Laminae [SEQUEL di OPERA]

By Dragonfly_Ren

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***ALERT*** Questa storia è il SEQUEL di OPERA. Se potete scegliere di leggere OPERA come storia autoconclus... More

DOORS TO HEAVEN
1.1 A strange place called home
1.2 And you let her go
1.3 Colorblind
1.4 Bittersweet memories
1.5 Don't play with fire
1.6 Love is Colder than Death
1.7 Someone like you
1.8 Universal tongue
1.9 Guilty pleasure
1.10 Sadness is but a wall between two gardens
1.11 Spare parts
1.12 Know who you are
1.13 As long as you loved me
1.14 All water has a perfect memory
1.15 Dancing on the edge
FIX YOU
2.1 Gazing across the wasted years
2.2 How to save a life
2.3 Trouble in Paradise
2.5 Innocence lost
2.6 Trying to get back to where it was
2.7 Happy families are all alike...
2.8 Message in a bottle
2.9 Read your Tarots well
2.10 Back to black
2.11 In need of repair
2.12 Tower's Callin'
2.13 The Star
2.14 Falling slowly
2.15 The Moon
STAND MY GROUND
3.1 Time to call your bluff
3.2 Into the darkness
3.3 Come Hell or High Water
3.4 Excuse me while I kiss the sky
3.5 The Sun
3.6 Soul has weight
3.7 Hush, little baby, don't say a word
3.8 What lies beneath
3.9 What strength I have's mine own
3.10 The driving force of all nature
3.11 Judgement / The World
3.12 Chains of silver and chains of gold
3.13 All of you
3.14 Hopefully
3.15 Pigeons
I THINK WE'RE ALONE NOW
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò

2.4 Demons

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By Dragonfly_Ren

Raven si richiuse la porta dell'appartamento alle spalle e vi si poggiò contro. Era riuscito a portare a termine un'altra giornata. Con gli occhi chiusi, si lasciò andare a un profondo sospiro, come un corridore che ha raggiunto la meta e può accasciarsi a terra senza vergogna.

Quando sollevò le ciglia, si accorse che Swan lo stava fissando. Era sul divano, al buio, semi-avvolta da una coperta. Quella vista, alla quale non era abituato, lo disorientò.

"Che fai ancora sveglia?".

"Non riuscivo a dormire. Non volevo disturbare Charles, così ho pensato di aspettarti qui".

Lui non disse nulla. Si liberò del cappotto e della cravatta, allentò i primi bottoni della camicia e si diresse verso l'angolo della cucina. Accese una sottile linea di luci che illuminò quello spazio lambendo appena il resto della stanza, poi cominciò a versarsi del liquido ambrato in un bicchiere basso.

Swan lo osservava dal suo nascondiglio. Avrebbe voluto rimproverarlo perché era diventato così indulgente nei confronti dell'alcol, ma si rese conto che in quel momento era talmente nervosa che sarebbe stata più credibile accettando un drink a sua volta.

Si sollevò, lo raggiunse, prese il bicchiere tra le mani e rubò un sorso prima di appoggiarlo sul ripiano. Raven la fissò stupito da quel gesto. Stava per lanciarle una della sue battutine, ma lei lo anticipò.

"Raven, siamo davvero al sicuro qui?".

Lui percepì la pulsante preoccupazione che galleggiava sul fondo della sua voce e si sforzò di non cedere alla paura. Si concentrò sul compito di riportare il liquido al livello precedente per non doverla guardare.

"Non esiste un posto sicuro", replicò con finta noncuranza. "Diciamo che siete abbastanza al sicuro. Non gli interessa ficcare il naso, sanno cosa ci vengo a fare di solito".

Con sua enorme sorpresa, la ragazza rise piano.

"Non avrei mai immaginato di essere così tanto sollevata a questo pensiero", commentò dolcemente ironica.

Raven, tuttavia, non sembrò trovare divertente quella frase. Schivò sia lei che il suo sguardo e si diresse verso il terrazzo stringendo il vetro tra le mani.

"Non devi esserlo per forza", replicò con un tono rigido, che si ammorbidì un attimo dopo. "Non ne vado così fiero... con te".

Swan gli dovette quasi correre dietro per afferrare quelle ultime due parole. Si fermò sul vano della finestra e lo fissò da quel punto. Raven aveva appoggiato la schiena contro la balaustra e si era portato il whisky alle labbra. I suoi occhi grigi la osservavano dal bordo ricurvo, ma non avevano il solito luccichio da predatore. Sembravano spenti, affogati dalla penombra della notte che li circondava. Sentì un brivido che l'attraversava, brusco come una frustata e triste come un cielo d'ottobre. Fece qualche passo verso di lui, che continuava a sorseggiare il drink e a guardarla senza una parola.

"E non avrei mai immaginato che ti potessi sentire tanto solo", concluse piano, quasi si vergognasse di esprimere quella considerazione ad alta voce.

Raven abbassò il bicchiere e sollevò la testa con fare deciso.

"Non è un problema", ribatté come se le sue osservazioni non lo toccassero. "Sono sempre stato solo".

A quella frase il cervello di Swan reagì in maniera diversa dal solito: le inviò la conferma che stava mentendo. Dopo aver creduto alle sue bugie per anni, si accorse di aver infine imparato a riconoscerle senza bisogno di aiuto. Scoprire che l'effetto dell'incantesimo di Raven su di lei era finito le trasmise l'euforia di una bizzarra vittoria, la sicurezza di essere la più forte. Si avvicinò ancor più, fermandosi a un sospiro da lui, e gli posò una mano sulla guancia con tutta la dolcezza di cui si sentiva capace in quella notte.

Il calore di quel contatto si trasmise al corpo di Raven come una scarica elettrica. Non reagì, ma non riuscì a sottrarsi al suo tocco. Socchiuse gli occhi e si attardò in quella carezza, strofinandosi impercettibilmente contro le sue dita.

"Non stuzzicare il cane che dorme...", mormorò.

Le parole gli vennero fuori come una preghiera spezzata, come non avrebbe mai pensato di pronunciarle, lui così abituato a farsi desiderare, a farsi implorare.

Swan ignorò quella supplica. Indifferente come una dea, si tese quel tanto che le occorreva perché le sue labbra non potessero sfuggirle. Serrò le palpebre come si fa prima di un tuffo in mare, poi si lasciò precipitare in quel bacio che Raven accolse senza protestare.

Fu una sensazione del tutto sconosciuta, quella che provarono, quasi non si fossero mai baciati prima di allora. Indugiarono nello studio indeciso di quel contatto, ma fu solo una breve sospensione prima di prendere fuoco. Le loro bocche, infine, si riconobbero e si incollarono, schiudendosi in un bacio affannoso e disperato che lasciò entrambi senza fiato.

C'era qualcosa di ossessivo, di febbrile, nel modo in cui si cercavano. Sembravano più intenti a scavarsi dentro che a baciarsi, alla ricerca di un tesoro prezioso che non riuscivano ad afferrare. Quando le mani di Swan gli scivolarono sul collo e si serrarono sulle sue spalle, un lampo si accese nella mente di Raven, come un bagliore che squarcia il sereno della notte. Le strinse un braccio e la allontanò da sé con un gesto risoluto.

"Smettiamola, Swan!", biascicò sgomento. "È troppo sbagliato".

Lei sbatté le ciglia, come se la sua voce l'avesse risvegliata bruscamente da un sogno.

"Sbagliato?".

Si ritrasse di un passo e lo fissò confusa. Era convinta che anche lui l'avesse desiderato, persino più di quanto lo avesse desiderato lei. Quale pensiero poteva giustificare quella reazione? Ne ebbe un vago sospetto, sufficiente a metterla di cattivo umore.

"Io sono libera", puntualizzò lievemente seccata. "Per quanto ne so, lo sei anche tu. Non stiamo facendo torto a nessuno".

Raven approfittò di quel momento per sottrarsi alla sua vicinanza e scivolare di lato. Riportò il bicchiere alle labbra, come se avesse voluto annullare il sapore di ciò che era appena avvenuto.

"Discutibile", stabilì con il suo insopportabile tono distaccato. "In qualsiasi caso, non dovremmo".

Swan lo fissò accigliata. Era, quello, l'atteggiamento di lui che più detestava: quando agiva come se volesse cancellare un accadimento svuotandolo di ogni suo valore. Quella sua forma di negazione, che sembrava volerla sminuire, la rendeva aggressiva. La portava a tirare fuori frasi diverse da quelle che aveva avuto in mente di pronunciare.

"Quindi non importa se in questo momento io ti voglio e tu mi vuoi?".

Raven rise in maniera fastidiosa.

"Tu mi vuoi?", scandì con tono pungente. "Abbiamo già chiarito questo punto, mi pare: tu non hai idea di ciò che vuoi. Hai solo voglia di provare un'emozione nuova, di dimostrare qualcosa a te stessa o a qualcun altro. Non è me che vuoi, persino uno stupido lo capirebbe!".

Lei si drizzò sulla schiena come se dovesse prepararsi a fronteggiarlo in duello e lo squadrò con aria di sufficienza.

"Se anche fosse? Mi spieghi che problema c'è?", ribatté piccata. "Fai sesso con un mucchio di donne senza avere una relazione con loro. Lo fai per noia, per attrazione o solo perché in quel momento ti gira così, e immagino sia lo stesso per molte di loro. Adulti consenzienti che vogliono passare la notte insieme... che cambia?".

Raven poggiò con rabbia il bicchiere sul tavolino di vetro, rischiando di mandare in frantumi entrambi in un colpo solo. Incrociò le braccia sul petto e sbuffò esasperato.

Perché quella ragazza continuava a snervarlo a quel modo? Perché si ostinava sempre a non voler capire? In quel momento avrebbe voluto allo stesso tempo darle uno schiaffo e scaraventarla sul proprio letto. Un letto che, per sua enorme fortuna, era già occupato.

"Che tu non sei una di loro, Swan", ammise infine, dichiarando la cosa più dolce che aveva in mente con la voce più dura che avesse mai utilizzato. "Tu non sei... quello".

Swan parve cogliere solo l'essenza amara di quelle parole. Scosse il capo e lo guardò con cattiveria.

"Oh, povero Raven... e cosa? Stai dicendo che ti sentiresti usato da me?".

Nell'udirla, lui rimase di sasso. Quella domanda provocatoria lo inchiodava e lo accusava ancora una volta, come una tardiva e perversa vendetta. Non replicò. Rimase impassibile, deciso ad ascoltare quel discorso fino alla fine.

"Magari potrebbe farmi piacere, sapere cosa si prova. Magari potrebbe essere bello, per una volta, stare dall'altra parte", concluse lei con un sorriso di vittoria.

Raven replicò con una smorfia e girò lo sguardo altrove.

"Sei infantile, Swan. Perché insisti ancora su questa faccenda?".

"Forse perché non ne abbiamo mai parlato sul serio?".

Lui sollevò un sopracciglio, lievemente alterato.

"Era piuttosto difficile parlare con qualcuno che non mi rivolgeva la parola, sai?".

Swan sgranò gli occhi e lo fissò stupita.

"Me ne fai una colpa, dopo il modo in cui mi hai trattata?", urlò, senza più controllare il tono della voce. "Hai pensato che biascicare due paroline di scusa fosse sufficiente e poi non hai più cercato un chiarimento!".

"Oh, perdonami se non ho trovato il tempo. Ero troppo occupato a bruciare vivo per salvare il resto del mondo!", replicò Raven d'istinto, ormai esasperato.

A quelle parole lei tacque di colpo. La sua espressione furiosa sfumò nella sorpresa, poi nel timore.

"Che stai dicendo?".

"Lascia stare".

Swan non rinunciò. Si lanciò di nuovo verso di lui, gli serrò le braccia con le mani, cercò i suoi occhi sfuggenti.

"Che cosa è successo davvero, là sotto?".

"Non occorre più parlarne".

"Voglio saperlo. Voglio che tu mi dica la verità, per una volta. Tutta la verità. Su quello che è successo con Phoenix, su quello che è successo tra noi, su quello che siamo stati davvero".

"La verità...", mormorò Raven mentre una smorfia ironica gli increspava le labbra in una piega amara.

Chiuse gli occhi e scosse lievemente il capo, come se lei avesse fatto una richiesta talmente assurda da non poter essere presa sul serio.

"La verità fa sempre male".

"La verità, Raven!"

Lui studiò i suoi occhi accesi e capì che quella volta non lo avrebbe ascoltato. Non avrebbe rinunciato alle sue richieste.

Se parlo, non avremo più scampo, Swan...

La sua coscienza lo stava trascinando suo malgrado verso il baratro di un passato che era stato seppellito molto tempo prima e di cui Swan non sospettava nemmeno l'esistenza. Perché ciò che lei pensava fosse dolore - quello che lui le aveva inflitto mentendole sul suo amore - non era che l'estrema conseguenza di un altro dolore che non poteva immaginare, dal momento che l'aveva cancellato dalla propria memoria. Era di quella colpa antica e nascosta che Raven aveva bisogno di liberarsi.

Decise che l'avrebbe fatto quella notte, senza più rimandare. Le prese i polsi, li serrò con fermezza ma senza farle male, e l'attirò a sé. Le avrebbe detto la verità, esattamente come lei aveva chiesto, ma le avrebbe impedito di fuggire, perché se davvero dovevano cadere, allora sarebbero caduti insieme.

All'Inferno insieme, come era sempre stato nei suoi piani fin dal primo giorno.

"Io ti ho fatto molto male", iniziò risoluto. "Potevo salvarti e non l'ho fatto. Perché siamo uguali, noi due: stessa razza bastarda e disperata. E io avevo deciso che non volevo più restare da solo. Volevo che tu stessi con me per sempre, a condividere la mia vita. Perché l'Inferno sarebbe stato migliore se potevo attraversarlo con te. Non ho mai pensato alla tua felicità. Mai, nemmeno per un istante".

Lei cercò di sciogliersi dalla stretta, come se liberandosi dalle sue mani potesse sfuggire a quelle frasi che la stavano colpendo come coltelli.

"Non dire così, Raven!", esclamò, tentando disperatamente di salvarsi e di salvarlo. "Ok, mi hai ferita, mi hai mentito, ti sei preso quello che hai voluto senza alcun amore, ma insomma... avevamo vent'anni! Si fanno un mucchio di errori, a vent'anni. Possiamo ancora parlarne. Possiamo chiarire tutto e lasciarci il passato alle spalle".

Raven scosse il capo e la tenne ferma di fronte a sé. Doveva ancora arrivare al fondo di quel discorso. Solo allora l'avrebbe lasciata andare. Solo allora avrebbe accettato di vederla fuggire via da lui.

"Tu non capisci. Non sto parlando di sette anni fa, quando stavamo insieme. So per certo di averti fatto molto male, e non perché ti ho mentito o perché ho tradito la fiducia che tu avevi riposto in noi. L'ho fatto prima. Molti anni prima. Quando ti ho tirato fuori il Potere con la forza. Quando ti ho stravolto la mente al punto da farti dimenticare tutto".

Prese una pausa per scrutarle il viso. Swan aveva rinunciato a fare resistenza e i suoi occhi non lo lasciavano un attimo, in attesa del resto della storia.

"Sono stato io la lama, quando ti hanno messa alla prova. Forse, se lo avessi ricordato, mi avresti già ucciso per quello che ti ho fatto, ma la tua mente ha deciso di cancellare quel momento. Tutto il resto, io e te insieme, è stato poco più che un gioco da ragazzi. Ti sei mai chiesta perché è stato così facile creare l'alchimia fra noi? Perché era così incredibile anche solo sfiorarci? Lo è persino adesso, incredibile, anche se non provi nulla per me. Perché credi che ci succeda questo, di perdere completamente la testa con un solo bacio? Te lo dico io, Swan: perché ho stabilito un legame al quale non possiamo sottrarci. Perché io posso farti tremare con una carezza, così come tu riesci ogni volta a mandarmi in pezzi e farmi annegare".

Lasciò la presa mentre le piantava dentro quelle ultime parole, pronunciate con dolore e rassegnazione. Swan si divincolò e si ritrasse. Si fissò i polsi per qualche istante, poi levò su di lui uno sguardo titubante, come un animaletto ferito liberato dal suo predatore un attimo prima di essere azzannato.

"Ti hanno usato come Elemento scatenante durante la mia Prova?".

Raven non rispose, ma il modo in cui chinò il capo e sfuggì il suo sguardo fu sufficiente.

"Non è stata colpa tua", mormorò la ragazza dopo qualche istante. "Eri un ragazzino, non avevi scelta".

"Abbiamo sempre una scelta", obiettò con amarezza.

Swan sembrava distante anni luce da lui. Lui che non riusciva a pensare a niente, tranne al fatto che, a quel punto, non poteva che suscitarle orrore.

"Una scelta?", le sentì ripetere infine, con il tono di chi sta seguendo un proprio ragionamento e non si aspetta davvero una risposta. "E tu hai scelto di morire laggiù, non è vero? Non ci avete mai raccontato cosa vi è accaduto con esattezza. Avete sempre detto che tutto era andato bene, ma... tu sei morto e Phoenix, in qualche modo, ti ha riportato indietro".

"È dovuto morire anche lui per farlo e nel suo caso non era necessario, quindi è Phoenix il vero eroe della storia".

Con sua enorme sorpresa, Swan si tese verso di lui e gli prese la mano nella sua.

"Raccontami tutto. Di quel primo giorno a Fulham. Voglio sentirlo".

Raven non riuscì a sostenere la sicurezza di quell'affermazione e istintivamente chiuse gli occhi. Per una volta era lei ad averlo spiazzato, lei ad avere il controllo.

Lo aveva compreso anche Swan. Così, senza alcun preavviso, gli cinse la vita con le braccia e si abbandonò contro il suo petto.

Raven sobbalzò di fronte a quel contatto inaspettato. Sollevò appena la testa, sfiorandole i capelli con il viso, poi fissò stupito la chioma argentea che riluceva contro di lui. Era incredibile, quello che vedeva. Ancor più incredibile il modo furioso in cui sentiva il suo cuore battere contro l'orecchio di Swan.

"Io ti ho condannata", ribadì.

"Forse. Ma non è sicuro. Quello che è certo è che stai facendo di tutto per salvarmi adesso".

Raven esitò un istante. Era sorpreso dal modo nuovo, sconosciuto, con cui percepiva il suo calore addosso, con cui le parole di lei stavano accarezzando le sue vecchie ferite. Timidamente, come non gli era mai capitato di fare prima, le passò un braccio attorno, la serrò ancor più a sé e sentì che una parte di dolore poteva ancora essere cancellata.

__________________________

SOUNDTRACK:

Non c'è mai stato il capitolo senza questa canzone, né questa canzone può esistere più, per me, senza il capitolo.

La versione live di Demons è stata la melodia che ha accompagnato questa scena fin dalla prima parola, al punto che ho deciso di usare lo stesso titolo, anche se originariamente ne avevo messo uno diverso. Non potevo non farlo. Perché tra queste note io vedo Raven in spirito, assieme ai demoni che non sa contrastare (Voglio nascondere la verità/Voglio proteggerti/Ma con questa bestia dentro/Non c'è posto in cui possiamo nasconderci), alla sua terribile attrazione nei confronti della luce (Io voglio salvare quella luce/Non posso sfuggire da questo adesso/a meno che tu non mi mostri come fare) e alla sua stupida convinzione di meritare l'Inferno (Dicono che dipende da quello che fai/Io dico che dipende dal destino/È intrecciato con la mia anima).

"When the days are cold
And the cards all fold
And the saints we see
Are all made of gold
When your dreams all fail
And the ones we hail
Are the worst of all
And the blood's run stale
I wanna hide the truth
I wanna shelter you
But with the beast inside
There's nowhere we can hide

No matter what we breed
We still are made of greed
This is my kingdom come
This is my kingdom come

When you feel my heat
Look into my eyes
It's where my demons hide
It's where my demons hide

Don't get too close
It's dark inside
It's where my demons hide
It's where my demons hide

At the curtain's call
It's the last of all
When the lights fade out
All the sinners crawl
So they dug your grave
And the masquerade
Will come calling out
At the mess you've made
Don't wanna let you down
But I am hell-bound
Though this is all for you
Don't wanna hide the truth

...

They say it's what you make
I say it's up to fate
It's woven in my soul
I need to let you go
Your eyes, they shine so bright
I wanna save that light
I can't escape this now
Unless you show me how"

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