Laminae [SEQUEL di OPERA]

By Dragonfly_Ren

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***ALERT*** Questa storia è il SEQUEL di OPERA. Se potete scegliere di leggere OPERA come storia autoconclus... More

DOORS TO HEAVEN
1.1 A strange place called home
1.2 And you let her go
1.3 Colorblind
1.4 Bittersweet memories
1.5 Don't play with fire
1.6 Love is Colder than Death
1.8 Universal tongue
1.9 Guilty pleasure
1.10 Sadness is but a wall between two gardens
1.11 Spare parts
1.12 Know who you are
1.13 As long as you loved me
1.14 All water has a perfect memory
1.15 Dancing on the edge
FIX YOU
2.1 Gazing across the wasted years
2.2 How to save a life
2.3 Trouble in Paradise
2.4 Demons
2.5 Innocence lost
2.6 Trying to get back to where it was
2.7 Happy families are all alike...
2.8 Message in a bottle
2.9 Read your Tarots well
2.10 Back to black
2.11 In need of repair
2.12 Tower's Callin'
2.13 The Star
2.14 Falling slowly
2.15 The Moon
STAND MY GROUND
3.1 Time to call your bluff
3.2 Into the darkness
3.3 Come Hell or High Water
3.4 Excuse me while I kiss the sky
3.5 The Sun
3.6 Soul has weight
3.7 Hush, little baby, don't say a word
3.8 What lies beneath
3.9 What strength I have's mine own
3.10 The driving force of all nature
3.11 Judgement / The World
3.12 Chains of silver and chains of gold
3.13 All of you
3.14 Hopefully
3.15 Pigeons
I THINK WE'RE ALONE NOW
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò

1.7 Someone like you

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By Dragonfly_Ren

Raven mise dolcemente a tacere il motore e non si mosse. Mantenne in equilibrio la moto per qualche istante prima di adagiarla sul cavalletto e scrutò il cielo d'inchiostro che sovrastava quello spazio immenso con le sue luci.

Era riuscito a tornare prima del previsto e fu grato ad Ailleann per la premura avuta quella mattina, di lasciargli una copia delle chiavi così da poter rientrare in qualsiasi momento senza dover svegliare nessuno.

Fece girare un paio di volte l'anello che racchiudeva il mazzo intorno all'indice, poi lo serrò in un pugno. Considerò il silenzio della casa, quindi si decise a smontare dalla sella e ad avviarsi verso l'ingresso.

Entrò e non accese nemmeno la luce. Era davvero un gatto, Raven: non aveva mai avuto problemi a muoversi in una stanza al buio. Attraversò il salotto e si fermò indeciso di fronte alla vetrata. Non gli sarebbe dispiaciuto chiedere a un po' di whisky di fargli compagnia prima di andare a dormire. Magari gli avrebbe dato una mano a prendere sonno. O a non sognare. O semplicemente a non sentire freddo.

Mentre valutava quell'idea, i suoi occhi si fermarono su un elemento che non apparteneva a quel panorama notturno, anche se sembrava fatto della stessa materia delle stelle: i capelli di Swan si muovevano nel vento, rilucendo in lontananza.

Raven si carezzò le labbra con un dito e mosse qualche passo in quella direzione. Lei era immobile, seduta sul bordo della piscina, e dondolava i piedi nudi nell'acqua. Lui piegò lievemente il capo e increspò le sopracciglia. Era più che abituato alle stranezze di Swan, ma aveva sempre tentato di convincersi che anche lei avesse un limite. Era evidente che quel confine, se davvero c'era, non doveva essere sempre così chiaro.

"Swan", mormorò nella notte.

La ragazza girò solo il capo, guardandolo oltre la propria spalla mentre la raggiungeva e le si fermava accanto.

"Sei impazzita? Fa un freddo del diavolo, che ci fai con i piedi a mollo?".

Lei tornò a fissare la superficie increspata dal movimento delle sue gambe come se quell'appunto non la riguardasse.

"L'acqua mi fa sentire tranquilla".

Raven non replicò. Sapeva cosa intendeva. Era la stessa sensazione che provava lui quando restava a occhi chiusi disteso sull'erba. Era probabilmente il motivo per cui Eagle amava tanto il volo e le vette più elevate. Quanto a Phoenix... be', quello è un problema suo!

Tornò a concentrarsi su Swan e sul campanello d'allarme che aveva cominciato a trillargli nella testa. Istintivamente agì come aveva sempre fatto: la prese per un braccio e la sollevò quasi a forza.

"Ok, ma adesso basta", le intimò mentre la rimetteva in piedi di fronte a sé. "Andiamo a contare le stelle da un'altra parte".

La guidò fino alla chaise longue in vimini che completava l'arredo del giardino, la obbligò a sedere sul materassino e le intimò di non muoversi. Tornò qualche minuto dopo con un paio di bicchieri che appoggiò sul tavolino e una morbida coperta che le sistemò addosso prima di sedersi accanto a lei e di afferrare il suo whisky.

Per tutto quel tempo Swan l'aveva lasciato fare senza protestare. Quell'atteggiamento remissivo era servito solo ad aumentare la sua preoccupazione. Il campanello d'allarme era diventato una sirena che strideva senza posa e Raven conosceva un solo modo per fare tacere quel frastuono. Spinse il secondo bicchiere tra le mani di Swan, affondò i gomiti sulle ginocchia e si tese a scrutarla con aria seria.

"Che ci fai qui, a quest'ora?", la interrogò senza troppi preamboli.

Swan gli lanciò un'occhiata desolata.

"Non riesco a dormire".

Raven contò mentalmente fino a dieci prima di parlare e la sua voce fu quasi un sospiro.

"Di nuovo i soliti incubi?".

Lei si limitò ad annuire e lui scosse il capo, facendosi scivolare i capelli sul viso per nascondere una smorfia di inquietudine.

"Erano anni che non ti capitava più".

"Da quando l'Opera è stata conclusa", precisò lei. "Ma ora sono tornati".

Raven la sbirciò da sotto le ciocche scure.

"Eagle lo sa?".

"Non gliel'ho detto".

Una risata sommessa sfuggì dalle labbra di lui.

"Se ne sarà accorto comunque. Sai meglio di me quanto è sensibile a certe cose. E poi... dannazione, Swan! Pensavo che ormai avessimo imparato la lezione sull'importanza di non raccontarci bugie".

"Certo che non sei cambiato di una virgola", fu la replica piccata, nella quale lui riconobbe finalmente la sua vera, piccola Swan. "Sempre a predicare regole che dimentichi sistematicamente di seguire".

"Io non le dimentico", sorrise felino. "Io le discrimino".

In quella puntualizzazione, in quella nota che le suonava sempre così familiare, anche lei riconobbe lui. Prese fiato e riemerse definitivamente da quello stato di abbandono nel quale era precipitata mentre si lasciava accarezzare dall'acqua e dalla notte. Si sistemò meglio sul lettino, incrociò i piedi nudi sotto le gambe per non ammettere che iniziava a sentire freddo, e si avvolse meglio nella coperta. A quel punto poteva anche affrontarlo.

"Cosa sei andato a fare a Londra? E perché sei tornato nel cuore della notte?".

Lui si limitò a lanciarle un'occhiata sorniona.

"Te lo dirò domani", rispose giocherellando distratto con il bicchiere, senza darle troppa importanza.

La ragazza sbuffò.

"Lo vedi che sei insopportabile?".

"Lo vedi che stai mentendo di nuovo?", la provocò lui con l'aria di chi la sa lunga.

Swan distolse lo sguardo e poggiò delicatamente le labbra sulla superficie del liquido dorato, quanto bastava per riempirsi le narici del suo profumo e saggiare il suo sapore pungente.

"Ok", riprese subito dopo, più decisa, "allora ti dirò un segreto se tu ne dirai uno a me".

"Che fai?", ridacchiò lui divertito. "Vuoi mercanteggiare con me a quest'ora senza ancora aver finito il tuo whisky?".

"Sì", protestò Swan sfoderando il suo tono pedante. "Preferisco essere lucida quando tratto affari con te".

Raven fissò il bicchiere mezzo vuoto per qualche istante, soppesando quella proposta.

"Va bene, ci sto. Spara".

Di fronte a quella replica, lei esitò. No, non voleva farlo sul serio, quello scambio. Dopo l'assurda giornata che aveva dovuto affrontare, la discussione con Ailleann e la recita di quel perfetto barbecue da manuale aveva solo una gran voglia di confidarsi, ma non credeva che esistesse più al mondo qualcuno con cui avrebbe potuto farlo. A ben vedere, Raven era quanto di più distante da quel qualcuno lei avesse potuto designare, e allo stesso tempo era anche il più prossimo.

Si rassegnò a quel pensiero e si abbandonò allo scorrere di quella notte, perché così faceva sempre: si lasciava andare, seguendo la direzione delle onde. Mandò giù in un sorso l'intero contenuto del bicchiere, lo abbandonò sul vetro del tavolino, poi si lasciò cadere sulla schiena, sul materassino morbido, obbligando Raven a girarsi per poterla guardare.

Nel momento in cui quegli occhi metallo cercarono i suoi nella penombra, Swan si strinse ancor più nella coperta, sollevandola fin quasi a coprirsi il viso.

"Non sto bene. Per nulla", borbottò in fretta, dal suo precario nascondiglio. "Cioè... io e Eagle stiamo passando davvero un brutto periodo".

Raven piegò lievemente il capo, appoggiò la guancia sul pugno chiuso e la considerò con la sua solita aria che rasentava l'indifferenza.

"Questo non è uno scambio, Swan", sentenziò annoiato, "è una fregatura. L'avevo già capito".

Lei sgranò gli occhi che brillarono accesi nella semioscurità.

"Davvero? E come?".

"Siete due anime in pena da quando avete messo piede in Inghilterra, che altro avrei dovuto pensare?".

Swan non rispose. Cercò l'abbraccio consolatorio della coperta, mentre Raven restava abbarbicato sul bordo del lettino a finire il suo whisky. La distanza siderale che lui riusciva a stabilire tra se stesso e il resto del mondo aveva sempre risvegliato in lei una invidia sorda, strisciante. Era qualcosa che avrebbe voluto avere per sé, che Raven avrebbe dovuto generosamente condividere con lei e che invece le negava sempre.

Con la punta del piede gli assestò un colpetto sulla schiena, facendogli sputare un po' di quel liquido cui sembrava riservare tutte le sue premure.

"Adesso tocca a te".

Raven tossì e si girò nuovamente a guardarla con espressione contrariata, un po' per il whisky versato, un po' per la sua prepotenza.

"Vorresti un mio segreto in cambio di nulla?", sbottò risentito. "Non credo di poter accettare".

"Andiamo!", lo pregò lei, cambiando radicalmente tono e sfoderando uno dei suoi sorrisi invitanti.

Di fronte a quel mutamento, Raven si mise automaticamente sulla difensiva: era quello il sorriso capace di mandare in pezzi la sua armatura, di fare capitolare tutto il suo esercito. Si ripeté che avrebbe dovuto battere in ritirata e portarsi in salvo nel minor tempo possibile, prima di andare incontro a una vera e propria disfatta, ma non era mai stato un tipo capace di resistere alle tentazioni. Sfiorare il pericolo e giocare a dadi con la sorte erano sempre state le uniche attività capaci di farlo sentire vivo, di fargli dimenticare la paura della morte. Considerò Swan con una lunga occhiata.

"Uhm, be'...", mormorò, come se stesse valutando tra sé la merce che stava per scambiare. "Immagino che a te possa dirlo".

Si spostò dalla sua posizione periferica e si distese su un fianco, accanto al corpo di Swan, puntellando un gomito sul materassino e appoggiando la testa sulla mano, così da fissarla da una certa altezza. Le cercò gli occhi per assicurarsi di ricevere tutta la sua attenzione e Swan gli restituì uno sguardo sollecito.

"Sto prendendo in considerazione l'idea di andare a trovare mio padre", scandì con gravità.

Lei sobbalzò a quelle parole e si lasciò sfuggire un'esclamazione di stupore, prima di ricomporsi e tornare a fissarlo con una punta di preoccupazione.

"E puoi farlo? Ma, soprattutto... sei sicuro?".

Raven chiuse gli occhi e reclinò ancor più il capo, nascondendosi la bocca con il palmo della mano e lasciando che i capelli gli ombreggiassero il viso.

"In effetti no, non sono sicuro di volerlo".

Tacque. Poteva vedere se stesso sprofondare in quella confusione agrodolce che da sempre disprezzava e cercava di allontanare, perché era l'unica emozione che non era mai stato in grado di gestire. Gli faceva contrarre lo stomaco, gelare la mente, avvampare il cuore: tutte sensazioni che Raven ridicolizzava negli altri e che odiava sperimentare in prima persona. Quella notte, però, c'era qualcosa di diverso: sentiva addosso lo sguardo di Swan che lo seguiva in quella caduta. Era come se lei gli stesse tenendo la mano, rassicurandolo, ripetendogli che lo avrebbe accompagnato, che avrebbero attraversato insieme quel dolore, anche se Raven sapeva che non era possibile. Era solo frutto della sua fantasia, ma una fantasia così dolce che valeva comunque la pena sognarla.

"Mi hanno fatto sapere che è molto malato e che ha chiesto di me. Lo sai, a lui non possono rifiutare nulla", aggiunse con un filo di voce sufficiente a colmare la breve distanza che c'era tra loro. "Ho pensato che forse potrei andare. Una volta soltanto".

"Raven...".

Il sussurro di Swan fece tremare l'aria che sfiorava i loro volti come una freccia lanciata verso un bersaglio. Il suo nome, pronunciato a quel modo, lo aveva sentito solo un'unica volta, in un'altra notte seppellita in un ricordo lontano, e quel pensiero gli fece male. Gli sembrò che lei lo avesse fatto precipitare nuovamente nel suo inferno personale, ma quella volta non ci sarebbero state carezze a lenire la sua ferita. Nessuna consolazione, nessun abbraccio, nessuna passione disperata, nessun bacio amaro come l'assenzio.

Raven chiuse gli occhi per cancellare la presenza di lei al suo fianco e lasciò scivolare la testa lungo il braccio. Fu a quel punto che sentì il calore che lo investiva, che lo avvolgeva: Swan aveva sollevato la coperta e l'aveva tirata ad accogliere entrambi. Sollevò le palpebre, stupito da quel bizzarro, improbabile modo di abbracciarlo. Incontrò i suoi occhi, vicinissimi, ad appena un palmo dai propri, e scoprì che le parole gli erano venute meno.

"Ma non è questo il motivo della nostra riunione super-urgente", stabilì Swan parlando per entrambi, mentre Raven continuava a studiarla, ancora sorpreso.

"Naturalmente no", ammise. "Non c'entra niente. Questa è una faccenda che puoi capire solo tu e nessun altro al mondo".

La ragazza sorrise. Il suo viso era l'unica parte luminosa e chiara di quello strano bozzolo che erano diventati.

"Un segreto tutto per me? Sembra più un regalo che uno scambio...", mormorò con un'espressione beata.

La frase sembrò restare sospesa tra loro, come se non dovesse avere alcuna conclusione. Swan sbadigliò lievemente e chiuse gli occhi. Sembrava che tutto il nervosismo che aveva addosso quando l'aveva trovata seduta sul bordo della piscina fosse scivolato via.

Forse è merito del whisky, o della coperta, o...

Si era addormentata o forse fingeva solo di farlo. Raven rimase in silenzio a studiare i suoi lineamenti. Sembrava... felice!

La tempesta in mezzo alla quale l'aveva sorpresa era passata e, in qualche strano modo, si era placata anche la sua.

"Se ti va di prenderla così, allora...", commentò a bassa voce, sfiorandole appena la guancia con la scusa di spostarle una ciocca argentata. "Buon non-compleanno, Swan!".

Lei non rispose, ma sorrise un po' di più, segno che lo aveva sentito. Raven continuò a guardarla, cercando di fissare ogni dettaglio di lei e cancellandolo in fretta un attimo dopo averlo fatto proprio.

Che dannata fregatura, la vita!

Quell'esistenza, che aveva sempre sentito di non meritare, assomigliava sempre più a una beffa. Anche se la furbizia gli aveva permesso più volte di sfuggire alla sorte, sapeva che il tempo sarebbe giunto, di restituire quanto aveva rubato alla fortuna. Forse era proprio quello, il momento, perché lei era di nuovo lì, a un sospiro dai suoi desideri e al contempo più lontana delle stelle. Alla portata delle sue labbra, di un bacio che sembrava sospeso tra loro, ma che non poteva più essere dato.


____________________

SOUNDTRACK:

Per questo capitolo non riesco a pensare che a Someone like you di Adele. Anche se la canzone è declinata al maschile e non al femminile, l'ho avuta in testa fin dall' inizio. Quel "Never mind, I'll find someone like you", poi, mi suona così tanto da Raven...

"I heard that you're settled down
That you found a girl and you're married now
I heard that your dreams came true
Guess she gave you things, I didn't give to you

Old friend, why are you so shy?
Ain't like you to hold back or hide from the light

I hate to turn up out of the blue, uninvited
But I couldn't stay away, I couldn't fight it
I had hoped you'd see my face
And that you'd be reminded that for me, it isn't over

Never mind, I'll find someone like you
I wish nothing but the best for you, too
"Don't forget me, " I beg
I remember you said
"Sometimes it lasts in love, but sometimes it hurts instead"

You know how the time flies
Only yesterday was the time of our lives
We were born and raised in a summer haze
Bound by the surprise of our glory days

[...]

Nothing compares, no worries or cares
Regrets and mistakes, they're memories made
Who would have known how bittersweet this would taste?"

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