Cinquanta sfumature di un'amn...

By Andromaca27

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I primi capitoli di questo racconto sono la traduzione, abbastanza fedele ma non letterale, di una ff in ingl... More

Capitolo primo
Capitolo secondo
Capitolo terzo
Capitolo quarto
Capitolo quinto
Capitolo sesto
Capitolo settimo
Capitolo ottavo
Capitolo nono
Capitolo decimo
Capitolo undicesimo
Capitolo dodicesimo
Capitolo tredicesimo
Capitolo quattordicesimo
Capitolo quindicesimo
Capitolo diciassettesimo
Capitolo diciottesimo
Capitolo diciannovesimo
Capitolo ventesimo
Capitolo ventunesimo
Capitolo ventiduesimo
Capitolo ventitreesimo
Capitolo ventiquattresimo
Capitolo venticinquesimo
Capitolo ventiseiesimo
Capitolo ventisettesimo
Capitolo ventottesimo
Capitolo ventinovesimo
Capitolo trentesimo
Capitolo trentunesimo
Capitolo trentaduesimo
Capitolo trentatreesimo
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50

Capitolo sedicesimo

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By Andromaca27

Quando ritorno in me, siamo avvinghiati e per un po' restiamo in silenzio, completamente appagati, occhi negli occhi, una profonda intimità. Non ho mai visto un'espressione d'amore così incantata come quella di Christian quando mi dice: «Ti amo, Ana. Io. Ti. Amo.»

Mi irrigidisco, mentre sento il mio cuore sciogliersi, ma non so cosa rispondere ad una dichiarazione d'amore tanto carica di pathos. Lo guardo con estrema dolcezza e gli accarezzo il volto, poi lo bacio teneramente e a lungo. È il mio modo per dirgli che io ci tengo a lui, che sto bene insieme a lui. Torna il silenzio, un silenzio senza imbarazzo che dura parecchi minuti.

«Non vuoi dormire?» Mi chiede. Io non ho sonno e penso che potremmo...

«Ti piacerebbe raccontarmi qualcos'altro di noi? Qualcosa che abbiamo fatto prima di sposarci o dopo?» Si rabbuia un po'.

Oh, no! È proprio quello che temevo!

«Vuoi che ti parli di qualcosa in particolare?»

«Quello che vuoi tu.» Gli sorrido per rassicurarlo e lui ricambia il mio sorriso, mentre intreccia le sue dita con le mie.

«Vuoi che ti racconti della prima volta che abbiamo fatto l'amore?»

«Forse vuoi dire la prima volta che abbiamo fottuto?» Gli chiedo con un sorriso, ricordandomi la nostra conversazione di qualche giorno fa.

«La sostanza non cambia.» Mi dice con tono di rimprovero, ma trattenendo un sorriso. «Allora, ti va di sapere come è andata?»

«Mi va più che bene. Come abbiamo fatto? Dove eravamo?»

«Eravamo in questa stanza. Io ero sconvolto, anzi no, ero fuori di me per aver scoperto che eri vergine. Ma avevo un tale desiderio di averti che ti ho pregato di fare l'amore insieme... evidentemente anche tu mi desideravi perché non ti sei fatta pregare a lungo.»

«Come mi sono comportata?»

«Sei stata perfetta, come sempre. Ero estasiato per come rispondevi alle mie carezze e ai miei baci, così sensibile, così ricettiva. Hai avuto... ti ho dato il primo orgasmo solo riservando delle attenzioni al tuo seno, accarezzandolo, baciandolo, mordicchiando i capezzoli.»

Io allargo gli occhi, quasi scioccata, Christian se ne accorge e mi dice: «Sì, proprio così. Se solo tu volessi... non hai che da chiedere.»

Dio! Mi figuro nella mente quella scena e sento già i miei capezzoli indurirsi. Sospiro sonoramente e Christian sorride soddisfatto e beffardo perché ha capito l'effetto che hanno suscitato in me le sue parole.

«Ci penserò.» Dico con il cuore in gola.

 Poi prosegue.

«Temevo che, essendo per te la prima volta, non sarebbe stato facile farti godere con la penetrazione, ma tu mi hai stupito come sempre. Dopo i pochi istanti in cui sembrava che provassi dolore, hai cominciato ad inarcare la schiena venendo incontro ad ogni mia spinta fino ad un orgasmo spettacolare.»

«Mi è piaciuto anche allora?»

«Anche?» Mi chiede con l'espressione del gatto che ha appena mangiato il canarino. Io rispondo con una smorfia.

«Sì, ti è piaciuto anche allora. Lo sai cosa mi hai risposto quando te l'ho chiesto?»

«Cosa?» Ho quasi paura di scoprire qualcosa di me che neanche conosco.

«Che avresti voluto farlo di nuovo. Subito.» Spalanco la bocca, incredula. Christian mi osserva, divertito.

«E tu?»

«E io... ti ho accontentata. Ti ho regalato un altro orgasmo che ti ha sfinita. Ti sei addormentata di colpo.» I suoi occhi sono cupi, pieni di desiderio, mi sembra. Tutto questo parlare di sesso mi ha fatto eccitare e penso che abbia fatto lo stesso effetto anche su Christian. Lo vedo: sta aspettando che io gli chieda di fare l'amore di nuovo.

«L'altra volta mi hai detto che facciamo l'amore tre o quattro volte al giorno, ma non è impegnativo per me e soprattutto per te? Be', insomma... ci vuole molta resistenza fisica.» Arrossisco, lo so perché sento le mie guance in fiamme. Lui mi accarezza con le nocche le gote, percorrendo il rossore. Il suo sorriso malizioso.

«Sì, ma io mi tengo in allenamento e anche tu.»

«Anch'io? Io che non ho mai fatto ginnastica in vita mia, se non quella che dovevo per forza seguire a scuola?»

«Proprio tu. Ti segue Claude Bastille, il mio personal trainer.»

«Avevo immaginato che tu facessi attività fisica regolare.» Dico lanciando un'occhiata furtiva ai suoi pettorali e agli addominali che si intravedono.

«Lo avevi immaginato?» Mi chiede alzando un sopracciglio.

Io annuisco e lui: «E che cosa te lo ha fatto immaginare?»

Che bastardo, lo sta facendo apposta! Vuole mettermi in imbarazzo. Si è accorto del mio sguardo di ammirazione per il suo fisico e vuole che io ammetta che mi piace.

«Be', i tuoi muscoli sono ben delineati, sodi, non hai un filo di grasso...» E intanto con la punta delle dita seguo la linea dal centro dello sterno fino all'ombelico, poi accarezzo lievemente gli addominali, una parete d'acciaio. I suoi occhi sembrano appesantirsi. È eccitato, lo so. Do un'occhiata in basso: il suo pene si è ingrossato e mi fa venire strani pensieri. La voglia di toccarlo, baciarlo, percorrerlo con la lingua, prenderlo in bocca.

Merda! Non riesco a credere di aver pensato una cosa simile! Davvero non sono più io!

«Ti piace quello che vedi, Mrs. Grey?»

«Molto.» Arrossisco di nuovo.

«E che vorresti fare?»

Dio! Quanto è imbarazzante!

La temperatura sulle mia guance aumenta ancora.

«Non ti vergognare di ciò che desideri, Ana.» Come sempre mi legge nel pensiero e io mi abbandono ad un sospiro rassegnato.

Ok, basta. Dopotutto è mio marito!

Mi avvicino a lui, lo abbraccio e poso le mie labbra sulle sue, adesso il suo sesso caldo e duro preme sul mio inguine e io mi struscio su di lui, trasmettendogli un messaggio inequivocabile. Incoraggiato da quei gesti, Christian mi circonda con le braccia e risponde al bacio con una passione che mi travolge. Poi mi fa mettere supina e si posiziona sopra di me. Segna una scia di baci dall'orecchio fino alla base del collo, poi fino al seno. E comincia la sua dolce, eccitante tortura. Lo so cosa vuole fare, vuole farmi venire solo stuzzicando i miei capezzoli, come quella prima volta.

Oh Dio, sì... sì... sì...

Al mio risveglio la luce del giorno pervade la stanza e Christian è accanto a me, ma anche attorno a me, sotto di me e sopra di me: mi circonda con le braccia, le sue gambe sono attorcigliate alle mie. Mentre dorme, il suo viso è più dolce e appare più giovane, senza quel cipiglio serio e tormentato che lo oscura un po'. Ripensando alla notte appena trascorsa, sono attraversata da un tenue senso di gioia. Abbiamo fatto l'amore ed è stato bellissimo, l'esperienza più intensa che io abbia vissuto, almeno per quello che ricordo. Lui è stato dolce e premuroso; ogni suo atto è un atto d'amore nei miei confronti. Quando mi accarezza o mi bacia, lo fa con una tale riverenza che sembra essere in adorazione di me. Di me. Io non capisco: lui è bello, ricchissimo, molto intelligente, forse geniale, ma è anche un uomo dall'animo nobile, lo vedo, eppure vuole me. Me. Gli basterebbe schioccare le dita e qualunque donna cadrebbe ai suoi piedi, anche donne splendide e sofisticate dell'alta società farebbero carte false per lui. Che cosa c'è in me che mi rende così importante ai suoi occhi? E se un bel giorno una di quelle donne riuscisse ad attirare la sua attenzione, che ne sarebbe di me? E di questo bambino? Forse ho fatto un grosso errore a fare l'amore con lui, adesso sarà tutto più difficile. Il mio cuore e il mio istinto mi dicono di fidarmi di lui, del suo amore. In effetti, mi sento al sicuro con lui e so che sa prendersi cura di me, anche se sono sicura che c'è qualcosa che lo tormenta e non può essere soltanto la mia amnesia, c'è qualcosa nella sua mente, in fondo ai suoi pensieri e certe volte lo intravedo nel suo sguardo. Vorrei chiedergli a cosa sono dovute quelle cicatrici che ha sul petto e sulla schiena anche perché penso che ne abbia altre dentro di lui ancora sanguinanti. Finora non ho voluto toccare l'argomento, ma adesso sento il bisogno di sapere, dopotutto io, facendo l'amore con lui, gli ho dato la più grande dimostrazione di fiducia che potessi concedergli. Si sta muovendo, mi immobilizzo, non vorrei averlo disturbato con qualche mio movimento. Apre gli occhi, li richiude, li riapre ed è la cosa più bella che abbia mai visto. Assonnato, con un lieve broncio che gli increspa le labbra, i capelli scompigliati, quegli occhi grigi. Sono talmente affascinata che mi rendo conto a malapena che gli sto sorridendo.

«Buongiorno.» Ricambia il mio sorriso e mi stringe un po' di più nel suo abbraccio.

«Buongiorno.» Continuo a sorridere, forse dovrei smettere per non sembrare una deficiente, ma non ci riesco.

«Quando ti sei svegliata?»

«Pochi minuti fa.»

«E cosa hai fatto finora?»

«Niente.» Rispondo.

«Non ti credo. Hai l'aria di una che è stata sorpresa a rubare la marmellata.» Le sue labbra piegate nel ghigno soddisfatto di chi la sa lunga.

«Uffa! È snervante che tu riesca a capire sempre ciò che penso!»

«E anche ciò che senti. Ma anche tu mi fai sentire esposto quando mi scruti con quegli occhioni azzurri.»

«Davvero?» Aggrotto un po' la fronte e lui annuisce.

«Allora?»

«Allora, cosa?»

«Ana, Ana, non fare finta di non capire. Cosa hai fatto mentre io dormivo?»

«Ti ho guardato...»

«E ti è piaciuto quello che hai visto?»

«Perché me lo chiedi? Tanto lo sai.»

«Però è bello sentirselo dire da te.»

«Sarai abituato ai complimenti e agli sguardi adoranti delle donne...»

«Non mi importa delle altre donne, solo di te.» A queste parole sento un tuffo al cuore e d'impulso porto la mia mano alla sua guancia e la sfioro, giocherellando con la basetta.

«Sì, mi piace molto quello che vedo, sempre. Ma è difficile vederti così rilassato e con i lineamenti del volto così distesi, mentre sei sveglio.» Chiude gli occhi e appoggia il viso al mio palmo, come per assaporare fino in fondo il mio tocco. Provo una grande tenerezza per lui, in questo istante. Anche se fa il duro, anche lui ha bisogno di qualcuno che se ne prenda cura.

«Christian?» Riapre gli occhi ed ho tutta la sua attenzione.

«Vorrei chiederti una cosa, ma se non ti va di parlarne, io capirò.»

La sua espressione è perplessa, un po' timorosa, non sa cosa ho in mente.

«Ti amo così tanto... Sei qui accanto a me nel nostro letto, benché tu sia ancora dolorante per quello che ti è successo e non ricordi niente di noi, e ti preoccupi per me. Farei qualunque cosa per te. Chiedimi ciò che vuoi.»

«Quelle cicatrici...»

No! Non voglio riportare a galla un ricordo troppo doloroso. Mi blocco perché vedo che sono bastate quelle due parole per oscurare il suo sguardo. Devo dirgli che non importa, che non voglio sapere, ma appena apro la bocca, lui mi posa l'indice sulle labbra.

«Risalgono agli anni della mia prima infanzia...»

«A prima che tu fossi adottato?»

Annuisce e, come se si fosse aperta una diga, comincia a raccontare: della madre naturale, del suo protettore ubriacone e violento che spegneva le sigarette su di lui, fino all'età di quattro anni, della debolezza della madre, della fame che pativa, del suicidio della madre, del ritrovamento da parte della polizia, dell'adozione, dell'amore dei suoi nuovi genitori, dell'afasia fino ai sei anni. Man mano che va avanti io comincio a crearmi nella mente l'immagine di un bambino piccolo, con lo sguardo impaurito, malnutrito, maltrattato e solo. Merda! Non devo piangere!

Silenziose lacrime scendono sul mio viso, ho provato a trattenerle, temendo che Christian smettesse di parlare, ma non ce l'ho fatta.

Come si può essere così crudeli con un bambino così piccolo?

«No, Ana, non piangere. Ti prego, non piangere per me. Io sono abbastanza cattivo per poterlo sopportare.» Intanto appoggia le sue mani ai lati della mia faccia e asciuga le lacrime con i pollici, poi mi bacia gli occhi, gli zigomi, il mento, la bocca.

«Perdonami, Christian. Non avrei voluto farti rivivere un ricordo tanto doloroso.» Dico singhiozzando.

«Io voglio che tu sappia. E poi, quei fatti sono sempre ben presenti nella mia memoria che io ne parli o no.»

«Mi dispiace così tanto.»

«Fino a pochi mesi fa non sopportavo neanche di essere toccato. Per ventiquattro anni nessuno ha potuto toccarmi la schiena e il torace, nessuno, neanche mia madre o mio padre, neanche per un abbraccio o per accudirmi. Sin da piccolo ho imparato a lavarmi e a vestirmi sempre da solo. Vedevo Elliot felice quando i miei lo vezzeggiavano, gli facevano il solletico, lo prendevano in braccio e avrei tanto voluto lasciarmi fare tutte quelle cose, ma non riuscivo a sopportarlo.»

«Hai detto fino a pochi mesi fa, cosa è successo?»

Mi rivolge un sorriso dolce e direi quasi di gratitudine, mentre mi guarda con adorazione.

«Sei arrivata tu.»

«Vuoi dire che io sono stata la prima persona a cui hai permesso di toccarti?»

«Sì.» I nostri sguardi sono incatenati l'un l'altro, ciascuno di noi vuole penetrare i sentimenti e i pensieri dell'altro. Questa confessione dimostra quanto io sia importante per lui e fa ritornare le domande che mi sono fatta poco fa: perché io? Che cosa ho io che mi fa essere così speciale ai suoi occhi? Però penso che sapere ciò che ha fatto per me, anzi ciò che mi ha lasciato fare, mi rende un po' più sicura del suo amore, di questo nostro legame e mi convinco che, in fondo, non ho sbagliato a fidarmi e a fare l'amore con lui. D'impulso mi avvicino e lo bacio, lui risponde con ardore, felice della mia iniziativa. Continuiamo a baciarci ancora a lungo, finché Christian, ritornato in sé, mi invita ad alzarmi, ricordandomi che alle 10,30 ci aspetta la dott.ssa Greene.

«Preparo la colazione, ti va?»

«Certo. Ho una gran fame. Ce l'ho il tempo di fare la doccia?»

«Hai tutto il tempo che vuoi. Ti aspetto in cucina.» Detto ciò , mi stampa un bacio sulle labbra e come un felino scatta su, nudo, bellissimo, si piega per indossare i pantaloni del pigiama ed esce dalla stanza, lasciandomi stordita mentre rivedo con gli occhi della mente il suo viso e il suo corpo meraviglioso.

Arrivata in cucina, trovo il bancone già apparecchiato, Christian mi invita a prender posto e mi serve il latte caldo, incitandomi a scegliere tra i vassoi con pancakes, bacon, uova, una crostata, cereali, come se dovessero mangiare almeno dieci donne incinta. Trattengo un sorriso e comincio con il latte.

«Tu mi accompagnerai dalla dottoressa Greene per il controllo?»

«Tu vuoi che io ci sia?... Dimmi ciò che tu vuoi non ciò che pensi possa far piacere a me.»

«Sì, vorrei che venissi con me.»

«Che cambiamento! L'altro giorno mi avresti volentieri fulminato quando mi hai visto entrare nell'ambulatorio di ginecologia.»

«Sono successe tante cose da allora.» Lo guardo allusiva e lui ricambia.

«Finisci di mangiare.» Sorride e io alzo gli occhi al cielo, fingendo irritazione per la sua ossessione con il cibo, e un lampo di felicità attraversa il suo sguardo.

Conclusa la visita, mano nella mano, ci avviamo verso l'uscita dell'ospedale, siamo nell'ascensore, un silenzio meditabondo tra di noi. Sono sicura che anche Christian sta ripensando a ciò che è successo nello studio della dottoressa. Lei ci ha detto che la gravidanza procede bene, mi ha consigliato di assumere degli integratori e me li ha prescritti; anticipando la mia domanda, mi ha detto che dovrei fare della ginnastica adatta ad una donna nel mio stato, mi ha regalato un opuscolo da far leggere al nostro personal trainer. Ad un certo punto, ricordandosi della telefonata di Christian di ieri ha tirato in ballo la questione dei rapporti sessuali. È stato così imbarazzante per me che solo al pensiero mi sento avvampare. Lei, dopo aver osservato attentamente entrambi con l'aria di chi vuole scoprire se anch'io ero interessata, ha detto che i rapporti non possono nuocere al feto, se stiamo attenti. Ha spiegato che io sono in grado di sentire ciò che potrebbe far male a me o a lui e ha ordinato a Christian di fare attenzione ad ogni mia richiesta e ad ogni mia reazione. È stata piuttosto insistente con Christian e molto materna con me ed ha più volte sottolineato che, se siamo entrambi a volerlo, usando queste semplici precauzioni, saremo liberi di fare l'amore ogni volta che vogliamo. Ha volutamente calcato sul "tutti e due"; per tutto il tempo ha guardato Christian con diffidenza... se sapesse che sono stata io a pregarlo...

Appena le porte dell'ascensore si aprono, ci ritroviamo nell'atrio, sento il mio stomaco brontolare e mi accarezzo la pancia con la mano. Christian, incuriosito da quel gesto, mi chiede se qualcosa non va. Gli rispondo che ho fame e non gli sembra vero, perciò con un sorriso da un orecchio all'altro mi propone di andare in un ristorante lì vicino per non perdere tempo. Andiamo a piedi, il ristorante si trova a meno di due isolati dall'ospedale. Quando entriamo, ci accoglie il direttore di sala, una bellissima e giovane donna bionda, alta, elegante, sofisticata; il suo trucco, l'acconciatura, i gioielli sono molto discreti, è di un'eleganza sobria, proprio come piace a me, una finezza che si distingue anche nel suo incedere e nel modo di parlare. È come a me piacerebbe essere. Ci accompagna al nostro tavolo. Conosce Christian e gli dà il benvenuto in modo un po' troppo caloroso, indugiando con lo sguardo su di lui qualche istante più del dovuto e sbattendo ripetutamente le ciglia verso di lui che sembra non curarsene. Prendiamo posto, Christian si siede al mio fianco; il nostro tavolo si trova vicino alla finestra a tutta parete che si affaccia sulla città, da qui, al trentesimo piano, possiamo ammirare il panorama fino all'oceano in fondo: è davvero suggestivo.

«Ti piace?» Mi domanda Christian sorprendendomi a fissare con interesse. Io annuisco e, girandomi verso di lui, non saprei dire quale vista sia più bella, il suo viso illuminato da un meraviglioso sorriso o la città sotto di noi. Lui mi sfiora il viso con le nocche e io rilascio l'aria che, senza accorgermene, stavo trattenendo nei polmoni. Mi stupisco sempre per l'effetto che ha su di me, anche se ormai dovrei esserci abituata. È frustrante!

Quando arriva il cameriere, Christian ordina per me e per lui, senza consultarmi, il che mi lascia di stucco. Finora è stato così attento alle mie preferenze in fatto di alimentazione e adesso che siamo qui, in un posto pubblico, mi tratta come un'incapace o come una bambina.

«Perché non mi hai chiesto cosa voglio mangiare?... Se non mi piacesse quello che hai ordinato?» Alza un sopracciglio, stupito della mia reazione.

«Per non perdere tempo, è tardi e hai fame. E poi, di solito apprezzi quello che scelgo per te.» Mi risponde calmo, ma con fermezza, quasi con arroganza. E io che mi aspettavo delle scuse. Che ingenua!

«Di solito...» dico con un po' di stizza «io mi ricordo di ciò che ho fatto nei mesi precedenti. Non capisco, in questi giorni sei stato così premuroso, "ti va questo?", "ti va quello?", "solo se tu lo vuoi"... Perché questo cambiamento?...» All'improvviso mi accorgo che non mi sta più ascoltando e la mia irritazione cresce. Seguo il suo sguardo e mi accorgo che alla mia destra, alcuni tavoli più in là, una donna sta facendo un cenno con la mano. Porto i miei occhi da lei a lui che adesso sembra davvero concentrato sul cristallo dei bicchieri che abbiamo davanti, non riesco a decifrare la sua espressione. Sembra preoccupato, infastidito, e non voglio sbagliarmi, ma intravedo anche un senso di colpa, mentre rivolge la sua attenzione di nuovo a me. Io, invece, non posso fare a meno di studiare quella donna la quale, appena si accorge del mio interesse, mi fa un cenno di saluto con la testa. È bionda, non giovanissima, ma attraente, ha un vestito nero di quelli che sembrano molto costosi, un trucco molto marcato e vistosi gioielli, nell'insieme mi sembra un po' eccessiva, un po' troppo appariscente. Al tavolo con lei c'è un uomo, un ragazzo... è molto più giovane di lei, ma non tanto da poter essere suo figlio. Inspiegabilmente sento un senso di repulsione verso di lei. La mano di Christian che si posa sulla mia distesa sul tavolo mi riporta a lui. Cavolo! Si sforza di sorridere, ma i suoi occhi tradiscono qualcosa che mi sembra vero terrore. Cerco di restare calma, ma voglio capire cosa sta succedendo.

«Christian? Cosa c'è?» Nonostante gli sforzi la mia voce risulta allarmata e lui cerca di mantenere una espressione impassibile.

«Che vuoi dire?»

«Non fingere di non capire. Lo sai a cosa mi riferisco: da quando hai visto quella donna è calato il gelo su di te. Guardati: tutto il tuo corpo è in tensione, il tuo viso una maschera inespressiva e i tuoi occhi, che fino a pochi istanti fa brillavano di gioia, sono completamente spenti.»

«Ah, sì? E tu che ne sai? Tu che non fai che dire che non  mi conosci, adesso pensi di potermi capire come un libro aperto?» Se mi avesse dato uno schiaffo, mi avrebbe fatto meno male. E io che pensavo che fosse sempre sincero e mi illudevo di cominciare a conoscerlo. Che stupida! Mi bruciano gli occhi per un'improvvisa voglia di piangere, ma non voglio dargli la soddisfazione, né a lui né a quella donna, chiunque sia. Non voglio che si accorga della tensione che c'è tra me e mio marito. Sì, è mio marito. Cerco di ricompormi, respiro a fondo, mi schiarisco la voce, faccio un sorriso e con la massima calma mi rivolgo a lui. La sua mano si è un po' allontanata dalla mia, ma stavolta sono io ad allungare la mia destra sulla sua sinistra.

«Christian, per favore, guardami.» Dico con tutta la dolcezza di cui sono capace in questo momento. «Chi è quella donna? Perché ti turba tanto la sua presenza?»

«Ana, io...» La voce gli si spezza in gola, il suo sguardo è smarrito e la mia agitazione si moltiplica.

«Ana, non... non posso dirtelo.»

«Christian!» Lo supplico. «Io credevo che avessimo fatto molti progressi in questi giorni, mi hai raccontato tante cose, alcune anche poco gradevoli. Pensavo di averti dimostrato che sono abbastanza forte, nonostante tutto. Mi sono fidata di te fino al punto di... allora non significa niente quello che è successo ieri?»

«Ieri è stata la giornata perfetta.» Dice con un filo di voce.

«Anche per me. La giornata più bella della mia vita. Quando facevamo l'amore ho capito veramente quello che c'era... che c'è tra di noi. Ho bisogno di tempo ancora, ma ho capito... e penso che ce la faremo.» Gli accarezzo una guancia e lui si porta la mia mano sulla bocca e ne bacia il palmo, un gesto tenero e molto intimo. Poi avvicina il suo viso al mio e, dopo un momento di esitazione nel quale respira sulla mie labbra e io sulle sue, mi dà un tenero, veloce bacio, poi un altro.

«Ti amo.» Mi sussurra a fior di labbra.

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