fosse vero. Non la pensava così, in base alla leggerezza della voce di Sirius.

"Moony?" ripetè Charlotte incuriosita.

"Scusa, è il mio soprannome ."

Ci fu una pausa e poi. "Mi piace Moony."

Il sorriso di Sirius era così luminoso che Remus dovette distogliere lo sguardo.

"Anche a me."

Passarono alcuni secondi prima che Remus riuscisse a ritrovare la sua voce. "Charlotte questo è Sirius, Sirius lei è Charlotte."

Sirius fece un grande inchino drammatico che fece alzare gli occhi a Remus. "Mia signora."

Charlotte lo osservò per un momento prima di voltarsi verso Remus e sussurrargli all'orecchio: "È un principe?"

Remus dovette mordersi l'interno della guancia per trattenere una risata, stabilendo un contatto visivo con Sirius che lo stava guardando interrogativo. "Vuole sapere se sei un principe", spiegò.

"Ah, è per i miei modi incredibili e la mia presenza regale?" rivolse la domanda a Charlotte che ci pensò prima di scuotere la testa.

"Sono i tuoi capelli."

E ora Remus non potè farne a meno, scoppiò a ridere, più forte di quanto non avesse fatto da un po', Sirius si spezzò in una risata non un attimo dopo.

"Va bene, mi piaci, puoi restare," si allungò e le scompigliò i capelli e invece di dirgli di andarsene come sicuramente avrebbe fatto Remus, lei si pavoneggiò.



Remus insistè sul fatto che indossasse la sua giacca, Charlotte emise piccoli sbuffi per tutto il tempo che gliela mise addosso, come se lo stesse assecondando. Sirius fece un lavoro terribile a nascondere le sue risatine.

"Va bene principessa, ti piace andare a cavalluccio?" chiese Sirius una volta che aveva chiuso la cerniera.

"Mi piace, rispose Charlotte con decisione.

"Bene, anche a me." Neanche un secondo dopo Sirius era in ginocchio sul pavimento, aiutando Charlotte a salire sulla schiena.

"Quindi stavo pensando che potremmo andare a pranzo," disse Remus mentre loro tre uscivano fuori dall'edificio. "Ci sono dei bei ristoranti qui intorno e poi forse potremmo, non so, andare in un parco?" Non aveva molta esperienza con i bambini, ricordava a malapena di esserlo stato lui stesso, ma pensava che il cibo e gli spazi aperti fossero una cosa abbastanza sicura su cui puntare.

"Sì, potremmo farlo," disse Sirius, con una voce che fece istantaneamente socchiudere gli occhi a Remus. "Oppure... potremmo portarla nel più grande negozio di dolciumi conosciuto dall'umanità."

Charlotte emise un piccolo strillo eccitato.

"Non la porteremo da Mielandia."

"Perché no?" Charlotte appoggiò il mento sulla sommità della testa di Sirius e Remus si stava sforzando di non pensare a quanto fossero adorabili.

"Sì, perché no?" Sirius imitò il suo tono mentre si fermarono appena dentro i cancelli dell'orfanotrofio.

"È pericoloso."

Sirius inarcò la fronte. "Come esattamente?"

E Remus non aveva esattamente una risposta, solo che il pensiero di portarla così lontano ed esporla a così tanto sembrava pericoloso.

"Appunto" disse Sirius, gli occhi che guardavano in alto come se potesse vedere Charlotte attraverso il suo cranio. "Ti sei mai Smaterializzata prima, piccola?"

"Sirius..."

"Una volta, con la mamma."

Sirius annuì. "Va bene, quindi sai che sarà un po' strano per un po', ma devi solo tenerti stretta e respirare piano. Pensi di poterlo fare?"

Lei annuì con la testa, il mento che gli scompigliava i capelli. "Io sono forte."

"Oh, ne sono sicuro."

"Sirius."

L'altro ragazzo lo guardò, c'era qualcosa di un po' più sincero nella sua espressione rispetto a prima. "Facciamola divertire un po', sì?" sostenne gli occhi di Remus con tutte le intenzioni di qualcuno a cui non era mai stato dato molto divertimento.

E come poteva Remus dire di no a questo?

"Non ci lascerà di vista" disse invece di di dire di sì, Sirius gli offrì una mano che Remus prese con riluttanza. "E la riporteremo prima delle sette."

Sirius annuì. "Croce sul cuore."

Remus gli strinse la mano prima di guardare Charlotte che stava ribollendo per l'eccitazione.

Era qualcosa che non aveva mai visto a Lupercal. Era passato più tempo da quando era stata attaccata, e questo era probabilmente uno dei motivi per cui si era sciolta un po'. Ma non aveva nemmeno dubbi sul fatto che un po' fosse per la magia di Sirius. Che quando ti guarda, ti guarda davvero, ti fa sentire come se tutto fosse possibile se lo vuoi abbastanza.

Un secondo dopo i suoi piedi sbatterono sulla strada appena fuori Hogsmeade. Charlotte emise un piccolo rumore ansante quando si girarono verso la pittoresca cittadina.

"È bellissimo," sussurrò, e Remus non potè fare a meno di guardare Sirius che stava guardando indietro, sorridendo.

"Sì," concordò Remus. "Si lo è."



Se i suoi occhi si spalancarono alla vista della città, quasi le caddero dalla testa quando entrarono da Mielandia. Non appena Sirius la lasciò scivolare con grazia dalla sua schiena e poi sul pavimento, Charlotte gli afferrò istantaneamente la mano. Onestamente, Remus si sentì un po' sopraffatto. Nel momento in cui entrarono nel negozio colorato che odorava come qualcosa di caldo, dolce e sicuro, si rese conto che non era più stato lì da quando aveva lasciato la scuola.

Per un momento il suo cuore balbettò. E quasi immaginò di sentire James ridere, vedere Peter che si precipitava all'impazzata per le cioccorane, di vedere Sirius con quel suo sorriso sbadato, appeso all'angolo della bocca. La cosa peggiore nelle loro vite era il saggio di pozioni che tutti fingevano non dovessero consegnare per il giorno dopo.

Remus emise un respiro tremante.

Dio, gli mancavano.

Gli mancavano così tanto, che alcuni giorni pensava che sarebbe morto.

"Qui ci sono un sacco di dolci", disse Charlotte, riportando Remus al presente.

"Vero," Sirius annuì sobriamente con la testa, "meglio escogitare un piano di gioco," i tre erano ancora in piedi appena accanto alla porta, Charlotte e Sirius che fissavano tutto ciò che si trovava di fronte a loro. "Allora, da dove vuoi iniziare? Cioccolato o caramelle?"

Charlotte sembrò prendere in considerazione la domanda abbastanza seriamente. "Caramelle", decise.

Sirius sorrise. "Scelta brillante."

Finirono per aver bisogno di un carrello per contenere tutto ciò che Charlotte raccolse mentre Sirius faceva un tour piuttosto informativo del negozio. Remus pensò che avesse studiato il catalogo di Mielanda meglio di quanto avesse mai studiato qualsiasi materia ad Hogwarts.

Il tour finì al bancone anteriore dove Charlotte ricevette un campione di quasi tutti i gusti di caramelle immaginabili e Remus era quasi sicuro che avrebbe vomitato prima che la giornata potesse finire. Quando lasciarono il negozio, Charlotte stava praticamente tremando di felicità, corse per strada quando Sirius indicò la loro prossima destinazione: Zonko, ovviamente.

"Fermati all'angolo!" Remus le gridò dietro, scuotendo la testa mentre guardava le borse che Sirius stava tenendo. "Non posso credere che tu abbia comprato tutta questa roba."

"Questo? Per favore. Mi stavo trattenendo".

"E cosa diremo loro esattamente quando la porteremo a casa carica di dolci?"

"Pfft, non parleremo loro dei dolci. Poi faranno qualcosa di stupido tipo che non può averli prima di cena o che non può darli a nessuno! Dio non voglia".

Remus si morse l'interno della guancia per non sorridere. "Sei un'influenza terribile."

"Aw, qualcuno si sente scontroso?" Sirius fece una faccia imbronciata. "Ecco, prendi una penna di zucchero, quelle ti mettevano sempre di buon umore a scuola."

Remus non potè fare a meno di ridere ora, dando una bella spinta a Sirius. "Sei proprio come..." ovviamente fu in quel momento che Charlotte decise di tornare indietro verso di loro. "Come un idiota assoluto."

Sirius sorrise, fin troppo compiaciuto. "Ben detto."



 Zonko era caotico come Remus ricordava. Ovunque c'erano rumori e flash e cose che scomparivano in sbuffi di fumo. Non aveva nulla della "carineria" di Mielandia. Zonko era molto più un posto da "difendi te stesso", in cui ovviamente James e Sirius avevano sempre prosperato. 

Fortunatamente non c'erano molte persone quel giorno, il che riduceva l'impulso che Remus di solito sentiva di andare via il più velocemente possibile. Quello era particolarmente positivo poiché Sirius sembrava intenzionato a prendersi il suo tempo.

"Cosa sono questi?" Charlotte prese un disco piatto viola.

"Ah, hai buon gusto," Sirius si chinò, prendendolo delicatamente dalla sua mano. "Queste sono ali", con il tocco del pollice un paio di ali da folletto delle dimensioni di un bambino spuntarono da entrambi i lati del disco, ondeggiando lentamente nell'aria.

Charlotte sussultò, i suoi occhi si spalancarono mentre li fissava. "Si possono indossare?"

"Assolutamente! Questo piccoletto ti va in mezzo alla schiena e poi bam! Stai fluttuando... come dice..." controllò due volte la confezione. "A dici centimetri da terra!"

"Volerò!" La voce di Charlotte era salita di diverse ottave.

Sirius sorrise. "In un certo senso."

Charlotte si girò, mostrandogli la schiena. "Mettilo su! Mettilo su! Mettilo su!"

"Va bene, piccoletta" si allungò in avanti quando all'improvviso lei si girò all'indietro, quasi facendolo cadere.

"Aspetta, non sulla giacca! Sulla maglietta!" iniziò ad armeggiare con la cerniera.

"Woah, ehi, fa troppo freddo. Perché non puoi mettere le ali sulla giacca?" chiese Remus, anche se aveva già fatto la cosa a metà.

"Le fate non indossano giacche", disse, come se fosse un fatto noto. Remus resistette all'impulso di dirle che quelle non erano ali fatate.

Sirius l'aiutò a sfilarsi la giacca e quando Remus lo guardò torvo lui fece spallucce. "Aw, andiamo Rem, le farò un incantesimo riscaldante. Le fate non indossano lecgiacche, rovineranno l'intera estetica".

Remus alzò gli occhi al cielo, "Va bene".

Sirius si girò verso Charlotte che stava rimbalzando impaziente sulla punta dei piedi, aspettando le sue ali. Si bloccò quasi non appena vide Sirius che lo stava guardando, il sorriso che scivolava via dal suo viso. Remus si fece immediatamente avanti, non capendo cosa fosse successo finché non vide che nella colluttazione per togliersi la giacca la camicia di Charlotte era stata strappata via dal suo collo. E lì, sulla pelle della sua spalla, c'era una cicatrice raggrinzita.

Denti.

Sirius si girò verso di lui, una domanda nei suoi occhi a cui Remus non riusciva a rispondere ad alta voce, quindi si limitò ad annuire.

"Sono accese?" chiese Charlotte, cercando di guardarli indietro. Per un momento Remus fu preoccupato di sapere che qualcosa non andasse, ma Sirius non era altro che un artista.

"Solo un secondo," disse, con l'espressione cancellata mentre premeva il cerchio tra le sue scapole. "Ecco fatto. Ora devi solo agitare le braccia, solo un po', e le ali sbatteranno."

Lo fece, strillando e ridacchiando quando i suoi piedi iniziarono a sollevarsi da terra.

"Sto volando! Sto volando!"

Stava a malapena in bilico in realtà, le dita dei piedi erano appena in aria mentre oscillava, muovendo le braccia come se stesse nuotando.

Sirius si raddrizzò, in piedi accanto a Remus. "Penso che dovremmo prenderle una scopa."

"Non osare!"

Sirius ride soltanto.

"Ehi!" Charlotte fece una specie di gattonata in avanti verso di loro.

"Se abbassi le braccia riprenderai a camminare," disse Sirius divertito. Charlotte in modo molto evidente non abbassò le braccia.

"Ne hai bisogno anche tu!" disse, guardandolo.

"Ho bisogno delle ali, vuoi dire?"

Lei annuì vigorosamente con la testa.

"Sai una cosa," Sirius tirò fuori il suo stesso disco viola. "Penso tu abbia ragione."

Non c'erano parole per descrivere il modo in cui il cuore di Remus si gonfiò, quando cinque minuti dopo uscirono dal negozio con Sirius e Charlotte che si tenevano per mano e sfoggiavano ali da folletto abbinate. Avrebbe voluto avere una macchina fotografica, James sarebbe morto.

Trovarono una panchina su cui sedersi, Charlotte che fluttuvaa in piccoli cerchi davanti a loro, intrattenuta all'infinito dal suo nuovo giocattolo. Remus si appoggiò al fianco di Sirius.

"Sei carino con lei."

Sirius sbuffò. "Aiuta che abbiamo mentalmente la stessa età."

Ma Remus scosse la testa. "No, dico sul serio. Non l'avevo mai vista sorridere così tanto prima. Non l'ho mai sentita ridere. È... sei bravo a farlo."

Sirius lo guardò, la fronte alzata. "Fare cosa?"

"Bambini."

Sirius tacque per un momento, un lungo momento, almeno per lui. Guardò Charlotte svolazzare intorno, i suoi occhi distanti. "Credo di... sapere solo di cosa avevo bisogno. Quello che volevo. Quando ero un bambino."

Era ancora strano dirlo. 'Bambini' erano una cosa che adesso potevano avere, non che potevano essere. Una persona trascorre così tanto della sua giovinezza cercando di convincere tutti che è cresciuto, ma nel momento in cui il mondo si gira e dice "tu, sei un adulto, sei responsabile" non puoi fare a meno di sentire che è stato commesso un terribile errore.

Perché per Remus, Sirius era ancora un bambino.

A volte era ancora intrappolato in quella casa.

Si sentì tirare la manica e sussultò quando si resea conto che Charlotte era proprio accanto a lui, con i piedi ben saldi per terra per la prima volta da quando le ali si erano mosse.

"Ciao, tutto bene?" le chiese, piegandosi leggermente.

Si morse il labbro inferiore. "Voglio..." guardò Sirius e poi di nuovo Remus, abbassando la voce. "Voglio vedere il tuo lupo."

Remus sbattè le palpebre. Non se l'aspettava, forse avrebbe dovuto, ma...

"Non ne vedo più nemmeno uno", continuò. "Mi mancano."

Anche con tutto il tempo trascorso con Gabe di recente, gli sembrava ancora così estraneo, questo affetto per il lupo. Remus non aveva mai provato altro che vergogna e paura. Non lo voleva anche per Charlotte.

"Rem?" disse Sirius, riportando l'attenzione di Remus su di lui. "Cosa ha chiesto?"

Aprì la bocca e poi la chiuse, non sicuro di poterlo spiegare. Per fortuna, venne salvato da Charlotte che gli tirò di nuovo la manica. Questa volta non si fermò finché non si fu piegato abbastanza in basso da potergli sussurrare all'orecchio.

"Lui è come noi?"

Remus non sapeva perché quella frase gli fece venire il fiato corto. Forse perché era la sua più grande paura. Riusciva a sentire la voce morta di Regulus Black nella sua testa: non l'hai ancora morso allora?

"No," riuscì finalmente a dire Remus, la voce un po' tesa. "Ma lui... lui lo sa."

Riguardò Sirius prima di annuire. "Quindi puoi mostrarmelo allora?"

Merlino, davvero? L'aveva fatto alcune volte da quando a Lupercal si era trasformato da solo o, beh, di sua spontanea volontà. Gabe era sempre stato lì. A volte Gabe aveva brutte giornate e aveva solo bisogno di... scappare. Inizialmente Remus aveva suggerito di fargli vedere Charlotte ma Silente aveva negato quella richiesta. Aveva paura che Gabe avrebbe potuto elaborare la relazione tra Remus e Silente e dirlo a Greyback.

"Remus?" quello era di nuovo Sirius, che lo guardò implorante, aspettandosi una sorta di spiegazione che Remus non era sicuro di potergli dare.

Alla fine, dopo che i suoi occhi avevano fatto un giro dell'area circostante, assicurandosi che nessuno fosse abbastanza vicino da sentire, Remus riuscì a parlare. "Vuole vedere il mio lupo."

Le sopracciglia di Sirius si unirono, gli occhi rimbalzarono tra loro, cercando chiaramente di capire se si trattasse di una specie di gioco. "Ma... non siamo nemmeno vicini alla luna piena"

"Perché dovrebbe importare?" Charlotte rispose prima che Remus ne avesse la possibilità.

"Io-" Sirius fece una risata tremante, passandosi una mano tra i capelli. "Scusa, mi sono perso. Di cosa stiamo parlando?"

Remus non pensava che quello fosse il posto per spiegare. Prima che potesse indovinare, si alzò in piedi e offrì la mano a Charlotte. I suoi occhi si illuminarono.

"Sì?"

Lui annuì. Breve.

Era nervoso. In parte perché era pericoloso e in parte perché Sirius era lì. Lo stava guardando. Ma non voleva che tutto il duro lavoro di Mia andasse perso. Non voleva che Charlotte vedesse una cella al Ministero ogni volta che pensava a quella parte di se stessa.

"Moons" disse Sirius, mettendosi al passo con loro mentre si dirigevano fuori città e verso la scuola. "Di cosa sta parlando?"

Le sue mani tremarono e sentì Charlotte stringere quella che stava tenendo. Era confortato da una bambina di cinque anni. Quasi rise.

"Te lo mostro," disse infine Remus.

Sirius lo scrutò ancora per un minuto prima di annuire. "Bene."

In realtà non stavano andando a scuola. Svoltarono invece verso il bosco che partiva dal fondo del villaggio e si estendeva ben oltre. Non avrebbe portato Charlotte alla Stamberga Strillante. Non credeva che fosse meglio di una cella al Ministero. Sapeva che la foresta non era generalmente considerata un luogo sicuro, ma non era mai stato in grado di vedere la sinistralità che vedevano tutti gli altri. Alcuni dei momenti più felici della sua vita erano accaduti tra quegli alberi.

Tuttavia, mantenne una presa salda sulla mano di Charlotte, anche quando lei cercò di scappare. Anche se non avesse avuto paura della foresta come le altre persone, ciò non significava che l'avrebbe consegnata ad una bambina disarmata di cinque anni che indossava le ali di folletto.

Per tutto il tempo in cui camminarono, Sirius gli sparò uno sguardo nervoso con la coda dell'occhio. Nonostante amasse farlo alle altre persone, a Sirius non erano mai piaciute molto le sorprese.

"Okay, qui dovrebbe andare bene," disse Remus mentre arrivarono in una piccola radura, abbastanza lontano nella foresta così che nessuno dall'esterno potesse vederli.

"Bene per cosa?" chiese Sirius mentre Remus si toglieva il cappotto e il maglione e li piegava con cura sopra un ceppo d'albero vicino.

"Lupo! Lupo! Lupo!" Charlotte battè le mani, fluttuando di nuovo ora che Remus non la stava più ancorando.

Sirius non si preoccupò di rispondere, gli occhi fissi su Remus che era un po' preoccupato di non vomitare. Invece si fece avanti, e prima che Sirius potesse fare un'altra domanda premette un rapido bacio sulle labbra.

"Non aver paura, va bene?" disse piano quando si allontanò, gli occhi di Sirius cercarono disperatamente i suoi, probabilmente non trovarono nulla di utile.

Remus fece un passo indietro, assicurandosi che ci fosse una buona quantità di spazio tra lui e gli altri. Notò che Sirius si avvicinò a Charlotte e cercò di non prenderlo sul personale. Espirando, chiuse gli occhi. Era migliorato in questo, le ultime volte le barriere intorno a lui cadevano un po' più facilmente. Eppure era più nervoso questa volta, e stava rendendo più difficile concentrarsi.

"Rem-"

"Shhh!" Charlotte lo mise a tacere e Remus dovette mordersi il labbro per trattenere una risata.

Va bene, si disse.

È Sirius.

È solo Sirius.

Espirò di nuovo, cercando l'ululato, quello che scorreva sotto i suoi pensieri. Il suo polso. Sempre lì. Costante. Cercò di ricordare a se stesso che non faceva paura. Che era solo una parte di lui, come ogni altra parte. E poi lo tirò avanti. Fu rumoroso. Forte come voleva essere.

Per un attimo tutto scomparve.

E poi si riformò ed era più luminoso, più dolce e più reale.

"Porca troia."

Sbattè le palpebre e aprì gli occhi e vide il viso raggiante di Charlotte, lei corse verso di lui, Sirius la afferrò.

Era spaventato.

Paura.

E' spaventato da me.

"Charlotte non..."

Moony si abbassò all'istante, abbassando la testa, cercando di dimostrare che non era una minaccia.

Entrambi avevano un odore così familiare.

Soprattutto Sirius.

Branco, pensò.

Branco.

Branco.

Branco.

Charlotte si grattò dietro le orecchie, facendo sbattere la gamba posteriore in segno di apprezzamento per terra.

"Sei così carino", tubò, e a lui piaceva, quindi la leccò - con la bava che le coprì metà del viso -  e la vide ridere.

"Sirius vieni... vieni ad accarezzarlo!"

Moony si rivolse a Sirius.

Sirius che non si mosse.

E non lo accarezzò.

Scontento di questo, si alzò, attento a non far cadere Charlotte mentre camminava verso Sirius.

 Solo allora si rese conto che c'erano delle lacrime negli occhi di Sirius. I suoi begli occhi.

Bellissimo.

Bellissimo.

Bellissimo.

Lamenti lunari, fu un rumore disperatamente triste.

Non voleva che Sirius piangesse.

Non voleva che Sirius piangesse mai.

"Scusa... Merlino... scusa, è solo che" si asciugò il viso, la voce un po' tremante. "Non ti ho mai visto... non ti ho mai visto così... così felice. Non ho mai visto il tuo aspetto da lupo...sei solo... Dio, Remus, non so come spiegarlo. Non sapevo potesse essere così".

Moony annuì, anche se non era sicuro che Sirius lo capisse, e voleba tenerlo stretto. Per proteggerlo. Per affondargli i denti e non lasciarlo mai andare.

Invece si fece avanti, battendo il naso al centro del petto di Sirius, facendo ridere Sirius. Poteva sentire il suo cuore.

bum.

bum.

bum.

"Ehi, ciao," disse Sirius dolcemente, accarezzandolo e poi sporgendosi in avanti e premendo diversi baci leggeri sulla sua testa. Nessuno aveva mai baciato il suo lupo prima. Qualcosa di simile ad un ronzio sembrò crescergli nel petto.

Sirius ridacchiò. "Ti piace eh?" lo baciò ancora un paio di volte, prima di allontanarsi, limitandosi a fissarlo. Moony ricambiò lo sguardo, senza provare l'imbarazzo che avrebbe avuto normalmente.

Mio, pensò.

Lui è mio.

il mio.

il mio.

"AHWOO!"

Sia Sirius che Moony si girarono di scatto al rumore, trovando la piccola Charlotte, che fluttuava nel centro della radura... ululando. Guardò Moony e sorrise.

"AHWOO!"

Un secondo dopo si unì a lei, la testa inclinata all'indietro verso il cielo, la voce strappata come se volesse disperatamente essere libero.

"Andiamo Sirius," disse Charlotte dopo qualche secondo. "Devi cantare anche tu."

Moony si girò di nuovo verso di lui, preoccupato che avrebbe rifiutato, non sono sicuro del perché fosse ​​così importante che lo facesse. Ci fu un momento di pausa prima che gli occhi di Sirius trovassero i suoi. E poi urlò. Il rumore attraversò Moony come una corrente elettrica. Il suono gli vibravò nel petto.

I tre cantarono.

Rumorosi, orgogliosi e senza paura.Branco.

Branco.

Branco.



Remus fu in grado di rattoppare i suoi vestiti con la magia. Aveva ancora un aspetto ruvido, ma una volta che aveva indossato il maglione e il cappotto non era poi così male. Quando emerse dagli alberi dietro cui si era nascosto per rendersi decente, scoprì che Charlotte non indossava più le ali e sfoggiava invece uno zainetto verde che Sirius stava appena chiudendo con la zip.

Quando Sirius lo guardò, Remus inarcò la fronte; "Ci hai messo un incantesimo di estensione?"perché non c'era modo che tutte le cose che avevano comprato potessero stare lì dentro da sole.

Sirius annuì, tornando in piedi. "E metterò un incantesimo di disillusione prima di tornare all'orfanotrofio, in questo modo non ci saranno domande imbarazzanti".

"E potrò tenermi tutti i miei dolci!" aggiunse Carlotta.

Sirius la guardò con affetto. "Esattamente," lui tese la mano e lei gli diede il cinque senza un attimo di esitazione.

Remus sospirò. "Cattiva influenza."

I loro occhi si incontrarono.

"Così pare" e poi qualcosa cambiò nello sguardo di Sirius e lui si fece avanti, avvolgendo Remus tra le sue braccia. Fu uno di quei tipi di abbracci che poteva sentire nelle ossa. Sirius infilò la faccia nell'incavo del collo di Remus.

"Ehi," disse Remus piano.

"Ehi," rispose Sirius. Poi: "Grazie... per avermelo mostrato."

Questo fece tremare il cuore di Remus, e per un momento dovette chiudere gli occhi solo per alleviare uno dei suoi sensi. Girò la testa, baciando la tempia di Sirius. Se avesse potuto, sarebbe rimasto lì per sempre. In quella foresta. Tra quelle braccia. Ma purtroppo il mondo non era scomparso. E c'era una bambina dall'aspetto piuttosto assonnato che li aspettava.

Remus diede a Sirius un'ultima bella stretta prima di ritirarsi. "Probabilmente dovremmo portarla a casa", fece un cenno a Charlotte che sceglse quel momento per sbadigliare.

Sirius annuì, anche se sembrava profondamente infelice per questo. "Va bene, piccola peste", disse mentre si avvicinava a lei, inginocchiandosi e offrendo la schiena. "Tutti a bordo."



Quando riuscirono a superare la passerella dell'orfanotrofio, Charlotte riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti.

"Sembra che qualcuno abbia passato una giornata divertente", disse Aileen quando varcarono la porta e Sirius allontanò Charlotte da lui con cautela. Gli abbracciò le gambe assonnata prima di passare a Remus, di cui tirò il maglione finché lui non abbassò l'orecchio per lei.

"Tornerai?" sussurrò, facendo stringere il cuore di Remus.

"Sì", si schiarì la voce, "naturalmente".

Charlotte annuì molto concreta, e poi: "Porta anche Gabe".

"Okay piccola signorina, i tuoi zii devono andare ora, è ora di salutare."

E Remus voleva disperatamente afferrare Charlotte e portarla fuori di lì. Voleva disperatamente riportarla a Lupercal. Per darle la bella vita che avrebbe dovuto avere. Ma non potè fare nulla di tutto ciò, quindi invece la abbracciò un'ultima volta.

"Ci proverò," sussurrò prima che lei si allontanasse, salutando Sirius mentre andava via.



Non parlarono per un po'. Uscirono dall'edificio e scesero in silenzio verso la strada.

"Allora," disse Sirius alla fine, il sole che tramontava sopra le loro teste. "Quel morso..."

"Greyback," Remus non era sicuro di voler sapere come Sirius avrebbe finito quella domanda.

 "O uno dei suoi seguaci", il suo stomaco si contorse al pensiero che in quel momento questo includeva lui.

"Bastardo," sibilò Sirius, le mani nelle tasche della giacca. "Giuro su Dio che un giorno lo ucciderò."

Remus sbuffò anche se sapeva che Sirius non stava scherzando, il che significava che non c'era niente di minimamente divertente in questo. "Mi unisco a te."

Ora era Sirius a ridere. "Abbiamo una nuova divertente idea per un appuntamento."

"Gesù Cristo", ma Remus sorrideva suo malgrado.

"L'omicidio è la chiave per una relazione sana".

"Sono piuttosto sicuro che fosse la comunicazione."

"Sono piuttosto sicuro che devi comunicare con il partenr per uccidere qualcuno insieme."

E ora ridevano entrambi, perché erano persone terribili, perché erano bambini, perché cos'altro potevano fare? Quando il mondo era brutto e crudele, cos'altro potevano fare se non ridere?

Di solito non erano particolarmente affettuosi in pubblico, per molte ragioni, ma quando presero posto sull'autobus Remus non riuscì a combattere l'impulso di appoggiarsi a Sirius, agitando la sua bacchetta e lanciando un incantesimo di disillusione su di loro. Sirius alzò il sopracciglio ma continuò ad infilare un braccio intorno alla vita di Remus, tirandolo più vicino.

"Ci hai mai pensato?" chiese Remus dopo qualche minuto. "Ad avere figli?"

Sirius sbuffò. "Vuoi averedei bambini con me Moony?"

Remus rise, girando la faccia e seppellendola nel collo di Sirius. Si aspettava che quella fosse la fine della conversazione, ma pochi minuti dopo Sirius disse:

"Non possiamo ora, perché tutto è... beh... un casino", Remus si chiese se stesse parlando di loro due in particolare o della guerra in generale. Francamente, aveva troppa paura per chiedere.

 "Ma più tardi, quando le cose saranno sistemate, e saranno più sicure, potremo tirarla fuori di lì."

A Remus gli ci volle un tempo pateticamente lungo per capire cosa stesse dicendo Sirius, e quando lo fece si tirò indietro, fissando l'altro ragazzo. "Charlotte?" disse. "Vuoi adottare Charlotte?"

"Beh, non possiamo lasciarla lì. Inoltre, il moccioso di James e Lily avrà bisogno di qualcuno che lo tenga in riga, sai che quel ragazzo sarà un vero terrore," sorrise Sirius.

Ma Remus stava ancora lottando per elaborare tutto questo. "Ma lei... è difficile, quando sei giovane, il suo essere... quello che è... sarebbe difficile. Non preferiresti..." un bambino che non è già rotto, non popteva dirlo, non intendeva nemmeno quello. Almeno non per Charlotte. Ma era la scelta che avrebbe voluto fare suo padre. Forse anche sua madre.

"Penso che possiamo gestirlo, no?"

E prima che Remus potesse trattenersi, lo stava baciando, "Ti amo", disse quando si separarono, fissando Sirius negli occhi.

E qualunque cosa ci fosse stata quella mattina, qualunque tristezza, qualunque esitazione, qualunque dubbio—Remus non lo vide più.

"Ti amo anch'io"

Okumaya devam et

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