Laminae [SEQUEL di OPERA]

By Dragonfly_Ren

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***ALERT*** Questa storia è il SEQUEL di OPERA. Se potete scegliere di leggere OPERA come storia autoconclus... More

DOORS TO HEAVEN
1.1 A strange place called home
1.2 And you let her go
1.3 Colorblind
1.4 Bittersweet memories
1.5 Don't play with fire
1.6 Love is Colder than Death
1.7 Someone like you
1.8 Universal tongue
1.10 Sadness is but a wall between two gardens
1.11 Spare parts
1.12 Know who you are
1.13 As long as you loved me
1.14 All water has a perfect memory
1.15 Dancing on the edge
FIX YOU
2.1 Gazing across the wasted years
2.2 How to save a life
2.3 Trouble in Paradise
2.4 Demons
2.5 Innocence lost
2.6 Trying to get back to where it was
2.7 Happy families are all alike...
2.8 Message in a bottle
2.9 Read your Tarots well
2.10 Back to black
2.11 In need of repair
2.12 Tower's Callin'
2.13 The Star
2.14 Falling slowly
2.15 The Moon
STAND MY GROUND
3.1 Time to call your bluff
3.2 Into the darkness
3.3 Come Hell or High Water
3.4 Excuse me while I kiss the sky
3.5 The Sun
3.6 Soul has weight
3.7 Hush, little baby, don't say a word
3.8 What lies beneath
3.9 What strength I have's mine own
3.10 The driving force of all nature
3.11 Judgement / The World
3.12 Chains of silver and chains of gold
3.13 All of you
3.14 Hopefully
3.15 Pigeons
I THINK WE'RE ALONE NOW
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò

1.9 Guilty pleasure

194 11 199
By Dragonfly_Ren

Anche se aveva chiuso gli occhi, la situazione non era migliorata. Dal momento in cui Raven aveva smesso di guardarla, era stato il profumo dei suoi capelli a giocare con lui e a invadergli i pensieri. Era stato il calore di quel corpo vicinissimo al suo a trasmettergli un'agitazione che non sapeva più come contrastare.

Sospirò e sollevò nuovamente le palpebre: niente da fare, Swan era ancora lì.

Non era svanita come una di quelle fantasie che, di tanto in tanto, coloravano i suoi pensieri. Anzi, era ancora più dolce. In quell'abbandono, il suo viso aveva perso la tensione che talvolta lo contraeva, ombreggiandola di una inquieta maturità. Sembrava di nuovo la ragazza di un tempo, con le labbra bocciolo di rosa che non erano state ancora baciate a dovere, con le ciglia chiare che nascondevano dubbi e paure, con i capelli ribelli che somigliavano alle onde del mare. Di fronte a quel fantasma che aveva ripreso vita, Raven capì che non avrebbe avuto abbastanza fiato per arrivare alla fine di quella corsa.

Andarsene era senza dubbio la scelta più giusta, più coraggiosa da fare, ma lui non era mai stato un eroe, non aveva nemmeno tentato di esserlo. Era solo l'uomo versatile e scaltro che muoveva gli altri restando immobile. Non era che questo e, sebbene fosse in grado di persuadere chiunque altro, non aveva senso convincere se stesso di avere un valore che non possedeva.

Chiuse nuovamente gli occhi e quella volta lo fece solo per non guardarsi affondare, come uno che annega in mare. Sollevò le dita di una mano e le adagiò sulla guancia di Swan.

Lei sospirò lievemente, ma non si mosse, non fuggì da lui. Con un gesto teso, misurato, Raven cominciò a disegnare le linee del suo volto, risalì a sfiorarle i capelli, le accompagnò le ciocche dietro l'orecchio, scese a sfiorarle il collo.

Di colpo Swan sollevò le ciglia e lo inchiodò con lo sguardo. Sotto la minaccia di quelle iridi azzurre, lui si immobilizzò e trattenne il fiato.

"Raven", sussurrò con quel velo di tristezza che gli faceva sempre contrarre lo stomaco.

L'aveva detto una volta ancora, il suo nome. L'aveva detto come una preghiera. Resistere non aveva più senso.

Senza aggiungere altri inutili pensieri alla tensione di quella notte, Raven si spostò quel tanto che gli bastava per annullare ogni distanza. Sfiorò la punta del naso di Swan con il suo, le concesse il tempo di sfuggirgli e, sentendo che lei non si era ritratta, cominciò a giocare con le sue labbra.

Sapevano di miele, di whisky e di ricordi. Risentire quel tocco, quel sapore che era ben distinto nella sua memoria, lo catapultò indietro. Erano di nuovo loro, Raven e Swan. Avevano poco più di vent'anni e la vita era ancora sospesa, indecisa, piena di possibilità.

La bocca di Swan si strofinò piano sulla sua, come un silenzioso invito. Raven, che fino a quel momento aveva saggiato il terreno con timore, muovendosi sul filo di carezze distratte, pronto a farsi indietro se lei si fosse irrigidita, tolse la sicura al proprio istinto. La mano corse a prendere possesso della sua nuca e lui affondò in quel bacio sospirato, cercandole la lingua come se ne fosse stato il padrone.

Si fermò solo per riprendere fiato e per concederle l'ultima possibilità di cambiare idea, ma Swan ansimava lievemente all'unisono con il suo respiro agitato, trasmettendogli la stessa ansia, la stessa emozione, la stessa passione sopita che si stava svegliando. La strinse a sé e piombò sulle sue labbra senza darle più scampo, mentre lei iniziava a sfiorare le sue ciocche corvine.

Nella precaria intimità di quella coperta che li avvolgeva, Raven si mosse con attenzione, in punta di dita, per non alterare quel fragile involucro che li proteggeva dalle insidie della notte, che li nascondeva dagli sguardi invidiosi delle stelle. Fece scorrere piano la zip che chiudeva la felpa di Swan, insinuò la mano a cercarle la pelle. Sollevò la stoffa quel tanto che gli bastava per imprimere il proprio tocco sulla sua carne. La serrò, strappandole un gemito soffocato dai baci, poi continuò a esplorare quel territorio che aveva già conosciuto. Si inebriò al pensiero di poter disegnare la curva del suo fianco e tremò quando il palmo incontrò i capezzoli tesi in attesa delle sue carezze, come se fosse la prima volta.

Le dita di Swan attraversarono il suo petto e si arrestarono contro il bordo dei suoi jeans. Giocherellarono con la stoffa, sfiorarono le asole della chiusura una dopo l'altra. A ogni bottone che si allentava sotto la pressione dei suoi polpastrelli, Raven sentiva il respiro venirgli meno. Ormai sul punto di soffocare, tirò fuori l'ultima, inutile carta dal suo mazzo di sterili difese.

"Swan, fermati", mormorò come una supplica forzata. "Fermati o io...".

Le sue parole furono mozzate da un sussulto nell'istante in cui la mano di lei scivolò dentro i suoi pantaloni. Si arrese definitivamente a quel momento quando si sentì accarezzare: non poteva più nascondere o negare in alcun modo la sua eccitazione, sempre ammesso che fosse ancora sua intenzione farlo.

In qualche angolo remoto della sua mente, la voce di Phoenix, distante anni luce, gli ripeteva una domanda impietosa: Non ti importa di Eagle?

Ogni volta che la udiva, uno spillo gli trafiggeva il cuore con insistenza, ma nemmeno quel dolore gli sembrava sufficiente per fermarsi. Cercò disordinatamente il nome di un dio qualsiasi a cui chiedere perdono per il peccato che stava per commettere, ma rinunciò subito a quell'impresa. Il tocco intimo di Swan stava cancellando ogni traccia residua di buonsenso e lucidità in lui. Abbandonò la dolce tortura dei suoi seni, corse a cercare l'elastico dei suoi pantaloni e lo spinse giù a scoprirle i fianchi. Lei lo assecondò. Scalciò via la stoffa e si liberò le gambe, poi afferrò la mano di Raven e la guidò tra le sue cosce.

Appena la sfiorò, un nuovo sussulto lo scosse, ancor più forte del primo. Quella volta, però, aveva un ché di familiare, di riconoscibile. Era come gli sbalzi che percepiva prima di un pericolo o di un terremoto. La sua parte residua di lucidità gli lanciò un messaggio dai contorni confusi: c'era qualcosa di diverso, di sbagliato. Non era mai stato così brusco, così frettoloso nelle tante occasioni in cui l'aveva amata. In più, era stato sempre lui a guidarla. Quella notte, invece, la loro musica aveva un ritmo del tutto diverso: era Swan a dirigere l'esecuzione. In qualsiasi altra situazione, con qualsiasi altra donna e se non si fosse sentito tanto coinvolto, avrebbe sicuramente cercato di ribaltare la situazione, chiarendo subito quale ruolo preferiva. Ma quella era lei. Lei che avrebbe potuto chiedergli tutto ciò che voleva.

Obbedì senza protestare perché non poteva sottrarsi alla tentazione di affondare le dita nel suo calore, eppure non riuscì a non emozionarsi trovandola subito pronta ad accoglierlo. Si diede dell'idiota per l'attimo di esitazione che aveva avuto: giunti a quel punto, che importanza poteva avere se si stavano baciando, spogliando, toccando con la frettolosa ruvidezza di due adolescenti alle prime armi, rinunciando per una volta alle sublimi seduzioni dell'amore apprese nel tempo?

Non avrebbero cercato la perfezione, non avrebbero cercato la dolcezza. Si sarebbero accontentati di annaspare in quella passione scabrosa e aspra, dove ritrovarsi e scavarsi l'anima a mani nude erano le uniche emozioni che contavano. Sarebbero stati ingenerosi e violenti, ingiusti e scorretti, perché in fondo era ciò che erano, e quello si meritavano.

Spinse a fondo le sue carezze, costringendo Swan a chiudere gli occhi, ad abbandonarsi al suo comando, a desiderare di avere di più. La baciò senza controllo e senza gentilezza, soffocandole i gemiti contro le sue labbra incalzanti. Lei capitolò, piegata al piacere dall'abile gioco delle sue dita, e iniziò freneticamente ad abbassargli i pantaloni, quanto bastava a liberarlo dagli ultimi ostacoli che li separavano. Quando finalmente ci riuscì, Raven si spinse contro di lei, strofinandosi ruvidamente contro la stoffa di quegli slip che era sul punto di strappare, tanto stava odiando la loro presenza. Affondò le labbra sul suo collo e sentì il respiro di Swan che gli arroventava l'orecchio.

"Ti voglio, Raven", lo tormentò la sua voce, con una nota da sirena che lui non le aveva mai udito prima.

Di nuovo, in modo irragionevole, quella strana vertigine lo colse, distorcendo le sensazioni esaltanti di quel momento. Raven rallentò impercettibilmente la sua corsa. Fu tentato di guardarsi attorno alla ricerca di quell'elemento fuori posto che sembrava disturbarlo, ma si accorse in un lampo di averlo già di fronte agli occhi.

Che cosa era diventata Swan, in tutto quel tempo che non l'aveva avuta accanto? Che emozioni aveva provato? Che passioni aveva sperimentato?

Si ritrovò con quelle domande in testa senza un vero motivo e senza sapere cosa farne. Stupidamente aveva immaginato di stringere tra le braccia la sua ragazza di un tempo, la timida Swan che si offriva con fiducia e si apriva come un fiore notturno al tocco delle sue mani. La verità di quel momento era, invece, che stava bruciando contro un corpo che non conosceva, che non apparteneva né ai suoi sogni, né alla sua memoria. Era una straniera, quella che stava aizzando la sua passione fino allo stremo. Smaliziata e per nulla disposta a cedergli lo scettro del potere, gli stava tenendo testa nel gioco dell'amore con una sensualità che lui doveva ancora scoprire, sulla quale era del tutto impreparato.

Si staccò da lei con un movimento brusco, si scostò per cercarle l'azzurro degli occhi in quella notte. La scrutò, ammaliato e perplesso allo stesso tempo, alla disperata ricerca di una risposta.

"Swan", mormorò a un millimetro da quelle labbra che non voleva più smettere di baciare, "dopo sarai di nuovo mia, come una volta?".

Nonostante avesse cercato di infondere in quella richiesta tutta la passione e la sicurezza del mondo, Raven si rese conto che la sua era stata solo una supplica disperata. Si pentì amaramente di averla formulata, e quel sentimento fu acuito dalla risata di Swan che gli colpì l'orecchio come una frustata. Una risata piena, che sgorgò dalla sua bocca rossa di passione un istante prima che lei socchiudesse gli occhi per guardarlo.

"Io non sono di nessuno", sussurrò cattiva e suadente. "Non appartengo a nessuno".

Raven si sentì gelare e, un istante dopo, avvertì una rabbia violenta che gli invase la testa con il calore di un vulcano. Provò una raffica di odio nei confronti di lei. Lei che lo torturava senza dargli nulla in cambio, che lo teneva incollato al suo corpo senza concedersi completamente. Lei che era libera, mentre lui era ancora incatenato a un sentimento distruttivo che non lo avrebbe mai portato da nessuna parte. Lei che tirava fuori la sua parte peggiore, facendolo sentire cattivo, colpevole, egoista.

Cattivo, colpevole, egoista...

Lo sarebbe stato, allora. Lo sarebbe stato fino alla fine e senza ritegno. Le bloccò le spalle con la mano, si fece scivolare la sua gamba sul fianco e le entrò dentro con un movimento secco, rabbioso. Swan gli piantò le unghie sulla schiena, poi assecondò i suoi movimenti prepotenti fino a strappare un gemito soffocato a entrambi.

֍

Raven spalancò gli occhi e per un attimo gli parve che attorno a lui non ci fosse più luce.

L'angosciante sensazione di precipitare lo aveva svegliato. Il cuore gli martellava ancora nel petto, il respiro era mozzato e irregolare. Sbatté le palpebre un paio di volte e cercò di mettere a fuoco la scena. Doveva essere sicuro, sicuro al cento per cento, che ciò che aveva dinnanzi era la realtà e che tutto il resto era stato solo un maledetto sogno.

Swan dormiva beata, rannicchiata contro il suo petto e vestita di tutto punto. Nel sonno, Raven doveva averle circondato la vita con un braccio, tenendola stretta a sé. La sua dolorosa, evidente erezione premeva contro di lei ma, per sua fortuna, le emozioni della giornata e il whisky che non era abituata a bere l'avevano stordita per bene. Era lui quello sveglio. Lui a dover fare i conti con la disastrosa situazione in cui doveva trovarsi la sua mente, se era riuscita a generare quell'incubo e a interpretare a suo piacimento segnali inesistenti.

Si sciolse delicatamente da quella stretta e si liberò dalla coperta. Non poteva restarle accanto un istante di più. Si lasciò scivolare giù dal lettino fino a cadere sull'erba e rimase lì, coprendosi il volto con le mani e tormentandosi i capelli con le dita.

Che diamine stava combinando?

Lui, proprio lui che conosceva perfettamente il problema che esisteva tra loro e cosa sarebbe potuto accadere! Era suo preciso compito vigilare e tenere gli occhi ben aperti. Che aveva fatto, invece? Quella volta si era avvicinato troppo, aveva ignorato il limite e le conseguenze si erano subito presentate a rammentargli la situazione. Aveva lasciato la paglia accanto al fuoco e per poco non era scoppiato un incendio.

Si alzò in piedi con uno scatto nervoso, che tradiva l'esasperazione che gli stava bruciando la testa e inumidendo gli occhi, e prese a passeggiare nervosamente lungo il bordo della piscina. Non si voltò mai, di proposito. Non riusciva a guardarla: gli sarebbe sembrato di poterla macchiare, di poterla trascinare di nuovo con sé all'inferno. 

Doveva proteggerla, Swan, non farla affondare di nuovo. Era quello il piano. Era sempre stato quello. Cosa aveva potuto mutare una situazione che sembrava ormai cristallizzata da tempo? E perché la sua coscienza stava andando in pezzi proprio in quel momento, quando era necessario più che mai restare saldi?

Si impose di guardare le stelle. Cercò di riportare il respiro a un ritmo normale, di calmare la ridda di pensieri che si agitavano senza posa, come nel cuore stesso della Terra.

Sapeva cosa andava fatto, era semplice: l'indomani avrebbe parlato con gli altri, avrebbe detto quello che aveva da riferire e poi sarebbe tornato a Londra senza perdere altro tempo.

Aveva un programma già stabilito da rispettare, doveva solo seguirlo. Nessuna variazione, nessuno scompenso, nessun dolore inopportuno.

Aveva già scelto il suo destino, gli bastava andare avanti e non voltarsi. Perché, se prima aveva solo paura del futuro, quella notte aveva avuto la conferma che anche il suo passato sapeva essere altrettanto spaventoso.

____________________

SOUNDTRACK:

La stesura di questo capitolo è stato parecchio complicata, per me. Spero non mi abbiate odiato troppo. Mi faccio perdonare lasciandovi qui un paio di strofe della canzone che ha fatto da sottofondo musicale alla mia immaginazione: Stay dei Thirty Seconds to Mars.

"It's not much of a life you're living
Not just something you take it's given
Round and around and around and around we go
Oh now tell me now, tell me now, tell me now, you know

Not really sure how to feel about it
Something in the way you move
Makes me feel like I can't live without you
It takes me out the way
I want you to stay

The reason I hold on
'Cause I need this hole gone
Funny you're the broken one
But I'm the only one who needed saving
'Cause when you never see the light
It's hard to know which one of us is caving"

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