Laminae [SEQUEL di OPERA]

By Dragonfly_Ren

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***ALERT*** Questa storia è il SEQUEL di OPERA. Se potete scegliere di leggere OPERA come storia autoconclus... More

DOORS TO HEAVEN
1.1 A strange place called home
1.2 And you let her go
1.3 Colorblind
1.4 Bittersweet memories
1.5 Don't play with fire
1.6 Love is Colder than Death
1.7 Someone like you
1.8 Universal tongue
1.9 Guilty pleasure
1.10 Sadness is but a wall between two gardens
1.11 Spare parts
1.12 Know who you are
1.13 As long as you loved me
1.14 All water has a perfect memory
1.15 Dancing on the edge
FIX YOU
2.1 Gazing across the wasted years
2.2 How to save a life
2.3 Trouble in Paradise
2.4 Demons
2.5 Innocence lost
2.6 Trying to get back to where it was
2.7 Happy families are all alike...
2.8 Message in a bottle
2.9 Read your Tarots well
2.10 Back to black
2.11 In need of repair
2.12 Tower's Callin'
2.13 The Star
2.14 Falling slowly
2.15 The Moon
STAND MY GROUND
3.1 Time to call your bluff
3.3 Come Hell or High Water
3.4 Excuse me while I kiss the sky
3.5 The Sun
3.6 Soul has weight
3.7 Hush, little baby, don't say a word
3.8 What lies beneath
3.9 What strength I have's mine own
3.10 The driving force of all nature
3.11 Judgement / The World
3.12 Chains of silver and chains of gold
3.13 All of you
3.14 Hopefully
3.15 Pigeons
I THINK WE'RE ALONE NOW
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò

3.2 Into the darkness

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By Dragonfly_Ren

Il rumore del motore era agghiacciante in quella notte di pioggia, ma almeno copriva il vuoto che sembrava dividerli all'interno dello stretto abitacolo che li teneva vicini.

Eagle guardava il buio oltre il vetro e non lo vedeva, perché aveva lo stesso colore che si portava dentro. Non aveva detto una sola parola. Phoenix, al contrario, sembrava un fiume in piena, quasi avesse intrapreso una lotta serrata e senza esclusione di colpi contro il silenzio.

Non aveva nemmeno tentato di arginarlo: conoscendolo tanto bene, sapeva che l'irlandese si era trattenuto fin troppo. Si era sforzato al limite delle sue possibilità per mantenersi calmo e ragionevole, e quell'instancabile monologo gli era evidentemente necessario per riportare equilibrio in quella situazione cui non era abituato.

La sola domanda che era riuscito a porsi era di tutt'altra natura: aveva davvero voglia di continuare ad ascoltarlo?

In realtà, si rispose infine, non faceva gran differenza. Anche se aveva tentato in ogni modo di estraniarsi da quella conversazione a senso unico, le frasi dell'amico gli erano entrate dentro una a una, come piccoli semi piantati nel terreno che, a dispetto delle intemperie e della sua stessa volontà, stavano comunque germogliando.

Phoenix gli lanciò una rapida occhiata, forse per accertarsi che fosse ancora vivo, e si interruppe, ma solo per un attimo.

"È la scelta giusta, Eagle", ribadì, come se la tesi che aveva argomentato negli ultimi trenta minuti non fosse stata già sufficientemente illustrata. "Lo sai anche tu".

Il ragazzo annuì, senza sollevare lo sguardo dal nulla che stava fissando. Piuttosto ribadì a se stesso che quello era solo un modo, per Phoenix, di sfogare l'agitazione: aveva bisogno di convincere se stesso prima di chiunque altro, sciorinando ad alta voce tutti gli ottimi motivi che supportavano la loro decisione. In quel momento Eagle stabilì che poteva volergli un po' di bene in più perché probabilmente, tra loro due, era l'irlandese quello che aveva più paura.

"Sai qual è il tuo vero problema?".

"No...", mormorò distratto, ormai rassegnato ad assecondarlo.

"Che a volte ti preoccupi talmente tanto di fare la cosa più giusta che dimentichi di fare quella più utile".

"Me ne sono accorto...".

"Meglio tardi che mai!".

"Amore, piantala, per carità!", lo interruppe Aileann alle sue spalle, mentre sbirciava il profilo di Eagle con apprensione. "Ha già detto di sì, mi sembra più che sufficiente".

Phoenix sollevò appena lo sguardo per scrutare il riflesso della moglie e riuscì solo a incrociare i suoi occhi corrucciati, capaci di fulminarlo con un solo battito di ciglia.

"È che sembra uno trascinato al patibolo, non uno che ha detto di sì", borbottò, tornando subito a guardare di fronte a sé.

Aveva parlato come se lui non fosse stato presente. A dispetto del suo nervosismo, Eagle pensò che sarebbe riuscito a ridere per quel commento e quella bizzarra sensazione fu in grado di riscuoterlo dal suo torpore.

"Perché io penso alle conseguenze", si sentì in dovere di spiegare. "E penso che non ci siano scusanti. Abbiamo scelto di andare contro la nostra natura. Abbiamo scelto il caos e l'oscurità. Potrebbe essere la decisione peggiore della nostra vita".

Ailleann lo carezzò con uno sguardo pieno di tenerezza anche se lui non poteva vederla, e gli sfiorò delicatamente il braccio con un dito.

"Oppure la più sensata di sempre", sussurrò.

Eagle si voltò di scatto verso di lei, come se l'avesse punto un'ape.

"Davvero, Ailleann? Sei d'accordo anche tu?".

La ragazza abbozzò un sorriso.

"Siamo tutti e tre d'accordo, in verità, per il semplice fatto che siamo qui. Non importa ammetterlo a voce alta".

Eagle chinò lo sguardo e tornò a sistemarsi composto sul sedile. Non riuscì ad assentire, ma nemmeno a smentire quell'affermazione. Non poteva.

"Ormai, dopo la fuga di Swan, avranno capito che avevamo un piano per scappare", proseguì Phoenix con tono più pacato, come se l'intervento della moglie lo avesse rassicurato. "Si saranno riuniti per capire dove siamo e come poterci acciuffare".

"E questo cos'ha a che fare con la nostra decisione?", domandò l'altro senza tradire nessun particolare trasporto.

"Sono tutti insieme. È l'occasione perfetta, forse l'unica che avremo mai di far finire questa brutta storia".

Eagle sussultò all'udire quelle parole e il tono cupo con cui erano state pronunciate. Doveva ammettere, almeno a se stesso, che quell'idea l'aveva sfiorato. Gli aveva perfino trasmesso una colpevole sensazione di sollievo che non riusciva a confessare. Eppure sentirla esprimere ad alta voce, in quella notte che sapeva di ferro e di Apocalisse, gli fece paura. Il suo cuore non riusciva a non tremare al pensiero di quello che avrebbero potuto fare, di quello che erano capaci di fare, di quello che stavano per fare.

Durante i giorni dell'Opera, di fronte all'oscura minaccia della Profezia, aveva accettato l'idea di poter morire: sacrificarsi per qualcosa di fondamentale non lo spaventava. Ciò che non rientrava affatto nel suo orizzonte del possibile era il pensiero di dispensarla, la morte. Aveva sempre vissuto il suo ruolo di Custode - e il ruolo di tutti loro, in effetti - come un dono positivo. Le forze della Natura che incanalavano e proiettavano erano, ai suoi occhi, benevole. Dovevano servire per supportare la vita, per migliorarla quando possibile. Non per combatterla o eliminarla.

"Phoenix", mormorò a bassa voce, chinando leggermente il capo, "c'è mio zio, in quella villa, e c'è anche il tuo. E buona parte della famiglia di Raven. Siamo davvero sicuri di volerlo fare?".

L'altro non replicò. Eagle poteva percepire la sua determinazione e, allo stesso tempo la sua rabbia. Il calore del Fuoco che emanava da lui stava aumentando d'intensità.

"C'è anche Charles, lì dentro", rimarcò, riponendo in quel nome l'ultima possibile opposizione.

Phoenix distolse lo sguardo. Lasciò che tra loro passasse solo il ronzio regolare del motore e il fruscio della pioggia.

"Un buon amico una volta mi ha detto che una singola vita, per quanto preziosa, non può essere anteposta al bene comune".

Eagle si mordicchiò nervosamente le labbra. Non si era aspettato quella risposta. Certo, ricordava perfettamente il momento, il giorno e la stagione in cui aveva pronunciato quelle parole, eppure in quel frangente non era più tanto sicuro della loro esattezza. Un velo di profonda tristezza scese sul suo viso.

"Proverò a salvare Charles in ogni modo", proseguì Phoenix, quasi atono. "Sai che proverò a farlo. Se non dovessi riuscire, però, non cambierò comunque idea. Se non salverò mio figlio, avrò comunque salvato tanti altri bambini. Tutti quei bambini che non meritano di subire quello che avete subito voi".

L'amico scosse lievemente la testa bionda e sospirò.

"Stiamo solo tentando di trovarci una giustificazione", sussurrò, un attimo prima di girarsi a interrogare lo sguardo di Ailleann. "Tu non dici niente?".

Lei si strinse lievemente nelle spalle, come se quella domanda non avesse che una sola possibile risposta.

"Cosa vuoi che dica? O puntiamo noi la pistola, o lasciamo che loro la puntino alla testa di qualcun altro senza far niente per fermarli. In un modo o nell'altro, avremo comunque le mani sporche di sangue".

Su quella parola, Phoenix frenò e spense il motore della macchina. Eagle sollevò lo sguardo di fronte a sé. Dalla posizione in cui si trovavano, il profilo elegante della grande villa si indovinava appena nell'aria fumosa, carica di umido ed elettricità.

"Facciamo due passi", lo invitò l'irlandese, uscendo dall'abitacolo e avviandosi lungo il marciapiede.

Lui lo imitò e raggiunse il punto in cui si era fermato, felice di poter respirare di nuovo l'aria della notte. La pioggia si era stancata di sferzare la città e aveva concesso una breve tregua. Il vento portava con sé odore di terra bagnata e piombo. Fulham sembrava un'immensa creatura acquattata, intenta a trattenere il fiato, in attesa.

"Finiremo tutto nel Fuoco", esclamò Phoenix guardando i riflessi sulle vetrate scure. "E il Fuoco purifica ogni peccato".

Eagle non era mai stato in grado di sottrarsi all'affinità elementare che lo legava saldamente a quella forza imparziale che distruggeva per poter ricostruire. In cuor suo sapeva di non volerci nemmeno provare. Sentire Phoenix, come solo lui poteva, riusciva a trasmettergli ogni volta l'energia necessaria per supportarlo. Era inevitabile, perché quella era la loro natura.

"Tutto nel Fuoco?", osservò ironico, mentre i suoi occhi dorati seguivano la stessa traiettoria di quelli dell'amico. "Fuori allenamento come sei e con tutta quest'acqua, sarà una fortuna se riuscirai ad accendere una candela".

"Guarda che i miracoli esistono, Eaglet!".

Di fronte a quell'esclamazione, il ragazzo non riuscì a trattenere una risata. Non aveva alcuna importanza quanto serie e profonde potessero essere le discussioni tra loro: era sempre così che andava a finire. Si girò a squadrarlo con aria vagamente divertita.

"E da quando ci credi?".

Phoenix gli ricambiò il sorriso.

"Che domande! Da quando vi conosco. Cosa pensate di essere voi, se non dei dannati miracoli? Senza te e Swan, sarei impazzito a Fulham e mi sarei strozzato da solo".

Si interruppe un istante, fece una smorfia e levò gli occhi al cielo.

"E sì, anche senza Pigeon", ammise. "Sebbene fossero più le volte in cui avrei preferito dargli fuoco che quelle in cui avrei voluto abbracciarlo".

Il viso di Eagle si distese finalmente in quell'espressione luminosa e naturale che lo faceva somigliare a una giornata di sole.

"Be', puoi provarci adesso".

"A far cosa? Dargli fuoco o abbracciarlo?".

"È cinquanta e cinquanta, no? L'ha detto lui".

Era un modo parecchio bizzarro e contorto per dirgli che era d'accordo, che non lo avrebbe lasciato solo nemmeno in quell'occasione. Sapendo quanto gli stesse costando quel , Phoenix pensò di potersi ritenere felice, senza dover pretendere altro.

Si girò appena, gli rivolse un cenno d'intesa con il capo, poi riprese a camminare con le mani affondate nelle tasche dei jeans, sminuzzando a ogni passo le luci dei lampioni che si riflettevano sulle pozzanghere.

"Andiamo a prendere Ailleann".

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