Laminae [SEQUEL di OPERA]

By Dragonfly_Ren

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***ALERT*** Questa storia è il SEQUEL di OPERA. Se potete scegliere di leggere OPERA come storia autoconclus... More

DOORS TO HEAVEN
1.1 A strange place called home
1.2 And you let her go
1.3 Colorblind
1.4 Bittersweet memories
1.5 Don't play with fire
1.6 Love is Colder than Death
1.7 Someone like you
1.8 Universal tongue
1.9 Guilty pleasure
1.10 Sadness is but a wall between two gardens
1.11 Spare parts
1.12 Know who you are
1.13 As long as you loved me
1.14 All water has a perfect memory
1.15 Dancing on the edge
FIX YOU
2.1 Gazing across the wasted years
2.2 How to save a life
2.3 Trouble in Paradise
2.4 Demons
2.5 Innocence lost
2.6 Trying to get back to where it was
2.7 Happy families are all alike...
2.8 Message in a bottle
2.9 Read your Tarots well
2.10 Back to black
2.11 In need of repair
2.12 Tower's Callin'
2.13 The Star
2.14 Falling slowly
2.15 The Moon
STAND MY GROUND
3.1 Time to call your bluff
3.2 Into the darkness
3.3 Come Hell or High Water
3.5 The Sun
3.6 Soul has weight
3.7 Hush, little baby, don't say a word
3.8 What lies beneath
3.9 What strength I have's mine own
3.10 The driving force of all nature
3.11 Judgement / The World
3.12 Chains of silver and chains of gold
3.13 All of you
3.14 Hopefully
3.15 Pigeons
I THINK WE'RE ALONE NOW
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò

3.4 Excuse me while I kiss the sky

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By Dragonfly_Ren

Non sembrava esserci nessuno all'ingresso principale. Era possibile che tutti fossero occupati, in quel momento. Con Raven, con Charles o con le infinite discussioni su come avrebbero dovuto agire contro di loro. Oppure era possibile che li stessero semplicemente aspettando.

A quella seconda opzione, però, nessuno voleva pensare.

Eagle e Swan attesero in silenzio che Phoenix e Aillean svanissero oltre la porta. Videro il metallo della chiusura arroventarsi, perdere la sua forma, agglomerarsi per poi tornare lentamente a imbrunirsi. Avevano concordato di lasciare una sola uscita possibile dalla villa, un'entrata secondaria. Phoenix, al suo passaggio, avrebbe sciolto e deformato ogni serratura. Una dopo l'altra, le stanze sarebbero state sigillate per impedire la fuga. Se qualcuno fosse riuscito a imboccare l'unica via possibile, avrebbe trovato uno degli altri due Custodi ad attenderlo.

Eagle gettò una rapida occhiata all'edificio.

"Possiamo dividerci le due ali del palazzo", disse a Swan senza guardarla. "Aria da una parte, Acqua dall'altra. Dovrebbe bastare".

"Bastare a cosa?".

"Ad arginare l'incendio", le spiegò mentre si incamminava lungo uno dei vialetti che costeggiavano la villa. "È già sufficientemente grave quello che stiamo per fare, non occorre mettere in pericolo persone innocenti mandando a fuoco mezza città".

Lei si affrettò ad andargli dietro per non perdersi il suo discorso. La voce di Eagle le arrivava interrotta, ma abbastanza chiara per farle comprendere quale pensiero lo stesse agitando tanto, al punto da spingerlo a quella ricognizione urgente.

Gli teneva dietro a fatica perché la caviglia le doleva, il terreno era molle di pioggia e l'esterno era stato lasciato completamente al buio. Pensò che una volta lui l'avrebbe aspettata, persino sorretta, ma quel tempo era passato. Decise di non lamentarsi e si costrinse a stare al suo passo senza chiedergli di andare più piano e senza commentare le sue decisioni. La sua mente era comunque presa da un diverso pensiero. Obbedire ciecamente a Eagle era il massimo che riuscisse a fare, e tutto sommato le andava anche bene, perché la sollevava dall'incombenza di dover ragionare su argomenti che non fossero quelli che la preoccupavano in quel momento.

Cercando di non inciampare e di non scivolare sul sentiero sdrucciolevole, iniziò a portarsi nervosamente il cellulare all'orecchio, con un movimento quasi ossessivo. Quando, infine, le rispose una voce gracchiante e monocorde, Swan rallentò e si lasciò sfuggire un sospiro infelice.

"Che stai facendo?", la rimproverò Eagle voltandosi appena, ma senza fermarsi.

"Sto provando a contattare Raven".

Lui imprecò a mezza voce, forse per la notizia, forse per la sciocca speranza di lei o semplicemente perché la pioggia aveva ricominciato a sferzargli la faccia. Il perimetro della villa era enorme e quell'insolita oscurità tutta intorno rendeva ancora più difficile il loro compito. Se avessero anche perso tempo in chiacchiere avrebbero impiegato un'eternità a completare il giro.

Swan cercò, nonostante l'acqua, di controllare la chat, per vedere se qualche spunta blu si fosse accesa su uno dei suoi messaggi. Inciampò e finì per terra con un lamento, mentre la caviglia riprendeva a pulsare così forte da strapparle un gemito.

Eagle, suo malgrado, si arrestò. Si precipitò da lei e l'aiutò a rimettersi in piedi. Dalla smorfia che le si disegnò sul viso comprese che quel movimento doveva esserle costato una fatica enorme. Pensò di essere stato ingiusto a trascinarla in quella perlustrazione nelle sue condizioni. Avrebbe fatto meglio a trovarle subito un buon punto nelle vicinanze dal quale poter controllare la sua parte di edificio, senza doversi più muovere. Con la pioggia che cadeva copiosa, spandendosi naturalmente su tutto ciò che li circondava, Swan poteva comandare l'Acqua da qualsiasi posizione con estrema facilità.

Che stupido non pensarci prima!

Le scostò come poté i capelli dal viso con un gesto delicato, poi si tirò istintivamente indietro, come a lasciarle spazio e tempo per riprendersi dalla fitta di dolore che le aveva mozzato il respiro.

Lo schermo dello smartphone brillava luminoso nel fango, a pochi passi da lui. Si chinò a prenderlo con un sospiro. Magari a quel punto si sarebbe rassegnata di fronte all'evidenza, avrebbe messo via quell'inutile aggeggio e avrebbe cominciato a fare attenzione a dove metteva i piedi. Non le serviva illudersi di poter raggiungere Raven e non le serviva di certo un'altra caduta.

Stava per restituirglielo quando un dettaglio catturò la sua attenzione. Si immobilizzò di fronte a lei che lo fissava interrogativa, il palmo aperto in attesa. Eagle nemmeno vi badò: le sue iridi dorate erano fisse sullo schermo acceso.

"Che significa?", mormorò, come se stesse interrogando se stesso.

La ragazza sbatté le ciglia, cercando di scacciare le gocce d'acqua che le offuscavano la vista. Non era sicura di aver sentito o di aver capito la sua domanda, né ebbe il tempo di chiedergli spiegazioni, perché lui le gettò il telefono con un gesto stizzito. Lo agguantò con difficoltà, rischiando di farselo scivolare tra le dita, poi guardò a sua volta la chat, ancora aperta sull'ultimo messaggio di Raven:

Non devi sentirti in colpa per quello che è successo l'altra notte. Doveva accadere. Mi ha aiutato a capire i nostri Tarocchi.

"Che significa?", ripeté Eagle con voce alterata, quella volta decisamente rivolto a lei. "Che è successo, l'altra notte?".

Swan sentì le labbra che le tremavano, assieme alla testa, al cuore, a ogni suo pensiero. Considerò le mille risposte che avrebbe potuto dare per evitare problemi, ma la frase che si sentì pronunciare fu la sola che non avrebbe mai pensato di dire.

"Solo un bacio".

A quella parola Eagle le piombò addosso come un rapace, con una violenza che la terrorizzò al punto da immobilizzarla. La sua ira, però, si indirizzò esclusivamente sul telefono: glielo strappò dalle mani e lo scagliò per terra. Poi, come se avesse avuto paura della sua stessa reazione, fece un passo indietro. La sua espressione era irriconoscibile: nessuna dolcezza, nessuna sollecitudine, nessuna comprensione. Era fuori di sé, come Swan non ricordava di averlo mai visto prima.

"Hai baciato Raven!", gli sentì urlare.

Sembrava aver dimenticato di colpo dov'erano e cosa stavano facendo. Sembrava aver scordato di dover fare silenzio e di dover agire in fretta. La pioggia, d'altra parte, aveva ripreso a cadere con violenza mettendoli al riparo, coprendo l'urlo di Eagle e confondendo le lacrime che bagnarono gli occhi di Swan nell'istante in cui percepì la rabbia, la delusione e il dolore che lui le stava riversando addosso.

"È stato solo un bacio", balbettò.

Fu l'unica cosa che riuscì a ripetere meccanicamente con un filo di voce, mentre lasciava che l'acqua, dai capelli, le scivolasse sul viso, come se meritasse quella punizione.

"Vaffanculo, Swan!", esclamò Eagle per tutta risposta, avvicinandosi fin quasi a sovrastarla con la sua ombra. "Non puoi comportarti sempre così! Solo un bacio? Anche fosse, non puoi baciare Raven ogni volta che te ne capita l'occasione. Non puoi concederti ogni volta che ti pare!".

C'era un'ira disperata in lui, mentre urlava come non aveva mai fatto. Swan pensò che, se si fosse lasciata assalire da quella sofferenza, ne sarebbe morta.

"Avevi detto che eravamo liberi", tentò di difendersi debolmente.

"Liberi?", gli sfuggì dalla bocca con amarezza, mentre le afferrava il braccio e la tirava a sé senza più controllare la forza. "Maledizione! Non hai aspettato nemmeno un giorno da che...".

Non riuscì a completare il suo pensiero. Gli occhi azzurri di lei, a un palmo dai suoi, erano sgranati e pieni di terrore. Il respiro gli mancò nell'istante in cui realizzò che le stava facendo male. La lasciò andare, imbarazzato dal proprio gesto, e lei si ritrasse.

"Avevi detto che non ti importava", gemette la ragazza, stringendosi contro il petto il braccio che lui aveva serrato.

Di fronte a quell'immagine Eagle sembrò trattenere il fiato e ricacciare indietro l'istinto di ferirla che aveva provato. Non sapeva più dire se la nausea che lo stava assalendo era causata da lei o da se stesso.

"E allora?", replicò sforzandosi di mantenere saldo il tono di voce. "Potrò essere bugiardo anch'io, per una sola volta? Tu e Raven lo siete stati per tutta la vita".

Di fronte a quella freccia, scagliata con acredine e crudele precisione, Swan si decise a guardarlo.

No, non avrebbe fatto suo quel dolore. Era stato violento e, anche se si trattava della prima e unica occasione in cui lo aveva fatto, non poteva perdonarlo. Qualunque fosse la natura del loro legame, lei non era un oggetto di sua proprietà. E se Eagle aveva stabilito di non avere più pietà proprio quando lei si stava impegnando a comprendere i propri errori, allora lo avrebbe ripagato allo stesso modo.

"Sai che ti dico?", ribatté gelida. "Sbrigatela da solo. Io vado dentro ad aiutare Ailleann. Vado a cercare Charles. E a cercare Raven".

Senza attendere una replica, girò i tacchi e si diresse verso l'unica entrata che sapeva essere ancora agibile.

Eagle rimase a guardarla andare via fino a quando la pioggia non ebbe cancellato i contorni della sua figura. Riusciva solo a pensare che avrebbe voluto scatenare un tornado. Tanto al mondo cosa importava se quella sciagura sarebbe stato il mezzo per evitare un pericolo più grande o solo un modo per anestetizzare il suo dolore?

Non avrebbe fatto differenza per nessuno, tranne che per lui.

In quel momento si ritrovò a fissare la scura facciata di Fulham e comprese che anche lui, perfino lui era capace di odiare davvero: odiava quel posto, quello che aveva rappresentato e tutto ciò che conteneva.

"Flate!", mormorò con accento crudele.

Il vento, a quel comando, cominciò a levarsi in cerchio attorno ai suoi piedi.

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