Succederebbe Tutto - H.S.

By _ariannabianco

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Loro due lo sapevano bene, che avvicinarsi sarebbe stato un casino. Lei perchè viveva nel buio. Lui perchè... More

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By _ariannabianco

Edith

Quando Lyle se ne andò, presi un profondo respiro e tornai in cucina. Haywood era voltato di spalle e stava sistemando i bicchieri nel lavello, per cui non si accorse di nulla quando mi avvicinai e mi fermai dietro la sua schiena. Il cuore mi batteva forte nel petto mentre osservavo le sue braccia, quelle mi avevano stretta più volte, e anche se avevo una paura tremenda azzerai le distanze tra i nostri corpi. Feci scivolare le mani intorno alla sua vita e lo abbracciai. Appoggiai la guancia contro la stoffa della sua maglietta, stringendolo di più a me, ed inalai un po' del suo profumo. 

Sebbene mi risultasse difficile ammetterlo, mi era mancato e l'idea che lui avesse provato lo stesso, mi fece sentire in colpa per non averlo cercato. Ma adesso ero lì, eravamo corpo contro corpo, ed era la sensazione più bella del mondo.

«Ma che diavolo fai?» Haywood, colto alla sprovvista, appoggiò una mano sulle mie dita intrecciate sul suo ventre e si irrigidí. «Non toccarmi mai più» 

Si divincolò dalla mia presa, non abbastanza forte da resistergli, e si allontanò da me. Andò in salone e mi lasciò sola e confusa in cucina.

«Tutto bene?» Lo raggiunsi dopo aver superato lo sconforto iniziale. 

Mi sarei aspettata qualsiasi reazione al mio abbraccio, ma non quella di prima. Certo, quando mi aveva visto era stato freddo, ma poi si era sciolto. Che cosa gli era successo? Avevo fatto qualcosa di sbagliato?

«Hai davvero il coraggio di chiedermelo dopo quello che hai fatto?» Alzò il tono della voce, rimanendo di spalle.

«Haywood, io non ho fatto nulla» Non riuscivo proprio a capire. «Prima mi è sembrato che tu fossi felice di vedermi»

«Stavo fingendo. Mi sembrava evidente»

«Fingendo?» Mi portai una mano sul petto, che aveva iniziato a far male. 

No, è impossibile. Io l'ho sentito, il tuo battito che accelerava insieme al mio. Sei un bugiardo.

«Sei così ridicola» Asserì con cattiveria, girandosi ed incrociando le braccia al petto. Il suo sguardo era glaciale, tagliente come il vetro. 

Mi ferí: il suo atteggiamento nei miei confronti era ingiusto, e anche il suo commento. Perché avrei dovuto essere ridicola? Perché lo avevo abbracciato senza chiedergli il permesso?

Quello, sarebbe stato assurdo, se lo avesse pensato.

«Io non capisco...»

«Ti aspetti che io creda alle tue parole?» Inveí avvicinandosi a me, ma mantenendo sempre una certa distanza.

Stava contenendo la rabbia, -la mascella era tesa, le narici leggermente dilatate e la vena in rilievo sul suo collo- e io non sapevo come comportarmi; prima sussultai dinanzi alla sua esplicita dichiarazione di una mancanza di fiducia, poi tentai di parlare ma la gola mi si ritorse in un nodo e allora fu difficile mandare giù il groppo amaro, e infine mi limitai a cercare il suo contatto visivo per saperne di più. Però anche quando lo guardai, lui spostò l'attenzione altrove e strinse le mani in pugni lungo i suoi fianchi, lasciandomi annegare nella confusione più totale. Si stava comportando in quel modo perché non avevo usato il suo numero di telefono?

Feci per domandarglielo, perché se così fosse stato mi sarei giustificata dicendogli che credevo che, alla luce di quanto accaduto a Chicago, anche lui avesse compreso le motivazioni che mi avevano spinto a partire -ossia che la nostra vicinanza fuori dalla nostra realtà comune era pericolosa- e che ero convinta che anche lui fosse stato d'accordo, ma non ci riuscii perché mi precedette.  «Tira fuori la lista»

Diretta, improvvisa ed arrogante, la richiesta di Haywood fu come ricevere una secchiata d'acqua gelida: mi fece indietreggiare, poi immobilizzare sul posto, e riuscì persino a farmi rabbrividire. Ma poi ricordai e avrei voluto solo scomparire.

«Quale lista?» Finsi di non capire, ma stavo morendo dentro.

«Edith, smettila di fare la finta tonta perché sai benissimo a cosa mi riferisco. Tu eri l'unica a sapere dove l'avessi riposta, e l'hai presa approfittando di me e dei miei sentimenti» Il suo tono di voce era talmente pacato che mi fece paura. 

Deglutii per mandar giù il boccone amaro, perché eravamo arrivati alla resa dei conti, e mi preparai a mentire. «Ma a cosa mi sarebbe servita, quella dannata lista?»

«Non so, dimmelo tu, dato che mentre ti raccontavo alcuni dei momenti più importanti della mia vita, tu stavi pensando a come fottermi» La voce gli si incrinò e il senso di colpa mi pervase da capo a piedi. La mia intenzione non era quella di approfittare o di ingannarlo, io volevo soltanto aiutarlo. E sì, all'inizio gli avevo rubato la lista dal borsone per sicurezza, ma dopo il suo bigliettino mi ero sentita male e avevo capito di volerlo supportare.

Mi aveva portato tra i suoi ricordi più bui, si era aperto con me, per cui non avrei mai e poi mai sfruttato il suo passato per un mio tornaconto personale. Al massimo era stata la sua storia a convincermi che si meritasse di meglio. Forse i miei modi di dimostrarlo erano discutibili, ma io iniziavo a tenere a lui sul serio. Per questo, mi sentii ferita. Per questo, rimasi sulla difensiva.

«Adesso stai esagerando, Haywood. Non hai il diritto di mancarmi così di rispetto solo perchè ho deciso di andarmene. Io non ho rubato quella lista maledetta, ma soprattutto non mi sono presa gioco di te»

«Allora dimostramelo» Avanzò a braccia conserte. «Svuota lo zaino»

Mossi un passo e strinsi la fibbia sulla mia spalla. La voce mi tremava. «Il mio zaino resta dov'è»

Scosse il capo e mi trafisse con lo sguardo. «Io non so per chi tu mi abbia preso, ma non sono un coglione. Riesco ancora a capire quando qualcuno mente e tu, Edith Ross, sei una pessima bugiarda. Quindi mi dici cosa stai nascondendo oppure dovrò svuotare il tuo zaino con le maniere forti»

Era impassibile, sembrava quasi una macchina. Non lo riconoscevo più.

«Tu provaci e...» Mi bloccai non sapendo come continuare.

«E cosa? Alzerai le mani ad una forza dell'ordine?»

Lo guardai dritta negli occhi, incredula e delusa, e scossi il capo. Mi sembrò di essere tornata indietro nel tempo, alla sera del mio quasi arresto, quando lui aveva provato ad usare la sua posizione per mettermi a tacere. 

Dov'era finito il ragazzo a cui mi ero affezionata?

«So che dentro quello zainetto porti lo stretto necessario per sopravvivere, quindi so che troverò anche la lista»

«Tu sei fuori di testa, Haywood! Sei pazzo!» Sbottai gesticolando. «Io non ho nulla. Nulla! Io volevo soltanto farti una sorpresa, oggi! Pensavo fossimo amici, io e te. Evidentemente mi sbagliavo» Strinsi più forte la fibbia dello zaino ed indietreggiai. 

Sebbene gli avessi appena mentito sulla mia presenza, credevo veramente che noi due fossimo qualcosa di bello. Ma forse lo avevo solo immaginato. Come potevo essermi legata ad una persona così?

«Ti conosco abbastanza per sapere che sei tornata solo per te stessa e non per me» Replicò velenoso. «Come sono certo che non saresti mai venuta a trovarmi se non avessi incontrato Lyle. O sbaglio?» Mi sfidò ed io, colta di sorpresa, boccheggiai.

«Come pensavo» Rise amaramente. 

L'occhiata delusa e schifata che mi riservò subito dopo mi fece rivoltare lo stomaco.

No, invece. Non sai nulla di me, di te, di noi. Non sai niente di come io mi sia sentita mentre eravamo lontani. Non hai idea di quello che io stia facendo per te, per noi, perché io possa meritare di stare al tuo fianco e perché tu possa ottenere ciò che vuoi. E soprattutto non sai nulla di quanto abbia desiderato questo momento, di averti davanti a me, di poterti abbracciare come prima, di poterti finalmente parlare. Quindi taci. Stai zitto perché non sai un cazzo di quanto io strabordi di emozioni per te. Avrei voluto rispondergli, ma mi rimase incastrato in gola.

«Apri lo zaino, subito»

«No»

Fu allora che me lo sfilò dal braccio con decisione. Lo aprì, lo girò al contrario e versò il contenuto sul pavimento: chiavi di casa, rotoli di banconote, qualche assorbente, una felpa, due bottiglie d'acqua vuote, il cellulare. Avevo lasciato la pistola al casotto di mia mamma, ma il quaderno che lei mi aveva scritto era lì. Giaceva per terra e conteneva ciò che lui stava cercando. Si inginocchiò e iniziò la ricerca della sua dannata lista mentre io restavo immobile. Avrei voluto chinarmi, sottrargli il diario di mia madre approfittando magari della sua distrazione, eppure rimasi ferma. Ero paralizzata dal terrore, dalla paura di cosa avrebbe potuto farmi, farsi. Avevo la nausea, volevo solo piangere ed urlargli in faccia che noi non ci meritavamo questo.

Sei contento, adesso che le mie robe ti inondano il pavimento? Sei felice, ora, con gli occhi iniettati di sangue, i gesti convulsi, i muscoli tesi, mentre cerchi un misero pezzo di carta? Ti fa stare bene sapermi davanti a te, nel mentre ti osservo morire dentro? Sei contento, eh, Haywood? Sei felice nella tua disperazione?

Rimasi in silenzio e quando trovò il diario di mia madre sotto una felpa, provai a sfilarglielo dalle mani. «Questo è privato»

Il cuore mi batteva forte. Lo implorai con lo sguardo. Tutto ma non questo, ti scongiuro.

Ma lui fu irremovibile: me lo strappò dalle dita e lo capovolse. 

«Oh, guarda cos'ho trovato. Che sorpresa!» Disse ironicamente mentre si chinava a raccogliere la sua lista, che era caduta sul pavimento.

«Adesso rimani in silenzio?» Mi schernì sventolando il foglio di carta in aria con gli occhi pieni di cattiveria. «Io invece dico che è arrivato il momento di svuotare il sacco o giuro che non avrò pietà di te»

«Pietà per me?» Risi. Io, provo pena per come ti sei ridotto in questo momento. «Non ho bisogno della tua pietà, Haywood. Comportati come credi. Sii spregevole, condannami pure perché ho sottratto una cosa che non mi apparteneva. Fai ciò che ti pare, se ti fa sentire bene. Esercita pure il tuo potere» 

Non sapevo dove avessi presi il coraggio di dirgli quelle cose, ma voleva la verità? Allora gliel'avrei raccontata. «Ho preso la lista perchè volevo aiutarti. Dopo quello che ci siamo raccontati a Chicago ho preso a cuore la tua causa. Ti avrei detto tutto, se avessi trovato qualcosa»

E sì, il mio agire era discutibile. Le mie menzogne erano opinabili, ma quel viaggio mi aveva cambiato. Mi aveva restituito uno scopo nella vita, mi aveva trasformato in una ragazza diversa. Mi aveva reso una donna migliore, anche se piena di difetti. Ma ci stavo provando a ricordare come si facesse ad essere veri e corretti. Insomma, avevo vissuto gli ultimi anni all'insegna dell'egoismo, in totale solitudine. Non sapevo più cosa significasse tenere a qualcuno. E, peggio ancora, mi dovevo abituare all'idea di dimostrarlo. Ma ci stavo davvero provando.

«Quante stronzate» Ridacchiò. «Hai preso a cuore la mia causa»

Mi prese in giro e l'umiliazione crebbe. Abbassò il viso all'altezza del mio. «Ma sentiamo, come pensavi esattamente di aiutarmi dopo avermi detto addio?»

Feci per parlare, ma mi appoggiò l'indice sulla bocca per zittirmi. «Sai cos'è la cosa più assurda in tutto ciò?»

Scossi il capo, lentamente.

«No?» Si finse sorpreso e si staccò da me, mettendo quanta più distanza possibile dai nostri corpi. Come se fossero bastati pochi centimetri a separare ciò che si era unito in noi. «È che tu mi avevi avvisato di non essere come le altre. Me lo hai ripetuto più volte e io non ti ho dato retta. Ma cosa credevo?! A te non frega un cazzo di me» Gli si incrinò la voce, ma cercò di mascherarlo con lo sguardo di pietra.

Fu in quell'istante, quando mi rividi nella sua delusione, che capii. Compresi che, forse, c'era speranza. 

Siamo solo due ragazzi che hanno giocato troppo presto a fare gli adulti con la vita. Non è colpa nostra. Non è colpa di nessuno dei due, se ci aggrappiamo con ogni parte di noi a ciò che ci resta. E non è colpa nostra, se non siamo capaci di gestire quello che è accaduto. È che siamo talmente abituati a cadere nel vuoto e a schiantarci, che non ci siamo resi conto di avere il paracadute proprio sulle spalle.

«Mi importa, invece, e non sai quanto!» Esclamai. «Mi sei mancato ogni santo giorno da quando me ne sono andata» Adesso fu la mia voce, a tradirmi. Così patetica che mi feci pena da sola. Dov'era finita la vera Gia Blue Reyes?

«Infatti lo hai dimostrato chiamandomi, no?» Pestò il bigliettino che giaceva per terra, stropicciato dalle troppe volte in cui l'avevo aperto e poi richiuso solo per ricordarmi il perché mi stessi comportando così.

«Non ho contatti con nessuno» Mentii, ma fui tradita dal cellulare che segnalò dei messaggi. Chiusi gli occhi ed imprecai mentre Haywood raccoglieva il telefono dal pavimento.

«Lo vedo» Mi derise scorrendo le anteprime. «Ah, Montgomery. Adesso non solo te la fai con mio fratello, ma anche con il mio migliore amico? Scommetto che a loro, però, hai raccontato tutto di te»

Strinsi le mani in un pugno lungo i fianchi. Non aveva il diritto di rivolgersi a me così. Non erano affari suoi. «Ti da fastidio?!»

«Fastidio?» Si avvicinò, mi tirò su il mento con due dita, e mi guardò con sufficienza. «Tu puoi stare con chi vuoi»

Gli bloccai il polso con una mano. «Peccato che io non voglia stare con nessuno dei due» Scandii sostenendo il contatto visivo. «E che tu sia così ingenuo»

Sono crollata, davanti a te. Mi sono esposta, per te. Ho messo a rischio la mia sicurezza, per te. E tu mi respingi per un errore. Idiota! Non dovevamo essere una famiglia, noi due?

«Perchè? Perchè pensavo di potermi fidare di te?» Si avvicinò ulteriormente, il suo respiro era ad un passo dal mio, ma lo arrestai per il petto. «No, perchè pensavo avessi stabilito che non dovessimo lasciarci andare, o sbaglio?!» 

Lo spinsi per oltrepassarlo. «Per cui finiscila di giudicarmi, perché non mi conosci e non puoi sapere cosa sento!»

«Sei falsa, questo mi basta» Sventolò la lista e io alzai gli occhi al soffitto. 

«Eh va bene, l'ho rubata. Ma sai cosa? Non me ne frega nulla di quel pezzo di carta, puoi bruciarlo se vuoi. Tanto non sarai in grado di trovarci nulla perchè sei troppo ottuso» Fece per protestare ma lo fermai con un gesto della mano. «Te lo dico un'ultima volta, Haywood. Le mie intenzioni erano autentiche, che tu lo voglia accettare o meno. Io credevo fosse giusto ripagarti per quello che hai fatto per me, ma forse non sei più abituato a circondarti di persone che tengono veramente a te. Quindi, per favore, smettila di giudicare per i miei errori e inizia ad affrontare i tuoi»

«Sapevo di non doverti dire niente» Strinse la mascella.

«Perchè ti avrei messo di fronte la realtà?!»

«Perchè me l'avresti ritorta contro!» Si colpì il petto con la mano.

«Allora avresti dovuto evitare di provocare» Incrociai le braccia. Mi dispiaceva averlo ferito, ma rimasi ferma.

«Tu hai rubato l'unica prova decente che ho trovato. Che cazzo dovrei pensare?»

Scossi il capo e sospirai. «Parlare con te è come farlo con un muro»

«Allora perchè non te ne vai, eh?! Non voglio più avere niente a che fare con te!» Le sue parole mi penetrarono il cuore da parte a parte, affilate come una lancia. 

Deglutii e mi morsi l'interno della guancia per trattenere le lacrime che mi erano risalite. «Ti sei presa gioco delle mie fragilità e dovresti ringraziarmi se in questo momento mi stia contenendo, perchè potrei fare molto peggio»

«Del tipo? Rinchiudermi in un'altra stanza?» Lo provocai.

Fu a quel punto che Haywood passò all'attacco senza remore. Aprì il diario di mia mamma, sfogliò qualche pagina e si fermò per leggerne qualcuna ad alta voce: «Oggi è un mese che te ne sei andata dalla mia vita e ogni giorno che passa è sempre peggio. Amore mio, perché lo hai fatto?» Rise. «Devi proprio aver spezzato il cuore, al tuo ragazzo, se ti ha scritto tutto questo»

Sentendomi presa in giro, mi scagliai contro lui. «Restituiscimelo»

«Perché dovrei?! Non ti diverte leggere queste cose insieme?!»

«È inopportuno. Ridammelo» Mi sollevai in punta di piedi per prendere ciò che mi apparteneva, appoggiandomi contro il suo petto, ma Haywood si allontanò e io persi l'equilibrio.

«Chi sei, cosa fai, perchè c'entri sempre qualcosa con tutti i casi che devo risolvere, perché mi hai rubato la lista. Rispondi a queste domande e io ti restituirò il diario»

«E se non lo facessi?!» Mi misi le mani sui fianchi, sfidandolo.

«Allora userò le maniere forti, che dici, amica mia?» E prima che potessi realizzarlo, strappò il foglio e lo lesse ad alta voce: «Non mi ricordo più cosa significhi essere completi, senza di te. Non so più ridere, da quando sei sparita» Si interruppe, soffocando una risata e: «Cazzo, ma che hai combinato a questo poveretto?»

Non aspettò una risposta, scrollò le spalle e poi, con un sorriso strafottente stampato sulle labbra, allungò il pezzo di carta verso il camino. Avanzai di riflesso e il mio cuore perse un battito. 

«Non lo faresti mai» La voce mi tremava.

«Non sfidarmi. Voglio la verità»

«Assolutamente no»

Quindi gettò la pagina di diario di mia madre nel camino. Il fuoco l'accolse come un vecchio amico e in pochi secondi la ridusse in cenere. Avrei voluto piangere, ma la rabbia prevalse su di me. Non aveva il diritto di ardere l'unico ricordo che mi restava della mamma.

Haywood voleva giocare? Bene. Lo avrei fatto con piacere.

Fissandolo negli occhi, senza battere ciglio, presi la foto di Gyles sulla mensola. Sussultò.

«Che ne dici di un ricordo per un ricordo?» Accarezzai i loro volti attraverso il vetro. «Mi restituisci quel dannato diario oppure la brucio. A te la scelta»

«Non hai il coraggio» Disse, eppure risultò incerto.

«Haywood, il quaderno»

Ma lui scosse il capo e strappò un'altra pagina e la gettò tra le fiamme. Un altro pezzo di me che diventava cenere.

Lasciai cadere la cornice, che si frantumò sul pavimento, e mi chinai per prendere la foto. La tolsi dalle schegge e la avvicinai pericolosamente al fuoco. Haywood trattenne il respiro.

«Non...Non farlo.»

«No?» Accorciai ulteriormente le distanze dalle fiamme. «Ma non ci stavamo divertendo? Ah no, aspetta. Tu vuoi la fottuta verità, giusto? Allora perché non la chiedi a Lyle o al tuo capo? Scommetto che hanno tante cose da raccontarti»

«Cosa c'entrano loro con noi?!»

«Magari potrei iniziare a bruciare un angolo, che dici?» Lo sfidai.

«Cosa cazzo c'entrano loro, Edith?!»

Io sorrisi. Invece lui mi prese per le spalle e mi scosse. 

A quel punto non ce la feci più. Lo strattonai e sbottai. «Oh, c'entrano eccome! Scegli sempre le persone sbagliate, Haywood. Preferisci prendere me come bersaglio piuttosto che aprire gli occhi su chi ti circonda. È più semplice, giusto? Perché se non mi odi, poi, devi provar altro. No?» 

Spostai l'attenzione sul camino. «Sai? È vero che sono bugiarda, che ti ho mentito sulla lista. Sì, te l'ho rubata. Lo ammetto. Ma non ostacolerei mai la tua carriera dopo quello che mi hai confessato, come non brucerei mai l'unica cosa che ti lega ancora a Gyles. Forse dovrei farlo» 

Guardai la foto che stringevo ancora in mano. «Dovrei farlo per dimostrarti che non me ne importa niente di te, però il problema è che non ho voglia di dimostrare nulla. Sono stufa che tu sia disposto ad ascoltare solo quando vuoi e non tollero che mi si manchi di rispetto così. Quindi fidati quando ti dico che sono contenta di andarmene, di non doverti vedere più. E fidati ancor di più che sarò felice il giorno in cui il tuo atteggiamento ti si ritorcerà contro. Perchè succederà, Haywood» 

Adesso il mio sguardo era nel suo. «Hai tirato su questo polverone per una lista che non ha senso, soltanto per accusarmi, e non mi conosci nemmeno. Perché tanto lo sai che mi hai sputato contro questo veleno solo perché le tue indagini non procedono come vorresti, e non perché non ti ricordassi i nomi delle persone. Perché ti sei segnato tutto, ti ho visto»

Fece per replicare ma alzai una mano per bloccarlo. «Avevi bisogno di un capro espiatorio per i tuoi fallimenti, ma va bene. Però sai la verità qual è? A tradirti saranno i tuoi stessi collaboratori, quelli che hai preferito alla tua famiglia. Sai che altro ho scoperto, poi? Giusto perché sono una ficcanaso, no? Sono venuta a sapere che sia Lyle che il commissario Gemini erano a conoscenza dell'uomo che stessi cercando a Chicago e che, sempre per puro caso, sapevano che ti saresti recato lì. Quindi non credi che sia una bella combinazione che tu non abbia trovato nulla? Oppure che, per magia, il nome di Zed Ontes è l'anagramma di Dez Stone

La confusione balenava sul viso di Haywood.

«Oh giusto, non potevi capirlo perché eri troppo impegnato ad odiarmi! Dunque stai pure lì tranquillo con la tua aria sprezzante, continua a giudicare e a criticare d'alto della tua posizione, e dammi pure della stronza se ti fa stare bene. Io lo accetto, ma mi non puoi imporre cosa devo o non devo raccontarti. Perché non ne hai il diritto. Forse se scendessi dal piedistallo, se capissi che essere un giovane ispettore non significa essere superiori, apriresti gli occhi sulla realtà, su di te. Su di me» Mi indicai e mi maledii quando la voce si incrinò. Dannazione. Non adesso.

«Ho già gli occhi ben aperti, fin troppo» Si morse il labbro inferiore. «Troppo aperti»

«Ah si?! Allora deduco che tu sappia anche che sono profondamente in crisi perché non ho nè una casa né una famiglia, e che l'amicizia di Heath e Montgomery sono le uniche cose che mi sono rimaste» Dissi di getto.

«Io non...» Si bloccò. Lo sguardo colpevole, le mani tremanti tra i capelli ricci, le labbra serrate.

«Tu cosa? Non lo sapevi? Tu non eri quello ad un passo sempre avanti agli altri?» Mi bruciava la gola, tanto faceva male gettare fuori quelle parole cattive.

«Cosa vuoi che ti dica?! Che ho sbagliato? Che sono uno stronzo solo perchè mi sono sentito preso in giro?»

Provò a giustificarsi, ma io scossi il capo. Non volevo più sentirlo, volevo mettere quanta più distanza possibile tra me e lui. Sapevo che ci saremmo fatti del male, venendo qui. Lo sapevo, però non mi ero fermata perché la voglia di restare dopo averlo rivisto era più forte. Ma adesso...Adesso lo guardavo ed era come vedere un estraneo. «Non mi interessa cosa pensi, Haywood. Io non ho tempo da perdere con persone così dispotiche ed arroganti. Pensavo che tu ne valessi la pena ma semplicemente mi sbagliavo. Questo polverone che ne hai tirato su ne è la dimostrazione. Magari è vero che ti nascondo qualcosa, però se lo faccio è per tutelarmi da gente come te.» E tu dovresti essere la mia persona?

«Come me?» Aggrottò le sopracciglia. «In che senso?»

«Che si nutre della disperazione altrui. Che non ascolta perché ha già un'idea. Che non sa mettersi in discussione»

«Edith, per favore. Mettiti nei miei panni un secondo. Un solo e dannatissimo secondo.» La sua voce era impastata di esasperazione e chissà cos'altro. «Come ti saresti sentita se la persona di cui ti fid- Che hai aiutato, ti dicesse addio? E come reagiresti se poi scoprissi che non solo ha sabotato il tuo lavoro, ma che si sente con tuo fratello e il tuo migliore amico, persone che non si sono prese cura di te come ho fatto io?»

Non ci si rendeva conto di quanto fosse grande il petto fino a quando il cuore non ci sprofondava dentro. Dunque era questo il punto? Pensava che non gli fossi grata, che non avrei preferito stare accanto a lui?  

L'abbiamo scelto insieme, di fare un passo indietro. Avevamo un patto, ricordi? 

«Haywood, sei tu che hai voluto questo» 

«Cosa, che tu preferissi altre persone a me?» Si indicò. «Sei fuori pista, Edith»

«E tu sei subdolo ed egoista. Insomma, guardati» Gli indicai il diario di mia mamma vicino al fuoco, l'unica cosa che mi era rimasta di lei e che lui in parte aveva bruciato. «Io non ti voglio nella mia vita se sei così»

Contrasse la mascella. «Nemmeno io voglio ti voglio se mi usi e mi volti le spalle con le persone che più detesto»

Incassai il colpo. «Allora siamo a posto»

«Sì»

Nessuno dei due parlò più. Rimanemmo semplicemente lì, l'uno davanti all'altra e alla giusta distanza. Avremmo potuto fare di tutto, abbracciarci, vomitarci addosso le parole peggiori, baciarci per far succedere tutto davvero, disperarci, eppure restammo immobili. Occhi negli occhi, come se spostarli altrove fosse una debolezza, una sconfitta. Ma no, la vera sconfitta era guardarsi senza più aver nulla da dire. La perdita era il silenzio. Perché era proprio quando si taceva, che si capiva di aver perso. Quando tra miliardi parole, non se ne trovava più una giusta da scegliere. Perché era quando si smetteva di parlare, che non si aveva più voglia della guerra ma nemmeno della pace. E l'indifferenza che ne scaturiva era il sentimento peggiore.

Sebbene la tentazione di bruciarla fosse stata alta, gettai tra i frammenti di vetro la fotografia che tenevo stretta in mano. La osservai a lungo: prima Gyles, poi Haywood.

Lei ti ha mentito e tu hai continuato ad amarla. Lei è stata bugiarda, eppure sono certa che tu non l'abbia mai trattata così. Che tu non l'abbia mai umiliata come hai fatto con me.

Sollevai lo sguardo, e quando incontrai i suoi occhi verdi, mi arrabbiai ancora di più, se possibile. «Ti dico solo una cosa e poi, te lo giuro, me ne vado. Tu non puoi giudicarmi soltanto perché passo del tempo con Montgomery ed Heath. Sono la mia famiglia, adesso. E tu dovresti esserne grato anziché odiarli soltanto perché loro mi stanno dando ciò che tu vuoi, o meglio, non puoi darmi perché hai troppa paura.»

Pensi che io non ne abbia? Credi che io non sia terrorizzata? Se non ti fossi rivelato diverso, se non mi avessi spezzato il cuore, se non avessi arso parte di me insieme alle pagine di diario, avrei preso tutto ciò che avevi da offrirmi. Anzi, sarei stata disposta a perdere ogni cosa, pur di sentirmi un'ultima volta viva come allora.

Poi vidi la realtà.

«Mio Dio, Haywood» Sospirai senza smettere di guardarlo, lì perso nel vuoto, tra i suoi pensieri. Avrei voluto entrare nella sua mente per districare il groviglio, ma doveva vedersela da solo. «Se ti vuoi bene, risolvi i tuoi casini. Perché non ci sei con la testa. Te lo dico con il cuore, salvati finché sei in tempo»

«Edith»

«No, niente Edith» Gli presi il diario tra le mani, approfittando della sua distrazione e: «Questo era di mia madre» Lo sventolai davanti ai suoi occhi, impassibile proprio come lo era stato con me.

«È morta, sai?»

Poi rimisi tutto nello zaino e me ne andai via.

N/A

Buonasera! Come state?

Capitolo esplosivo per i nostri protagonisti, che arrivano a toccare il fondo come mai hanno fatto prima.
Non appena Lyle li lascia soli, Haywood ritorna in modalità ispettore e mette Edith alle strette per farle confessare la verità. Atkinson ci riesce, ma a che prezzo?

Edith ha davvero abbassato le difese con lui, perché le è mancato, e si ritrova davanti alla versione di Haywood più oscura, più spaventosa. Non lo riconosce più e si chiede come quell'uomo possa essere lo stesso ragazzo con il quale aveva condiviso dei sentimenti. Lui la ferisce e lei vuole fare lo stesso, gettando la foto di Gyles nel camino proprio come ha fatto Haywood con le pagine di diario di sua mamma, ma alla fine si tira indietro: se Atkinson è disperato, insensibile e dispotico, Edith non vuole essere come lui. Per questo lo osserva inginocchiato e disperato alla ricerca della sua dannata lista, e per la prima volta prova davvero pena per Hay. Pena perché è solo, è rigido, è inflessibile, e pieno di sentimenti irrisolti che non è disposto ad affrontare. È così intrappolato nella sua oscurità che non si rende conto di aver ferito ed allontanato l'unica persona che ha portato luce nella sua vita dopo tanto tempo. Ovvio, Edith non è una santa, ha commesso la sua buona dose di errori, ma davvero vuole rimediare. Perché lei tiene ad Haywood, prova qualcosa per lui che però ha rovinato tutto. Cosa succederà?

Haywood rinsavirà? Capirà di aver spezzato il cuore ad Edith in modo irreparabile? Riuscirà a perdonarle il furto, a mettere da parte l'orgoglio e a riprendersela? Le chiederà scusa?

Alla fine del capitolo, mentre osserva la foto di Gyles, Edith dice ad Haywood una cosa importante: Se ti vuoi bene, risolvi i tuoi casini. Perché non ci sei con la testa. Te lo dico con il cuore, salvati finché sei in tempo.

Haywood riuscirà ad accettare il suo consiglio e ad affrontare gli scheletri che nasconde nell'armadio, i sentimenti repressi di anni, oppure si farà soffocare da essi?

Lo scopriremo nei prossimi capitoli! Siete curiosi?

Io non vedo l'ora di farvelo sapere, anche perché è iniziata quella che per me è la fase più bella della loro storia, quella fatta di amore, di gioia, di sacrifici e anche di lacrime. Infine, vi ringrazio per i voti e per le visualizzazioni!

Un bacio,
Ari✨

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