Laminae [SEQUEL di OPERA]

De Dragonfly_Ren

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***ALERT*** Questa storia è il SEQUEL di OPERA. Se potete scegliere di leggere OPERA come storia autoconclus... Mai multe

DOORS TO HEAVEN
1.1 A strange place called home
1.2 And you let her go
1.3 Colorblind
1.4 Bittersweet memories
1.5 Don't play with fire
1.6 Love is Colder than Death
1.7 Someone like you
1.8 Universal tongue
1.9 Guilty pleasure
1.10 Sadness is but a wall between two gardens
1.11 Spare parts
1.12 Know who you are
1.13 As long as you loved me
1.14 All water has a perfect memory
1.15 Dancing on the edge
FIX YOU
2.1 Gazing across the wasted years
2.2 How to save a life
2.3 Trouble in Paradise
2.4 Demons
2.5 Innocence lost
2.6 Trying to get back to where it was
2.7 Happy families are all alike...
2.8 Message in a bottle
2.9 Read your Tarots well
2.11 In need of repair
2.12 Tower's Callin'
2.13 The Star
2.14 Falling slowly
2.15 The Moon
STAND MY GROUND
3.1 Time to call your bluff
3.2 Into the darkness
3.3 Come Hell or High Water
3.4 Excuse me while I kiss the sky
3.5 The Sun
3.6 Soul has weight
3.7 Hush, little baby, don't say a word
3.8 What lies beneath
3.9 What strength I have's mine own
3.10 The driving force of all nature
3.11 Judgement / The World
3.12 Chains of silver and chains of gold
3.13 All of you
3.14 Hopefully
3.15 Pigeons
I THINK WE'RE ALONE NOW
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò

2.10 Back to black

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De Dragonfly_Ren

"Allora, cerchiamo di fare il punto della situazione".

Raven sventagliò di fronte a sé un mazzo di carte e si sedette al tavolino della terrazza. Estrasse alcune lame dai Tarocchi e cominciò a disporle ordinatamente sul centro della superficie di vetro che lo separava da Eagle. Questi spostò la sedia e si avvicinò, sporgendosi per poter osservare meglio la sequenza di immagini colorate.

"Gli Arcani sono citati in ordine, dal X al XXI", proseguì l'altro, "quindi sembrerebbero indicare un percorso preciso, non una lettura casuale".

"Partiamo dagli elementi che riusciamo a decifrare", ribadì Eagle sfiorando le carte con le dita.

"La prima frase sembra riferirsi al passato", cominciò Raven. "Giove, La Ruota della Fortuna... è l'Uroboro, è l'Opera. Phoenix non poteva saperlo allora, ma per noi è già accaduta".

"Però sottolinea che in ogni fine è racchiuso un inizio, quindi ci sta parlando di cosa sarebbe potuto succedere dopo, giusto?".

L'altro annuì.

"La seconda frase, infatti, sembra una raccomandazione", concordò. "La Forza è un attributo del Fuoco, quindi potrebbe riguardare il nostro attuale Phoenix, e l'Appeso... be', per l'alchimia è il Sale della Terra, quindi...".

Lasciò cadere la frase senza completarla e Eagle prese a torturarsi il mento con la punta delle dita.

"Se Phoenix avesse scoperto qualcosa, qualche Protocollo della Congrega riguardo ai Custodi, e avesse cercato di informarci? Avrebbe senso, no? Avrebbe senso anche che loro...".

Quella volta fu lui a interrompersi. L'altro sollevò lo sguardo e lo inchiodò con le sue iridi di metallo.

"Che loro lo abbiano fatto fuori?".

Eagle trattenne il respiro e non rispose. Raven si lasciò sfuggire una risatina amara.

"Non riesci nemmeno a dirlo, eppure sai che è possibile. Sei più vicino al vero tu di chiunque di noi. Il messaggio è chiaro: perfino il nostro sacrificio per portare a compimento l'Opera non sarà considerato sufficiente se ci allontaniamo troppo dalle richieste e dalla volontà della Congrega. Da quando ha messo piede a Fulham, il nostro focoso Phoenix non si è dimostrato esattamente un agnellino. Non hanno mai saputo contenerlo, fin dal principio. Solo che prima dell'Opera gli era necessario, mentre adesso... Non mi sorprenderebbe se la fretta che hanno di trovargli un pezzo di ricambio sia dovuta alla decisione di liberarsi definitivamente di lui".

Un velo di tristezza si distese sugli occhi dell'altro Custode.

"Pezzi di ricambio. Dici sempre così. Non potresti trovare qualcosa di più... umano?".

"Non c'è niente di umano", replicò Raven inflessibile.

A Eagle non restò altro da fare che rassegnarsi di fronte a quella sentenza tanto definitiva.

"A questo punto", concluse, "se hanno potuto farlo allora, non vedo perché non potrebbero rifarlo adesso. Soprattutto appena avranno la certezza che Charles può prendere il suo posto".

Per alcuni, interminabili minuti, nessuno parlò. I due ragazzi rimasero a fissare le figure complesse disposte sul tavolo, senza osare scambiarsi lo sguardo. Poi Raven sospirò, si drizzò sulla sedia e si sforzò di proseguire in quella lettura.

"La lama della Temperanza dovrebbe riguardare te. In fondo sei tu che passi la vita a tenere in equilibrio l'Acqua e il Fuoco. Quello che è scritto dopo, però, è parecchio confuso".

Per un istante le sue dita passarono sopra la nera figura del Diavolo. Un fremito gli attraversò il cuore e gli salì alla gola, e lui dovette sforzarsi per contenerlo, per non mostrarlo.

Presto o tardi il Diavolo dovrà essere affrontato...

In un rapido momento di vertigine gli parve quasi di sentirla, la voce del vecchio Phoenix che lo inchiodava alla propria responsabilità, e si chiese se non avesse vissuto quella carta sulla propria pelle appena qualche giorno prima. Si passò una mano sugli occhi come se quel gesto potesse cancellare l'immagine di se stesso e di Swan, dei fantasmi e del baratro che avevano sfiorato. Impiegò tutto il proprio autocontrollo per non prolungare oltre quell'esitazione che avrebbe potuto rivelare a Eagle quanto tormentata fosse la sua anima. Schivò il suo sguardo e proseguì con lo stesso tono.

"Da questo punto in poi non riesco a capire se le indicazioni riguardano il passato, il presente o il futuro. Di certo possiamo stabilire che la coda del Pavone non ha ancora fatto crollare la Torre o me ne sarei accorto", sogghignò, cercando di infondere una leggera soddisfazione a quella conclusione.

Eagle sollevò un sopracciglio e lo guardò con una strana inquietudine negli occhi.

"Quindi è possibile che ciò che segue debba ancora avvenire", proseguì Eagle scegliendo di non commentare quell'uscita di Raven e tornando a concentrarsi sui disegni. "Il Corvo nella carta delle Stelle, la Luna e il Sole siamo tu, Swan e io, e già lo sappiamo. Phoenix non è più menzionato?".

Raven scosse il capo.

"Pare di no".

Eagle riprese in mano il libro che giaceva sul bordo del tavolo e rilesse l'ultima annotazione con aria perplessa.

"Chi sono Colui che è morto e Colui che è vivo?", domandò dopo un po'.

Gli occhi grigi di Raven si strinsero a quella richiesta. Il suo viso assunse nuovamente la sua perfetta maschera di impenetrabilità.

"Non ne ho idea", rispose.

"Ah, no?".

La voce di Swan, alle sue spalle, lo fece sobbalzare. Eagle sollevò il capo di scatto. I suoi occhi abbandonarono il libro e si puntarono sulla ragazza, mentre le sue labbra si schiudevano per la sorpresa. Lei era ferma sul vano della finestra, le gambe sottili incrociate sotto l'ampio maglione, le braccia strette al petto. Li osservava, chissà da quanto, con uno sguardo azzurro e freddo.

"Perché non glielo dici?", proseguì decisa.

"Dirmi cosa?", biascicò Eagle, senza riuscire a staccare gli occhi dalla sua figura.

Raven abbassò le ciglia e increspò le labbra in una smorfia di disappunto. Swan fece qualche passo verso di loro e si fermò contro il tavolo, osservandolo dall'alto con severità.

"Non ha più senso che lui sia l'unico a non sapere la verità", scandì dura.

Gli occhi dorati del ragazzo passarono rapidamente dall'uno all'altra, scandagliando quel muto scontro che stava avvenendo tra la decisione di Raven e la caparbietà di Swan.

Alla fine fu lei a mettere fine alla partita.

"Raven è morto durante l'esplosione di fuoco che ci ha permesso di salvare la Terra", spiegò senza allontanare gli occhi da Eagle, mentre l'inglese sembrava intento ad arginare la voglia di strangolarla.

L'altro Custode sgranò gli occhi e fissò con sorpresa il volto contrariato dell'amico.

"Tu sei... morto?".

"Sì", si limitò a confermare lui con tono sbrigativo. "E Phoenix mi ha riportato in vita con il potere della Fenice".

Sul viso di Eagle si disegnò un ventaglio di variabili espressioni che illustrava un rapido alternarsi di discordanti emozioni.

"Phoenix resuscita le persone?", chiese infine incredulo.

"Nah, non ha mica dei super-poteri!", sbottò Raven svogliato. "È stato possibile solo in quella determinata circostanza. C'erano delle condizioni eccezionali: la perfetta posizione dei pianeti, l'allineamento particolare delle costellazioni, tu e Swan di sopra che stavate... vabbe', lasciamo stare".

Eagle parve incapace di registrare l'imbarazzo di Raven. La sua mente sembrava essersi soffermata su una singola idea.

"Tu sei morto e sei tornato in vita", ripeté lentamente, come se dovesse ancora convincersi di quella realtà. "Mi sembra incredibile".

Raven lo squadrò accigliato, chiedendosi quando si sarebbe deciso a cambiare argomento.

"Perché?", domandò annoiato.

"Perché un'esperienza del genere dovrebbe segnarlo, un uomo. Dovrebbe sconvolgergli l'esistenza. Tu, invece, non sei cambiato di una virgola".

"Grazie, Eagle!", ironizzò l'inglese. "Rinfrescami la memoria, ti prego: non eri tu l'empatico del gruppo?".

Il ragazzo continuò a sorridere ancora per qualche istante, senza smettere di fissarlo, poi la sua espressione si fece di colpo seria, come se la mente lo avesse riportato di colpo al presente, e il presente non gli avesse fornito più alcun motivo per essere felice.

"Lo sono ancora", confermò. "Infatti so che in questo momento hai paura".

Raven si immobilizzò. Era vero. Nemmeno lui era mai riuscito a sfuggire completamente alla sua empatia. L'unica cosa che lo aveva salvato tante e tante volte era stato il tatto posseduto dall'amico, quella grazia nel capire e nel non commentare ad alta voce. Quel giorno, però, Eagle aveva scelto di percorrere un'altra via.

"Stai cercando di nasconderla in tutti i modi, ma io la percepisco ugualmente. Vorrei solo che tu mi dicessi cosa pensi davvero".

Inaspettatamente, Raven si accorse di avere, per la prima volta, un bisogno quasi fisico di condividere con qualcun altro il peso delle proprie angosce.

"Se il vecchio Phoenix aveva scoperto qualcosa", cominciò allora, senza più curarsi di nascondere la sua preoccupazione, "significa che faceva già parte dei programmi di Fulham. Prescinde dall'Opera e da quello che era il nostro compito di allora. Sembra avere a che fare con la nostra esistenza, con cosa avrebbero dovuto farne di noi una volta finito tutto. Ammesso che abbia voluto avvertirci, questo messaggio nella bottiglia ci arriva da troppo lontano. Siamo dannatamente in ritardo. Siamo indietro di sei anni rispetto a loro".

"Me ne stai facendo una colpa?", domandò Eagle con l'aria di chi si è già abbondantemente flagellato da sé.

"No. Gli eventi procedono sempre come devono. Se anche lo avessimo scoperto prima, è probabile che non avremmo capito nulla. Senza Charles, la Congrega non avrebbe messo in moto la macchina e noi non saremmo qui a discuterne. Tuttavia continuo a non capire perché abbiano scelto proprio questo momento per farlo".

Swan, che fino a quel momento era rimasta immobile, ad ascoltare, si inginocchiò accanto a lui. Si aggrappò alla sua sedia e gli sfiorò il braccio con le dita. Cercò di spiare la sua espressione dal basso, anche se lui aveva chinato il capo cercando di nasconderle gli occhi.

"Hai paura che scoprano quello che stai facendo davvero, non è così?".

Raven sospirò. Eagle pensò, in quel momento, che non gli aveva mai visto in volto un'espressione tanto afflitta.

"Credevo di essere in vantaggio e non lo sono", ammise lui infine. "Mi sono infilato nella tana del lupo quando probabilmente il lupo non aspettava altro da me".

Anche lei, a quelle parole distolse lo sguardo, senza interrompere il contatto con la sua pelle.

"Hai paura di fare la fine del vecchio Phoenix?", domandò con un filo di voce.

"Oh, con me non è così facile. La mia Casata è la più potente della Congrega. Non possono farmi fuori senza conseguenze. Staranno cercando un altro modo per mettermi da parte o per controllarmi".

Esitò un istante, sembrò considerare un'idea.

"O forse l'hanno già trovato", concluse.

Durante quel triste scambio di battute, Eagle non aveva detto una parola. Si era limitato a osservare la scena come uno spettatore silenzioso di un dolore dentro il quale non riusciva a entrare, o dal quale non riusciva a uscire. D'un tratto scostò la sedia, si alzò in piedi e raggiunse il limite del terrazzo. Puntellò i gomiti sul bordo, affondò il mento tra le mani e rimase a guardare Londra che si stropicciava e si agitava sotto i suoi occhi.

Un vento gentile si levò a scompigliargli i capelli, allontanandogli le ciocche bionde dal viso. Sembrava che l'Aria lo stesse accarezzando maternamente, che volesse consolarlo di qualche affanno.

"È assurdo", scandì dopo un po' con voce desolata, rivolgendosi allo spazio che lo sovrastava. "Possibile che la nostra vita debba essere sempre segnata da qualcosa che dobbiamo fare? Possibile che non si possa mai deviare da questo piano aberrante che qualcuno sembra aver scritto per noi?".

Raven, dalla sua poltrona, gli rivolse un'occhiata pensierosa che l'altro ragazzo non poteva vedere. Prescelto e Predestinato, per il Custode della Terra, erano sempre stati due concetti che si sfioravano da vicino e, alle volte, si sovrapponevano.

"Tu non credi alla predestinazione, Eagle?".

"Non so se ci credo", rispose senza voltarsi. "In generale, no. Ma so che, in un modo o nell'altro, ho sempre cercato di sfuggire a quest'idea. Ho provato a confondere le carte, ad aggrovigliare i fili della sorte, spostandomi da un posto all'altro di testa mia, senza mai seguire un ordine. Ma alla fine, a che è servito?".

Si drizzò sulla schiena, si girò finalmente a guardare i suoi due compagni. Sorrise debolmente e, per la prima volta nella sua vita, quel compito gli parve arduo, al di sopra delle sue stesse forze.

"Siamo di nuovo qui", concluse con una punta di amarezza. "Al punto di partenza. Di nuovo a discutere su come realizzare qualcosa di impossibile".

Raven si strinse lievemente nelle spalle, sfoderando l'espressione che sfoggiava sempre quando voleva apparire superiore alla sua stessa sorte.

"Secondo la logica e la scienza comuni", commentò freddo, "noi non dovremmo nemmeno esistere, quindi siamo chiamati per natura a tentare l'impossibile".

"Forse non dovremmo", ribatté Eagle, "però esistiamo. E abbiamo diritto all'esistenza e alla scelta come qualsiasi altra creatura. Non certo a essere perennemente degli strumenti".

A quelle parole, Swan si sollevò lentamente in piedi, distolse lo sguardo da Raven e lo indirizzò a Eagle. I suoi occhi azzurri brillavano di una luce inusuale, come se quelle parole avessero toccato una corda nascosta nel fitto intreccio del cuore.

"Su un punto ti sbagli", replicò decisa. "Non siamo più gli strumenti. Non siamo gli stessi di un tempo. Siamo sopravvissuti, siamo diventati più forti. E siamo ancora tutti e quattro insieme, nonostante tutto. Per questo dobbiamo almeno provare a realizzare quello che crediamo impossibile".

Si interruppe e sorrise lievemente, addolcendo l'espressione dura con cui gli si era rivolta. Tirò vicino a sé una sedia, prese posto accanto a Raven e fece cenno a Eagle di tornare al tavolo.

"E adesso mettiamoci al lavoro".

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