All for you ||Z.M|| (Wattys...

By alebucks16f1

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Sono passati anni da quando Zayn Malik ha deciso di lasciare gli One Direction, ora è finalmente pronto per l... More

One Way or Another
Don't Forget Where You Belong
Ready to Run
More Than This
Story of My Life
Girl Almighty
Taken
Moments
I Should Have Kissed You
Never Enough
I Wish
Kiss You
Spaces
A.M.
What A Feeling
Temporary Fix
Home
Dusk Till Dawn
Perfect
Little Things
Treat People With Kindness
Change Your Ticket
You & I
Miss You
Entertainer
Unreleased
Two Of Us
Talk To Me
18
Everywhere
End Of The Day
Too Young
Arms Of A Stranger
On My Own
Half A Heart
Where Do Broken Hearts Go?
Fool For You
Fine Line
It's You
Small Talk
Strong
Too Much To Ask
Little Freak
She
When Love's Around
Love Of My Life

To Begin Again

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By alebucks16f1

Dopo la nostra prima notte di passione in Sicilia ne erano seguite soltanto due prima che mi arrivasse con perfetto tempismo il ciclo.

Io e Zayn ci eravamo divertiti tantissimo anche a vedere le nostre foto ogni tanto su qualche copertina di gossip ma anche quella breve vacanza era terminata.

Il jet ci stava portando a Londra dove Zayn avrebbe rincontrato la sua famiglia mentre io e il piccolo Freddie giravamo per la città. 

Potevo percepire lo stato di agitazione del ragazzo di fronte a me che aveva continuato a controllare l'ora e fissare fuori dal finestrino per tutto il volo senza proferire parola.

Io non avevo detto nulla consapevole che probabilmente avrei soltanto peggiorato la situazione.

Mi ero limitata a sedermi accanto a lui e stringergli la mano come a fargli capire che ero li.

Nemmeno quando attraversammo l'aeroporto e ci infilammo nella macchina di Lou lui disse niente.

Soltanto quando l'auto si fermò in centro per permettere a me e il bambino di scendere per goderci la giornata mi guardò negli occhi.

«Scusa, sono nervoso e ti ho lasciata praticamente sola tutto il tempo mi dispiace.»

Io scossi la testa e lo baciai.

«Chiamami per qualsiasi cosa, ti amo!»

Poi loro ripartirono e io rimasi nel centro di una città che non conoscevo con il biondino che mi tendeva la mano per far si che la afferrassi.

Dopo avergli lasciato un bacio sulla testa gli domandai cosa volesse fare.

«Gelato zia Karen?» Come potevo dire di no?

-Zayn-

Ero troppo nervoso.

Avevo ignorato la mia ragazza per tutto il tempo rovinando l'atmosfera che si era creata la settimana precedente e per di più sarei potuto svenire da un momento all'altro.

«Cristo Zayn ora la smetti! Hai voluto me, perfetto ora mi parli!» Urlò Lou spaventandomi.

«Cosa dovrei dirti?» Sussurrai infastidito, non avevo nulla da dire ero vuoto in quel momento.

«Qualsiasi cazzata che ti passa per la mente! Andiamo amico se continui così non arrivi nemmeno a Bradford. Sei tutto pallido, forse dovresti mangiare qualcosa.»

Scossi la testa, mangiare in quel momento non avrebbe aiutato.

«Okay niente cibo. Mettiamola così, voglio sapere tutto ciò che avete fatto con Karen in questa settimana!»

Non avevo scampo e poi mi avrebbe aiutato a distrarmi un po' così iniziai a raccontargli cosa avevamo visitato e come avevamo passato il tempo insieme.

Un ora dopo avevo finito il mio monologo e stavamo entrando a Bradford.

Era ancora tutto uguale rispetto all'ultima volta in cui ci ero stato, le ville a schiera, i cartelli per arrivare al supermarket, perfino i parchi giochi erano sempre uguali.

Poi l'auto si fermò.

«Vuoi stare un momento da solo? Posso scendere e aspettarti fuori.» Sospirai per poi aprire la portiera.

«No ho già pensato troppo, facciamolo e basta.»

Così mi ritrovai a bussare alla porta di quella casa che anni prima avevo chiuso con tanta rabbia che mi faceva ancora male pensarci.

Passò un po' ma nessuno aveva ancora aperto quella porta. Magari non c'erano, come avrei potuto saperlo? 

Poi la porta si aprì e il fiato mi si spezzò non appena i miei occhi incontrarono la figura di mia sorella che stringeva tra le braccia un fagottino.

Si fermò anche lei a guardarmi incredula per poi portare una mano a coprirsi la bocca mentre gli occhi sempre più lucidi scrutavano il mio corpo. 

«Zay, oh mio dio sei qui!»

Mi abbracciò di slancio senza darmi il tempo di dire nulla, facendo attenzione a non disturbare il sonno della piccola bambina che teneva in braccio.

La strinsi più forte che potevo inspirando di nuovo quel profumo tipico dei vestiti dopo che uscivano dalla lavatrice di mia madre, profumo di casa.

Quando ci staccammo a prendere la parola per salvarmi da quell'imbarazzante silenzio fu Louis.

«Ciao Don, è un piacere rivederti, sei cresciuta un sacco!»

Lei sorrise teneramente.

«Ciao Lou. Sono contenta anche io di vederti! Non è che me la potresti tenere un momento?»

Dopo aver adagiato la bimba tra le braccia del mio migliore amico mi abbracciò di nuovo, stavolta un vero abbraccio.

Le sue braccia attorno al mio collo in una presa stretta, mi ricordava un po' gli abbracci di Karen.

«Mi sei mancata tantissimo Doniya.»

Le lasciai un bacio sulla fronte e poi sentii qualcosa di morbido strofinarsi sulla mia gamba. 

«Boris!» Il mio amato cagnolone si era accorto del mio ritorno, si ricordava di me anche lui. 

«Doniya chi era alla porta?» La voce di mia madre mi fece immobilizzare.

Sarei voluto correre via in quell'esatto momento ma mia sorella mi stava già trascinando verso la cucina.

Lei era di schiena indaffarata nel preparare qualche sua strepitosa ricetta: era arrivato il momento, ora che ero li sapevo di aver fatto la scelta giusta. 

«Mamma!»

A sentire la mia voce si irrigidì e il piatto che teneva tra le mani si schiantò sul pavimento frantumandosi in mille pezzi.

Poco le importava, dopo essersi girata i suoi occhi si velarono di lacrime e le sue mani avevano iniziato a tremare.

«Non piangere ti prego.»

Dissi prima che lei mi chiudesse tra le sue braccia cominciando a piangere più forte.

Entrambi piangevamo come due bambini

«Non vi lo merito, lo so ma avevo bisogno di vedervi.» Dissi singhiozzando sempre di più. 

«Bambino mio.»

La sua voce era debole e le sue mani stringevano le mie incapaci di credere a cosa stavano toccando.

«Temevo di non rivederti più!»

Provai a darmi un contegno e allontanandomi un po' da quella stretta capii che era arrivato il momento della resa dei conti.

«Sono stato uno stupido, non meriterei nemmeno il vostro perdono. Ma avevo diciotto anni e stavo passando un periodo orribile e voi ne avete subito le conseguenze.»

Lei sembrò incupirsi ancora di più a queste parole.

«Zayn è stata solo colpa nostra, ogni volta che io e tuo padre ne abbiamo parlato siamo giunti alla conclusione che avremmo dovuto insistere di più, tu avevi bisogno di aiuto e noi non siamo stati in grado di dartelo.»

Piangeva di nuovo, si era appoggiata alla cucina e mi guardava con aria di chi voleva scusarsi.

Io volevo scusarmi, dovevo scusarmi con loro.

«Cosa? Non è stata colpa vostra mio dio! Sono io il problema, capisco di essere stato una delusione quindi ti chiedo per favore mamma, se non mi vuoi più qui dimmelo e me ne vado.

Se come ho il terrore che sia, non mi considerate più vostro figlio dopo ciò che ho fatto, proverò ad accettarlo.»

Conclusi dopo essermi asciugato le guance ancora umide.

«Zayn.» Alle mie spalle la voce profonda di mio padre mi fece voltare ansioso della loro risposta.

«Sei a casa.»

Annuii lentamente notando solo ora che Lou e Doniya non erano più in cucina ma c'eravamo solo noi tre.

«Solo se mi volete ancora, come dicevo alla mamma io...»

La sua mano alzata davanti alla mia faccia mi fece segno di chiudere la bocca.

«Ho sentito cosa hai detto e sinceramente non ho mai ascoltato così tante stronzate in vita mia!»

Papà non diceva mai parolacce, solo quando non riusciva a controllare le emozioni e questo a quanto pare era uno di quei momenti.

«Sei nostro figlio, lo sei sempre stato e siamo così fieri di come sei diventato!

Non pensare mai più di essere una delusione perché non lo sei.

Tutti sbagliano ma tu sei il nostro più grande orgoglio, tu e le tue sorelle.

Ci vorrà un po' di tempo per ricucire tutto ma noi siamo i Malik e ci riusciremo.»

Disse tutto con tono solenne e dolce allo stesso momento per poi aprire le braccia e farmi segno di avvicinarmi.

Un po' titubante lo feci e le sue mani finirono sulla mia schiena per poi tirarmi al suo petto e tirare anche la mamma in quell'abbraccio.

Era pomeriggio inoltrato, io e i miei genitori avevamo parlato per ore senza nemmeno accorgerci che Lou e mia sorella non erano ancora tornati, quando sentii dalle risate provenire dall'entrata.

Riconobbi Don, Lou ma anche Safaa e Waliyha, che avevano messo piede in salotto senza notare che fossi li.

«Ecco le mie ragazze!»

Lo shock sulle loro facce era ben visibile ma senza pensarci un attimo mi abbracciarono

Non mi chiesero quando ero tornato o perché, erano soltanto felici che il loro fratellone fosse a casa. Non potevo biasimarle.

«Ragazze, mi siete mancare così tanto.»

Loro erano sempre stata la parte più importante di me e ora capivo come si era sentito Liam dopo aver ritrovato sua sorella.

Certo non che io non le avessi mai conosciute però eravamo stati lontani per quasi cinque anni, tanto tempo per noi  fratelli che non riuscivamo a stare senza punzecchiarci o scherzare insieme per più di due ore.

«Sei tornato davvero?» Safaa ormai aveva diciotto anni e io mi ero perso i suoi momenti più difficili purtroppo.

Avrei tanto voluto esserci per lei in quegli anni.

«Si, vi giuro che non me ne vado più!»

Non pensavo sarebbe stato così facile, mi immaginavo urla da parte dei miei e avevo cercato di prepararmi al peggio, come al loro rifiuto.

Ma non era stato così, mi avevano accolto a braccia aperte ed erano pronti a lasciarsi tutto alle spalle.

«Allora, dobbiamo festeggiare!»

Cosa? Voleva già festeggiare? Prima forse avremmo dovuto parlare di ciò che era successo in tutto quel tempo.

«Non volete prima parlarne?»

Mia madre più decisa che mai intrappolo il mio viso tra le sue mani lasciandomi un bacio sulla fronte.

«C'è tempo per quello, ora che abbiamo la nostra piccola star a casa con noi è il momento di festeggiare!»

Un pianto interruppe la nostra conversazione e Lou che per tutto il tempo aveva cullato, con le sue doti da papà, quel involtino tutto rosa apparve dalla porta.

«Mi sa che qualcuno a fame Don.»

Sgranai gli occhi, non poteva essere o meglio poteva, ma non volevo crederci.

Seguii con gli occhi i movimenti di mia sorella che prese la bimba tra le braccia e la cullo per un po' finché che non smise di piangere.

«Che significa?»

Lei mi guardò dispiaciuta, un po' come tutti in quel momento.

«Ha tre mesi, è stato un incidente ma la amo tantissimo. Non te lo ho detto perché ogni volta che ci sentivamo avrei voluto guardarti negli occhi mentre te ne parlavo ma non c'è l'ho fatta.»

Troppe informazioni insieme, mia sorella aveva una figlia? Quindi ero zio!

Non potevo prendermela perché non me lo aveva detto, dovevo solo accettare la cosa, io avevo nascosto loro di peggio.

Dopo le sue parole mia sentii tutti nella stanza stupiti dal fatto che io e lei ogni tanto ci sentivamo di nascosto, ma non ci pensai.

Così misi l'orgoglio da parte e mi avvicinai a lei.

«Posso?» Chiesi titubante allungando le mani verso la piccola.

Lei allora sorrise rilassata e annui porgendomela.

Avevo tra le braccia un esserino di poco più di tre chili che chiuse in un pugnetto il mio dito stringendo debolmente per poi puntare i suoi occhioni su di me facendo qualche smorfietta.

Sentivo le lacrime pronte a uscire ma non potevo piangere per una cosa del genere davanti a tutti loro.

«Ciao piccolina, sei stupenda, come la mamma ma anche come lo zio!»

Mi sentivo un po' stupido, sicuramente non poteva capirmi ma comunque continuai il mio discorso sotto gli occhi attenti di tutti.

«Io sono Zayn e tu...»

Non che mi aspettassi una risposta ovviamente ma i miei dubbi furono risolti da mia madre.

«Si chiama Chloe.» Era un nome stupendo.

Il momento magico fu spezzato dalla suoneria di Lou.

Quando chiuse la chiamata cercò la mia attenzione che era ancora totalmente rivolta a mia nipote.

«Erano i genitori di Briana, non sono riusciti a prendere l'aereo. Devo andare a recuperare anche Karen comunque.»

Ebbe la mia completa attenzione dopo aver pronunciato il nome della mia ragazza. Così sollevai la testa.

«Karen, loro sono ancora in giro per Londra.» Lui rise.

«Lo so amico è quello che ho appena detto. Comunque io e lei c'eravamo messe d'accordo e così sto andando a prenderla. Devi solo dirmi dove devo portarla.»

Lo sguardo di tutti era puntato su di me

Karen  mi aveva detto di non sentirsi a proprio agio e di non voler conoscere subito la mia famiglia, ma non potevo nemmeno lasciarla da sola in un posto a lei sconosciuto.

«Non lo so, potrei andare a prenderla e cercare un hotel per la notte.»

Al che mia madre drizzò le orecchie scioccata.

«Quale hotel signorino, e poi chi sono Karen e Freddie?»

Safaa non riuscì a trattenersi e così continuò la frase.

«Ti sei trovato la ragazza finalmente, eh Lou!»

Io e lui scoppiammo a ridere di gusto.

«Niente del genere, Freddie è mio figlio mentre Karen...» Esitò un attimo per essere sicuro che volessi dirlo.

«La mia ragazza.» Conclusi fiero di ciò. 

«E perché vuoi portarla in un hotel, non vuoi farcela conoscere?»

La voce severa di mio padre sovrastò il brusio che riempiva la stanza.

«Ovviamente voglio presentarvela, io e lei stiamo insieme da sei mesi ormai.

Lei non voleva vedervi subito perché credeva che avreste potuto pensare che io mi sia riavvicinato a voi solo per presentarvela.» Feci una pausa.

«È contorto ed è anche stupido ma lei è molto timida, però la amo tantissimo mamma è la cosa più bella che mi sia capitata!»

La vidi commuoversi per poi abbracciare mio padre.

«Oh Yaser, il nostro bambino è davvero cresciuto!»

«Scusate, è tutto molto commuovente ma ho in linea mio figlio e K che iniziano ad annoiarsi e ad essere stanchi.»

Così senza nemmeno chiedere il permesso mia sorella Doniya prese il telefono e si allontanò per poi tornare sorridente.

«Saranno qui tra un paio d'ore, il tempo del viaggio insomma.»

E' così fu.

Due ore e mezza dopo qualcuno stava suonando al campanello.

«Vado io, voglio essere sicuro che sia a suo agio.»

Fermai tutta la mia famiglia che già era partita in quarta. 

Dopo essermi assicurato che tutti fossero tornati al loro posto andai ad aprire la porta e la scena che mi trovai davanti fu tenerissima.

La mia Karen teneva in braccio Freddie addormentato e aveva un aria preoccupata.

«Ehi, come è andata?»

Chiesi lasciandole un bacio per poi prendere il bambino tra le mie braccia liberandola da quel peso.

«Ho perso il portafogli, devo averlo dimenticato nel bar in cui ci siamo fermati.

Lui piangeva perché era stanco, io pago sempre con il cellulare devo averlo tirato fuori per prendere qualcosa e oddio non so cosa fare non ho neanche i soldi per pagare il taxi!»

Fece un cenno dietro di lei e mi accorsi che la vettura era ancora ferma, così tirai fuori dalla mia tasca il mio portafogli e glielo passai.

«Prometto che te li restituirò.»

Disse poi prima di percorrere il vialetto mentre controbattevo.

«Non ci pensare neanche.»

Quando fu di nuovo accanto a me le strinsi la mano.

«Pronta?» In risposta scosse la testa.

«Possiamo rimanere qui fuori solo due minuti?» Chiese appoggiando la testa alla mia spalla mentre accarezzava il viso del bambino che dormiva beatamente.

«Certo, ma sappi che loro non vedono l'ora di conoscerti! Abbiamo parlato e mi sono scusato.

Ho scoperto di avere una nipotina, è minuscola ma sono sicuro che ti amerà anche lei.» 

Dalle sue labbra uscì uno sbuffo misto a un sorriso.

«Sono contenta per te Zayn.» Sussurrò chiudendo gli occhi.

«Sei stanca?» Annuì per poi alzarsi e riprendere Freddie in braccio.

«È okay, lo tengo io non mi pesa.» Mi fermò ancora prima che potessi parlare.

«Non pesa nemmeno a me Kar, tranquilla.»

Provai ad avvicinarmi ma si ritrasse al mio tocco.

«Mi rende più tranquilla, ti prego.»

Così la affiancai ed entrammo in casa.

-Karen-

Quando entrai seguita dal moro mi sentii subito al centro dell'attenzione, lo sguardo di tutti bruciava su di me.

Solo in quel momento notai quanto le tre sorelle di Zayn gli somigliassero.

Una donna dall'aria amichevole mi venne incontro sorridendo.

«Sono Patricia, è un piacere conoscerti! Sono così contenta che Zayn abbia qualcuno al suo fianco che si prenda cura di lui.»

Sorrisi intenerita stringendole la mano.

«È un piacere signora Malik, scusi per il disturbo.»

Ero decisamente imbarazzata.

«Dacci pure del tu, sono Yaser e da quanto ho capito è anche merito tuo se nostro figlio è di nuovo a casa perciò grazie.»

Le mie guance si tinsero di rosso mentre Zayn dietro di noi finse qualche colpo di tosse.

«Oh io non ho fatto niente...»

Non riuscii a terminare la frase che venni assalita dalle sorelle del moro che a turno si presentarono e cercarono di iniziare una conversazione. 

Verso l'ora di cena ci spostammo tutti nel grande salone e mentre tutti erano intenti a parlare io ne approfittai entrando in cucina.

«Posso aiutarti Patricia?» Domandai gentilmente attirando la sua attenzione.

«Oh non serve cara tanto deve solo finire di cuocere. Zayn ci ha parlato un po' di te, sei italiana non è vero?» Annuii.

«Si, nord Italia anche se abito a New York da più di un anno.

Mi sono trasferita per studiare ma mi sono subito innamorata di quella città.»

Lei posò lo strofinaccio sul mobile per poi sedersi invitandomi a fare lo stesso.

«Grazie di quello che hai fatto per Zayn, lo hai convinto a tornare qui dopo anni.

Non tutti ci sarebbero riusciti, ti siamo debitori.»

Scossi la testa prontamente.

«Assolutamente no! Voglio solo che lui sia felice.»

La serata passò alla grande, la famiglia di Zayn era fantastica e mi aveva accolto con piacere.

Mi avevano tempestato di domande sul mio paese e mentre il ragazzo accanto a me intimava loro di smetterla io rispondevo senza problemi lanciandogli delle occhiate poco amichevoli scatenando le risate generali.

Ci eravamo messi a letto e io sfinita mi ero addormentata subito cullata dalle sue braccia per poi risvegliarmi qualche ora più tardi disturbata da qualcosa che si muoveva continuamente contro la mia schiena.

Quando aprii gli occhi mi trovai il volto di Zayn anche lui sveglio, davanti.

«Dietro di te c'è Freddie che è venuto qui perché suo padre russa.»

Trattenni una risata per poi spostarmi e sedermi tra le sue gambe.

«È tenero come te mentre dorme.»

Gli sussurrai per poi lasciargli un bacio sul collo e lasciarmi di nuovo trasportare dal sonno.

Ah il portafogli era rimasto nel bar in centro a Londra.

Mi avevano chiamato e sarei andata a recuperarlo il prima possibile così da poter restituire a Zayn i soldi del taxi.

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Questa è una storia inventata che ha come protagonista Fabio Quartararo.