𝐅𝐨𝐥𝐥𝐢𝐚 𝐝'𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 ||...

Від lovemarilyn88

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«Qual è stata la pazzia d'amore più grande che hai fatto?» «Quella che farò a breve» -Storia ispirata alla c... Більше

Presentazione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Avviso
Capitolo 40
Capitolo 41

Capitolo 8

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Від lovemarilyn88

Mi trovo fuori in terrazza, data la bella giornata, con mia madre a fare colazione.

«Allora, dimmi un po', hai conosciuto i ragazzi dell'IPM? Come ti sembrano?» inizia a parlare mentre intanto versa la spremuta d'arancia nel mio bicchiere.

«Mi sembrano tutti simpatici» rispondo semplicemente.

Spero che si fermi qui con le domande perché si, per ora mi sembrano delle persone relativamente piacevoli ma non ci ho avuto chissà quanto a che fare.

E non ho molto da raccontare perché sono stata la maggior parte del tempo con Ciro ma questo non posso mica dirlo a mia mamma.

Mi chiederebbe il motivo e la verità è che non lo so nemmeno io.

Non mi sarei aspettata di passare così tanti momenti con lui ma in generale non mi sarei mai aspettata che lui potesse comportarsi in un modo così dolce con me.

È l'unico con il quale posso dire di averci passato del tempo e di averci parlato molto, anche di cose delle quali solitamente non ne parlo nemmeno con le persone a me care.

Quel ragazzo quando si relazione con me è totalmente diverso da quello che trasmette all'esterno.

Non è più il bullo e boss dell'istituto ma, stento quasi a crederci mentre lo penso, un ragazzo dolce, gentile e rispettoso.

Mi piace stare con lui, mi piacciono le sue attenzioni e mi piace parlare con lui perché mi capisce benissimo. Sono belle le sensazioni che provo quando sono insieme a lui, sento di potergli dire qualsiasi cosa e mi fa sentire a mio agio.

«Come stai?» mi chiede d'un tratto con voce gentile.

Fortunatamente cambia argomento anche se per me non è che sia molto facile rispondere a questa domanda.

Mi guarda negli occhi e capisce che c'è qualcosa che non va. L'ha notato anche l'altra volta quando ero all'IPM e mi sono fatta prendere dall'ansia.

È impossibile nasconderle qualcosa.

Lei, così come nel lavoro e nella vita, è una donna attentissima e precisa. Ed ancora di più quando si tratta di me non le sfugge nulla: sia quando sono giù di morale sia quando sono particolarmente felice ed emozionata.

«Non molto bene mamma ma è un periodo, passerà» le rispondo ricordandomi delle parole di Ciro.

Devo solo trovare le forze ma adesso non ne ho e va bene così. Ogni tanto bisogna lasciarsi attraversare dai momenti negativi e non sforzarsi a tutti i costi di stare bene ed essere forti. La forza di agire per iniziare a stare meglio verrà da se. Attualmente voglio solo stare calma e riposarmi.

«Tesoro io te lo dico con tutto il cuore - fa una pausa e sospira - devi fare i conti con te stessa ed abbandonare una volta per tutte le convinzioni sbagliate che ti sei costruita» mi dice guardandomi seriamente.

«Lo so che sono sbagliate ma...-»

«"Ma" niente. Lo sai? E allora smettila di pensarla in quel modo perché è assurdo» mi interrompe e inizia ad alterarsi ma si ricompone subito e mi prende la mano.

«Semplicemente, lascia andare. Non è colpa tua» dice scandendo bene l'ultima frase.

"Non è colpa tua"

Non l'ha detto esplicitamente perche entrambe facciamo fatica a nominare l'accaduto ma so che si riferisce alla morte di mio padre.

Guardo il paesaggio di fronte a noi, il vento fa ondeggiare i miei capelli e inevitabilmente la mia mente si perde nel ricordo più doloroso della mia vita.

Inizio flashback

«Papà resta qui non te ne andare» nella mia mente improvvisamente rivedo la me bambina di quando avevo undici anni.

Era un pomeriggio primaverile.

Stavamo festeggiando qualcosa ma non ricordo cosa. Ci trovavamo tutti nel giardino della nostra vecchia casa: mia mamma, mio padre, alcuni zii e cugini ed io.

«Piccrè, ja nun fa accussì a papà» mi disse con il suo inconfondibile dialetto napoletano che avevo imparato a capire benissimo.

Mio padre si accorse di essersi dimenticato alcuni documenti importanti al lavoro e annunciò a tutta la famiglia che sarebbe uscito un attimo per andare a recuperarli.

«Ti prego papà» mi aggrappo alla sua gamba disperata, stavo avendo un brutto capriccio tipico per una bambina e mio padre non mi prendeva sul serio.

«Non ti preoccupare torno subito» si abbassa alla mia altezza e mi da un bacio sulla fronte per poi entrare nella sua auto e mettere in moto.

Io non volevo che lui se ne andasse e lo imploravo di restare con noi. Pensavo che quei documenti poteva prenderli tranquillamente il giorno successivo e infatti continuo a pensarlo tutt'ora.

Ma lui insisteva dicendo che il posto dove lavorava si trovava nelle vicinanze e che sarebbe tornato subito a casa.

Ma si sbagliava.

Passavano le ore e ma di lui non c'era traccia.

Intanto si fece tardi e iniziò a farsi buio pertanto i miei parenti se ne andarono a casa non prima di aver raccomandato a mia madre di chiamarli non appena avesse avuto notizie di mio padre.

La sera, dalla mia cameretta senti il rumore di del telefono che annunciava l'arrivo di una chiamata. Una chiamata che cambiò la nostra vita, per sempre.

Dall'altra parte del telefono a parlare erano degli agenti di polizia che spiegarono a mia madre di aver trovato il corpo di mio padre privo di sensi nella sua macchina.

Aveva avuto un incidente.

Mia mamma non ebbe il coraggio di raccontarmelo. Per il restante di quella giornata mi liquidò dicendomi che aveva incontrato un amico e che aveva deciso di andare a dormire da lui.

Ma nonostante fossi solo una bambina riuscì a capire che mia madre mi stava mentendo tuttavia decisi di non infierire limitandomi ad annuire e ad andare a letto visto che ormai era arrivata l'ora di andare a dormire.

Dal suo viso stravolto mi resi conto che era successo qualcosa di grave ma non avrei mai potuto immaginare la verità dei fatti.

Solo il giorno dopo avrei scoperto che non avrei più rivisto mio padre, la persona che adoravo di più al mondo insieme a mia madre.

Se n'era andato via per sempre.

Smetto di ricordare e cerco di non far uscire fuori le lacrime.

Mi sento in colpa perché penso che se avessi insistito con più forza, urlato di più, se lo avessi pregato più volte o fatto più scenate, forse lui avrebbe deciso di restare a casa e non sarebbe successo quel che è successo.

Se ci penso, lo so che razionalmente non è colpa mia, dato che ero solo una bambina, e non era mia la responsabilità, d'altronde cosa potevo saperne.

Ma allo stesso tempo prevale in me quel senso di colpa o più precisamente la sensazione di non aver fatto abbastanza.

Del tipo: "Se potessi tornare indietro farei di più" oppure "Se avessi fatto questo forse le cose sarebbero andate diversamente".

Ma in realtà non è così che funziona.

È successo e basta.

Nonostante una parte di me sia abbastanza consapevole di tutto questo non smetto comunque di sentirmi in colpa e sbagliata in questo senso.

-

•[SPAZIO AUTRICE]•

Ciao a tutti!

In questo capitolo abbiamo scoperto qualcosa in più sul passato della nostra Adele! Spero vi sia piaciuto.

Essendo agli inizi della pubblicazione, vi chiedo gentilmente se vi va di supportarmi con qualche stellina così capisco se la storia vi piace. E soprattutto di farmi sapere cosa ne pensate del capitolo nei commenti, sarebbe di grande aiuto per me ricevere un vostro feedback altrimenti non capisco se ne vale la pena continuare ad aggiornare.

Ps. ricordate di aggiungere la storia alla vostra biblioteca per non perdere gli aggiornamenti!

_Grazie per essere qui!_❤️

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