Laminae [SEQUEL di OPERA]

By Dragonfly_Ren

6.1K 457 4.4K

***ALERT*** Questa storia è il SEQUEL di OPERA. Se potete scegliere di leggere OPERA come storia autoconclus... More

DOORS TO HEAVEN
1.1 A strange place called home
1.2 And you let her go
1.3 Colorblind
1.4 Bittersweet memories
1.5 Don't play with fire
1.6 Love is Colder than Death
1.7 Someone like you
1.8 Universal tongue
1.9 Guilty pleasure
1.10 Sadness is but a wall between two gardens
1.11 Spare parts
1.12 Know who you are
1.13 As long as you loved me
1.14 All water has a perfect memory
1.15 Dancing on the edge
FIX YOU
2.1 Gazing across the wasted years
2.2 How to save a life
2.3 Trouble in Paradise
2.4 Demons
2.5 Innocence lost
2.6 Trying to get back to where it was
2.7 Happy families are all alike...
2.8 Message in a bottle
2.9 Read your Tarots well
2.10 Back to black
2.12 Tower's Callin'
2.13 The Star
2.14 Falling slowly
2.15 The Moon
STAND MY GROUND
3.1 Time to call your bluff
3.2 Into the darkness
3.3 Come Hell or High Water
3.4 Excuse me while I kiss the sky
3.5 The Sun
3.6 Soul has weight
3.7 Hush, little baby, don't say a word
3.8 What lies beneath
3.9 What strength I have's mine own
3.10 The driving force of all nature
3.11 Judgement / The World
3.12 Chains of silver and chains of gold
3.13 All of you
3.14 Hopefully
3.15 Pigeons
I THINK WE'RE ALONE NOW
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò

2.11 In need of repair

100 8 66
By Dragonfly_Ren

"Dove sono mamma e papà? Perché non vengono qui anche loro?".

Eagle sollevò le ciglia chiare e guardò Charles cercando di camuffare l'ansia che gli trasmetteva quella domanda. La risposta da dare l'aveva imparata a memoria, ma quando fissava quegli occhi verdi vi leggeva dentro qualcosa che andava oltre la semplice richiesta di un bambino. Il piccolo sembrava comprendere in misura maggiore di quanto loro immaginavano e lui era sempre a un passo dal cedere alla tentazione di rivelare più di quanto fosse ragionevole.

Sospirò.

"Sono dovuti partire per un viaggio".

Charles lo squadrò con un'espressione seria e si portò un dito alle labbra, riflettendo su quelle parole.

"Sono andati in Francia a vedere le piante per il lavoro di papà?", domandò, per dimostrargli con una punta d'orgoglio quanto fosse preparato sull'argomento.

Eagle accennò un sorriso, sollevato al pensiero di non dover trovare da sé altre spiegazioni.

"Sì, e torneranno presto", confermò. "Nel frattempo ho pensato di venire a farvi compagnia. Che ne dici? È stata una buona idea?".

Il bambino sgranò le iridi verdi e annuì deciso, mentre un'espressione birichina gli si disegnava sul viso.

"Possiamo uscire e giocare a basket, zio Eagle?".

Quello ebbe uno scarto, preso alla sprovvista.

"Zio Raven non ha un giardino".

"Zio Rav non ha un sacco di cose", commentò il piccolo con una smorfia. "E sa giocare solo con la consolle. Io voglio andare al parco con te".

"Uhm, ok, vedremo", biascicò Eagle, nel disperato tentativo di prendere tempo.

Era riuscito a schivare le domande su Phoenix e Ailleann, ma come poteva spiegargli che era pericoloso andare da qualsiasi altra parte fuori da quelle quattro mura?

La voce di Swan, imperativa, lo trasse in salvo da quell'imbarazzo.

"Charles, vieni a mangiare", lo chiamò severa. "Se non finisci tutto non giocherai più con nulla".

Era evidente che, in quel covo di maschietti irresponsabili, Swan si era assunta il compito di far rispettare le regole. Forse era la sola che sentiva la responsabilità di gestire Charles senza trasformare quella permanenza in una vacanza senza freni. Raven, di certo, non si era curato di quell'aspetto.

Eagle tornò a fissare il piccolo, che non si era mosso di un millimetro e continuava a stropicciare distrattamente i piedi sul tappeto. Gli strinse le braccia con entrambe le mani, avvicinandolo a sé e interrogando la sua esitazione.

"Non hai fame, campione?".

Charles cercò di sbirciare oltre le sue spalle, per accertarsi che Swan non lo stesse guardando, e gli si avvicinò.

"Zia Swan non cucina bene come la mamma", bisbigliò rapido al suo orecchio, prima di ritrarsi.

Eagle ridacchiò e gli lanciò un'occhiata complice.

"Lo so", replicò allo stesso modo, chinandosi verso il bimbo con fare confidente.

"La finite di cospirare, voi due?".

Swan era piombata all'improvviso e aveva afferrato la mano di Charles, accompagnandolo fino allo sgabello e sistemandolo di fronte al piatto di pollo e patate fumanti che attendeva sulla penisola.

Era visibilmente più nervosa da quando era rimasta sola con Eagle nell'appartamento. Facevano entrambi del proprio meglio per non intralciarsi a vicenda, per non apparire troppo imbarazzati o troppo invadenti, soprattutto in presenza di Charles. Si muovevano come circondati da una collezione di vasi Ming, quindi Eagle non poteva certo rimproverarla se ogni tanto i suoi modi risultavano bruschi: Swan reggeva la tensione molto meno di lui.

Charles afferrò la forchetta e cominciò a fare dondolare le gambe.

"Che significa cospirare?", chiese puntando Swan, che si era sistemata di fronte a lui per controllare che finisse il cibo.

"È una cosa che fanno gli adulti qualche volta e che non si dovrebbe fare", rispose lei senza troppa convinzione.

"Ah, come fare sesso?", ribatté il bambino, mettendosi in bocca un pezzettino di pollo, che stranamente sembrò andare di traverso a Swan.

"Fare cosa?".

"Me l'ha spiegato zio Rav", fu la candida risposta di Charles.

"Io lo uccido", mormorò lei, mentre Eagle, alle loro spalle, cercava di soffocare una risata.

"Anche uccidere è una cosa che non si dovrebbe fare, zia Swan", la rimproverò Charles con aria compita, mentre continuava a giocare con il cibo piuttosto che finirlo.

"Mangia e poi potrai fare quello che vuoi. Io e zio Eagle dobbiamo andare di là".

Charles sorrise e le lanciò un'occhiata furba.

"Dovete... cospirare?".

Eagle, non riuscì più a trattenersi. Swan arrossì violentemente e saltò su con aria irritata, passando gli occhi sgranati dall'uno all'altro.

"Mangia!".

֍

Dopo che Swan ebbe sparecchiato, lasciato Charles davanti alla TV e trascinato Eagle in camera da letto, lui rideva ancora al pensiero di quella scena.

"Ringrazia il cielo che non ti abbia chiesto se dovevamo fare sesso", commentò divertito, mentre richiudeva la porta alle loro spalle.

In quel momento sembrava tornato il ragazzo di un tempo. Quello che sorrideva sempre. Quello che trovava divertenti i passatempi più semplici. Quello luminoso che era impossibile non amare. Swan, però, sembrò non vederlo.

"Io, Raven, lo uccido davvero!", sbottò ancora stizzita.

Il viso di Eagle si ricompose in un'espressione seria.

"Forse non ce ne sarà bisogno".

Quell'osservazione sembrò placare Swan.

"Da quanto tempo non si fa vivo?", domandò.

"Abbastanza".

Lei girò nervosamente lo sguardo lungo la stanza, mordicchiandosi le labbra.

"E noi dobbiamo restare qui tranquilli a far finta di nulla?".

Eagle le rivolse un'occhiata comprensiva e indulgente allo stesso tempo.

"Direi di sì. Concentriamoci su Charles. Se facciamo passare il tempo a lui, lo passiamo anche noi".

Swan fece un paio di passi verso il letto, agitandosi come un animale in gabbia, poi si impose di fermarsi e di prendere un profondo respiro.

"Ok", acconsentì infine con tono severo. "Tu, però, non dovresti stargli così vicino".

"Di cosa hai paura?", domandò, con un sorriso rassicurante. "Non lo farò andare in fiamme solo toccandolo. Se fosse così semplice, non avrei perso tutto quel tempo con Phoenix".

Swan si serrò il busto con le braccia e scosse lievemente il capo.

"È diverso", obiettò. "È un bambino. Non ha barriere".

Eagle lasciò cadere le mani lungo i fianchi con un gesto stanco. Da quando Raven era andato via, Swan sembrava impegnata a prendere il suo posto di controllore, quasi sentisse il dovere di difendere a spada tratta tutte le sue teorie, anche quelle che non comprendeva.

"Parli come Raven, adesso".

Lei non rispose. Vedendola così tesa, Eagle provò una fitta al cuore. Le andò vicino con cautela, poggiò lievemente le dita sulle sue braccia contratte.

"Rilassati", mormorò con voce calda. "Andrà tutto bene".

Per qualche istante, Swan sembrò farsi attraversare dalla serenità di quel contatto, dalla dolcezza delle sue parole. Senza quasi accorgersene, erano a un passo l'uno dall'altra e lei aveva smesso di sentire freddo.

Con una punta di timore, sollevò lo sguardo e incrociò quello di Eagle, che la fissava con la premura e la preoccupazione di sempre. Si perse nelle schegge dorate delle sue iridi tranquille, in quegli occhi colore del tè che ancora, dopo tanti anni, sembravano volersi prendere cura di lei a dispetto di tutto. Si sentì fragile, ingiusta, sbagliata. Uno strano dolore le attraversò il petto, che era insieme languore e nostalgia di qualcosa che aveva perso.

"Siamo mai stati felici, noi?", mormorò.

Quel sussurro mandò Eagle in pezzi. D'un tratto si ritrovò a lottare contro la tentazione di spostare la mano dal punto in cui si trovava, di accarezzarla e di dire qualcosa di affettuoso.

"Forse dipende da ciò che intendiamo per felicità".

"Non vuoi sapere che cos'è, per me?".

Era così dolce il modo in cui aveva formulato quella domanda e aveva chinato il viso per nascondersi, che Eagle ebbe paura di infrangere quel momento. Rimase immobile, come se ogni minuscolo gesto potesse farla fuggire, rovinando la perfezione di quel precario contatto. Rispose con lo stesso sussurro, anche se nessuno poteva ascoltare i loro discorsi.

"Ho paura di scoprire, dopo tutto questo tempo, che la tua idea è completamente diversa dalla mia".

"E sarebbe così terribile, scoprirlo?".

"No, non scoprirlo. Sarebbe terribile rendermi conto che avrei dovuto chiederlo prima e non l'ho fatto".

Lei ebbe un lieve sussulto, come se l'avesse punta un'ape.

"Sì, avresti dovuto".

Lui si soffermò a studiarla quasi con devozione. I suoi occhi sembravano un canto ininterrotto. Se solo avessero avuto una voce, le avrebbero riversato addosso un fiume di sentimenti contrastanti.

"Mi dispiace, Swan", disse infine, dopo quel lungo silenzio. "Forse non sono quello che avevi immaginato e forse non sono nemmeno quello che credevo di essere. Ho sempre dato per scontato un mucchio di cose. Pensavo che quello che provavo bastasse a tutto e non mi sono mai domandato cosa desideravi da me, da noi, dalla vita. Tu, d'altra parte, non hai mai reputato importante confidarmelo. Hai preferito continuare a costruirti castelli in aria da sola. Non poteva essere amore, quello. Lo capisci, no?".

L'assurda grazia con cui quelle parole terribili le sfiorarono l'orecchio sembrò precipitarle dentro, irradiare ogni fibra del suo corpo. Era da tempo che la sua voce non la toccava a quel modo e paradossalmente stava accadendo proprio nel momento in cui lui non le parlava più d'incanto e di dolcezza.

Eagle stava sparpagliando davanti ai loro occhi gli ultimi frammenti della loro storia. Swan non riusciva neanche a fargliene una colpa. Si erano allontanati quietamente. Mai un vero litigio, una reale rottura, un dramma. Erano scivolati via l'uno dalle mani dell'altra senza accorgersene o senza dar peso alla faccenda, fino a quando era stato impossibile toccarsi, parlarsi, raggiungersi di nuovo. Avevano visto la frattura quando ormai era un baratro ed entrambi troppo stanchi per provare a saltarlo. Quando non era rimasto più nulla da salvare e il tempo era passato per loro, di provare a confidarsi e cercare di aggiustare gli errori.

Eppure, proprio nell'istante in cui pensava che non ci fosse nulla da aggiungere a quella sentenza definitiva, Swan ebbe l'assoluta certezza di poter tirare fuori ciò che aveva sempre creduto impossibile da dire. Ciò che non pensava più di riuscire a confessare, dopo averlo tenuto sepolto in fondo ai suoi pensieri per giorni, mesi, anni.

"Lo sai, vero?", disse con un filo di voce, mentre i loro profili si disegnavano vicini e i loro occhi non mollavano la presa intensa che li stava ancorando. "Lo sai che non avrei mai potuto darti dei figli".

Eagle si lasciò sfuggire un sospiro impercettibile che sembrò svuotarlo. La presa delle sue dita sul braccio di lei si allentò.

"Non ho mai detto di volerne".

Swan sentì il bisogno di sfuggire il suo sguardo.

"Non l'hai mai detto, ma...", proseguì come se ogni parola le pesasse, "ti vedo ogni volta con Charles. Il modo in cui stai con lui, la tua espressione quando giocate...".

Il ragazzo si staccò da lei e si ritrasse. Swan avvertì quello spostamento come se di colpo le fosse mancato un sostegno. Vacillò e tacque.

"Non significa nulla!", esclamò Eagle con voce tesa.

Quella volta fu lui a misurare la stanza con passi nervosi. Sembrava dover a tutti i costi trovare un'argomentazione valida per un discorso al quale non era preparato.

"Ci hanno detto fin dall'inizio che non avremmo potuto avere figli", chiarì. "A due Custodi non è permesso. Era scritto nero su bianco e abbiamo firmato entrambi quell'accordo senza battere ciglio. Perché vorresti farne un dramma adesso?".

Le si fermò di fronte e l'affrontò nuovamente con un'espressione cupa.

"Charles è il figlio di Phoenix. È un bambino magnifico e tutti noi lo adoriamo. Anche Raven ci gioca e passa del tempo con lui, ma non per questo credo che desideri un figlio".

Swan gli restituì un'occhiata risentita.

"Se cercavi di essere convincente, hai scelto un pessimo metro di paragone: Raven è talmente figlio che non ha la minima intenzione di diventare padre".

La sua voce pungente a quel punto si piegò e si ammorbidì, fin quasi a diventare una carezza.

"Ma tu... tu sei diverso".

Eagle se la sentì scivolare addosso, quella carezza, e gli trasmise una grande tristezza. La guardò con dolore e allo stesso tempo con distacco. Qualcosa che non avrebbe saputo spiegarle, un'amarezza antica e non ancora cancellata del tutto, lo stava allontanando da lei senza che lui ne avesse voglia.

"Swan", cominciò con voce pacata ma ferma, "non assegnarmi idee che non ho mai avuto. Abbiamo chiarito a sufficienza come la nostra relazione sia stata letteralmente mandata in pezzi dalle tue presupposizioni e dal mio ignorare che tu le avessi elaborate. Da adesso in poi usami la cortesia di domandarmi in maniera diretta ciò che vuoi sapere. Se mi sarebbe piaciuto avere un figlio? Sì, probabilmente con te sì. Se mi è pesato sapere che ci era proibito? Se ti ho amata meno per questo? Assolutamente no. Mai e in nessuna circostanza".

Tacque e rimase a fissarla. Lei era ancora ferma di fronte a lui, ma i loro corpi non si toccavano. C'era una barriera invisibile che sembrava impedire loro di sfiorarsi. Poteva solo guardarla e, per la prima volta, Eagle ebbe l'opportunità di osservare quella sofferenza che lei non aveva mai condiviso apertamente, quella mancanza che Swan non gli aveva mai rivelato. Il pensiero che lo avesse lasciato all'oscuro di quel sentimento per tutto quel tempo lo colpì come una frusta.

"Non inventare altre scuse. Non dirmi, adesso, che è questo il motivo per cui ti sei sentita tanto infelice!", esclamò esibendo tutta l'insofferenza che quella situazione stava alimentando nella sua testa.

Lei esitò. Sembrava dover mettere insieme il coraggio e le parole, ma senza trovarne a sufficienza per affrontarlo.

"La primavera scorsa...", iniziò con voce stentata. "Be', c'è stato un momento in cui ho creduto... cioè, sapevo che non era possibile perché siamo sempre stati attenti... però per qualche settimana io l'ho creduto".

Si interruppe un istante, indecisa se proseguire, mentre lui l'ascoltava senza riuscire a respirare.

"All'inizio mi è preso il panico. Ho pensato che avrei risolto tutto da sola, senza dire niente a nessuno. Loro non dovevano saperlo. Non gli avrei mai permesso di toccarlo. L'avrei fatto io, piuttosto, ma loro... loro no, non volevo. Poi ho pensato che sarei potuta sparire da qualche parte, andare via e tornare dopo qualche mese, e a quel punto sarebbe stato troppo tardi, non avrebbero più potuto farci niente e si sarebbero arresi all'evidenza. Insomma, ho pensato un sacco di cose... inutili".

Di fronte a quella confessione Eagle provò un rabbia improvvisa e un dolore profondo, che in un lampo iniziarono a contendersi il suo cuore. Avrebbe voluto abbracciarla e, allo stesso tempo, rimproverarla. Si sentiva tradito e deluso, ma provò ugualmente di dire a se stesso che era sbagliato reagire a quel modo.

Cercò il viso di Swan, nel tentativo di trovare una via d'uscita, ma poté fissare solo i suoi capelli d'argento. Lei aveva abbassato il capo nel tentativo di celare le lacrime che le bagnavano le ciglia e che lui stava indovinando comunque. Lo stava escludendo, una volta ancora. Dalla sua sofferenza. Dalla sua vita. Quell'evidenza fece oscillare l'ago della bilancia in una direzione che Eagle stesso non avrebbe mai saputo prevedere.

"Senza mai parlarmene?".

La domanda gli era venuta fuori scura e carica di rimprovero. Le trasmise uno strano brivido, perché non sembrava nemmeno appartenergli.

"Ci sto provando adesso", azzardò piano.

Sentì il calore che la abbandonava del tutto, percepì il movimento. Lui che si spostava, lui che se ne andava. Solo una replica stanca raggiunse il suo orecchio un attimo prima di realizzare che era rimasta sola nella stanza:

"Adesso è tardi".


__________________

SOUNDTRACK:

Ho sempre avuto in testa questa canzone, In need of repair dei Band of Horses, ogni volta che pensavo a questo capitolo.

Forse per il ritmo quasi allegro, che mi fa pensare a una spensierata giornata di vacanza e che invece stride fortemente con la tristezza quasi rassegnata che pervade il testo, un po' come succede in questa parte.

Forse perché vi ho ritrovato una serie di elementi (the cradle e the casket, e soprattutto quel it's not enough ripetuto tante volte) che mi riportavano fortemente a Opera, e a Swan e Eagle in particolare.

A ogni modo, eccola qua. Giudicate voi 😉

"Well, hey you, what's the matter, you?
Can't do all the things that we used to do and it sucks,
and it's bad

And who's a good boy? What's a killjoy?
Got some money, now we're fightin' over new toys
Isn't it sad?

I'm sittin' in my usual chair
Feelin' the walls around me closin'
I'm in a state of disrepair
I try to make it 'til the mornin'

It's not enough, it's not enough
Every single day I hide from hurt

Stayin' friends is really fantastic
We'll be together from the cradle to the casket
Well, maybe

It's been a while since I talked with you
I heard about what you're goin' through, and it's crazy
Shit's crazy

You're dealin' with a dilemma
And runnin' out of air
But holdin' it all together
With a piece of tape in need of repair

It's not enough, it's not enough
Even in the night I hide from hurt
The ones you love, you only hurt the ones you love
Every day and night I hide from hurt

I found my place back at the table
Back in my usual chair
And everything is gonna be fine
What's my problem? I need repair"

Continue Reading

You'll Also Like

48K 3.7K 49
ATTENZIONE SPOILER!!!! Sequel di WOLF - The W series Alice è una ragazza imbranata che si trova catapultata tra le montagne dietro casa sua in un mon...
98.1K 2.8K 29
La sua vita è sempre stata costellata da ingiustizie e pregiudizi anche se non aveva fatto niente di male. Ora però si ritrova ad essere l'Omega di u...
1M 24.7K 67
Annik Brown e Bryan Smith, due branchi, un destino. Lui, uno degli alpha più potenti dell' america. Sulle sue spalle gravano molte responsabilità, m...
1M 56.5K 104
Alice è un'imbranata. Non è una brillante studentessa universitaria o un'appariscente bellezza e di certo non possiamo definirla atletica. Inoltre no...